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Carlo A. Pelanda
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IL PUNTO

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1/12/2024

L’Ue ha una struttura economica forte che dopo cambiamenti le darà un destino positivo

Il mio gruppo di ricerca euroamericano – Stratematica – si esercita sulle “analisi di destino” nel raggio di 15-20 anni attraverso il pilotaggio del Sottogruppo Asimov che sperimenta un probabilismo metamatematico (armonizzazione tra qualitativo e quantitativo derivata dal probabilismo soggettivista del Prof. De Finetti). L’ipotesi di base è che gli scenari di 15-20 anni possono essere inferiti da segnali visibili già nel presente. Resta il problema gnoseologico di come trattare le discontinuità: per ogni versione di scenario viene simulata una discontinuità con matematiche thomiane e con rappresentazioni importate dalla termodinamica generalizzata di Prigogine (fluttuazioni di sistema) per tentare scenari alternativi con lo scopo di riassorbire le deviazioni da un esito desiderato. In tale attività i ricercatori si divertono a dividersi in prima e seconda Fondazione, come nei romanzi di Asimov, la seconda riparatrice. E’ un gioco addestrativo, ma abbiamo notato che negli scenari a 5-10 anni sta funzionando pur entro uno schema computazionale di incertezza incomprimibile.
Alcuni grandi attori industriali europei e, meno, finanziari mi hanno chiesto recentemente un’analisi di destino dell’Ue perché preoccupati da Trump e dalla situazione corrente che secondo loro prevede un ambiente europeo decompetitivo ed in decadenza. La risposta preliminare è stata: a) l’Ue sarà costretta a cambiare in direzione competitiva a causa delle pressioni globali, rivoluzione tecnologica e decrescita demografica; b) nello scenario migliore impiegherà non meno di 5 anni per riuscirci, forse 8; c) ma dopo è probabile che emerga come zona primaria nel globo perché la sua base industriale – più estesa di quella statunitense - e di competenza sociale sono molto elevate in comparazione con il resto del mondo. Pertanto gli attori economici europei dovrebbero spingere la politica ad accelerare l’emergere del buon potenziale europeo attraverso modifiche di modello. Ciò ha stimolato la domanda: accelerare la Confederazione europea? Sul punto ho espresso l’opinione (argomentata) che una confederalizzazione troppo spinta nel ridurre le sovranità nazionali comporta rischi di rottura mentre una convergenza selettiva (funzionalista) su alcuni punti chiave sarebbe utile e motivo di allineamento per tutti. Si lasci lento il processo confederale per dare tempo all’adattamento pur la moneta unica richiedendo tempi brevi. In accordo con chi simula una seconda Fondazione ho proposto, da tempo, la creazione di una metamoneta, il credit, a livello G7 che stabilizzi da sopra i gap sottostanti come strumento di riparazione finanziaria, ma sistemico, dell’alleanza delle democrazie e sua evoluzione strutturante. In sintesi, anche i colleghi statunitensi concordano sulla probabilità prevalente che l’America avrà bisogno di una forte convergenza euroamericana con una Ue più robusta per mantenere il primato globale e del dollaro.  Buon lavoro alla Commissione von der Leyen che appare meno immobilizzata da partiti immobilisti, ma, soprattutto, ai riformatori liberalizzanti delle euronazioni chiave: serve una che inizi la riforma competitiva per trainare le altre attraverso imitazione, l’Italia in concorso.

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