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Carlo A. Pelanda
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IL PUNTO

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7/12/2025

Dopo il Pnrr servirà un programma nazionale di dedebitazione

Serve una strategia per la sostituzione del Pnrr che terminerà nel 2026 con un altro programma stimolativo di investimenti per la competitività globale del sistema economico italiano a partire dal 2027.
La prima ipotesi che raccomando di ingegnerizzare è un’operazione “Patrimonio pubblico contro debito” perché la riduzione del secondo ha forti effetti stimolativi in termini di migliore voto di affidabilità finanziaria ed aumento delle risorse nel bilancio nazionale sia per ridurre le tasse sia per finanziare progetti futurizzanti oltre che attrarre più investimenti esteri.

Da più di due decenni – io dal 1998 per rendere sostenibile l’euro all’Italia – tale operazione è stata invocata e studiata in tante varianti da una molteplicità di attori perché quella più potente per invertire il lento declino economico/industriale dell’Italia a partire dagli anni 70/80 dopo la buona crescita nel dopoguerra. Ma la politica ha sempre temuto la perdita di consensi e solo recentemente ha attivato un programma di dismissione parziale del patrimonio statale in azioni e, minimo, in immobili. Inoltre la comunità degli economisti italiani, per lo più, ha sempre enfatizzato che un debito si riduce con la crescita. Vero, ovviamente. Ma se il debito oltre una data soglia impedisce la crescita stessa? A questa domanda i colleghi, per lo più, hanno continuato a rispondere con il mantra “serve più crescita”. Io ho sempre sostenuto, invece, che per fare più crescita nel caso italiano è necessaria la fiducia finanziaria derivante da una dedebitazione stimolativa di investimenti.

Il Pnrr ha permesso alla politica di rinviare una dedebitazione più forte, al momento perseguendola solo come rientro nei parametri Ue. Ma finito il Pnrr servirà altro. E questo altro implica la riduzione degli 80-90 miliardi anno correnti di servizio del debito. Possibile? L’iniziale rigore del governo ha migliorato rating e percezione globale dell’Italia. Pertanto ora ritengo possibile attivare l’operazione patrimonio contro debito pubblici. Come? Creando un Fondo italiano di bilanciamento (Fib) di proprietà statale a cui lo Stato trasferisce un tot di immobili, azioni e concessioni. Il patrimonio disponibile è tra i 600 e 700 miliardi (teorici). Buona parte di quello immobiliare è proprietà degli enti locali, ma non è un problema: basta formare comparti specifici nel Fib.

A questo fondo va data una doppia missione: non solo vendere, ma anche valorizzare, per esempio portando la rendita degli immobili non essenziali per funzioni pubbliche a standard di mercato. Entità: in prima stima preliminare circa 250 miliardi di patrimonio sono trasferibili senza minus per le funzioni operative pubbliche al Fib. Tempi: 15 anni. Anticipazione dei valori futuri via cassa immediata? Servirebbe una garanzia europea per emissioni obbligazionarie del Fib. Rendimento annualizzato stimato in prima ipotesi a favore di investimenti e/o detassazione: circa 18 miliardi, quasi un punto di Pil, a partire dal secondo anno di attivazione del Fib. Quando? Necessariamente dopo le elezioni politiche del 2027, ma iniziando ora a studiare i dettagli di fattibilità del progetto qui indicato.

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