Sta aumentando la domanda da parte di attori industriali e finanziari ai centri di ricerca statunitensi ed europei, tra cui quello di chi scrive (Stratematica), di scenari per capire quale tipo di conflitto vi sarà tra America e Cina. La risposta preliminare abbastanza simile dei think tank è che il conflitto da generale si sta trasformando in selettivo, tendenza che limita la deglobalizzazione. Ma in parecchi resta aperto un interrogativo: potrà l’intensità del conflitto selettivo ritrasformarsi in generale, consolidando la tendenza bipolare, cioè la formazione di un mercato sinocentrico ed amerocentrico (G7 ed alleati) separati da confini forti pur non totali?
Il punto critico dello scenario, appunto, è il grado di intensità del conflitto selettivo. La strategia statunitense di negazione a Pechino degli accessi a tecnologie di superiorità tende ad essere totale. La pressione di Washington per ridurre la presenza di aziende manifatturiere e finanziarie statunitensi è forte, pur non rapida per la resistenza delle imprese a ridurre un ingaggio profittevole nel mercato della Cina continentale. Ma il reshoring e friendshoring/nearshoring americano è una tendenza, quello europeo anche, pur meno intenso e rapido per la difficoltà della Germania di ridurre i flussi con la Cina e la posizione della Francia che cerca un ruolo di terza forza dell’Ue in un sistema internazionale multipolare e non bipolare. L’azione americana di creare un cordone sanitario militare attorno alla Cina, pur mitigata dalla volontà di interlocuzioni con Pechino per evitare confronti diretti e incidenti, nel Pacifico è molto estensiva. L’azione in Africa tende a ridurre l’influenza cinese: Janet Yellen ha invocato la limitazione del decoupling tra America e Cina stessa, poco tempo fa ha visitato una decina di nazioni africane per convincerle a sostituire la dipendenza finanziaria da Pechino, e conseguenze, promettendo aiuti americani. La competizione nello spazio extraterrestre, pur poco nota, è crescente. Pechino, pur questa apprezzando il mantenimento dei flussi commerciali globali di materiali non classificati come strategici, mostra segni di ritenere il conflitto selettivo come uno generale e sta cercando di reagire in modo simmetrico, per esempio limitando l’esportazione di materie prime strategiche. Ma più importante è la postura di una sinosfera semi-autarchica che sia indipendente dal dollaro, dagli investimenti esteri, e di un’offensiva diplomatica per allargare la sinosfera stessa e mantenere posizioni in Europa (premendo su Francia e Germania, in particolare) nonché accelerare il riarmo. Pertanto l’ipotesi corrente di scenario è che il limite alla deglobalizzazione non sia sufficiente per evitare la formazione di due riglobalizzazioni selettive contrapposte che competono per espandersi più dell’altra, geograficamente in orizzontale e tecnologicamente in verticale. Se così il condizionamento, ma anche il sostegno, geopolitico per le aziende occidentali sarà crescente.