Il cambio di mondo in atto richiede un adattamento rapido del sistema industriale italiano per rinforzarne la competitività ed evitare impatti che lo portino verso il declino. Tale consapevolezza ha portato, mesi fa, il ministero delle imprese (Mimit), guidato da Adolfo Urso, a preparare un Libro bianco (in uscita nei primi mesi del 2025 e con orizzonte il 2030) dedicato alla nuova strategia industriale, precorso da un Libro verde carico di dati settoriali utili alla più ampia consultazione con le parti tecniche e sociali interessate e con l’importante collaborazione del Cnel, organo costituzionale, guidato dal Prof. Renato Brunetta. Partecipo a tale attività come esperto esterno nominato dal Mimit e desidero trasferirne alcuni contenuti, secondo me chiave, via stampa per ampliare la consultazione: mai visto in Italia finora – periodicamente ho agito come consigliere del Quirinale (Cossiga) e di alcuni ministeri, tra cui Esteri (Andreatta), Difesa (Martino) e Finanze (Tremonti), ecc. - un processo di costruzione di una politica con qualità e capacità di ascolto e dialogo de-ideologizzati così elevata. Questa è la prima buona notizia per tutti gli italiani, siano essi di destra o di sinistra.
La seconda è per chi come me ha fiducia in un’economia liberale per la ricchezza diffusa socialmente, o capitalismo di massa semplificando, contrapposta ad una dirigista/statalista di destra o sinistra. Mesi fa ho cercato di capire il significato di “Stato strategico” come fondamento proposto dal linguaggio governativo per il Libro bianco, temendo un eccesso di intrusione politica dettagliata nei processi aziendali. Sono stato rassicurato dal Prof. Paolo Quercia, dirigente del Centro studi del Mimit: c’è bisogno di strategia macro per indirizzare risorse e facilitazioni statali che permettano il rafforzamento della libera impresa via sua crescita, in modi concordati sia con chi rappresenta i datori di lavoro sia i lavoratori. E ha aggiunto che il Libro bianco sarà diverso da quello verde: non più schede settoriali utili alla consultazione, ma strategia generale sintetica da cui poter derivare scelte dettagliate poi affidate all’azione politica di contingenza. Perfetto, da sempre l’Italia ha bisogno di una strategia economica “sopra” che governi di troppo breve durata hanno avuto difficoltà a produrre nel passato. La terza buona notizia riguarda il fatto che la politica industriale strategica non può essere svolta in isolamento da altri dicasteri rilevanti per la strategia: economia e finanza, energia, ambiente, istruzione, esteri, difesa, in sintesi quasi tutti. Ho annotato che nelle consultazioni degli ultimi mesi vi è stata un’ampia interazione interministeriale, in particolare grazie alla capacità organizzativa del Cnel che si sta dimostrando un’istituzione di utilità essenziale mentre nel recente passato un governante ne chiese l’abolizione perché ente inutile. E’ utilissimo, invece. Ora queste buone notizie permettono di aspettarne un’altra: la collaborazione tra capitale pubblico e privato di investimento. Il 15 gennaio vi sarà una riunione Cnel – Mimit dedicata a consultazioni di attori rilevanti sul tema. Al riguardo ho segnalato che oltre agli enti con missione operativa di finanziamento pubblico è necessario consultare quelli privati - in particolare private equity, venture capital e private debt- nonché le loro associazioni, oltre a quelle dei sistemi bancario ed assicurativo. La buona volontà stimolativa del governo, infatti, è limitata dai vincoli di bilancio dovuti alla priorità di reggere e gradualmente ridurre l’enorme debito pubblico e mantenere l’ordine contabile che è chiave per l’attrazione di capitali esteri e in generale per la reputazione di solidità della nazione, infatti migliorata grazie ad una politica di bilancio prudente nell’ultimo biennio. Ma la futura stimolazione statale all’innovazione industriale avrà bisogno di tanto capitale privato perché non ne ha sufficienza. Pertanto vanno capite bene, con dialogo tecnico, le condizioni di convergenza pubblica-privata per ottenere il capitale di investimento sufficiente per futurizzare il sistema industriale italiano. Va detto che il Mimit, oltre alle consultazioni organizzate con il Cnel, ha acceso anche tavoli bilaterali con associazioni e soggetti chiave. Infatti qui sollecito il mondo privato – io opero entro un fondo di private equity, cioè di investimenti industriali – a partecipare alla consultazione e, soprattutto, a chiarire le condizioni di convergenza con la stimolazione statale (e locale) sul piano delle regole e dei soldi. Non vorrei disturbare Banca d’Italia e Consob, ma sarebbe importante ottenere da loro (parere) una cornice entro la quale stimolare l’evoluzione del sistema industriale italiano. Mi sembra obiettivo necessario per la calibratura del Libro bianco.
Secondo me sarebbe anche una buona notizia, non necessariamente da affidare al Libro bianco, la creazione di una “Conferenza annuale sullo stato economico della nazione”, organizzata dalla Presidenza del consiglio, dove aggiornare in modo integrato la strategia di politica industriale e di altre funzioni statali. Il motivo è che nel mondo stiamo passando da una situazione di relativa stabilità ad una di metastabilità dovuta ad una parziale deglobalizzazione conflittuale che crea rischi per un modello economico basato sull’export. Inoltre c’è una rivoluzione tecnologica in atto che crea rischi di impatto selettivo. E la società sta cambiando sia sul piano demografico sia su quello degli stili di vita. Tale situazione richiede una capacità governativa aggiornata, ben connessa con le parti sociali e in grado di elaborare strategie adeguate che riducano i rischi ed aumentino le opportunità. L’Italia sta facendo sul serio, non ammuina.