G.mo Prof. Pelanda, mi chiamo Francesco Graziano. Sono un giornalista ( numero tessera professionale 186699). Pur non essendo di destra, non faccio fatica ad ammettere che la mattina- quando vado in edicola per comprare la mia “ mazzetta”- il primo articolo che leggo è quello del direttore Belpietro. Questo non significa che sia sempre d’accordo con ciò che scrivete ( non sono come quelli della gauche caviar che legge un giornale dogmatizzando i concetti vergati dai suoi colleghi in altre colonne). Ho appena terminato di leggere il suo articolo sul rapporto tra il turismo e il cinema e volevo porle intanto una domanda e poi raccontarle una vicenda accaduta mi personalmente ( non è privata, la racconto sempre appena ho l’opportunità). Domanda: cosa pensa del fenomeno Winx e della realtà creata da Iginio Straffi? Vicenda personale: pur facendo un altro lavoro, qualche volta mi diletto nella scrittura cinematografica. Da cronista- andando in giro per alcune manifestazioni- ho sempre sentito l’ insopportabile refrain dei presidenti delle fondazioni che portano il nome degli “ eroi” che hanno combattuto contro la mafia sentendomi fare la lezioncina su come ognuno di noi con il proprio lavoro debba portare avanti la memoria del nostro paese. Non sono uno che perde tempo e ho scritto il copione di quello che chiamo un “ cortometraggio didattico” che parte dalla strage di viale Lazio del 1969 a Palermo ( 10 dicembre) e finisce con l’uccisione di un presidente democristiano che per me incarna la buona politica, parlo di Piersanti Mattarella. Nelle mie intenzioni il cortometraggio doveva finire in tutte le piattaforme possibili da mostrare obbligatoriamente prima dei kolossal che piacciono tanto ai ragazzi che non sono più adusi a coltivare la memoria. Non lo dico solo per i siciliani, anni fa a Bologna era uscito un articolo dove si raccontava che i liceali bolognesi non avevano idea di chi fossero i Nar, Mambro, Fioravanti ma soprattutto cosa fosse successo il 2 agosto 1980. Oltre alle piattaforme avevo pensato ai canali di storia, nessuno mi ha risposto. Naturalmente l’autore giudica sempre bello il suo prodotto, ecco io avrei preferito qualcuno che mi dicesse “ non mi piace la tua sceneggiatura, il messaggio non arriva”. Messaggio detto en passant che non si limita a rievocare storicamente fatti drammatici ma che vuole porre l’attenzione su come la criminalità possa arruolare i bambini per farli crescere come soldati. Questo è il macro tema che ho deciso di calare in un contesto preciso. Per altro nel copione non mancano scene forti come inseguimenti, sparatorie e fortemente drammatiche qiando il bambino protagonista viene rapito dai delinquenti. Nessuno ha posto l’attenzione su questo progetto, nemmeno le fondazioni e men che meno il cinema romano centrico ma su questo non avevo dubbi. Sono abituato alle critiche, non mi interessa se qualcuno pensa e mi dice apertamente che la mia sceneggiatura è brutta e schematica ma il disinteresse dopo che ci/mi hanno fracassato i maroni ( scusi il termine) gli stessi parenti delle vittime che siedono sullo scranno più alto delle fondazioni non lo accetto e mi fa vomitare. Scusi lo sfogo professore. Una buona giornata, cordialmente. Francesco Graziano
Wishful thinking a parte, l’Occidente è una vecchia signora devastata dalle rughe e dalla osteoporosi.
Quante vertebre crollate…
Volonterose perdite di influenza (Asia Centrale la più grave per risorse estrattive e commerciali, con effetti domino sulle nazioni contigue all’Afghanistan, effetti clamorosi).
Fronti bellici europei dispensabili e cercati (oltre ai miei poco importanti scritti, ultimo Francesco Ferrante con il puntuale articolo in Analisi Difesa
https://www.analisidifesa.it/2024/06/il-lungo-cammino-dellincomprensione-tra-russia-e-occidente/ ).
Uno scacchiere più vicino, nel Mediterraneo Orientale include Israele, Libano e Cipro.
Cioè, sempre con possibile effetto domino, a seguire Grecia, Turchia e Balcani.
Una attenzione al Libano.
Ascoltando il jazz sofisticato di Toufic Farroukh ed esponendoci alla seduzione iconica della
cantante Yasmine Hamdan
Nazione complessa e pertanto affascinante.
Il Libano d’oggi è diasporico e altrettanto seducente.
I matematici economici e filosofi Nassim Nicholas Taleb, Elie Ayache tra tutti.
La storia frastagliata e comunque patriottica con episodi degni di essere scritti in opere maggiori da qualche redivivo Lernet Holenia locale.
Per esempio il colloquio tra il Segretario di Stato Kissinger, il Presidente Franjieh e il gesto memorabile del comandante della guardia presidenziale.
C’è una guerra sanguinosa in corso e un’altra ancora più estesa alle porte.
C’è l’ennesimo fallimento ONU nel bloccare l’accumulo di armi e militari nel travagliato territorio di confine tra Sud del Libano e Israele.
Ci sono le dichiarazioni di Gantz, Gallant e del Primo Ministro.
L’assenza di un Presidente Libanese (Aoun copre una vacanza pluriennale).
Le sporadiche dichiarazioni di Samir Geagea leader del partito libanese con più voti alle ultime elezioni (FL), l’appoggio probabile non scontato delll’ultimo Gemayel (Kataeb cioè Falange).
C’è la frammentazione pluridecennale e sporca di sangue fratricida dei cristiani libanesi .
L’ assimilazione con il Partito di Dio di Amal (Speranza), movimento sciita nato come autodifesa dei contadini sciiti del sud dopo l’ingresso di Fatah reduce dal Settembre Nero.
E molto altro, tra cui matrimoni politici tra famiglie notabili delle varie comunità religiose.
Il silenzio della comunità sunnita (che esprime il Primo Ministro). Un enigma.
A loro, a questa complessità a volte silente l’onere di depotenziare sul fronte interno il Partito di Dio (che ha comunque alcune ragioni di essere).
Per esempio il controllo dell’aeroporto di Beirut.
E con questo evitare una guerra totale ampiamente prevedibile e che si estenderebbe a catena. Come Sarajevo nel 1914.
I pacifondai:
L'Ucraina deve arrendersi e alzare bandiera bianca . La Russia ha le atomiche e non si può sconfiggerla. Per i pacifondai è vera la favola kappagibiana del colonialismo russo sul Donbass russofono.
Il Pacificatore Trump:
L'Ucraina deve sedersi al tavolo delle trattative e accettare la situazione sul campo di guerra altrimenti stop completo agli aiuti militari Usa. Allo stesso tempo, la Russia di Vladimir Putin deve sedersi al tavolo delle trattative senza pretese superiori alla situazione di fatto e trattare seriamente, altrimenti l’Ucraina verrà stràarmata dagli Usa con armi ancora più pesanti fino a vincere la guerra.
I giornali italiani e la politica italiana sono pieni di pacifondai. Non occorre fare nomi. Di pacificatori in Italia nemmeno uno. Ricordo che i guerrafondai esistono e funzionano solo perchè esistono i pacifondai. Si supportano a vicenda. I veri guerrieri sono anche veri pacificatori. Guerra e Pace sono due facce della stessa medaglia. Così guerrafondai e pacifondai vanno a braccetto. Come guerrieri e pacificatori.
Speriamo arrivi prima Trump e non il disastro preparato da Guerrafondai e Pacifondai.
Trump non piace ?
Mao soleva dire: che importa se il gatto è nero oppure bianco oppure rosso ? L'importante è che acchiappi i topi.
L'importante è che Trump acchiappi una vera pace. Pace ingiusta per l'Ucraina che avrebbe diritto sia al Dombass che alla Crimea ma è sacrosanto fermare l'hitleriano Putin riconoscendogli le sue vittorie/rapine sul campo di guerra.
Daniele Gionimi 29 Giugno 2024
Dear prof Pelanda
Ho letto con interesse il suo articolo sul La Verità del 7 aprile, sulla proposta del “Piano Fermi” per e nuove mini centrali a fissione ed in prospettiva quelle a Fusione. Solo due considerazioni : una puntualizzartice ed una critica..
La produzione di CO2 antropica non è stato dimostrato scientificamente e non può essere dimostrata (vedi Popper!) come il motore controllore del cambiamento climatico che chiunque può ben riconoscere essersi sviluppato nei millenni passati in totale assenza di contributi antropici. La decarbonizzazione è diventata un Must-Dogma inattaccabile, anche se fior di scienziati non prezzolati la contestano con solidi argomenti. Il business che ci sta dietro, guidato da grandi potentati economico-finanziari, è troppo forte e lucra sulla popolazione cui si impongono forzosi prelievi per sostenere tecnologie non competitive. Controlla i media e zittisce ogni voce critica. L’ultimo premio Nobel x la fisica, J.Clauser, il cui intervento al FMI è stato cancellato, per le affermazioni contrarie al AGW ne è la prova regina !
La considerazione critica è che non si può annoverare l’idrogeno fra le fonti Energetiche primarie: è solo un vettore, atteso che in natura non si rilevano in modo significativo sorgenti endogene di H2. Si può citare che il motore a combustione interna inventato inizialmente da Barsanti e Matteucci (ma poi attribuito ad altri, Otto ….) era alimentato con un gas in cui compariva anche l’Idrogeno, ma era marginale !.
Le Fonti Energetiche primarie sono :i combustibili fossili, l’energia geotermica, l’energia del potenziale idrico( dovuta al campo gravitazionale), quella solare ed eolica, e quella nucleare da fissione (oggi) e da fusione (domani).
Cordiali saluti
Francesco Martelli,Eng.
Professor Emeritus
Founder & Former head of CREAR (Research Centre for Renewable Energy)
Founder & Past Chairman EUROTURBO (European Turbomachinery Society)
c/o Dip. Industrial Engineering -University of Florence
Via S.Marta, 3 50139 Firenze
ITALY
Ps. Alcuni anni fa da Presidente del Rotary Firenze la invitai per un suo intervento al mio Club , ma poi non finalizzammo l’operazione.
Caro professor Pelanda, Caro Direttore
ho letto con estremo interesse l'articolo di Pelanda di questa mattina sul nostro amato quotidiano, e siccome ho dedicato la mia vita professionale all'aviazione, mi permetto di scambiare con voi alcune considerazioni. Premesso che sarei favorevole a mantenere sempre almeno una parte delle azioni di Ita nelle mani del nostro governo, credo saremo d'accordo sul dire che la battaglia in corso per impedire l'acquisizione è del tutto politica e viene fatta dalla Ue nel tentativo di far mantenere alle lowcost il dominio del nostro mercato interno.
Ci sono tuttavia alcune caratteristiche importanti da conoscere sul sistema aviazione italiano che ne fanno un pollaio per faine.
Uno degli errori più gravi di chi si occupa di aviazione oggi nel nostro Paese è pensare che quella commerciale sia disgiunta e indipendente da quella generale e privata, dalle infrastrutture e dal modo, perdoni il termine, caciottaro, con il quale interpretiamo e applichiamo le regole europee. I funzionari dei nostri enti, nell'incubo di essere perseguiti dalla magistratura, sono campioni nello sport di liberarsi dalle responsabilità e lo fanno con regole e regolamenti i cui doveri sono posti a carico di chi ha l'ardire di imprendere. Con il risultato immediato di scoraggiare qualsiasi nuova iniziativa. In Germania, per esempio, un singolo funzionario, anche privato cittadino sotto contratto con l'autorità aeronautica, può deliberare l'aeronavigabilità di un aeromobile. Una visita, una firma, e si vola. In Germania esiste un florido mercato dell'aviazione generale e privata che sostiene, con nuove leve, velivoli e capitali, il comparto dell'aviazione commerciale dal basso, ovvero lo sostiene alla base dall'aviazione generale, mentre in Italia chi possiede anche soltanto un piccolo aeroplano è un perseguitato fiscale. Il numero di velivoli iscritti ai registri dei due Paesi, se confrontati, fa rabbrividire, con meno di mille aeroplani in Italia contro diverse decine di migliaia in Germania, dove nessuno grida allo scandalo se si usa un aeromobile privato per spostarsi. Il volo è persino uno sport diffuso nelle scuole superiori. In Italia i nostri aeroporti minori, dove si forma la base dell'aviazione, sono costantemente vessati da regole che l'Europa ha pensato per i grandi aeroporti, con costi insostenibili e soprattutto l'innesco di un meccanismo perverso, per il quale nessun aeroporto italiano ha una società di gestione in attivo se non ci sono almeno un milione di passeggeri che vi transitano.
E peggio mi sento quando la rete dei 103 aeroporti italiani (dei quali solo qualche decina aperti al traffico commerciale, gli altri definiti "minori") viene aggredita da speculazioni.
L'Italia con Leonardo possiede parte di ATR, azienda leader di mercato nella costruzione di aeromobili turboelica per il trasporto regionale, ma la sottocultura prodotta da quanto ho descritto porta intere comunità a rifiutare che aeroporti come quello dell'Elba, Fano, Ravenna, Aquino, (altri) li possano accogliere se non creando un costosissimo impianto "di sicurezza" che trasforma questi luoghi in costosissime cattedrali nel deserto. A titolo d'esempio, in un aeroporto minore campano tempo fa erano in forza circa trenta persone per quattro voli settimanali; a Cuneo Levaldigi, per sei voli settimanali è stata creata una zona di traffico terminale più grande di quella di molti aeroporti internazionali, a vantaggio di voli che non esistono ma a svantaggio immediato delle scuole di volo che operano in zona, i cui clienti, cioè i giovani che vogliono fare i piloti, scelgono di andare all'estero. A Saint-Tropez (LaMole) o Celerina (S. Moritz), al massimo ci sono sei addetti che fanno tutto, dall'antincendio alla torre, dal rifornimento al bar. Noi a Cortina vogliamo fare le olimpiadi ma guai a parlare di riaprire il piccolo aeroporto.
Per non parlare dei nostri settemila chilometri di coste dove potremmo usare moderni idrovolanti e anfibi per fare voli turistici. Salvo poi andare alle Maldive e stupirci.
Il modo caciottaro è considerare gli aeroporti come stipendifici e grandi magazzini al posto di quanto dovrebbero essere: dei porti, nel senso di approdi, dove ci sono spazi che vendono tempo a vantaggio della comunità. Oggi interi comparti aeroportuali, in primis quello di Bergamo "Il Caravaggio" (voli, officine, scuole di formazione) sono nati e si reggono sugli investimenti fatti di vettori nati come lowcost (in questo caso Ryanair), e il solo pensiero che a causa di un accordo Ita-Lufthansa il nuovo gruppo possa offrire concorrenza da Linate (9 milioni di passeggeri contro i 13 di Bergamo), preoccupa non poco. Ecco, allora, che per avere la forza di pretendere e fare serve un grande partner in grado di lottare ad armi pari con la concorrenza. Oppure occorre una politica nazionale del trasporto aereo precisa e creata con competenza, con progetti che possano sopravvivere a più legislature nell'interesse italiano. Ma in Italia, converrete con me, non esiste neppure una chiara politica dei trasporti pensata in senso generale.
Sergio A. Barlocchetti