La ricerca di un pilastro geopolitico per la fiducia economica globale
Da Washington stanno arrivandi segnali iniziali che l’Amministrazione Trump stia riconsiderando la posizione americanista/eccezionalista in termini più realistici: l’America da sola, pur superpotenza, è troppo piccola in relazione alla scala globale e per diventare nuovamente grande ha bisogno di guidare in modi reciprocamente contributivi un’alleanza molto ampia, più grande di qualsiasi altra divergente nel mondo.
Tali segnali, pur iniziali ed ondeggianti, ricaricano di probabilità lo scenario G7 + (cfr miei libri The Grand Alliance, Angeli, 2007 e Italia globale, Rubbettino, 2023) che si era ridotta nel primo semestre 2025. Tempi? Non meno di 10 – 15 anni, probabilmente con segnali più decisi dopo la presidenza Trump, ma già nel prossimo futuro sarebbe possibile definire il G7 + come obiettivo condiviso a specificazione evolutiva da raggiungere via metodo funzionalista graduale che permetterebbe di attivare un feedforward, cioè una profezia costruente ed ottimista.
Ci tengo a sottolineare qui tale visione di scenario perché parecchi attori finanziari europei ed americani mi hanno chiesto un’opinione sulla possibilità o meno di creare una strategia stabilizzante concreta. La mia risposta è stata in linea con il programma di ricerca Deglobalizzazione conflittuale e riglobalizzazione selettiva avviato nel 2013 dal Think Tank euroamericano Stratematica: la strutturazione di un futuro G7 + basato su una crescente convergenza tra nazioni democratiche sarebbe il più solido pilastro (geo)politico per rendere forte la fiducia economica e finanziaria globale. Architetture internazionali diverse, quali un mondo multipolare, non lo sarebbero. L’eventuale dominanza globale di regimi autoritari farebbe scontare al mondo finanziario l’incertezza tipica di questi modelli dove il ricambio periodico delle élite tende ad avvenire via conflitto e non via elezioni regolate da una Costituzione fondata sullo Stato di diritto.
Pertanto un’alleanza prevalente nel pianeta basata sul capitalismo democratico – modello più favorevole alla ricchezza diffusa socialmente e quindi alla stabilità macro, pur dinamica grazie alla tutela della concorrenza – dovrebbe ricevere il massimo consenso dalla comunità finanziaria globale con conseguenze di pressione sulla politica. Quali in particolare? Al primo posto la sicurezza basata sulla superiorità tecnologica condivisa necessaria per la deterrenza, Nova Pax (cioè l’alleanza delle democrazie come successore della Pax Americana).
Al secondo la creazione di una metamoneta, tipo l’Ecu precursore dell’euro, che io chiamo credit, basata sulla progressiva convergenza dei valori di cambio tra dollaro, euro, yen, sterlina, dollari australiani e canadesi, ecc., con l’evidente vantaggio di prodotti finanziari innovativi che estraggono valore dal futuro con minore grado di rischio. Al terzo, ma precorso dai primi due, un accordo progressivo di libero scambio tra tutti i partecipanti al G7+ (Free Community) calibrato da una istituzione comune di compensazione reciproca.
Ho scritto sopra che la probabilità è aumentata, ma questa non è ancora prevalente. Per farla aumentare nel prossimo triennio sarà cruciale che gli europei sia accelerino via Ue i trattati commerciali con Mercosur, India, Australia, ecc., sia la convergenza con l’America nonché l’avvio di una integrazione tra Nato ed alleanza delle democrazie nel Pacifico. L’Italia? Massimo vantaggio in questo scenario per la sua postura di compattazione dell’Occidente, per altro concetto da ridefinire per estenderlo all’Asia democratica.
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