Programmi integrati per trainare la reindustrializzazione europea
Nelle interazioni con think tank europei sto notando da tempo un incremento dell’attenzione verso una reindustrializzazione competitiva dell’Ue trainata da mega-programmi tecnologici con forte e prolungato sostegno della finanza pubblica. Questa attenzione è aumentata a picco negli ultimi giorni a causa di un indurimento divergente delle relazioni euroamericane sul piano dei dazi. Che vada bene o male il negoziato nelle prossime settimane, comunque c’è una rottura del rapporto di fiducia tra Ue e Stati Uniti a conduzione Trump che costringe la prima a programmare una propria autonomia militare ed energetica, senza rompere gli accordi Nato, ma utilizzando i nuovi standard di spesa approvati nel recente summit in Olanda per renderla massimamente produttiva per il mercato civile. Qui i risultati di una ricerca avviata nell’aprile scorso.
Il rapporto Draghi aveva anticipato questa necessità, ma via eccesso di debito condiviso infattibile. Tale valutazione ha portato il mio team di ricerca ad individuare un numero ristretto, ma con effetto espansivo massimo, di programmi paneuropei. Quelli individuati, al momento, sono due: un programma Eurodome per la difesa aerea e spaziale ed un New Euratom per accelerare la diffusione di sia di mini centrali nucleari (fissione) a sicurezza intrinseca sia di più grandi a fusione. Eurodome è stato simulato come cupola antimissile di tipo israeliano (Irondome), ma molto più estesa: controllo dell’orbita ed espandibilità globale. Centinaia di nuove tecnologie trasferibili, pur con certo degrado, al mercato civile da cui ricevere ulteriori innovazioni tecnologiche. Orizzonte 15 – 20 anni, ma con effetto fiducia anticipato sul mercato finanziario (expansive feedforward).
New Euratom: prima fase, centinaia di minicentrali a fissione (con riutilizzo di scorie nucleari ora in deposito rifiuti) prodotte in serie dopo test con scopo la riduzione rapida dalla dipendenza dai combustibili fossili, pur restando il gas essenziale fino al 2040/45, ma in riduzione; seconda fase, preparazione anticipata dei luoghi in Europa dove insediare le centrali a fusione di preparazione e testing temporalmente più lunghi. Il risultato atteso è la riduzione dei costi dell’energia che ha un massimo effetto stimolativo, produzione energetica più pulita ed abbondante nonché minore dipendenza geopolitica dell’area Ue. Questi due programmi eurointegrati sono sostenibili dalla finanza europea senza eccessi di debito e con effetto stimolativo massimo.
La ricerca in corso sta poi valutando in relazione al potenziale industriale dell’Italia quale spesa militare avrebbe la miglior ricaduta economica sistemica combinata con la deterrenza basata sulla superiorità tecnologica? L’evoluzione della guerra suggerisce:
a) robotica aerea, terrestre, marina (Nave Sapiens di Fincantieri è un precursore) e spaziale;
b) controllo dell’orbita qualificata da satelliti distruttori e da strumenti “occhio di Dio”;
c) soldati con dotazioni potenzianti, per esempio esoscheletri, con massima ricaduta sul mercato civile;
d) forza aerea di sesta generazione (integrata al sistema Eurodome detta sopra) con capacità di gestione di sciami di droni e di saturazione difensiva;
e) sistemi di super-medicina militare d’emergenza potenziati da robotica chirurgica in prima linea con effetti futurizzanti sul sistema ospedaliero civile;
f) alimenti superenergetici a basso peso e lunga conservazione sia per missioni militari sia per soccorso in caso di emergenze di massa civili; ecc. In sintesi solo questa lista parziale implica migliaia di nuove tecnologie con ricaduta stimolativa sull’industria civile. Se il riarmo prendesse questa via sarebbe un mega-investimento sistemico capace di sostenere una reindustrializzazione competitiva dell’Italia. Con chi? Certo non da sola, ma con chiunque sia utile nel mondo Nato, Ue e G7 e compatibile. Aggiornamenti.
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