La nuova età della robotica autonoma richiede più potere cognitivo degli umani
La partita di calcio tra robot umanoidi in Cina così come l’uso operativo di robot quadrupedi come muli ed esploratori in reparti militari segnala un salto tecnologico: inizia l’età della “cibernazione” (produzione di automi indipendenti multifunzionali). Questa è trainata per lo più dalla spesa militare di superiorità – con punte in Cina ed America – che spinge un megaciclo del capitale di offerta con ricaduta stimolativa delle nuove tecnologie sul mercato civile e conseguente amplificazione della nuova tendenza.
Questa tecnorivoluzione ha un carattere diverso da quelle precedenti analizzabili nell’evoluzione via protesi tecnologiche negli ultimi diecimila anni: fuoco, arco, aratro, idraulica agricola, stampa, macchine a vapore ed a combustione, volo, energia nucleare, computer, ecc. La diversità sta nell’autonomia della protesi tecnologica. Autonomia che va oltre quella programmata nei servomeccanismi generati negli ultimi decenni perché li rende più mobili e capaci, via schemi cognitivi sintetici di intelligenza artificiale, di decisioni che pur programmate danno al robot un potere di scelta autonoma di contingenza nonché di multifunzionalità. Pertanto inizia un’era dove la protesi tecnologica può essere staccata dal braccio umano e quindi non essere più definibile come “protesi tecnopotenziante”, ma come “strumento autonomo delegato per missioni operative”. Questo futuro è stato anticipato da film fin dagli anni 80 dell’altro secolo dove però sono state prevalenti le preoccupazioni di danno all’essere umano o sua sostituzione dalle macchine. Pensieri prudenziali rinnovati recentemente in occasione dell’irruzione dell’AI, pur ancora in fase primitiva. Io rifuggo da eccessi prudenziali, ma da almeno 25 anni suggerisco un approccio culturale/morale che armonizzi tecnorivoluzioni e vantaggio sociale: evitare sia esondazioni sia inaridimenti del progresso tecnologico (Futurizzazione, Sperling, 2003). Dove il criterio è far evolvere la competenza sociale affinché veda vantaggi nelle nuove tecnologie e quindi permetta un ambiente favorevole per gli investimenti. E lo strumento per armonizzare automi evoluti e sistema sociale è passare ad un modello di welfare di investimento che finanzi la formazione super e continua del potere cognitivo degli individui. Il tempo probabile di realizzazione diffusa nel mondo della nuova età della cibernazione è 15-20 anni. C’è tempo per digerirla e renderla leva per la rigenerazione del capitalismo di massa? Ostacoli? Il principio del minimo sforzo, l’ignoranza, l’eccesso di delega all’automa. Basterà rimuoverli per ottenere una relazione armonica tra capacità umane e della nuova robotica? Le visioni future aperte dal salto tecnologico detto fanno intravedere una maggiore frequenza di salti ulteriori, cioè un enorme ed ora indefinibile potenziale di innovazione discontinua. Per esempio la “biocibernazione “, cioè bioautomi, fabbriche totalmente robotizzate, protesi di tecno-potenziamento delle funzioni umane, per esempio esoscheletri di sostegno agli anziani o agli invalidi per la mobilità, chip simil-telepatici nel cervello, ecc. Il mio sottogruppo di ricerca Asimov (fisici ed ingegneri che interagiscono con i ricercatori delle scienze sociali) dedicato alle “analisi di destino” ipotizza un mutamento totale dei sistemi sociali entro un secolo e mezzo trainato dalla nuova età della cibernazione espansiva. Mi sono chiesto se sarà ancora valido il concetto regolativo elaborato quasi 25 anni fa: evitare esondazioni ed inaridimenti. Ho dubbi per la non improbabile inferiorità della capacità regolativa di fronte al ritmo di innovazioni discontinue con conseguenze o luddiste per la comunità che non riuscirà ad accedere alle innovazioni oppure socialmente selettive, comunque. Serve già ora nuova ricerca con lo scopo di armonizzare umano e post-umano, antropocene e robocene.
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