Maro Draghi va ascoltato e ringraziato per la qualità e franchezza della sua scenaristica analitica perché quella del mio think tank dedicata ai potenziali di geopolitica economica e finanziaria vede crescere la probabilità che nello scenario a 15 anni l’Ue possa diventare il pilastro di una Nova Pax integrativa/sostitutiva della Pax Americana (1945-2025).
E quindi nuova colonna co-portante della fiducia economica globale. Il motivo è che l’America, pur superpotenza, è ormai piccola come forza ordinatrice e portatrice di un monopolio della violenza in relazione alla scala degli impegni e dinamiche globali. Già lo scrissi nel libro The Grand Alliance (2007) e lo discussi con élite statunitensi sia democratiche sia repubblicane: ottenni il riconoscimento realistico che l’America avrebbe avuto bisogno di aumentare gli alleati che contribuivano alla sicurezza ed al traino stimolativo per il complesso delle nazioni democratiche e compatibili.
I repubblicani con cui parlai annotarono il concetto e lo trasferirono alla campagna di John McCain contro Barack Obama (2008) per rifinitura del progetto di Lega delle democrazie, un punto chiave per McCain stesso. Ma questi perse, Obama tentò un accordo economico bilanciato tra democrazie, ma l’americanismo protezionista/eccezionalista sia a sinistra sia a destra prevalse, senza dimenticare la riluttanza, ai tempi, di Francia e Germania, ed oggi rende debole il pilastro statunitense della fiducia economica mondiale. Quindi è tempo di successione/integrazione, personalmente auspicando la seconda entro un G7+.
L’Ue è la candidata per questa staffetta storica, ma deve agire combinando nuovo attivismo e prudenza. L’attivismo è ben visibile, forse sottostimato da Draghi, nella frenesia europea finalizzata ad accordi di libero scambio con Mercosur, Indonesia, India (pur difficile nelle contingenze della divergenza Usa – India), Messico, ecc.
Questa è una tendenza di “riglobalizzazione selettiva” trainata dall’Ue con probabilità elevata di salvarne l’economia e, per inciso, compatibile con la priorità italiana di siglare partenariati strategici con mezzo mondo, facilitata dalla ottima riforma in direzione geoeconomica del ministero degli Esteri.
Sul piano militare e tecnologico il potenziale europeo è molto grande, ma lento ad attualizzarsi per gap finanziario e di consenso. Tuttavia le sberle daziste da Washington, quelle di slealtà concorrenziale dalla Cina e le minacce dalla Russia stanno generando una reazione più rapida di quanto appaia. Il gap è colmabile entro 10 anni, con conseguenze già rilevanti entro 5-6. Dove la prudenza oltre che non rompere con l’America? Sarebbe imprudente forzare una federalizzazione dell’Ue, oggi prematura, e quindi fonte di rischio dissolutivo.
Pertanto bisogna praticare una strategia di programmi specifici selettivi di impulso tecnologico ed economico, ma tenendo limitato il debito ed incentivando la collaborazione tra capitale pubblico e privato. Bene Draghi sul problema, ma le soluzioni vanno corrette sia da prudenza sia da maggiore ambizione globale.
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