Professore buonasera,
la prego di scusare la mia invadenza, ma le scrivo anche in nome della mia stima ante litteram nei suoi riguardi di quando era un assiduo editorialista del Giornale negli anni 90 ( ricordo le bandiere blu….) e poi a seguire acquistai un suo interessante libro sui scenari geo-politici mondiali.
E la ho anche ammirata molto quella volta che reagì adeguatamente a quell’imbecille di quel mussulmano che definì (criminale) il nostro Gesù un cadaverino appeso ad una croce, con Vespa che era li impotente e inerte a guardare…..
La mia domanda (sempre se mi è lecito chiedere) da incallito e sodale patriota italiano (la mia bandiera tricolore che conservo da 50 anni sventola stabile dalla mia finestra sulla strada in contrapposizione ad una bandiera multicolore del palazzo di fronte) e’ la seguente:
1-Ammesse e concesse le incapacità e corruzione della nostra classe politica tutta, passata e presente, lei crede che se “anche” faremo velocemente queste benedette riforme lacrime e sangue riducendo gradualmente nel tempo in nostro enorme debito pubblico ( che comunque a parer mio, a parte la parte evasa all’estero non e ‘che si è volatizzato, ma ridistribuito beneficiando in modo ineguale tra tutti noi, tanto che l ns. patrimonio globale e’ molto superiore al debito) il cosiddetto attacco economico all’Italia, perché di questo a quanto pare trattasi, potrebbe avere un termine?
2- Se questo non dovesse malauguratamente accadere, lei pensa che sia possibile tornare senza disastrosi traumi per la nazione alla ns. beneamata lira che ha contribuito anche lei all’unità d’Italia, abbandonando questo maledetto euro che la sinistra tutta ci ha impoverendoci imposto complici l’allegro Prodi e Ciampi?
3-Può cortesemente indicarmi una sua pubblicazione in merito che potrebbe eventualmente illuminarmi?
Mi scuso di nuovo sperando di non averla tediata.
Un caro saluto da parte di un suo estimatore.
Ermanno P.
Roma
Egregio Professore
Qualche migliaio di anni fa in una città della Magna Grecia, (Sibari?) un
ricco mercante, dall'aspetto esilarante, affetto da una lieve zoppìa che
ne accentuava l'andatura da papero, ma acuto , furbo, dotato di grande
ambizione si era messo in testa di diventare un ambasciatore per la sua
città.
Aveva denaro, conoscenze e tanto brigò che finalmente riuscì a comprarsi
la nomina, (allora le cariche pubbliche si mercanteggiavano alla luce del
sole, in democrazia è anche normale).
Quando gli fu assegnato il suo primo incarico, si recò tutto eccitato al
Senato di una città limitrofa a presentare le proprie credenziali, ma come
c'era da aspettarsi fu accolto da una salva di irrefrenabili risate:
Non si scompose, si rassettò la toga, cercò di assumere un atteggiamento
consono al ruolo e con il sorriso sulle labbra pronunciò queste
parole:"Ridete, ridete, credete forse che gli ambasciatori, (pausa) quelli
buoni li mandino in una città di m... come la vostra?"
Non sappiamo se allora il nostro eroe fece scoppiare la guerra, quello che
è certo è che ora all'annuncio del tanto invocato "Governo Monti",
ridevano Tutti a destra e a sinistra, gli uni contenti di non aver dovuto
prendere decisioni impopolari, gli altri contenti di aver mandato
finalmente a casa l'odiato rivale, con buona pace della nostra democrazia,
che a dispetto di indennità e pensioni varie elargite dal contribuente a
centinaia di parlamentari e senatori, si deve accontentare di Ragionieri e
Commercialisti, (con tutto il rispetto per queste categorie), che i
cittadini non hanno scelto e nè tantomeno votato.
Quel che è certo è che sono riusciti a farsi fregare e hanno fregato Noi
poveri contribuenti.
Ridete, ridete....
Suo Agdan
Gentile Dr Pelanda,
un'idea da suggerire ad Dr Monti.
Bisogna riassorbire 200 miliardi di titoli di stato entro aprile?
Perché non imporre una patrimoniale dando la possibilità agli italiani - in sostituzione del pagamento della tassa - di acquistare il doppio del suo valore in titoli del debito pubblico?
Si otterrebbe il doppio del preventivato (per lo stesso motivo), i partiti che si oppongono alla patrimoniale sono certo che lo accetterebbero, si incrementerebbe il risparmio e si darebbe un segnale di fiducia all'estero.
Cordialmente.
Dr.Marco Biffani
Egregio Professore
Ricorderà che prima dell'avvento dell'era Berlusconi", i governi di
coalizione che si avvicendavano, senza soluzione di continuità, dal
momento che si consideravano a termine e lo sapevano, arraffavano quanto
più possibile con la loro manovrina personale, senza alcuna visione e/o
progetti per il futuro del Paese; soddisfacevano i propri
creditori-elettori, compari e comparielli ecc.. e poi passavano la mano al
seguente governo che ancora una volta, senza vincolo di mandato (Sigh),
provvedeva a soddisfare altri compari che non erano ancora riusciti a
spartirsi la loro legittima e guadagnata fetta.
C'è voluto il nuovo fenomeno politico, perchè si parlasse
democraticamente, di "programma, obbiettivi, opere pubbliche, riforme
ecc. ", da sottoporre al giudizio dei cittadini.
Le prospettive sono infauste, tenteranno, per l'ennesima volta, di
perpetuare gli antichi giochetti, parleranno in Tv, di quello che gli
altri non gli fanno fare, rammenta i lamalfamalagodi e affini? Faranno
finta di prendere le decisioni non in consiglio dei ministri, ma presso le
Segreterie di partito (KGB e affini), rimanderanno a domani quello che gli
altri non gli hanno fatto fare oggi.
Le chiedo, esiste secondo lei una qualche prospettiva diversa? O le
persone libere di pensiero, non aggreppiate a cosche, consorterie e
affini, devono valutare seriamente la possibilità di una emigrazione di
massa, magari in Africa, in controtendenza, al posto di quanti sono venuti
qui, pensando di trovare il Paradiso.
Anzi le dirò, qualche tempo fa avevo prospettato fra me e me, di rendere
pan per focaccia agli scafisti rimandandogli indietro, per non fare il
viaggio a vuoto, un tantillo" di popolazione carceraria, e di altre famose
località di soggiorno del Belpaese.
Ma tant'è, omnia munda mundis, absit injuria verbo et de hoc satis, scusi
il latinorumm...
Suo
Agdan
Gentile Professore,
Nell'ottobre 2010, mentre infuriava il caso Ruby, ho letto casualmente un
Suo articolo su Libero che metteva in guardia contro il patto spartitorio
tra Francia e Germania, per controllare le varie economie nazionali.
Illuminante. Oggi mi sembra addirittura profetico. E non dimentico che in
una lontana trasmissione di GAD Lerner Lei definì l'euro una impresa messa
su da dilettanti. Posso dirLe che nutro sincera ammirazione per la Sua
intelligenza lontana da ogni conformismo?
Cordiali saluti
Andrea Zambrini
Inviato da Andrea Zambrini =
Egregio Professore
Ho sognato che i tedeschi solidali con il nostro momento di difficoltà,
hanno deciso di prestarci la Merkel.
La prima cosa che ha fatto da brava amministratrice è stata quella di
contare le risorse disponibili e le opportunità.
"Vediamo, ha pensato, esiste in Italia una sola area seriamente
industrializzata, è poco ed occorre potenziarla.
Va bene, cominciamo con le comunicazioni, bene c'è la TAV. I bolscevichi
non la vogliono, per forza quelli non non credono mica al sistema
democratico, fingono per poi cercare di abbatterlo.
Passiamo appresso, beh! guarda c'è l'oro culturale artistico e
paesaggistico, oh bella con queste risorse potenziando i servizi
turistici, gli italiani possoni vivere di rendita con lavoro per tutti i
giovani: guide, traduttori, resturatori, artigiani, cuochi, sommelier,
ecc. ecc." No non si può ci sono altri bolscevichi che dicono che i beni
culturali sono di tutti e per questo non debbono servire a niente, come
sopra, tanto vogliono solo cambiare il sistema, non gli interessa lo
sviluppo.Ma scusate, posso anche essere d'accordo, ma i servizi di
conservazione, restauro promozione, ecc ecc. qualcuno li deve pagare, il
turista è contento di farlo se trova i servizi all'altezza, ma i
bolscevichi non vogliono.Va bene, passiamo appresso. Vediamo c'è una zona
depressa che andrebbe incoraggiata, vediamo possiamo metterci un'attività
produttiva, come hanno fatto i friulani dopo il terremoto, No! non si può
hanno gia deciso di metterci istituzioni amministrative, Stato, Comuni
ecc.
Ma a che servono tante amministrazioni se non c'è niente da amministrare,
le attività produttive sono fondamentali per la crescita. E' vero , ma in
Italia non si può fare, andrebbero a casa in troppi. La povera Angela è
disperata, cerca di guardarsi meglio intorno, si sforza di capire.
E' vero gli italiani tirano avanti a miracoli, nonostante i tanti
bolscevichi che frenano chi vuol fare, mezza Italia è al gancio di chi
lavora, pensa e fa le cose e l'altra mezza vuole cambiare il sistema a
colpi (Sigh) di ideologia ottocentesca e violenza di piazza, ma nonostante
tutto, sono ancora in piedi, eccezzzzionale. Li ammiro.
Ma è meglio che torni a casa. Ciao!!"
Suo Agdan
Una finanza straordinaria senza keynes ?
Caro prof. Pelanda,
oggi le news sono tutte incentrate sull'eco della posizione di Giavazzi sul Corsera del 18 c.m. a proposito dei monopoli e del ruolo di Confindustria.
A prescindere da questa polemica , il decreto sviluppo con risorse scarse ( sul Corsera del 10 ottobre u.s. il premier avanza questa tragica realtà!) , pone non pochi interrogativi sul come uscire dalla crisi per sviluppare la crescita ,che ovviamente è opera titanica da sviluppare solo per decreto! Ma incentivare liberalizzazioni ( quelle vere: ad es. nei trasporti locali o nel settore energetico ) ,dopo le lenzuolate delle liberalizzazioni vere e false degli anni scorsi, è compito non facile ma ineludibile in questo momento straordinario. Un mio amico diceva che è nella crisi che si creano le opportunità citando il famoso Einstein ("E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie") ed invero questa crisi può diventare un' occasione per rilanciare un'idea di sviluppo diversa ( abbandonando l'idea delle "magnifiche sorti progressive "), che ,facendo tesoro degli errori del passato ( come la finanza dei derivati in USA), ponga le premesse per un modo di guardare l'economia non come un edificio senza finestre ( e quindi inutile : quasi una comunicazione " ansiogena",come lei apostrofava le politiche per superare la crisi su Il Foglio del 18 c.m.)
Infatti chi può abitare in una casa "chiusa" e senza finestre ??
Per tornare all'immagine del papa Benedetto XVI nel suo intervento al Bundestag, ,l'analisi della crisi non può prescindere da una lettura della realtà positiva, con "finestre aperte" ove circola l'aria buona, che è quella che si tenta rintracciare
per dar fiato all'economia!
Fuor di metafora occorrono investimenti non a debito ( la peggiore lezione keynesiana!), ma interventi straordinari , che riescano a liberare risorse oggi inespresse perché bloccate da monopoli naturali e politiche consociative , nemici di uno sviluppo concorrenziale ,ma non di una politica pessimistica a debito ( la peggiore ), non più sperimentabile nei paesi dell'unione,come in Italia e che porta solo stagnazione dell'economia e spesa pubblica parassitaria!
Quale spunto da questa positiva premessa se non dire "good bye keines !"?
Ciò è quanto l'economista prof Forte auspicava a commento delle ricette anticrisi del premio nobel americano Stiglitz dell'economia e che verranno dibattute a Cannes il 3 novembre ( vedine l'intervista su Il sussidiario del 19 ottobre). Occorre, secondo Forte ,la ripresa degli investimenti pubblici e sia privati , aiutata dalle risorse disponibili .
Ma allora il problema è proprio il reperimento dei soldi per rilanciare gli investimenti produttivi. Il prof Forte così richiama questa necessità:
"Noi abbiamo bisogno di diminuire il debito pubblico e di reperire risorse con una manovra finanziaria straordinaria. La crescita non avviene per incanto e non si può certo fare senza investimenti, in parole povere senza soldi."( intervista cit ne il Sussidiario.net del 19/10/2011)
Non è forse questo il vero senso del pensiero keynesiano descritto nel celebre scritto: "Le piantagioni di banane" ( cfr il brano nel Trattato della moneta ) ?
Il famoso economista inglese indicava la necessità degli investimenti privati per rompere la frattura tra consumo e produzione così risolvendo il problema della disoccupazione. In buona sostanza i prestiti bancari servono per gli investimenti
e non per colmare una crisi di liquidità o per compensare momentanee deficienze di mercato. Non staremo a descrivere i mali della tesaurizzazione ossia del risparmio non messo in circolazione, che già Keynes ha descritto nel citato Trattato.
Nel periodo storico considerato da Keynes ,gli investimenti produttivi
furono finanziati dalla banche e dallo Stato.
Oggi , a differenza del passato,occorre una "finanza straordinaria" per reperire queste risorse : ecco il "patrimonio contro debito" ( rectius: investimenti) come suggerito dal prof Pelanda ( ma ricordando che nel periodo pregresso 2001-2005 già la Corte dei conti ha evidenziato la limitata entrata delle alienazioni dei beni pubblici ), occorrono liberalizzazioni vere, riforme del sistema previdenziale ( anticipando , ad es. , la quota 100 per le pensioni d'anzianità),ecc. purché lo Stato non utilizzi più "deficit in spending" ,in quanto le condizioni del debito sovrano non lo permettono più.
Le risorse liberate da questo intervento di finanza straordinaria siano destinate unicamente per gli investimenti infrastrutturali di lungo periodo ( ponte sullo stretto di Messina , alta velocità,ecc.) che daranno luogo ad occupazione. Sarà necessario a tal uopo creare un fondo "salva economia"dei paesi comunitari con l'apporto della BCE per finanziare gli investimenti produttivi ? Una sorta di fondo Marshall? Garantirà il fondo" salva economia" la BCE e non le riserve auree dei singoli stati!
Lo si crei ,l'importante è che le banche erogatrici di prestiti siano controllate dalla BCE e siano solide ed in linea con Basilea 3 e che un'autorità indipendente
controlli lo stato d'avanzamento dei lavori finanziati con penalità e sanzioni
per i trasgressori.
Analogamente agli eell virtuosi e senza debiti,si dia loro la possibilità di ridurre, a costo zero per lo Stato, il loro stock di debito finanziario pregresso ( unitamente allo sforzo dello Stato per la riduzione del proprio debito sovrano) mediante utilizzo parziale degli avanzi di amministrazione,valorizzando altresì l'apporto dei privati nella realizzazione delle opere di impellente e pubblica necessità (scuole ,asili ,asfaltatura delle strade,ecc,) e per la gestione dei servizi produttivi locali
(trasporti,rifiuti,distribuzione del gas,pubblica illuminazione,ecc) mediante financing project nonché autorizzando gli enti ai pagamenti dei loro fornitori in base alla recenti direttive comunitarie che, in base al patto di stabilità e crescita, impongono agli enti locali condotte virtuose anche per onorare i loro debiti.
Gli eell in deficit facciano un piano quinquennale/decennale di rientro, garantendo le spese ordinarie e di mantenimento dei servizi essenziali ( scuole,asili,trasporti,ecc,)con l'impianto del federalismo fiscale.
In conclusione non dico addio a keynes ,ma good bye a keynes , rilanciando quel che di buono l'economista inglese suggeriva ,facendo proprio l' invito ai suoi colleghi ad essere "dentisti" ( in "Prospettive per i nostri nipoti") e meno ansiosi ,ovvero con una ragione aperta e meno preconcetta di fronte la realtà, competenti cioè per analizzare la realtà e meno pigri nel cercare le soluzioni.
Antonio Pètrina
Egregio dr. Pelanda,
Nel momento in cui avevo deciso di non acquistare più neanche Libero, non per vana protesta contro i giornali , ma per non cadere in una profonda depressione, ho letto il suo articolo sulla necessità di trasformare la Repubblica italiana da “parlamentare” in “presidenziale” con elezione diretta dell’esecutivo.
Lei, evidentemente, ha da tempo individuato, come me e forse tanti altri in questo bel Paese, la “madre” di tutti i “casini” istituzionali e strutturali tra i quali si sta avvitando la nostra nazione.
Rendo merito al Direttore Belpietro di aver aperto, come spero, con la pubblicazione di ieri, un dibattito che apra gli occhi degli italiani sulle conseguenze gravissime per non dire funeste che peseranno sul destino loro e dei loro figli se non si riforma urgentemente la Costituzione nella direzione indicata dal dr. Pelanda.
L’importanza dell’ argomento è tanto grande quanto diffusa e radicata è la prassi di economisti politologi intellettuali e giornalisti ( e, ovviamente di “politici”) di ignorarlo del tutto nelle ormai assillanti occasioni nelle quali si analizzano in modo capillare gli effetti disastrosi del sistema parlamentare.
La riforma della Costituzione è il solo provvedimento che urgentemente bisogna adottare : tutto il resto sono vane chiacchiere da salotto o da trasmissione televisiva.
Coraggio, coraggio, coraggio.
Saluti cordiali
Giovanni Arpino
Egregio Signor Carlo Pelanda,
Appunti politico-culturali per riprendere un sentiero interrotto
La cifra storica diventa sempre narrazione ideologica. Le ideologie non hanno storia. Marx docet: verissimo.
Gli anni ’90 del secolo ormai alle nostre spalle – tutt’altro che “breve”, ci spiace per il guru neomarxista Hobsbawn – sono il nostro “Hic Rhidus, hic salta”. Perché?
In primo luogo, perché si è violentemente interrotto un percorso di modernizzazione inclusiva della società italiana. Una modernizzazione non governata dall’alto, né costruita ad immagine e somiglianza dei poteri forti o deboli per procura, ossia quando fa loro comodo (leggi: le banche, le corporazioni mercantili-professionali, i sindacati parassitari, i residui corporativi e collettivistici del welfare, anzi dello Stato “assistenziale”-assistito, nel contempo). Una modernizzazione tra Weber e la grande tradizione social-cristiana con una liberalità segnata e dettata dal mix meriti e bisogni. Questo progetto è stato schiantato con il concorso anche di chi ne voleva tracciare le linee maestre. Di passata: la morte di Craxi è la fine simbolica e reale di questo progetto. Ma è la fine, piaccia o meno, del socialismo tardo novecentesco italiano ed europeo, in grado di anticipare, con la politica, le sfide della globalizzazione in nuce.
Non basta. Sono penetrate nella società italiana e nel corpo sociale quelle strutture molecolari parassitarie e corporative che frenano per definizione e missione specifica lo sviluppo dinamico e volto all’equità dinamica, non paralizzante (se no, dovremmo dire: egualitarismo). In seguito a ciò, si è costituita in armi l’ideologia nichilista della disgregazione manu militari della politica e della storia fondante la politica, i corpi politici, i partiti e i leader dei medesimi. Mani pulite ha compiuto quanto Mussolini, nel 1926, non riuscì completamente a realizzare.
Di conseguenza, non esistendo il vuoto né in natura, né nella storia (ergo: nella politica), il corpo sociale si è rivolto alla residualità passata percepita come futuro, Berlusconi e la nuova sinistra come partito radicale di massa. Su Berlusconi sappiamo quanto segue: il corpo individuale è diventato linguaggio politico e ciò diventa, da un lato, iper-politica, dall’altro anti-politica. In questa scissione e schizofrenia si sta consumando la crisi italiana di oggi.
Nel ‘900, i partiti si sono autorappresentati come comandi centralizzati legittimati da ideologie specifiche e con vocazioni di governo di tutto il corpo sociale. Nessun partito ha mai incluso in sé i germi della democrazia come fatto interamente realizzato. Cionondimeno, essi hanno realizzato quello spaccato accettabile di democrazia, altrimenti manipolata da banche e corporazioni extra-politiche.
La filiera del comando si è spezzata, anzi è stata spezzata brutalmente nel ’93: da quel momento, abbiamo visto fantasmi di progetti pro-partito tutti in funzione di legittimazione di una non meglio definita “società civile”, con un manicheismo del tutto impolitico.
Dunque, il sentiero interrotto deve ritrovare un passo di marcia non più lineare – impossibile -, ma neanche zigzagante alla mercè delle nevrosi “crisaiole” contemporanee.
La dinamica dei partiti del ‘900 è la seguente: top-down. Sociologicamente è descrivibile, ma rimane analisi pura, nella realtà, non esiste più il fenomeno.
La sintesi politica veniva fatta accumulando dati sul territorio e attraverso un ascolto non prossemica, dunque distante e funzionale alla legittimazione del potere di comando sulla filiera social-ideologica-politica.
Il potere impone e decide, quando ce la fa, non ascolta.
Ma di potere c’è sempre più bisogno, oggi, ecco il punto: allora, was tun?
Intanto, chiariamo un punto: il potere, come l’essere secondo Aristotele, si dice in molti modi.
Dunque: se si spezza la filiera top-down, esiste sempre la realtà molecolare e sfrangiata delle società tardo moderne globalizzate e alla ricerca, nel contempo, di ri-comunicare se stesse e di ristendere patti e negoziati di alto profilo sui territori.
Con chi si lavora con i negoziati, i contratti e le disposizioni magari urgenti, per lo sviluppo dei territori? Con la politica.
Una politica non più “agorafobica”, ma “filo-agorà”, amica dell’agorà, in grado di produrre una filìa, un’amicizia con chi sul territorio non solo produce, ma riproduce linguaggi non meramente settoriali e specialistici, e, con essi, valore e – in un secondo tempo – ricchezza. Ma prima viene il valore, ossia la qualità complessiva di un rapporto tra chi vive e chi produce per la vita e per il futuro.
La politica da comando diventa “potere-per”, possibilità di sintesi e di ascolto delle varietà di linguaggi e realtà territoriali, immediatamente impegnate nelle attività istituzionali, anche in un federalismo bislacco e sgangherato come il nostro.
Perché la disaffezione alla politica è politica disorientata e distorta, distorsione cognitiva all’ultimo stadio e nuova filiera corporativa rigida e dura. Dunque, ci vuole una nuova forma di contratto tra chi deve decidere sul piano istituzionale immediato – senza avere più il pretesto di dover affrontare le beghe interne di partito, perché o il partito è proiettato fuori o non si dà più: con le conseguenze del caso, naturalmente – e chi produce valore e linguaggi spendibili subito sul piano produttivo e culturale. Perfino antropologico.
Infine: la globalizzazione non esiste, è una metafisica per gli ideologi postmoderni privi di concetti e verità. Orfani di un vero pensiero.
Il nodo strutturale ed esistenziale-collettivo è il flusso della vita sui territori, il glocale che traduce il globale, la prossemica intra-extra territoriale e a favore di una nuova e più agile ricontrattazione del bene politico. Il bene comune riguarda sempre i singoli aspetti della realtà umana, non l’insieme collettivo e collettivistico della “società”. La politica che non favorisca più la ricerca del volto umano è destinata ad essere soppiantata dagli agenti più efficaci con una governance tanto astratta quanto camuffabile in mille e inquietanti forme. Il tema della “Big Society” si situa a questo livello storico e da ciò si comprende perché l’Arcivescovo di Canterbury si opponga alla sua retorica affermazione. Ma non di “retorica” abbiamo bisogno, bensì di “persuasione”, per chiudere con Michelstaedter.
Raffaele Iannuzzi
Renato M.
Buongiorno,
ho letto il Suo articolo su 'Libero' di oggi, la proposta del fondo
sovrano, e volevo complimentarmi con Lei.
Leggo due/tre quotidiani al giorno e di parti opposte e ho visto che bene
o male tutti si impegnano nel formulare soluzioni ma finora la sola
davvero rivoluzionaria mi è parsa la Sua, tra l'altro anche molto
originale.
Io non sono esperto ma se è fattibile penso che Lei abbia addirittura il
dovere morale di farla presente a chi di dovere, nel caso in cui il
megafono di 'Libero' non sia sufficiente.
Cordiali saluti,
R.B.
Gentile Professore,
ho letto il suo articolo su”Libero” di oggi e, anche se non sono un economista, mi sembra che sia di una logica stringente. Ma perche’ agli scienziati economici di destra e di sinistra, con la manovra e con le contromanovre, non e’ venuta in mente una simile riforma?
Personalmente avrei un’idea anche su come recuperare una parte di sommerso ed, essendo medico e lavorando in Ospedale da molti anni, anche su come risparmiare un bel po’ di euro sulla Sanita’.
Cordiali saluti
Roberto P.