Questa volta il piano di pace per il Medio oriente potrebbe funzionare. La differenza con altri tentativi di pacificazione nella storia recente è che questa volta sia il consenso delle nazioni arabe ed islamiche sunnite per il piano di pace americano è ampio sia Israele lo accetta. Quindi la probabilità della pacificazione con raggio regionale è più elevata di quella contraria anche se il processo potrà essere denso di problemi e turbolenze. Per aumentare questa probabilità positiva sarebbe utile individuare un obiettivo sistemico che sia di interesse concreto e netto per tutte le nazioni coinvolte ed anche oltre: un mercato integrato del Mediterraneo, Ekuméne.
Il geomodello Ekumene vede: a) un mercato mediterraneo con istituzioni autonome, ma molto integrato con quello europeo; b) uno stimolo alle tre aree di libero scambio ora esistenti in Africa per consolidarsi in un unico accordo coinvolgendo l’area costiera e sahariana con quella subsahariana; c) la connessione via penisola arabica (ferrovia) tra Indo/Pacifico, Mediterraneo e Atlantico settentrionale: tale connettività esterna del Mediterraneo ha il potenziale di essere un moltiplicatore per il mercato mediterraneo stesso, se organizzato; d) l’estensione di Ekuméne verso l’Asia centrale favorita dal fatto che le nazioni di questa area esposte all’influenza russa e cinese cercano di mantenere l’autonomia dalle due potenze. Progetto troppo ampio e quindi difficile da realizzare?
In realtà nell’interlocuzione con altri think tank cugini ho notato che anche questi hanno messo allo studio tale ipotesi di nuova regione economica nel mondo ipotizzandone la centralità geoeconomica nel pianeta.
Con questi c’è anche convergenza sul fatto che manchi ancora un acceleratore politico-culturale importante – lo abbiamo definito di Teologia economica - per la spinta verso lo scenario detto: l’abbattimento del più che millenario Muro del Mediterraneo tra islamici e cristiani più la sua propaggine storicamente più recente tra ebrei ed islamici stessi. Come? Washington, intesa come seconda Gerusalemme e vera terza Roma erede della prima, si è mossa in tale direzione stimolando gli Accordi di Abramo.
Ma manca il pezzo più importante per la connessione e convergenza fra i tre monoteismi: la prima Roma cattolica. Pur con massimi rispetto e fiducia verso il nuovo Papa, mi permetto di sollecitare al Vaticano un’attenzione sull’importanza di ingaggiare la Croce negli Accordi di Abramo con islamici ed ebrei. Lo fa già da tempo come dialogo interreligioso?
Certo, ma una strutturazione più forte come linguaggio di pace condiviso pur nella diversità ancora manca: ricordo che in un convegno panarabo a cui partecipai come relatore negli Emirati, nel 2019, si parlò con ottimismo di costruire in un unico spazio, come leva simbolica, una chiesa cristiana, una sinagoga ed una moschea. Troviamolo, aggiungendo al progetto Ekumene uno Crux et Lux.
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