Probabilità di una futura correzione interna degli eccessi di Trump
I colleghi statunitensi del mio gruppo di ricerca ritengono che la riconvergenza tra America ed alleati del G7 più dintorni compatibili dipenda da un bilanciamento interno dell’azione di Donald Trump in base al numero crescente di segnali che mentre l’America si ribella al mondo da essa stessa creato, il mondo stesso, sia amico sia nemico, si stia ribellando alla dominanza di un’America guidata in modi così dirompenti. I colleghi americani ritengono che tali segnali indurranno un atteggiamento più equilibrato da parte dell’amministrazione Trump – dove già si notano segnali di divergenza e voglia di dimissioni per alcuni - e suggeriscono ad Ue ed alleati un atteggiamento paziente. I colleghi europei, nelle videocall, si sono espressi in modi più scettici al riguardo di questa ipotesi ottimistica, ma hanno condiviso in modi non emotivi con gli altri l’analisi dei segnali.
Il più indicativo è la convergenza tra Cina, Corea del Sud e Giappone. Tokyo e Seul si stanno assicurando uno sbocco in Cina in caso di barriere eccessive nel mercato statunitense e Pechino lo ha concesso. Anche segnaletico, poi, l’incontro del supervisore cinese della politica estera con Putin: ha offerto sostegno per evitare il rischieramento di Mosca contro la Cina, perseguito da Trump, motivo di un rallentamento del bilaterale Russia-America. Pechino ha poi bloccato la vendita da parte di una sua azienda di decine di porti ad un consorzio svizzero-statunitense, tra cui due strategici sul canale di Panama. Ma non ha svalutato lo Yuan – al momento - per contrastare l’impatto dei dazi. Forse lo farò, ma vuole dare Il segnale che la Cina è sia una forza tranquilla sia una potenza simmetrica a quella americana. L’Iran resiste anche grazie ad un sostegno riservato cinese alla pressione americana. Washington ha inviato bombardieri stealth in una base del Pacifico per deterrenza contro Iran e potenzialmente Cina, ma Pechino ha risposto aumentando la pressione militare contro Taiwan. Pesantissima, soprattutto, è la crisi di fiducia interna negli Stati Uniti: ipotesi di recessione combinata con inflazione per blocchi nel ciclo commerciale; timori per la tenuta del dollaro come moneta di riferimento mondiale, ecc. La minaccia di Trump contro il Canada se si allea con l’Ue mostra che tale opzione (possibile, come i negoziati in corso tra Ue e Messico nonché Mercosur ed India) non era prevista nelle sue analisi così come la resistenza della Groenlandia. Va detto che per il corridoio ferroviario di Lobito (Angola) utile per il trasferimento rapido di minerali strategici l’America lavora con Italia ed europei, piccolo segnale di una convergenza in area africana. Ma prevalgono i segnali di un adattamento del mondo ad una minore dipendenza dal mercato americano. Pertanto la probabilità di una correzione dell’eccitazione statunitense è realistica e suggerisce pazienza negoziale agli alleati dell’America con un metodo di convergenza graduale in materia di reciprocità commerciale. Un dato di scenario tecnico: se Trump spera di guadagnare sei trilioni di dollari in 10 anni via dazi non ha fatto bene i calcoli perché ne potrebbe perdere di più.
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