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Carlo A. Pelanda
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Lettere a CP del 2002

31/12/2002

Preg.mo Dott. Pelanda,
Da molti anni seguo i sui articoli con vive interesse, sopratutto per i temi di grande attualità, colgo l'occasione per augurarLe i migliori auguri per il nuovo anno.

Walter De Berardinis

27/12/2002

LE POINT INTERNATIONAL Genève, n°20 26 déc.2002

Ed.ital. « per gli amici coi migliori auguri» www.pointintl.ch

PILE ESAURITE O PESSIMISMO SISTEMATICO?

Non è facile capire perché la grande stampa e le televisioni, con l’eccezione di Emilio Fede e de Il Giornale, si siano impegnate in un vero “pessimismo sistematico”. Certo, grazie alla denatalità, l’Italia sta diventando un paese di vecchi ed i vecchi (giornalisti compresi) diventano pessimisti come proiezione sull’esterno del loro indebolimento fisio-psichico. Ma forse è solo una con-causa. Certo, il crescendo delle incertezze suscitate dalle prospettive di una guerra nel medio oriente, dal rialzo del prezzo del petrolio, dal calo del dollaro e dall’aumento della disoccupazione negli USA sono preoccupanti. Ma ne abbiamo visto di ben più brutte. Infine, se si sta delineando una sindrome di stagflazione (inflazione più ristagno), ciò non prelude in alcun modo ad una crisi economica. come vanno dicendo tanti profeti di sventura quali l’ex-ministro dell’industria Enrico Letta (nelle cui parole ricorre sempre la parola “disastro”), quali l’ex-presidente on. Violante (per cui tutto ciò che accade è “grave”), per non parlare di Gavino Angius (che moltiplica i suoi “vergogna”). Il pessimismo dell’opposizione, però, è anch’esso naturale, come quello di coloro che vengono allontanati dal potere dove si ritengono indispensabili.

Che la situazione di per sé non sia preoccupante non è, però, dimostrato dall’aumento dell’occupazione (come si affanna a dire Berlusconi) derivato dalle prime misure sul part time intese a migliorare la mobilità del mercato del lavoro. Lo dimostra l’andamento tendenziale del pil reale destagionalizzato, che per l’Italia (tra parentesi quello di Eurolandia) si è accresciuto dal +0,1% (+0.3%) nel primo trimestre 2002, al +0,2% (+0,6%) ed al +.5% (+0,8%) nel terzo trimestre. E’ vero che l’Italia va meno bene del resto d’Europa già da molti anni (e quindi non per colpa del nuovo governo), ma come pretendere che oggi vada meglio un paese dilaniato dall’enorme recrudescenza degli scioperi, specie nei trasporti che, a parità di ore perdute, provocano assenze dal lavoro molto maggiori?

La vera preoccupazione è proprio per i danni che va provocando il “pessimismo sistematico”, scoraggiando le iniziative di sviluppo e di investimento interno e soprattutto dell’estero. Sembra che l’opposizione abbia improvvisamente realizzato che il libero mercato si basa sulla fiducia. Se si distrugge la fiducia tutto crolla. L’ultima drastica caduta delle vendite FIAT per l’immagine danneggiata dalle sproporzionate reazioni sindacali non è che un esempio. Per battere il governo, quindi, la via maestra è diffondere la sfiducia. Così si è cominciato ad accusare Berlusconi di aver formulato previsioni troppo ottimistiche: “Ma, se non faccio l’ottimista io….” si è difeso il Premier. La lunga battaglia per la Legge Finanziaria ha offerto nuovi spunti e l’opposizione spera che l’indebitamento netto della PA superi il 3% del pil per incolparne Tremonti. Persino Peppino De Rita si è fatto irretire. “L’Italia ha le pile esaurite” ha dichiarato. E’ stato scambiato per un invito a metterci in gramaglie prima del decesso della nostra economia, forse per accelerare il ricambio al potere. Resta solo il povero Ciampi a rincuorare gli animi, a stimolare slanci. “Ego, vox clamantis in deserto” diceva però di se il povero Giovanni, detto il Battista.

Livio Magnani

27/12/2002

Gentilissimo Professore, ieri durante un viaggio aereo e disponendo pertanto di un po’ di tempo, mi sono dedicato alla lettura de "Il Giornale", cosa che ormai mi capita sempre più di rado.
Ho iniziato dal Suo articolo intitolato "Manipolatori Di Anime".
Apprezzandone e condividendone i contenuti, mi soffermavo in particolare sul periodo in cui Lei auspicava dei "metodi più raffinati" da una fonte che tende ad accreditarsi di qualità superiore ai partiti, come appunto vorrebbe apparire "Libertà & Giustizia.
Subito dopo passavo alla lettura dell'intervista rilasciata dal Professore Giuseppe Di Federico, componente laico del Consiglio Superiore della Magistratura.
Egli argomentando circa i numerosi incarichi extragiudiziari dei Magistrati, spiegava come ciò incidesse, in termini di sottrazione di risorse, su un apparato che palesa una funzionalità che è nota.
Nella stessa pagina, con il titolo di "La lenta Giustizia Incivile", di Alessandro Caprettini, mi concentravo nella lettura dei dati riportati in un libro edito dalla case editrice Laterza,in cui venivano poste a confronto le realtà numeriche relative ai tempi di esecuzione dei processi in alcuni paesi europei.
L'articolo concludeva così: "E dunque, come già risultava in una analoga inchiesta sulle polizie in Europa, quel che risalta è che uomini e mezzi da noi non mancano. Ma nonostante ciò siamo sempre in coda. E il comico è che se qualcuno comincia a parlare di necessaria riforma, tanti a sinistra sembrano pronti a scendere in piazza. Specie a tutela della giustizia cosi com'è."
Osservando i contenuti dei tre articoli e tentando di dare loro un "senso" conforme al mio "punto di vista" (per dirla con Max Weber), valutavo di nevralgica importanza il Suo nel punto che ho sopra descritto, dovendo però constatare che effettivamente, anche questa volta, "i metodi più raffinati" non potranno esserci perché - in effetti - trattasi della solita operazione di cosmesi che cercherà di ingannare i cittadini stufi dei partiti e dei relativi carrozzoni che questi realizzano, per ottenere il consenso e tornare ad esercitare il potere.
L' analisi mi portava poi a guardare con occhio interessato gli articoli relativi alla magistratura e, in particolare, al rumore che si alza ogni volta che qualcuno tenta di conferire alla stessa maggiore funzionalità.
Io, questo potere dello Stato, lo conosco bene, e le riflessioni che mi accingo a fare non saranno quelli di un elettore della Casa Delle Libertà (che sarebbero quindi scontati) ma di un addetto ai lavori che da circa quindici anni opera a stretto, talvolta strettissimo, contatto di gomito con PM di Procure e Giudici di Tribunale e Corte di Assise.
In ambito giudiziario, vi sono molte brave persone, animate da senso di giustizia e libertà ma che spesso, per dirla con Durkheim, rimangono condizionate dalla esteriorità e costrittività di quel mondo.
Vede, caro Professore, provi a considerare un Magistrato per quello che - alla fine - poi effettivamente è, ovvero un "normale" dipendente pubblico vincitore di un concorso.
Adesso provi a valutare un qualsiasi altro dipendente pubblico libero di andare in ufficio all'ora che gli pare, al limite anche di non andarci per giorni, attribuiamogli poi la facoltà di fissare 24 processi alle ore 09,00 di una mattina di udienza, di citare come testi dell'accusa intere squadre e sezioni di investigatori, nonché medici legali, periti, professionisti in genere, cittadini, avvocati ed imputati.
Di presentarsi quindi in aula alle ore 10,15 e di iniziare lo svolgimento dei dibattimenti a piacimento.
Eseguirne 5, 6, magari anche 7,8 e poi stabilire il rinvio degli altri, a 6-7 mesi di distanza, mandando a casa gente che magari abita a 500 kilometri dalla sede giudiziaria e costringendola a tornare, nella migliore delle ipotesi, un'altra volta almeno.
Il tutto senza che nessuno possa obiettare alcunché.
Vede Professore, io penso che a molti verrebbe il delirio dell'onnipotenza, di iniziare a ritenersi l'espressione materiale di un disegno divino che ci pone al centro dell'Universo, con diritto di parola e veto su qualsiasi argomento.
Un giorno ad un Presidente di Tribunale chiesi come era possibile fissare 24 processi tutti alla 09,00, spiegando che se ogni processo fosse durato solamente un'ora non sarebbe bastato un giorno intero.
Lui mi rispose che le esigenze della Giustizia erano superiori a tutto.
Io nuovamente eccepii che proprio per quelle esigenze, forse, sarebbe stato più opportuno stabilire 4/5 dibattimenti e svolgerli. Magari cominciando a segnarli in orari a scalare per agevolarne lo svolgimento e l'afflusso delle persone che, a vario titolo, sono obbligate e parteciparvi.
La risposta fu: "abbiamo sempre fatto così!".
Adesso io chiedo: arretrati pazzeschi di cause e processi, e magistrati che vanno in ufficio quando gli pare e se gli pare. Tempi biblici nella realizzazione di iter processuali, e magistrati che scrivono libri, partecipano a simposi, presenziano conferenze, registrano trasmissioni televisive, esplicano attività di consulenza, rilasciano interviste su leggi in fase di approvazione e/o discussione.
Forze di Polizia in cronica deficienza di unità per il controllo del territorio, e magistrati che "bloccano" per giorni interi squadre di investigatori in un aula di Tribunale.
Ma in un "paese normale", per dirla con D'Alema, tutto questo sarebbe normale?
Con tutto ciò, caro Professore, voglio dirLe che forse la riforma della Giustizia potrebbe partire più dal basso, da quegli aspetti più semplici che i cittadini notano e colgono, senza che ciò possa scatenare grande clamore da chi vi si oppone.
Le grandi questioni di libertà e diritto rivestono un ruolo fondamentale e vanno perseguite con decisione e coerenza, ma queste porgono anche il fianco a critiche e attacchi strumentali che mirano a condizionare l'opinione pubblica.
Altre, invece, quelle più semplici, hanno certo minore rilevanza filosofica ed intellettuale ma offrono una visione più immediata e quotidiana, dando un istantaneo riflesso di coscienza all'uomo comune che difficilmente potrebbe vedere, nell'obbligare per regolamento un magistrato a giungere alle ore 08,00 in ufficio e permanervi sino alle successive ore 14,00, un attentato alla indipendenza della magistratura.
Forse, questo, potrebbe implicitamente determinare anche una nuova mentalità della magistratura, un nuovo modo di interfacciarsi con i sistemi e sottosistemi dell'organizzazione sociale generale, comunicando ed interagendo con essa in modo differente. Chissà….? Mah….? Comunque………?
Alla fine, deluso e amareggiato, andavo alla pagina dello sport e leggevo le gesta del mio grande ed amato Milan.

La saluto cordialmente stringendoLe idealmente la mano, formulandoLe i migliori auguri per un Buon Natale e felice Anno Nuovo, sperando di poterLa incontrare al più presto.
Giovanni, Pisa

20/12/2002

VIVA TREMONTI

E’ innegabile negli esponenti e simpatizzanti del centrodestra (e anche un po’ curiosa) la difficoltà a sostenere le critiche feroci dell’opposizione alla politica finanziaria del governo. C’è il disagio di una situazione obbiettivamente difficile, però cari amici, vogliamo chiarirci perché queste difficoltà? Il motivo è semplicissimo: questo è il primo governo italiano che fa un punto d’onore il non volere aumentare le tasse. E siccome le spese rimangono sostanzialmente quelle di prima (nessuna categoria, nessun settore accetta tagli), ecco naturale lo scompenso. Ma allora bisogna rovesciare la frittata: che bravura c’è (c’era, in tutti i precedenti governi) a far quadrare i conti con l’allegra imposizione di sempre nuove tasse?
Dobbiamo piuttosto rivendicare la filosofia fortissimamente voluta dal governo di centro destra: basta col circolo vizioso della spesa pubblica incontrollata ripianata col fisco; fare di tutto per innescare il circolo virtuoso di maggiori risorse per la crescita reale del sistema produttivo; ripartire dalla solare verità: il problema maggiore non sono le entrate (mancate), sono le uscite!
Diciamo quindi: viva Tremonti, primo ministro delle finanze che si preoccupa di frenare il proprio ministero!
Viva Tremonti, partigiano del contribuente. Eroico è il suo sforzo, tagliare le tasse ed al tempo stesso finanziare le cose promesse in campagna elettorale. Bimbo assiso sul trono di Erode.
E dunque quando il galliname d’opposizione strilla scandalizzato ad ogni rilevamento mensile che “le entrate calano”, dobbiamo rispondere che siamo contenti, perché questo è precisamente l’obbiettivo posto fin dall’inizio: pagare meno tasse, perché in Italia sono esagerate e per di più il corrispettivo reso in servizi dallo stato (l’insieme degli enti pubblici) è mediamente penoso.
Certo, sarebbe davvero bello, il massimo, obbligare tutti gli enti e organi centrali periferici dello stato (ministeri, regioni, comuni, università, sanità, etc…), mediante forti tagli, a purgarsi delle molte spese folli e parassitarie, salvando però i servizi e la loro qualità. Ma a tanto non si arriva (ci vuole una squadra cogli attributi così), sicché si finisce necessariamente nei condoni.
Epperò come sarebbe bello se una sera (più sere fatate) il Presidente (o il vice, anche l’Umberto andrebbe benone) comparisse agli italiani: “cari concittadini, vedete benissimo già dentro casa vostra che le uscite non possono superare le entrate. E sapete pure a menadito che le spese devono essere motivate, strategiche, sensate. Quindi non spaventatevi dei tagli, sapete bene che l’errore s’è protratto per molti anni. E se invece vi spaventano fa lo stesso, perché questa è la nostra scommessa”!
Oh come apprezzerebbero gli italiani! Il polo raddoppierebbe i voti, altro che perderli: parlare chiaro, parlare da statista, da adulto ad altri adulti, è una goduria sempre negata agli italiani, chissà perché. Neanche fossimo tutti bambini deficienti.
Da quindici anni l’osso duro della politica è creare/occupare posti da due/quattrocento milioni all’anno. Ve n’è ormai dappertutto in ciascuna delle cento città: agli acquedotti, alla società dei bus, agli enti locali ed altre decine; alla sanità ne hanno inventati addirittura tre, il direttore generale, quello amministrativo e quello sanitario. Un castelletto ogni usl, ogni ospedale.
Di tutti basterebbe la terza parte. Diciamolo ad alta voce.
Ieri c’è stato lo sciopero dei trasporti. Categoria per niente messa male (c’è la fila fuori, come in tutti gli enti pubblici), oh se il Presidente dicesse: “cari amici, se potessi ve ne darei anche di più. Ma per qualche anno serve un sacrificio. Vogliamo innescare il circolo virtuoso: troverete infine più di quanto adesso rinunciate. Questa è la nostra scommessa”!
Chi non capirebbe, l’operaio? L’artigiano? La casalinga? Il professionista? L’impiegato?
Capirebbero tutti. Gli unici a “non capire”, a strillare più forte sarebbero i professionisti della piazza. E poi molti lavoratori e cittadini. Ma la democrazia è questa, vince chi prende più voti (li prende chi ha più filo da tessere, altro che le televisioni).
Presidente, parli da statista, prenderà il 70%.

Luigi Fressoia, Perugia

20/12/2002

Perdono per il condono.

"Perdonami Padre Stato, sono 10 anni dal ultimo Tuo condono e questi sono i miei peccati: non ho pagato le tasse." Da quando osservo la commedia della vita quotidiana italiana, questa liturgia ciclica e confessionale del condono e contrizione tributaria mi è sempre sembrato un'applicazione laica del rito cattolico del peccato-pentimento-perdono-penitenza e poi via di nuovo allegramente a peccare. Non so perché si stia facendo tanto rumore per la ripetizione del solito rituale, anzi, sì che lo so: Padre Stato questa volta si chiama Berlusconi, e a lui non si può neanche perdonare il perdono.

Invece non c'entrano i riti cattolici con l'evasione. È piuttosto questione di sopravvivenza, d'autodifesa contro uno stato che pretende di strozzarti. Le leggi tributarie sono come le leggi stradali. Se segui le cartelle alla lettera, potresti non tornare mai a casa. Se paghi le tasse a dovere, potresti restare senza soldi per mangiare. Per illustrarvi perché non si potrebbe né si dovrebbe pagare tutte le tasse in Italia vi racconto una favola vera a fine infelice ma informativa.

C'era una volta una piccola agenzia pubblicitaria, che andava forte nel suo piccolo e che aveva come socia una certa americana. Agli inizi degli anni novanta è stata colpita, come tante altre aziende italiane, dalla "crisi", dalla recessione, dalla svalutazione della lira. Purtroppo, vivendo in Piemonte, e avendo un portafoglio di clienti piemontesi, lo sforzo per sopravvivere è stato non solo inutile ma catastrofico.

I piemontesi non sono come i commercianti milanesi. Non vedono la pubblicità come "l'anima del commercio", ma come "fumo negli occhi." E questo già in tempi buoni, figuriamoci in tempi burrascosi. Qualunque scusa gli dai per stringere la cinghia, e loro stringono. Ed i clienti proprietari d'azienda hanno le loro squadre di manager "protettori" che cantano solo ciò che loro vogliono sentire. E così al nostro "È il momento di investire", è prevalso il "Risparmiuma, risparmiuma!" dei "Yes Men".
Musica alle loro orecchie!

Avremmo dovuto metterla subito in liquidazione. Ma eravamo giovani e fiduciosi che i tempi sarebbero migliorati. Solo che nel frattempo c'era da anticipare le tasse, basate sul guadagno "previsto" che viene calcolato ciecamente guardando all'anno precedente, che per noi era stato quello più prospero. Però era una previsione irreale, anzi allucinogena, visto che si sapeva che avremmo avuto solo perdite. Però la legge è la legge, specialmente per chi fattura ad altre aziende e non ha scampo. Abbiamo dovuto pagare, abbiamo pagato, e abbiamo chiuso.

Noi almeno avevamo pochi dipendenti sulla coscienza, tutti che sono stati poi sistemati meglio di noi. Ma il punto è che non si può condannare Berlusconi per l'ennesimo condono a favore di persone che si sono saputi salvare dallo stato strozzatore. Se mai ciò che si può "non perdonare" è la lentezza con la quale sta facendo le riforme per rendere le leggi rispettabili e le tasse pagabili, senza che siano atti d'auto immolazione.


Sandra Giovanna Giacomazzi
Italy

Overseas Perspectives
http://www.giogia.com
e-mail: giogia@giogia.com

The Twentieth Century's Quest for Closure:
http://www.upublish.com/books/giacomazzi.htm

3620 SE 8th Place
Cape Coral, FL 33904
941-542-1496

18/12/2002

Dott. Pelanda,
buongiorno,
ho letto il suo articolo di ieri sul Giornale a proposito di chi cerca di gestire il consenso a sinistra.
In un'intervista, nella stessa pagina, il diessino Salvi cercava 100.000 operai (nel senso del consenso).
Curioso: a sinistra continuano a dire che difendono la tutela della persona, ma poi considerano sempre le "masse lavoratrici" espresse in numeri come i centomila di Salvi, gli immancabili 300.000 in piazza secondo lo standard CGIL, i 700.000 (o quanti erano) di Piazza S.Giovanni e via calcolando. Ma non saranno un pò come gli "otto milioni di baionette"? Mi viene in mente la stora (vera) delle cosiddette "vacche del duce": pare che quando Mussolini visitasse le stalle modello della Bassa Emiliana, per fargli vedere l'incremento riproduttivo delle fattrici spostassero nottetempo le vacche da una stalla all'altra.
Mai sentiti parlare della persona innanzitutto come cittadino, prima ancora che elettore, padre (madre), lavoratore (inteso come operaio? e gli altri cosa sono: ladri, redditieri, gaudenti, parassiti, santi, eroi, navigatori, poeti?).
Ma quanti sono veramente gli operai in Italia? Ma veramente questi parlano agli operai o i destinatari sono altri ceti?
Cordialmente.

P.S.
A quanto pare non siamo solo noi imprenditori a cercare operai......
Roberto Bellesia

17/12/2002

Caro Professore, ancora una volta uno dei suoi sempre azzeccatissimi articoli fa scattare in me la molla che mi induce a scriverle due righe in proposito, data l'importanza della posta in questione.
Trattasi della nuova creatura dell'ing. De Benedetti, che rigira ,forse per pudore il nome di una vecchia associazione gloriosa: Giustizia e Libertà che ben altri promotori e altri scopi aveva.L'Ideale superiore del Carlo che scosso da improvvisa preoccupazione per le sorti della società civile è appunto il salvataggio di essa dal Male Assoluto cioè il Cavaliere.
Premesso che non penso che gli italiani siano così sprovveduti da dover essere salvati da se stessi e che la bella combriccola in questione sia formata da persone miliardarie o quasi, mi sembra che l'ingegnere voglia tentare l'ennesimo blitz per rovesciare un governo liberamente eletto dagli italiani che stia certo se non saranno contenti dell'operato del medesimo potranno loro si che sono liberi, cambiarlo a suo tempo, ecco dove sta la differenza , noi uomini liberi, senza nessuna catena di alcun genere, voi prigionieri delle conventicole dei poteri forti che tutto hanno a cuore fuorchè il bene comune.

Il suo appello lo rigetto Ingegnere, mi salvo da solo, anche da Lei.
La ringrazio Professore per l'ospitalità e le porgo i miei più cordiali auguri di Buon Natale.

FULVIO VALAGUSSA
DOLZAGO-LC

28/11/2002

Salve, sono un lettore veronese..mi congratulo con lei.

Mi trovo sempre d'accordo con le sue analisi...non ideologizzate e obiettive..le allego un mio modesto scritto....

Globalizzazione

 

Nell'infinito dibattito sulla globalizzazione e sulle cause e responsabilità della povertà nel mondo, non passa una sola conferenza in cui alcune organizzazioni umanitarie e religiose (di indubbia appartenenza politica...) ci propinano come una cantilena, l'equazione-slogan che il 20% della popolazione consuma l'80% delle risorse mondiali e che alla rimanente umanità rimangono solo briciole!

Tale affermazione è falsa, volutamente incompleta e forzatamente strumentalizzata in chiave anticapitalistica, antioccidentale e noglobal.

Chi diffonde questi dati ignora (volutamente!)" l'irrilevante dettaglio" che a produrre la quasi totalità delle risorse mondiali è esattamente quel 20%, incriminato a torto di affamare il mondo.

Anche se mi sembra ovvio, è forse il caso di ricordare a questi "disattenti" signori, che le risorse non si autoreplicano per magia nel campo dei miracoli di collodiana memoria, ma si producono e trasformano con il sudore e il lavoro umano.

Ma non è finita qui; gli estensori di questi slogan omettono volontariamente anche il dato, che è sempre questo “parassitario” 20% a produrre, esportare e aiutare con beni, risorse, e conforti di ogni necessità i paesi più poveri, altrimenti incapaci o insufficienti con i loro inadeguati ed obsoleti mezzi di produzione di sfamare la propria popolazione.

Comprendo l'acredine di certa parte politica e cattolica verso il libero mercato, ma ci pensino bene talune organizzazioni travestite da paladine della giustizia e della solidarietà, prima di processare un sistema produttivo che innegabilmente ha prodotto ricchezza e benessere ad ogni livello e in ogni paese che l’ha deliberatamente e democraticamente scelto, diversamente dai regimi comunisti che non sono stati scelti, ma imposti!

Se veramente si avessero a cuore i paesi poveri, si avrebbe l’onestà intellettuale di denunciare le autentiche cause che hanno condotto a questo stato di cose, ma evidentemente, sono indotto a pensare, che per queste persone sia più importante l'infruttuosa battaglia politica ideologica contro il capitalismo che la soluzione dei problemi.

Forse per rinfrescare la memoria, è sufficiente ricordare a questi movimenti (non tutti ovviamente) anticapitalisti e noglobal, raggruppati in sedicenti organizzazioni umanitarie per avere maggiore visibilità e credibilità agli occhi dell'opinione pubblica, che i paesi in cui la fame regna sovrana, sono proprio quelli esclusi dal nostro sistema economico e dalla globalizzazione, un esempio per tutti, il recente milione di morti per fame nella Corea del Nord, paese a regime comunista in cui il capitalismo è solo una bellissima chimera!

Le reali cause del sottosviluppo, si possono individuare nella mancanza di conoscenze tecniche(know-how), da regimi militari corrotti e da satrapi locali intrallazzati in loschi affari; di tutt'altro tenore le analisi, di parte, dei nemici del modello di sviluppo occidentale, le responsabilità, secondo costoro, sarebbero esclusivamente imputabili al famelico egoismo della civiltà liberal-capitalista( e magari con l'aggravante cattolica..!?), con lancia in resta delle "cattivissime"multinazionali (altro abusato e reiterato slogan...), che non essendo istituti di beneficenza no-profit, non fanno altro che, ovviamente il loro mestiere.

Pure le "ricette"prescritte da queste organizzazioni per debellare le povertà sono parziali e inconcludenti, riconducendo i termini della questione a una mera questione"monetaria": Tobin Tax, remissioni dei debiti, aiuti economici e prestiti, dimenticando o ignorando completamente le componenti fondamentali di ogni autentico sviluppo umano e sociale: educazione e cultura, sia etica, civile, tecnologica, antropologica e religiosa!

Solo a partire dall'uomo e "lavorando" sull'uomo, si può sperare di sconfiggere la povertà, altrimenti paradossalmente, si cade nello stesso errore e nella stessa mentalità che si vorrebbe condannare: il denaro e il capitale quali unici mezzi di soluzione a tutti i problemi della terra.

Ben venga un dibattito serrato sulla globalizzazione, ma senza ingannare l'opinione con manipolazioni in assoluta cattiva fede per fini politici e per nulla umanitari e solidaristici.

E la si smetta anche con l'accusa ingrata e ingiusta che l'occidente e l'America siano la causa di tutti i mali, è una leggenda metropolitana ed una menzogna storica smentita dalla realtà dei fatti, ma so, come diceva Einstein: che è più facile rompere un atomo che un pregiudizio.

 

Gianni Toffali Dossobuono Verona Gianni.Toffali@inwind.it

7/11/2002

Cioè..ci fasciamo la testa come fosse un turbante..dato che è risaputa la nostra filo-arabicità imperante nei salotti-bene.

A padova (evviva il nord est!!) ci son piu' DS che al Sud.
Ma ovviamente...hanno tutti un'azienda...cioè..è di papà o mamma (che stranamente son sempre di destra!..che ridere)ma loro..L'etudiant,la Nuova Classe futura dirigenziale..è ben bene a sx.
Chissà perchè...perchè stare a dx vorrebbe dire che sarebbero tacciati di ignoranza?
Ecco che poi finiscono PROPRIO quelli con la laurea nei posti provinciali e statali...e la pensano TUTTI o quasi come la letterina di sopra.
E sarebbero QUESTI coloro che fanno girare le scartoffie in italia??
Che farebbero muovere la burocrazia??
ahiahi...

E poi siam partigiani di dx noi:))...mi scappa da ridere.
Ops..se mi becca un social-forum me le da..anche se è non-violento.
Bah.

Vae Victis alal nostra società.

G.Varesco
Trento.

Berlusconi porta sfiga, ma tanta:

va al Governo e comincia la recessione dopo un periodo
di boom clamoroso e contro le regole d'oro dell'economia
ovvero in presenza di tassi di interessi e d'inflazione
bassissima.

Si dichiara vicino agli alleati americani al momento della
vittoria delle elezioni e tirano giu le Torri Gemelle.


Si interessa personalmente delle fioriere e della
organizzazione del G8,
scoppiano moti di piazza e ci scappa il morto, Non accadeva dai
lontani
anni 70.....

Decide di spostare i voli da Milano a Roma Fiumicino e
cade il primo aereo da sempre a Linate, ma non in giro, sugli
hangar!

Vicino alla sua villa di Arcore si scatena un tornado
devastante che gli
abitanti non ricordano a memoria d'uomo.

Varato il primo "pacchetto" dei 100 giorni del programma
Berlusconi:
6000 licenziamenti nel settore turismo.

Aggiungerei a questo proposito che dopo il varo del pacchetto
sul lavoro, Berlusconi stesso ha licenziato un extracomunitario
alle sue dipendenze....Terim !!!!!

A distanza di un anno dal suo insediamento si profila la
chiusura della principale industria meccanica italiana: la Fiat

Se adesso mette in atto la promessa di fare qualcosa
per eliminare la disoccupazione del sud, o parte un terremoto
o il Vesuvio si risveglia!

SFIGABERLUSCASENZARITORNO

a chi riceve l'email senza passarla a qualcuno!!

4/11/2002

Caro Pelanda,
Ho appena letto e apprezzato, per la chiarezza con la quale rende conto della difficoltà che incontra una politica di prevenzione contro calamità naturali, il suo "Catastrofi per calcolo" sul Giornale di oggi. Condivido in pieno la sua analisi che, in fondo, si riduce alla impossibilità di far passare grossi sacrifici economici per limitare "possibili futuri" danni enormenemente superiori, ma non certi.
Rimane tuttavia il drammatico problema che puntualmente si ripresenta all'indomani di una calamità come quella che ha colpito in questi giorni il paese di S. Giuliano e, da ingegnere meccanico, mi sono più volte domandato se non esista un sistema, semplice e relativamente economico, per limitare i danni causati dai terremoti.
Voglio sottoporre alla sua attenzione la mia idea perché ritengo che, senza il sostegno di una voce autorevole (la sua e magari quella del Giornale), anche le migliori - non mi ritenga presuntuoso - idee possono finire nel nulla.
Il problema della sicurezza in caso di terremoto è che molti edifici, pubblici e privati, sono stati costruiti in assenza dei moderni principi antisismici. Come renderli sicuri in poco tempo e con costi contenuti? La mia idea è che si potrebbero usare le strutture metaliche composte dai noti "tubi Innocenti", già ampiamente utilizzate per sostenere o ingabbiare,strutture pericolanti. Perché non inserire all'interno di strutture a rischio (esempio aule scolastiche) una struttura tubolare che funga da "scatola di sicurezza" e protegga le persone dai crolli dei solai e delle pareti?
I vantaggi di una tale soluzione sarebbero i seguenti:
1. le strutture tubolari sono relativamente economiche e hanno
disponibilità illimitata (non vi sono questioni di brevetti)
2. sono componibili e si adattano a locali di ogni forma e dimensione e
possono lasciare varchi per le aperture (porte e finestre)
3. sono molto resistenti
4. la "maglia" costituita dai tubi può essere facilmente infittita, per
esempio con delle reti o lamiere forate per trattenere anche frammenti
murari
5. possono essere facilmente installate da personale non particolarmente
addestrato, dietro indicazioni di un tecnico
6. chi si trovasse all'interno di una tale struttura sarebbe al riparo da
crolli
7. nelle civili abitazioni a rischio, la struttura potrebbe essere
installata anche solo in alcuni locali (esempio nelle camere da letto, nel
soggiorno o tinello) in modo da offrire riparo per gran parte della
giornata e durante la notte
8. gli edifici lesionati non gravemente potrebbero essere ancora abitati
dagli occupanti che preferissero rinunciare agli alloggi di fortuna
(tende, baracche, etc.)
9. le strutture tubolari potrebbero essere installate - in attesa di
ulteriori e più radicali provvedimenti - non appena siano stati
individuati gli edifici a rischio, in tempi brevissimi

Svantaggi:
1. effetto estetico poco gradevole, migliorabile con qualche ritocco
(colore, pannelli, etc.)
2. difficoltà per l'installazione ai piani superiori degli edifici
(superabile, entro certi limiti, costruendo una struttura cha attraversi -
praticando appositi fori- i solai tra i vari piani). Gran parte degli
edifici scolatici hanno il solo piano terra, o il primo piano.

Non vedo, ma forse sono troppo ottimista, altre controindicazioni, se non che questa soluzione non può essere applicata al 100% dei casi.
Scusi se ho abusato della sua pazienza, ma, desiderei che questa mia proposta venisse vagliata da chi è addetto alla sicurezza pubblica e da chi ha la responsabilità di rendere rapidamente sicuri migliaia di edifici a rischio, in primo luogo gli asili e le scuole.
Avrei potuto scrivere direttamente al Giornale, ma temo che, se una simile proposta possa facilmete finire nel classico cestino..!
Grazie per l'attenzione e cordiali saluti,
Aldo Chiavari

4/11/2002

Egregissimo,

Ho letto con grande interesse quanto da lei pubblicato in data 3 Novembre su IL GIORNALE.
Trovo questo il modo giusto per affrontare problemi più grandi di noi: prendere atto delle cose impossibili per mettere in moto quelle possibili. Sarebbe un grande cambiamento in meglio nella mentalità di chi ha l'onere (non solo l'onore) di di governarci. Ma anche un progresso di noi tutti.

Se insistiamo ci arriveremo! Con risultati anche positivi.
Cordialmente
Rolando Drahorad
Merano (BZ) e Savignano (MO)

3/11/2002

Si,carissimo,mi appello cosi' anche se non la conosco affatto.Ho letto il Suo articolo sul Giornale in uscita oggi,03 Novembre,riguardo al "Calcolo dei Disastri"..non era cosi' il titolo ma penso renda comunque bene la sua sintesi.

E' ovvio che scrivere per dirLe:"Sono daccordo con Lei" sembri partigiano o ruffiano per chiunque possa leggere.
Non mi interessa ciò che può pensare uno che "NON sia daccordo":)..io lo sono e punto.

Anzi mi ha affascinato il suo modesto allargamento a un ragionamento planetario.
Dato che ai piu' sembrerebbe sempre fantascientifico ragionare come se proprio fossimo tutti su un singolo pianeta e non come parrebbe su "pianeti diversi";uno per ogni nazione.Che ridere.
In altre parole,la massa NON vede ciò che ha di fronte:Un singolo pianeta e l'urgenza di standardizzazioni nelle priorità e nelle loro applicazioni.
Come ha scritto bene e RAZIONALMENTE (non cinicamente,anzi) i "costi" politici sovrastano quelli materiali.

La gente non accetta costi di prevenzione per costruire le PROPRIE case ma è sempre pronta a inveire su tutto e tutti se DA UN'ALTRA parte non sono state prese misure preventive.

Mi chiedo:ci domandiamo MAI e PRIMA,di portare i nostri figli alla Scuola Materna se proprio QUELL'EDIFICIO è strutturalmente anti-sismico?
NO..tanto sui giornali locali NESSUNO ha mai detto che DOVE ABITI TU (si,si!proprio TU!) è Zona a rischio sismico.
No,macchè..sono "Millenni" che non cè un terremoto.
Bah.Oddio,se poi vai a guardare le cartine della sismologicità (si dice cosi'?io ho la terza media) scopri che il trentino,da dove scrivo io,non è proprio un'isola di tranquillità geologica..altra risata beffarda.

Comunque,noi,e dico noi tutti per correttezza,siamo in media,con lo sguardo,a un metro e settanta dal terreno.
Il nostro pianeta è "Tutto Il Mondo e L'Universo" come possiamo captare l'enormità,invece,che ci circonda?
E quindi fare uno step mentale in avanti e COMPRENDERE quello che è ovvio?
Ci si può domandare:"Ma cosa è OVVIO?"

Non siamo ancora per niente "globalizzati",altro che sbraitare nelle piazze.
Esiste un'istituto per queste cose?No.lo ha detto molto bene Lei nell'articolo.
Forse non lo si vuole.
Forse.

Ma quanti spunti per dissertazioni.Possibile che alle "alte sfere" ci si preoccupi solo e sempre e solamente di apparire come coloro che hanno preso le "decisioni giuste" e viceversa ci si perda in mille rivoli di comune banalità senza afferare l'urgenza di politiche veramente globali,interagendo tra governi e iniziando a studiare (almeno studiare) le priorità?

la (mi passi il termine..assai strano) Colonizzazione di QUESTO pianeta dovrebbe essere un banco di prova per successive procedure che ci porteranno a farne delle ALTRE,di colonizzazioni.
Eppure..sembra tutto lasciato al caso..anzi no!peggio:ai "Piani Regolatori" provinciali...comunali..e nazionali.
Mi scusi se posso sembrare polemico (ho forse IO delle soluzioni?in effetti..credo di no),superficiale e magari un pochino utopico,però..se nonagiamo in tempo temo (facile profeta si dirà) che sarà inutile blaterare su come POSSIAMO VIVERE.
Direi meglio "POTREMO SOPRAVVIVERE?"

OK,bando ai catastrofismi.
Non so nemmeno se la leggerà questa mail chilometrica.
Comunque il senno del poi,anche di fronte ai morti,a che giova?
Ma noi Umani,cosa abbiamo creato di ORIGINALE dall0inizio del 1900?
:)..la politica?
scusi lo "smail",ma mi sembra una baggianata.

E se la politica amalgama e unisce un "popolo" e se ne fa portavoce e lo conduce in avanti sulla strada di :civiltà,progresso e benessere.
Perchè siamo ancora a discutere con fronti contrapposti?

Domanda oziosa.
E inutile.

Molti credo guardino con sospetto al politico "realista",fa piu'"tranquillizzante" il politico..:))..VERO.
Il politico che fa (quale sconcezza di termine) della Politica,un LAVORO.

E cosi' siamo ancora qui a domandarci : Perchè la politica NON fa costruire case sicure.

Lasciamo in mano a singoli UOMINI,assessori provinciali,decisioni che dovrebbero esser prese con la "forza" istituzionale dello Stato,DALLO Stato.

E cosi' le case continueranno a crollare.

Vae Victis.

Giorgio Varesco
Trento

3/11/2002

Gentile Sig Pelanda, pur non avendo una preparazione specifica, o forse anche per questo, mi interessano gli argomenti da lei trattati sul nostro Giornale e la leggo volentieri. Ho apprezzato il suo articolo di oggi anche se le conclusioni sono , nei fatti, purtroppo deludenti.
Mi pongo tuttavia una domanda, come padre e, ormai, anche come nonno.
Sembra essenziale, nella valutazione delle scuole a cui mandare i nostri figli, non solo la qualità delle stesse, la comodità o vicinanza, ma anche la situazione strutturale delle medesime, l'agibilità e, se vogliamo, burocraticamente, il possesso dei vari certificati di agibilità.
Ora se io mi rivolgessi al Direttore o al Preside dell'istituto dove intendo mandare i miei figli per chiedergli una " certificazione di agibilità della stessa " o quanto meglio, cosa pensa che mi risponderebbe ?
Ebbene io credo che apposita normativa dovrebbe riconoscermi questo diritto/ dovere di tutela dei miei figli e questo a prescindere che io abiti in zona sismica.
Lei mi dirà: e i costi ? Beh da qualche parte bisogna pure incominciare e se la situazione è quella (vedi l'articolo di Francesca Angeli a pag.2) almeno sia consentito al cittadino, che è obbligato dallo stato a mandare i figli a scuola, esercitare un diritto di scelta logistica a tutela dei figli.
Mi piacerebbe leggerla sull'argomento e magari, perchè no, vederla promotore di una iniziativa legislativa o normativa, sempre che lo ritenga.
La ringrazio comunque e la saluto cordialmente.

Antonio Montagna
Via Casaregis, 52/10
16129 GENOVA

3/11/2002

Chiar.mo Prof.Pelanda, sono un Medico di Medicina Generale eletto dai colleghi, e senza etichette sindacali, in un comitato ASL che si dovrebbe occupare di programmazione sanitaria. Lo spunto per scriverle nasce dalla lettura del suo articolo sul Giornale di oggi sulla difficoltà di prevenzione dei grandi rischi.
La nostra posizione di Medici di Base ci pone drammaticamente in una situazione di conflitto in cui noi siamo, mi sembra,l'elemento debole:da una parte il bisogno di salute della popolazione che sta crescendo,dall'altra l'esigenza di contenimento della spesa da parte dello stato.
Un esempio: la ricerca farmacologica ci mette a disposizione una classe di molecole, le statine, in grado di prevenire drasticamente la morbilità e la mortalità per cause cardiovascolari. Il sistema sanitario le dispensa senza partecipazione di spesa per una popolazione a rischio. In base a nostri dati locali noi medici riusciamo a prescrivere questi farmaci a un numero di pazienti inferiore a quanti potrebbero beneficiarne.L'atteggiamento dell'Azienda non è quello di considerare questo come un indice negativo ma al contrario è quello di sanzionare chi prescrive sopra un indice di spesa media senza alcuna rilevanza epidemiologica reale.
Secondo esempio: chi prescrive un accertamento clinico sopra la media prescrittiva,(dato statistico e non epidemiologico), è soggetto a indagine, mentre il centro erogatore dell'accertamento è incentivato a incrementarne la produzione, per ovvi motivi se privato in convenzione, per criteri di produttività se pubblico.
E' evidente che non puo' essere il medico di base a farsi carico di mediare tra cura del pz, ( che sarebbe poi il nostro compito deontologico e istituzionale, oltre che quello per cui siamo stati formati), e l'esigenza di controllo della spesa, tantopiù che il cittadino-utente è sempre collocato al centro del sistema con il potere di scegliere come e dove curarsi.
Ed è altrettanto evidente che la spesa sanitaria, per definizione destinata ad aumentare con il progresso e la ricerca del benessere, non può essere controllata se il cittadino-utente-elettore non viene messo nella condizione di coincidere con il cittadino-contribuente che la finanzia con le tasse.
Mi piacerebbe conoscere quali sono le sue considerazioni sul problema.
La ringrazio per l'attenzione e resto in attesa di una sua illuminante risposta.
Aldo Nobili. 27034 Lomello PV.

Grazie Eugenio, non so se la mia risposta sarà illuminante. Sicurezza e salute sono funzioni di un calcolo costi/benefici. Può essere esplicito o implicito e si basa si due parametri: le risorse generali assolute e le allocazioni relative all'interno di questo limite. Modernizzazione significa rendere sempre più espliciti i criterii. Per esempio, se le mie risorse basiche sono 100 e non di più dovrò trovare i soldi per dare più salute, e libertà discrezionale ai medici, togliendo qualcosa a qualcun altro. Io farei così. Lo Stato italiano fornisce un eccesso di garanzie economiche alla popolazione che va dai 30 ai 55 anni. Proprio quella fascia che ne avrebbe meno bisogno in quando adulta e presumibilmente più fattiva e, mediamente, forte dei giovani e più anziani. Toglierei queste garanzie in eccesso (poniamo 60 miliardi di euro) e ne darei una parte alle età più bisognose di investimento educativo o reddito pensionistico e con l'altra caricherei la qualità dei servizi medici, le funzioni di sicurezza civile e la ricerca scientifica. I soldi che Le eviterebebro il conflitto si troverebbero così (un'altra parte attraverso un miglior rapporto Stato - mercato nell'ambito della sanità). Mi sembra semplice. Con un problemino: tale riallocazione di risorse cambierebbe la natura socialista del nostro welfare: chi lo dice alle sinistre ed ai sindacati?

Lei potrebbe dirlo così: ragazzi, o diamo soldi a dei lavativi oppure curiamo più persone. Sarebbe interessante sottolineare che il vero conflitto, alla fine, è tra un'area di popolazione troppo ed inutilmente protetta ed una che non lo è abbastanza, perfino a livello di diritto alla salute (oltre che della sicurezza territoriale), a causa dei privilegi della prima. Mi faccia sapere cosa decide di dire. Cari saluti, Suo CP

30/9/2002

Egregio dottore,

Ho appena finito la lettura dell'articolo, voglio complimentarmi per la 'scazzata' che anche le persone dabbene hanno il diritto di fare.
Si e' capito che mentre scriveva, lei aveva il cuore pieno di rabbia.
Ha ragione su scalfari. E' un mestatore d professione e se trova tempo si vada a leggere le gesta di costui ai tempi dello scandalo sifar, dal quale ha fatto le sue fortune (ricattando mezza italia) anche con l'aiuto del psi, che lo candido' per salvarlo dalla galera.
Caro pelanda, sono 35 anni che faccio politica attiva e' devo dire, da ex-psi, che purtroppo giustizia non verra' mai fatta finche' il 'vero' grande vecchio non sara' abbattutto.
Da anni sostengo, che sopra la mafia c'e' "un livello" superiore a carattere mondiale dove accade di tutto. Un livello dove per danaro , con pochi scrupoli, si decidono governi, rivoluzioni, ammazzamenti, colpi di stato e altre zozzerie.
Speriamo che i nostri figli sappiamo essere piu' liberi e democratici per difendere le nostre istituzioni!!

Fulvio Mandriota - Lucca

29/9/2002

Preg.mo prof. Pelanda,
Le scrivo per esprimerLe il mio apprezzamento per l’articolo uscito su il Giornale di oggi. “Le tasse pagate alla cultura di sinistra”.
Anch’io sono addolorato nel constatare quanto sia difficile affermare e riconoscere la verità dei fatti nel nostro Paese; qui tutto, dal calcio al diritto e all’economia, sembra seguire logiche di schieramento sprovviste di quello spirito costruttivo che fa della dialettica e del dibattito culturale un metodo per raggiungere conoscenze e decisioni accettabili, partecipi di quell’attività incessante di ricerca del bene e del vero che dovrebbe animare ogni essere umano ed ogni comunità civile.
Eppure posso dire anch’io –a 23 anni- di aver pagato “tasse morali” alla cultura di sinistra e di andare fiero della mia libertà di pensiero.
In particolare –lo dico da giovane giornalista- mi colpisce quanto il mondo dell’informazione sia tutt’ora “mancino” e “partigiano”: in un momento di difficoltà economica generale (gli Usa in recessione, venti di guerra che certo non fanno bene all’economia, un approccio agli investimenti in borsa che sembra affrontato con lo stesso spirito con cui si gioca all’enalotto, la Germania in crisi, il Giappone prigioniero di un sistema bancario insolvente) serpeggia sempre il dubbio, abilmente fatto apparire alle menti plasmate di tanti lettori e ascoltatori radio e TV, che tutto ciò dipenda dal terribile ministro Tremonti e dall’attuale governo! Il guaio è che molti anche ci credono. Disinformacija docet.
Mi piacerebbe invece sapere se vi sono dati precisi in grado di dimostrare che le difficoltà in cui l’Italia versa oggi non solo sono determinate dallo scenario globale, ma sono comunque inferiori a quelle in cui versano altri stati europei. Ho infatti la sensazione che l’economia italiana, tutto sommato, “tenga botta”, e che passata la difficile congiuntura internazionale possa davvero decollare. Concorda con me?
RingraziandoLa per l’attenzione porgo vivissimi saluti,

Federico Reggio

28/9/2002

Caro Professore, ho letto con viva commozione il Suo articolo:"Il processo" su "Il Giornale". L'età purtroppo non più verde mi consente di ricordare, senza bisogno di ricorrere a compiacenti libri di scuola, tutte le gravi responsabilità della sinistra e di rendermi consapevole fino in fondo di quanto Lei abbia ragione. Sia all'opposizione che al governo la sinistra italiana ha sempre dominato la scena imponendo le sue scellerate regole. Aveva ragione (e come strepitava guidata dai "dioscuri" Paietta!) quando avversava il piano Marshall e il Patto Atlantico, aveva ragione e mobilitò le piazze quando rovesciò il legittimo governo Tambroni, ha ragione quando si erge a paladina dell'operato della magistratura, ma ha anche ragione quando un suo ministro, in dispregio della stessa magistratura, annulla una sentenza che proscioglieva un imputato, ricacciandolo in galera (Pribke). Ha gestito incontrastata l'educazione di tutte le generazioni scolastiche formandole a sua immagine e somiglianza. Ed ora eccola sempre lì, più proterva che mai. Lei vorrebbe sacrosantamente istruire un processo contro le sue malefatte. Magari ! Ma come ! Questo governo ha tutti avversi: stampa, magistratura, insegnanti, girotondisti, sindacati ed adesso anche la cofindustria ! Ci vorrebbe un coraggio da leoni e sinceramente mi sembra che questo governo, oltre che sottovalutare la situazione, soffra ancora di un complesso di inferiorità verso questa sinistra divisa nel suo interno, ma ben unita ed agguerrita contro l'odiatissimo Berlusconi. Perdoni lo sproloquio, ma il Suo appassionato articolo mi ha indotto  a dirLe, per quel poco che può valere, tutta la mia simpatia. Le confesso tuttavia che sono molto scoraggiato. Cordiali saluti. Oreste Battigalli 

27/9/2002


Caro Prof Pelanda,
aggiunga, se vuole, queste due chicche alla mia lettera Fanfani all'inaugurazione del Tubificio dell'Italsider di Taranti, marzo
1963: "Lunedì celebreremo il trentennio di questo grande strumento di salvezza che si chiama IRI"
Moro all'inaugurazione dello Stabilimento Italsider di Taranto il 19 novembre 1964:"La soluzione del problema meridionale è alla portata del nostro paese."

Cordiali saluti
Marina Mascetti

27/9/2002

Egregio dr. Pelanda,

mi chiamo Claudio Tedeschi. Mio padre, Mario Tedeschi, è stato per 36 anni direttore de "il Borghese".
Questa mattina, 26 settembre, ho letto il suo articolo dal titolo "Le tasse pagate alla cultura di sinistra", al termine del quale Lei chiedeva di processare culturalmente coloro che, "portatori di una cultura imbecille" per cinquant'anni della nostra storia, ancora oggi vengono osannati e hanno peso politico e culturale.
Lei dichiarava di sperare che ci sia un ricercatore "che possa mettere insieme una storia d'Italia degli ultimi decenni, chiarendo chi ha fatto cosa, riportando alla luce le malefatte e gli errori ed attaccando a ciascuno nomi e cognomi".
Tutto questo già esiste. E' la collezione de "il Borghese", il giornale che per mio padre, da quando vi entrò nel giugno del '50 a quando ne uscì morendo nel novembre del '93, fu il suo diario nel quale raccontare agli italiani "borghesi ed anticomunisti, cattolici ed anticlericali, rivoluzionari e conservatori" tutto il malcostume, le furberie, ed i furti a danno dello Stato che il regime di centro sinistra ha perpetrato.
In questi nove anni dalla morte di mio padre, nessuno ha ricordato mai la frase di Giuseppe Prezzolini: " 'il Borghese' contro tutti e contro tutto ma quando si vorrà scrivere la storia d'Italia di questi anni, si dovrà andare in biblioteca a consultare la collezione de 'il Borghese' per conoscere la verità".
Io non ho dimenticato. In nome di mio padre, che per questo Paese ha dato tutto fino all'estremo sacrificio, ho deciso di creare un'Associazione culturale con il preciso scopo di portare sulla Rete la collezione de ''il Borghese", le copertine, le foto, i disegni ... tutto.
Come può vedere, quindi, il lavoro è già stato fatto.
Non sarà certo la Fondazione de ''il Giornale'' che potrà fare meglio. Coloro che la vorrebbero creare, a livello politico, sono gli stessi che hanno sempre ostacolato il ricordo di Mario Tedeschi e del suo "Borghese".
Mio padre credeva nella Destra e non certo nell'accordo politico con i democristiani. Oggi Berlusconi governa, ma senza i voti dei centristi ex dc, sarebbe ancora al potere D'Alema. Lo stesso Fini, per poter andare avanti politicamente, ha sepolto una terza volta tutti coloro che per il Msi hanno dato la vita ed il loro lavoro, chiedendo agli ebrei un "bollino di garanzia".
Si, dottor Pelanda, lei ha avuto fortuna. Ostacolato in Italia, tradito nei suoi affetti privati, ha potuto rifarsi una vita in America. La maggioranza delle persone di destra, questo non lo ha potuto fare.
Anno dopo anno, ha combattuto la quotidiana battaglia contro i sopprusi del malgoverno, ha mandato i figli a scuola, con la speranza che potessero trovare un lavoro degno di loro, li ha visti bruciare vivi affacciati alle finestre delle loro povere case di periferia. Sì dottor Pelanda, lei è stato fortunato.
Quindi, quando vuole trovare le prove contro Scalfari e Bocca, contro Prodi e D'Alema, contro i sindacati, contro tutti coloro che hanno portato il Paese allo sfascio, si rilegga ''il Borghese''. Vi troverà nomi, fatti e cifre.
E si accorgerà che su quel giornale vi scrissero uomini e donne di altissima cultura, di profonda conoscenza della lingua italiana, amanti del loro Paese e delle radici che hanno fatto grande l'Italia.
Lo legga quel giornale che in molti vorrebbero dimenticare, perché aveva un solo grande difetto: diceva la verità su tutto e tutti, anche su coloro che si professavano amici e che quando mio padre morì, tirarono un sospiro di sollievo.

Cordiali saluti.
Claudio Tedeschi

27/9/2002

si,si,si
per favore, fatelo questo processo di cui parla oggi sul Giornale.
non ne possiamo più di questi saccenti incapaci che sanno solo parlare e per di più a vanvera dimostriamo con nomi e cognomi che cosa hanno fatto quando toccava a loro per favore e grazie per i suoi scritti,chiari ,precisi e sempre estremamente interessanti.
ci faccia sapere se qualcuno ha risposto al suo appello

grazie
claudia

27/9/2002

Dott. Pelanda,
buongiorno,
ho letto il suo articolo pubblicato ieri da Il Giornale in risposta a un articolo pubblicato da "Repubblica" che peraltro non ho letto.
Sono assolutamente d'accordo con Lei, sia come imprenditore e prima ancora come cittadino, precisando però che la sinistra ha aumentato soprattutto la pressione fiscale nei confronti delle piccole e medie aziende e non già della grande industria, punto di riferimento di gran parte della sinistra, sempre e comunque convinta che i piccoli e medi imprenditori siano di volta in volta evasori, sfruttatori, ecc.
E' chiaro che l'Italia ha bisogno di fare crescere le proprie aziende, spesso troppo piccole, ma questo è un processo da lasciare al mercato, non da provocare con una via fiscal/darwiniana.
Con ossequi.

Roberto

27/9/2002

Caro Professore,

leggo sempre con estremo interesse le sue analisi sul "Il Giornale".
In particolare mi riferisco al suo articolo pubblicato oggi 26/Settembre. Il suo urlo disperato a "cercare" un ricercatore che si occupi delle nefandezze comuniste in materia economica,è stato raccolto dal sottoscritto.Ho scritto e mi è stato pubblicato lo scorso anno, un libro dalla Koinè ed. dal titolo "Ciampi e il Craxismo". Dove mi adentro nel periglioso mondo del nostro indebitamenteo pubblico e cerco di dimostrare che se in Italia esiste un anomalia, essa è da ascrivere esclusivamente alla dissennata politica economica degli anni 70,. Una politica rigorosamente consacrata dall appoggio esterno/interno alla maggioranza del Pci.Allora si diede inzio, in nome di "un diverso modello di sviluppo" all assalto dei nostri conti Pubblici Altro che Craxi.

Cordialità
Marcello Sorrentino

26/9/2002

Il suo articolo rispecchia al 100% le nostre idee e coglie nel segno dicendo cose che riteniamo tutti sappiano, ma che per una sorta di tabù è vietato parlarne. Ciò è molto avvilente. Ci vorrebbero molti "Pelanda" per suonare la sveglia e tanti intellettuali onesti per scrivere come sono andate le cose veramente.
Riusciremo ad avere la "Fondazione" e vedere finalmente scritte tutte le magagne e le occupazioni che per anni la sinistra ha collezionato?
Con stima ed affetto da due suoi affezionati lettori.

Bruna Zappaterra e Elio Marzocchi
Ferrara, 26/09/02

26/9/2002

hursday, September 26, 2002

Grazie Prof. C. Pelanda. Grazie per il Suo odierno "Il Processo" [da farsi].
Grazie per il suo: " .. come mai i portatori di una cultura imbecille hanno ancora tanto peso da noi e, soprattutto, sentono di poter parlare come accusatori invece di sedere sugli scanni degli accusati?"

Ancora su quel tale che Lei e' riuscito con eccezionale bravura a non chiamare direttamente imbecille, una nota nel mio cassetto, da un articolo che il cittadino Eugenio Scalfari pubblico' sull'<<Espresso>> l'11 ottobre del 1959 con il titolo
"La Russia ha gia' vinto la grande sfida".

'..Il cavallo sovietico si trova ormai a poche incollature dal cavallo americano e l'esito della corsa e' diventato quanto mai incerto. Chi vincera'? ...Sotto la pressione dello sviluppo economico il sistema di produzione sovietico e i rapporti sociali che ne derivano stanno evolvendo verso forme piu' liberali e piu' occidentali...
Riuscira' dal canto suo l'Occidente a modificare il proprio sistema, sostituendo la volonta' e l'impulso pubblico alle decisioni settoriali fin qui prese dai gruppi privati nel campo della politica degli investimenti a lungo termine?...Se questo non dovesse avvenire, se l'America e i suoi alleati dovessero continuare col ritmo attuale, mantenendo inalterati le insufficienze e i vizi del proprio sistema economico e sociale, allora bisogna fin d'ora rendersi conto che il risultato della gara e' gia'deciso.
Tutti i vecchi luoghi comuni della maggiore efficienza dell'iniziativa privata e dell'enorme sperpero di ricchezza, che inevitabilmente s'accompagna al collettivismo, cadono come castelli di carta di fronte ai risultati raggiunti in quarant'anni dall'economia sovietica...'

Commento privato: Quanta imbecillita' in cosi' poche righe! Solo Scalfari e' capace di tanto! Ma forse stava preparando la strada ad una 'La Repubblica' che sottraesse all'Unita' tutti i suoi lettori - come e' poi realmente avvenuto; tanto che il PCI/DS ha pensato bene che non era piu' il caso di finanziare l'Unita', quando senza spendere una lira ci pensava Scalfari-La Repubblica a sostituirne tutte le caratteristiche di imbecillita' propagandistica di quotidiano del partito comunista, PCI. E fu cosi' che l'Unita' fini’ al fallimento.
Nessun pianto, beninteso. Ma che ci sia ancora qualcuno che legge Scalfari-La Repubblica, e' proprio molto scoraggiante.

Con la massima Cordialita' e riconoscenza,
A. Casolari

26/9/2002

Caro Sig. Carlo Pelanda,
ho letto con grande interesse il suo articolo "Il Processo" pubblicato oggi 26 settembre 2002 sul quotidiano "il Giornale".
Lei ha individuato con precisione quanto io vado pensando da moltissimi anni e cioè che alla classe dirigente comunista e ai sindacati del nostro paese non è mai stata mossa alcuna accusa circa le azioni politiche compiute, e come meglio lei precisa non è mai salita sul banco degli imputati ma continua a fare la parte dell'accusa.
Abbiamo addirittura vie e piazze intitolate ai massimi statisti della sinistra storica.
Chi era Togliatti?
Il migliore, sì il migliore nei comportamenti CONTRO il proprio paese, maestro di doppiogiochismo, disonestà intellettuale e carnefice dei suoi stessi amici di partito.
È questa una considerazione triste, legata alle vicende politiche del nostro paese, che mi porto dietro da molti anni e che spero, prima della mia morte, di poter esorcizzare.
Il comunismo è il grande male del secolo e sono certo che senza questa demagogia sinistrorsa il mondo sarebbe stato migliore e il nostro paese di gran lunga più progredito.
Con tutta la mia stima

Francesco Albertini

25/9/2002

Caro Professore,

leggo sempre con estremo interesse le sue analisi sul "Il Giornale".
In particolare mi riferisco al suo articolo pubblicato oggi 26/Settembre. Il suo urlo disperato a "cercare" un ricercatore che si occupi delle nefandezze comuniste in materia economica,è stato raccolto dal sottoscritto.Ho scritto e mi è stato pubblicato lo scorso anno, un libro dalla Koinè ed. dal titolo "Ciampi e il Craxismo". Dove mi adentro nel periglioso mondo del nostro indebitamenteo pubblico e cerco di dimostrare che se in Italia esiste un anomalia, essa è da ascrivere esclusivamente alla dissennata politica economica degli anni 70,. Una politica rigorosamente consacrata dall appoggio esterno/interno alla maggioranza del Pci.Allora si diede inzio, in nome di "un diverso modello di sviluppo" all assalto dei nostri conti Pubblici Altro che Craxi.

Gradirei fargliene omaggio, ma non so come.
Le lascio il mio tel cell. 3357758xxx.
Cordialità
Marcello Sorrentino

12/9/2002

Una modesta riflessione.

Ad un anno di distanza dall'attacco terroristico alle Twin Towers, tutti i media stanno a proprio modo tentando di rievocare e di interpretare gli avvenimenti e gli inevitabili risvolti. Mostre, incontri, dibattiti e quant'altro rappresentato per l'occasione in questi giorni mi portano inevitabilmente a riflettere sulla dilagante "moda" dell'antiamericanismo che a partire dall'11 settembre '01 sembra aver assunto un aspetto più duro e concreto, soprattutto in Italia. La prima settimana forse nessuno ha avuto il coraggio sfacciato, ma subito dopo con un crescendo davvero allarmante molti hanno condannato gli Stati Uniti per aver in qualche modo provocato i drammatici eventi grazie alle accuse più assure ed infamanti che possano essere pensate. Quello a cui si assiste è un pregiudizio razziale che spazia da affermazioni dure come il fatto che i valori americani siano solo di stampo materialistico e fascista e che il sistema politico sia un imbroglio . Ed è proprio a partire dalle accuse di materialismo sfrenato , passione per il denaro, rozzezza e volgarità la base da cui parte il saggio sullo studio dell'antiamericanismo crescente scritto da Arnold Beichman (Miti anti-americani, cause e conseguenze).

Dall'11 Settembre di un anno fa l'antiamericanismo nel nostro paese , soprattutto visto da una sola angolazione, pare aver assunto un importanza basilare in ogni dibattito fino a sfociare ovviamente in estemismi preoccupanti. Osservando le mostre fotografiche che rievocano i fatti americani tornano alla mente anche le famose sequenze in bianco e nero del '44 quando gli stessi militari americani arrivarono a Roma tra le grida e i cori festanti dei nostri connazionali, felici di averci portato la tanto attesa "liberazione" così da passare in breve tempo dagli anni del terrore al"Boogie-Woogie" ed in seguito al coro "Yenkee go home".

Lo stesso Henry Kissinger si meravigliò molto che fosse proprio il nostro belpaese il luogo dove ci fu la maggior contestazione il 27 febbraio '69 contro il Presidente Americano Nixon a Roma dove fu inscenata dalla sinistra una manifestazione contro la società imperialistica americana.

La società americana offre secondo il mio modesto parere moltissimi spunti di riflessione da cui prendere esempio ed altri da criticare ma quello che è certo è che la criminalizzazione indiscriminata, irrazionale da partito-preso su ogni aspetto della cultura americana non rende giustizia all'intelletto italiano. Credo altresì molto facile, banale e demagogico criticare anche la cultura importata dagli Stati Uniti. Ricordo uno spettacolo teatrale di discreto successo in cui si banalizzava gli americani e la loro cultura solo sul Chewingum, la coca cola e il boogy woogy. Dimentichiamo ad esempio che sono molti gli artisti italiani che hanno dovuto emigrare per essere capiti proprio negli Stati Uniti cinquant'anni fa' , per poi tornare in patria in questi anni ed essere accolti come "maestri" solo dopo essere stati protagonisti oltreoceano. Provate ad intervistare un artista di questi ( e ce ne sono tanti) e tutti vedrete che vi diranno che proprio negli Stati Uniti sono molto più avanti di noi in questo campo, diranno che siamo rimasti indietro anche sa noi possiamo vantare di una Storia autorevole.
Che cosa vorrà dire tutto ciò?

Alberto Moioli

11/9/2002

Caro e Chiaro Professore

Lei dice bene e dimostra sempre Passione.
Lei dimostra altresì (da vero Uomo di Scienza) Apertura, il Coraggio di Questa. Normalmente il Potere non ha tale coraggio e Intrinsecamente portato alla Conservazione mantiene l’Ordine delle cose con comportamento quanto meno Illiberale.
La mia trentennale Ricerca (agilissima in poche pagine) su progetto di Raccolta del già Troppo Maturo Frutto di Movimento Culturale Liberale in Nostro Paese è pronta. L’ho portata da Milano a Roma a Gubbio dove solo gli occhi di Don Gianni Baget Bozzo ne hanno letto qualcosa (ma con l’aria di totale Impotenza). Come portarla al Potere?
Il grave problema è di comunicazione. Mi aiuti, mi indirizzi come fare per portare questo spunto della Società Civile, gratuito, Trasmettitore della Nostra Cultura, a s e il Ministro Per Le Riforme o a s e il Ministro Della Cultura E Formazione E Ricerca E Università.
Perdoni il velleitarismo (da provare),poi Entrambi Sappiamo che è sacro Diritto puntare anche alla Vetta.

Saluti, Auguri di Buon Lavoro e Mi Faccia Sapere.
VINCENZO CIPOLLETTA

10/9/2002

Egregio Professor Pelanda, Lei ci chiede aiuto, nel suo ultimo articolo letto su "Il Giornale", la situazione lo richiede, e noi popolo blu, non ci tiriamo indietro anzi, ma dobbiamo essere sostenuti, e purtroppo da quando siamo al governo ci sentiamo soli, non un incontro non un contatto con nessuno dei nostri referenti, noi diffondiamo sempre nei nostri luoghi di lavoro e dove possibile il verbo dei liberali, ma siamo siamo soli contro la macchina della sinistra mistificatrice e menzognera sempre più agguerrita nelle fabbriche negli ospedali ecc. serve una capillare presenza sul territorio di chi è stato eletto, di chi ha i mezzi per comunicare e per portare a conoscenza i risultati del governo, lo sbaglio più grande che si può fare è quello di lasciare a se stesso il popolo blu, esso non è attaccato ideologicamente ad una bandiera, è stato affascinato da un sogno, dal sogno di tutti noi liberali, e non vuole un brusco risveglio, chi ha i mezzi e il potere faccia, non stia soltanto nei bei palazzi del potere.
Noi ci siamo e voi?

Distinti saluti
fulvio valagussa
dolzago-lc

9/9/2002

Care amiche, cari amici,

Anche se i giornali italiani non lo hanno scritto chiaramente a Johannesburg è caduto il muro di Berlino degli ecologisti catastrofisti.
Non solo Bush gli ha tagliato tutti i fondi, ma finalmente invece di parlare di megaprogetti planetari che servivano solo ad "ingrassare" la burocratica lobby ecologista, stavolta sono stati varati progetti concreti.
Il problema è ora quello di far emergere un parametro culturale cristiano-ambientalista, alternativo a quello che ha influenzato i mondo negli ultimi trenta anni.
Per questo motivo l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum insieme al Ministero dell'Ambiente ha organizzato un Master in Scienze Ambientali.
Segue la lista di Domande e Risposte relative al Master di Scienze Ambientali.

Buona giornata
Antonio Gaspari

Perché Un Master di Scienze Ambientali?
La sensibilità con cui una società affronta i problemi dell¹ambiente mostra il suo grado di civiltà, per questo è importantissimo poter utilizzare tutte le competenze, scientifiche, tecnologiche, economiche ed etiche per poter analizzare e risolvere i principali problemi ambientali.
Bisogna quindi sviluppare un parametro culturale diverso da quello dominante, non più basato sulla colpevolizzazione e ideologizzazione delle attività umane. Riduzionismo, estremismo e conflitto tra le parti sociali non portano a nessuna soluzione.
Abbisogna una nuova concezione della tutela dell¹ambiente. Un ecologia fondata su un idea più ottimista dell¹uomo e della sue potenzialità. Un uomo che non è maledizione ma benedizione del pianeta. Un uomo che non è cancro ma medicina per il mondo. Un uomo la cui prole suscita speranza e non disperazione, sia per l¹umanità che per il creato.
Un uomo che prende su di sè la responsabilità della cura del creato in modo che l¹ambiente da problema diventi risorsa.
Per questo motivo l¹Ateneo Pontificio Regina Apostolorum ed il Ministero dell¹Ambiente hanno organizzato un Master in Scienze Ambientali secondo il criterio dello studio interdisciplinare.
Il Master in particolare approfondirà:
*La concezione antropocentrica e integrale dello sviluppo umano secondo la migliore tradizione filosofica e teologica della Chiesa
*La conoscenza e l¹utilizzo delle più avanzate scoperte scientifiche e tecnologiche per la risoluzione dei problemi ambientali.
*Lo sviluppo economico ed il progresso civile delle nazioni secondo i principi della valorizzazione delle capacità dell¹uomo, della sua persona, del suo lavoro.

A chi è diretto?
Insegnanti, Educatori, Dirigenti, funzionari dei Ministeri e degli Assessorati, quadri dell'amministrazione Pubblica, operatori del settore, addetti all'ambiente in campo civile ed industriale, studenti, sacerdoti, padri, suore, seminaristi, dirigenti movimenti di volontariato, membri di ONG ecologiste e tutti coloro che vorrebbero approfondire la dottrina sociale sui temi ambientali e operare nel campo della difesa ecologica.

Che titolo di studio è richiesto per l¹iscrizione?
Meglio la Laurea ma anche il diploma di scuola superiore è sufficiente per accedere al Master.

Quante ore di lezione?
Il Master avrà durata di un anno accademico, da ottobre a giugno e sarà suddiviso in sei (6) moduli didattici integrati, della durata di circa 40 ore, per un totale di 240 ore.
Le lezioni si svolgeranno in un unico giorno settimana per 8 ore, con intervalli e pausa pranzo.
É possibile seguire il Master in videoconferenza anche da Bologna e Maddaloni.

Quanto costa?
200 euro (duecento Euro) iva inclusa.

Quale e' il carattere del titolo offerto?
A conclusione del Master verrà rilasciato un attestato di frequenza comprovante l'esito di una dissertazione finale ed il relativo giudizio, configurandosi quindi sia come diploma post-laurea che come diploma post-experience destinato a tutti coloro che intendono operare nel campo della difesa dell'ambiente.
In termini di opportunità di lavoro, il diploma può avere una certa valenza, considerando che gode del riconoscimento di un Ateneo Pontificio e del Ministero dell'Ambiente

Quali sono i corsi, materie, discipline che offre?
Quelli che seguono sono i sei moduli con relativi titoli di corsi che avevo predisposto nel momento in cui abbiamo stipulato la convenzione con il Ministero dell'Ambiente.
Dopo il consulto con i docenti ovviamente i moduli si sono arricchiti di titoli e argomenti.

Modulo 1: Fondamenti antropologici e teologici
Antropologia: Rapporto uomo ambiente, filosofia e storia.
Quando l¹uomo adorava la natura,: nascita delle religioni pagane
Il superamento delle teorie panteiste e politeiste
Le religioni abramitiche, (ebraismo, cristianesimo e islam) l¹uomo e l¹ambiente
Il panteismo moderno, la Carta della Terra.
Animalismo: storia e natura di una ideologia fondamentalista
Ambientalismo e neopaganesimo nella nuova cultura giovanile
L¹Uomo e la custodia del creato: l¹insegnamento biblico
Difesa dell¹ambiente nell¹insegnamento magisteriale di Giovanni Paolo II


Modulo 2: Scienza e tecnica
Storia delle innovazioni scientifiche e contributi alla risoluzione dei problemi ambientali
Valutazione del contributo scientifico al progresso dell¹umanità.
Impatto culturale e ambientale delle innovazioni scientifiche e tecnologiche
Agricoltura, chimica e inquinamento
Biotecnologie e transgenici: l¹importanza di una rivoluzione sempreverde
Variazioni climatiche ed effetto serra
Sviluppo energetico tra leggende metropolitane e realtà scientifica
Il rischio sanitario da campi elettromagnetici
Tipologia e principali fonti di radiazioni elettromagnetiche.
Loro caratterizzazione fisica e valutazione delle possibili cause di inquinamento elettromagnetico.
³Mucca pazza²: encefalopatie spongiformi negli animali e nell'uomo
Sviluppo tecnologico e informazione scientifica
Salute pubblica e inquinamento

Modulo 3: Economia ed Ambiente
L¹ambiente da problema a risorsa
T. R. Malthus sconfessato, dal capitale umano alla dottrina sociale della Chiesa
L¹utilitarismo, limiti e derive. Da Jeremy Bentham a Peter Singer
Rivoluzione industriale e globalizzazione, vantaggi e problemi
Analisi economica e soluzione dei principali problemi ambientali che riguardano i settori, energia, trasporti, commercio e industria
Dottrina economica liberale e difesa dell¹ambiente
Scarsità e abbondanza delle risorse
Disponibilità alimentare e crescita della popolazione
Sottosviluppo e ambiente
Crescita economica e demografia
Sostenibilità, condizioni e necessità dello sviluppo

Modulo 4: Bioetica e problemi ambientali
Bioetica biotecnologie animali e vegetali
Etica degli Xenotrapianti
Note sulla clonazione animale
Ingegnerizzazione degli animali: finalità tecniche, possibili rischi e benefici
Biotecnologie vegetali, considerazioni etiche
Impatto ambientale degli allevamenti
Storia dell¹allevamento animale per alimentazione e patologia della Mucca Pazza
Etica e ambiente, ruolo e concezione dell'uomo
Plasticità celebrale e ambiente
La Fisiologia dell'uomo nell' interazione dinamica con l'ambiente

Modulo 5: Legislazione , Diritto e Giurisprudenza
Fondamenti del diritto ambientale
Legislazione europea e nazionale
La basi epistemologiche del diritto ambientale
Industria e legislazione ambientale
Associazione dei consumatori e qualità della vita
Diritti umani e diritti degli animali
Brevetti e brevettibilità delle biotecnologie, aspetti etici e giuridici

Modulo 6: Ambiente, informazione e mezzi di comunicazione
Conoscenze scientifiche e informazione
Ambiente: i più grossolani errori di valutazione
Energia e informazione
Incidenti, rischi e catastrofismo
Ambiente e disastri ecologici
Osservatorio dell¹informazione medico-scientifica
Radiazioni: tra timori e certezze
Correttezza professionale e informazione scientifica

Inoltre
Conoscenza dei siti internet sull¹ambiente
Esercitazioni in aula di informatica
Realizzazione di ricerche sperimentali


Chi sono i professori?
La qualità dei docenti che siamo riusciti a coinvolgere è eccezionale. Il numero complessivo è di circa trenta docenti.
In campo ecclesiastico abbiamo Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, già docente nelle Pontificie Università,
Padre Thomas Williams, Decano di Teologia dell'APRA,
I fratelli Rafael e Fernando Pascual docenti dell¹APRA.
Mons. Marcelo Sanchez Sorondo Cancelliere della Pontifica Accademia delle Scienze.
In campo scientifico abbiamo veramente l'eccellenza:
Prof. Paolo Vecchia, del laboratorio di Fisica del Consiglio Superiore della Sanità. Scienziato di fama internazionale è membro tra le altre cose del Progetto Campi Magnetici dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Prof.. Ing. Paolo Fornaciari, già direttore settore Nucleare ENEL, è uno dei maggiori scienziati nel campo dell'energia.
Prof. Paolo Sequi, Direttore Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante, è uno dei più qualificati scienziati italiani in merito alle coltivazioni arboree, già direttore e docente di fama è anche Presidente della Società Italiana della Scienza del Suolo.
Prof. Gianni Fochi, docente di Chimica Alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Fochi insegna anche al Politecnico di Zurigo.
É considerato a ragione il migliore nel campo della divulgazione scientifica, i suoi libri vanno a ruba.
Ha ricevuto nel 1992 il premio «Per un Futuro intelligente»assegnato dalla Federchimica e nel 1999 ha vinto il «Pirelli Internet Award» per la sezione informazione scientifica.
Professor Giuseppe Bertoni, Docente di Zootecnica speciale, Direttore dell¹Istituto di Zootecnica Facoltà di Agraria ­ Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, coautore del libro della Pontificia Accademia per la Vita «Biotecnologie animali e vegetali»
Renato Angelo Ricci, docente di Fisica, già Presidente della Società Europea di Fisica ed attuale Commissario dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente.
I professori Daniele Bassi, Piero Morandini dell'Università di Milano e Filippo Rossi della Università Cattolica di Piacenza, che pur giovani sono abbastanza noti per i loro studi e le loro attività di ricerca in merito alle biotecnologie vegetali e animali.
Il prof. Giuseppe Mastromatteo docente dell'Università Cattolica di Milano, è uno dei maggiori esperti in campo monetario. Collaboratore della Segreteria di Stato Vaticana, svolgerà il tema relativo alle attività no-profit e commercio solidale.
In campo economico abbiamo la professoressa Anna Bono Docente alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli studi di Torino, è una delle maggiori esperte sui programmi di sviluppo dell¹Africa.
Studia le istituzioni africane, la storia dei paesi africani dall'indipendenza ai giorni nostri, i contesti sociali multietnici, le situazioni di faglia dove la civiltà occidentale si incontra con società di cultura, tradizione religiosa e modo di produzione diversi.
Su questi temi ha pubblicato oltre 200 tra articoli, saggi e libri, scientifici e divulgativi.
Il Prof. Flavio Felice, insegna "Dottrine Economiche: Scienza Economica e Dottrina Sociale della Chiesa" alla Pontificia Università Lateranense, autore di diversi libri e decine di articoli.
Abbiamo anche la disponibilità di Robert Sirico , Presidente dell'Istituto Acton,per tenere qualche ora di lezione sui problemi relativi al capitalismo e i programmi per lo sviluppo dei Paesi Poveri.

9/9/2002

Lei non può sapere quanto piacere ho avuto nel leggere il suo magnifico articolo oggi 7/09/02 sul Giornale di Milano.Ovvio,che essendo iscritto al club dei Liberisti,condivida in pieno le sue affermazioni,e nel mio piccolo,mi ero chiesto anch'io come poter rispondere alla "scandalosa" mobilitazione della piazza sollevata dagli statalcomunisti.
Mi domando per esempio,personaggi insigni come Lei non dovrebbero avere sulle televisioni adeguati spazzi per illustrare e spiegare agli Italiani la strategia governativa?Come possiamo noi della cdl essere utili alla causa?Attendo con ansia un Suo suggerimento.Molti miei colleghi e i miei familiari tutti,come gli elettori della cdl sono indignati di questa campagna denigratoria verso il nostro Presidente e il legittttttimissssimo Governo che fortemente abbiamo votato.
La maggioranza silenziosa ambisce a far sentire la propia voce.

Valerio, Montecatini

8/9/2002

Egr. sig. Pelanda,
ho letto il suo articolo sul Giornale di sabato 7 Settembre. A tal proposito vorrei proporre una raccolta di firme a sostegno del governo Berlusconi e della legge Bossi- Fini.
Gli elettori di destra non hanno tempo di organizzare girotondi o manifestazioni perchè lavorano.
La ringrazio per l'attenzione prestatami,

Cordiali saluti,
Regina Beretta.

7/9/2002

Egregio Pelanda,

La seguo da sempre ed apprezzo moltissimo il Suo più che valido contributo a Il Giornale, ormai praticamente l'unica fonte di informazione autenticamente giornalistica, anche se - vivaddio! - chiaramente ed esplicitamente schierato politicamente.
Ancora una volta mi trovo a condividere le Sue valutazioni economiche circa la detassazione ed il conseguente circolo virtuoso che ne conseguirebbe.
E sono con Lei pienamente d'accordo circa la necessità, direi inderogabile, di far sentire al premier Silvio Berlusconi, che abbiamo liberamente e con convinzione scelto quale leader nostro e della coalizione di centro destra, la nostra fisica presenza, il nostro vivo appoggio, morale ma anche pratico.
Si era parlato di un girotondo intorno all'INPS, potrebbe essere un'idea. Io, comunque, rimango a disposizione.

Cordiali saluti.
Giannandrea

3/9/2002

Giuseppe Costantini

Tel 045 6020xxx

Egregio Professor Pelanda
Le anticipo la mia stima ed il mio apprezzamento per i suoi editoriali che leggo su "L’Arena".
Le segnalo un errore in cui Lei, a mio avviso, è incorso nell’editoriale di ieri lunedì. L’errore, tuttavia, non intacca il valore dell’editoriale che ho apprezzato come il solito.
Le cita l’idrogeno quale una delle fonti di energia più pulite del petrolio, e auspica che la ricerca ci permetta di passare al più presto a tale tipo di energia. Ma l’idrogeno non è una fonte di energia, dal momento che sul nostro pianeta non ce n’è.
L’idrogeno, prodotto industrialmente, può essere vantaggiosamente usato per alimentare dei veicoli, risolvendo quasi del tutto i problemi di inquinamento urbano da traffico. Lo si sta facendo in qualche grande città: Chicago, un poco anche a Torino. Ma l’idrogeno – energia pulita - deve venir prodotto a spese di petrolio o di energia elettrica prodotta a sua volta da petrolio o dal nucleare, fonti sporche. L’idrogeno ci restituirà poi, nel motore delle nostre macchine, meno energia di quanta ci è costato. L’idrogeno è dunque un vettore di energia, e non una fonte, come sono i cavi dell’energia elettrica.
È vero che la ricerca potrebbe permetterci di usare l’idrogeno in "celle a combustibile" per produrre energia elettrica la quale che ci consentirebbero di ottenere rendimenti migliori di quelle dei motori a scoppio, con qualche vantaggio nel bilancio complessivo dell’energia. Ma l’importanza di questo sviluppo ambizioso e di lungo termine sarà – se tutto va bene - relativamente modesta, in relazione alla gravità del problema energetico nel suo insieme.
Ho creduto utile (e mi scusi) segnalarLe questo equivoco, perché la grande maggioranza della gente si aspetta di risolvere ogni problema con l’idrogeno, vista la sua abbondanza, sotto forma di acqua, sul pianeta. Ci si dimentica che l’idrogeno presente nell’acqua non dispone più della energia dell’idrogeno elementare, e non è più utilizzabile, perché è già bruciato; c’è una sostanziale analogia con l’acqua del mulino che una volta passata, non macina più.
Sfortunatamente i nostri scienziati, con l’intento di attrarre maggiori finanziamenti per la ricerca sulle celle a combustibile, alimentano questo equivoco; anche il Nobel Rubbia è colpevole della stessa scorrettezza quando "si dimentica" (nelle interviste TV e sui giornali) di precisare che l’idrogeno non risolve i problemi del bilancio energetico e dell’effetto serra.

Cordiali saluti
Giuseppe Costantini

28/8/2002


Vorrei approffittare della vs. "Platea" per esprimere quello che ritengo sia un pensiero controcorrente relativo alle cause
scatenanti della minirecessione USA ed il conseguente KO delle borse mondiali che tuttora sta interessando gli ignari risparmiatori;
La domanda che mi sono posto e' semplice e logica:

SI
POSSONO CORREGGERE IN MODO DETERMINANTE I TREND DI MERCATO ? La risposta che consegue vedendo ed analizzando la storia recente e' : SI, SE SI VUOLE BLOCCARE LA CRESCITA ESAGERATA ED ANCHE VIRTUALE SPINTA DA BOLLE SPECULATIVE E NO SE SI VUOLE FARE IL CONTRARIO VALE A DIRE BOLCCARE L' ESTREMA FLESSIONE DEI MERCATI CHE SPINGONO LA RIDUZIONE DEI CONSUMI INANELANDO UNA SPIRALE PERVERSA E POCO CONTROLLABILE!
Per essere convinto di cio' mi e' bastato vedere ed analizzare quello che ha fatto l' uomo piu' potente del mondo finanziario : Mr Greenspan, presidente FED USA, che tra la fine del '99 e buona parte del 2000 ha preso le veci di un "Esorcista" alzando la sua croce contro il "Toro indemoniato di Wall Street" e con determinata ostinazione e quasi come fosse stanco ed infastidito dalla sua opulenza (del Toro) ha usato tutto il suo potere ed esperienza ( leve finanziarie per alzare i tassi per 7/8 volte consecutive ) per stendere il Toro esanime sul lettino! Morale : da allora la Bestia non si e' piu' risvegliata e forse e' morta e probabilmente per veder un nuovo
torello bisognera' attendere decenni! Anche Mr Greenspan sembra rimpiangere (adesso!?) i tempi del Toro, tanto che sta cercando,
ahime' invano questa volta, di fare il percorso contrario (sempre con le sue leve finanziarie) per risvegliare il cadavere; Sa benissimo che ogni sua parola ha un peso notevole e sta cercando di fare di tutto per riscatenare la furia propulsiva (adesso!?) e tranquilizzare i mercati, ma il risultato questa volta e' nullo: il mercato non ha padroni quando precipita! Questo scenario che io avevo previsto ( vi allego lettera inviata al sito FinanzaWorld del 16/06/2000):

To: f.carla@finanzaworld.it
Subject: SCENARI FINANZIARI DI FINE 2000;
Date sent: Fri, 16 Jun 2000 17:44:09 +0200


Scenario di fine 2000: Passeremo la stagione estiva registrando i
continui rallentamenti dell'economia USA e dopo aver aumentato i
tassi a fine giugno di 0.50pb, la Fed si accorgera' di avere stretto
troppo con la preoccupazione dello spauracchio dell'inflazione e
con la fobia dell'espansione della capitalizzazione di borsa delle
Nasdaq Company misconoscendo la crescita deflattiva della new-
economy. Ma quando un paziente che ha un accenno di raffreddore
viene ''prudenzialmente'' curato con dosi equine di antibiotici e'
probabile che questi si ammali davvero ma, purtroppo non di un
semplice raffreddore. Cosi' il dottor Greenspan si accorge di essere
rimasto con la siringa in mano e con il cadavere sul lettino! Ai day-
traders che si erano indebitati per investire non rimane che la
roulette russa; Agli investitori un po' piu' avveduti non rimane che
inventare un nuovo gioco famigliare con le loro sterilizzate carte di
credito che non serviranno piu' ad alimentare la pazza corsa allo
shopping degli ultimi dieci anni.
Il risveglio dal latargo estivo sara' traumatico poiche' anche
tutte le borse europee (meno quelle dell'Europa dell'est per una
sorta di nostalgico revival di polo ideologico antitetico al
capitalismo a stelle e strisce) ed asiatiche saranno infettate come
feti nel grembo della madre ammalata di Aids. Gli indici di Euroland
si accoderanno, per l'ennesima volta, all'inseguimento del Nasdaq
che riscoprira', suo malgrado, la brutale realta' delle leggi
gravitazionali. La volatilita' di marzo in confronto sara' come il
leggiadro dondolio dell' amaca nel vostro giardino.

Oh! Susate, sono caduto dall'amaca, era solo un'incubo di
mezza estate....almeno lo spero.


....ahime', purtroppo non avevo sognato e la realta' ha superato
tutte le previsioni piu' funeste! Spero solo che la lezione serva in
futuro anche all'Esorcista che si credeva e tutti credevano il piu'
saggio e pertanto riponevano la loro assoluta fiducia.
Alla fine credo di poter dire che l' insegnamento finale della storia
dell' economia mondiale dell' ultimo decennio ci indichi come sia
irrazionale bloccare una bolla speculativa con le leve finanziarie
visto che poi non si puo' rimediare a cio' che puo' accadere da
questa forzatura. I trends di borsa come quelli economici si
compensano nel lungo tempo ed il perdurare di una bolla
speculativa e di un conseguente benessere economico virtuale

anche se e' tutto da dimostrare che sia realmente virtuale tutto cio'
che e' new economy e lo vedremo con piu' serenita' fra dieci anni)
deve sgonfiarsi naturalmente senza traumi! I detrattori di questa
tesi mi diranno che se si lasciava gonfiare la bolla sarebbe
successo un cataclisma : inflazione fuori controllo, lievitazione
valori delle aziende quotate, economia virtuale fuori dalla realta',
ecc.; La mia risposta e' una ulteriore domanda: Cio' che e'
accaduto non e' forse ben peggio ? Molti economisti che hanno
sempre incorniciato Mr Greenspan hanno sempre visto l' inflazione
come una specie di peste bubbonica dimenticando che a ben poco
servono le "leve dell' Esorcista" per controllarla visto su di essa
influisce ben maggiormente il prezzo del greggio piuttosto che 0,50
punti in piu' o in meno; Anche qui speriamo per il futuro che l'
Esorcista abbia imparato la lezione che sull'inflazione puo' piu' di
lui "Il demone dell' Opec".

Cordialmente,
Enrico Lincetto.

Cordiali saluti.
Enrico Lincetto

10/8/2002

Gentile professore

Un po’ mi sono impressionato, leggendo il suo articolo sul Giornale di Vicenza del 05/08/2002.
Anche il prof Pelanda pessimista?.
Invece poi vedo che la ripresa viene programmata per il 2003.
Non è comunque questo che mi interessa. Molto tempo fa l’ho invitata a dare un suo parere sulla crisi argentina, ho visto solo un pezzo per infondere fiducia a quanti avevano investito in titoli argentini allettati da ricchi guadagni.
Nel suo articolo del 05/08/2002 lei aggiunge Uraguai e Paraguai prossimo il Brasile e in odore di crisi anche il Messico. Trascuro il suo oscuro e inquietante presentimento sulla Cina.
Non crede che quella mia richiesta stia diventando sempre più attuale?.
Indubbiamente la psicosi negativa è pericolosa, e da sempre è stata ritenuta capace di generare crisi economiche. In fondo il new deal americano si può leggere come potente iniezione di ottimismo, accompagnato peraltro da una forte politica di spesa pubblica.
Ma è tutta psicosi negativa?
Gualtiero Giovanni

10/8/2002

Grazie, Dr.Pelanda,

grazie di cuore per interpretare il pensiero di noi, Berlusconiani della prima ora, e di renderlo pubblico sul nostro Giornale.
Come al solito sono d'accordo con lei, il nostro Paese (lo vado dicendo da sempre, soprattutto da quando giro il mondo per il mio lavoro nel campo umanitario) è il Paese in cui tutti, nessuno escluso, possono veramente mostrare chi sono, liberi di esprimersi senza tante balle per riuscire nella vita come meglio credono. E, come dice lei, è proprio il PAESE DELLE OPPORTUNITA' per eccellenza.
Sono appena tornata dall'Afghanistan, paese naturalmente piagato sotto tutti i punti di vista e lì ancora di più ho capito di quanto siamo fortunati, io e tutti noi (particolarmente noi donne) ad essere nati in occidente, quell'occidente tanto vituperato dai nostri amici di sinistra.
Provino, i no global, provino ad andare in giro per il mondo a dare una mano come faccio io, invece di fare dei girotondi o delle manifestazioni per l'Italia, dove nessuno gli torce un capello!!!
In Afghanistan l'unica acqua potabile che c'era era la Nestlè, colosso global, vero, ma forse l'unica potenza multinazionale che avrebbe potuto arrivare a distribuire in Afghanistan, altrimenti non so cosa avrei mai bevuto!!! Ah, già, dimenticavo la Coca Cola!!!
Ma perchè Agnolotto o Casareccio non vanno lì a manifestare? o da Castro a manifestare per la libertà del popolo cubano? Jovanotti ha fatto la sua canzoncina, è andato lì, ha cantato con i cubani, ma non le "ha cantate" a Castro.... Motivo???
Nel frattempo per quanto mi riguarda avanzo convinta a testa alta manifestando a tutti la profonda ammirazione che ho per il nostro Silvio, incassando comunque dei grandi "COME???? BERLUSCONI, MA SEI FUORI, QUEL BASTARDO????", soprattutto perchè vivo in una terra rossa come il sangue, ma non mi fermano.
Io bado ai fatti. Come dice la Castà.... PERCHE' IO VALGO!!!
Auguroni
Annalisa, Modena

10/8/2002

Caro Prof. Pelanda,

Grazie! Finalmente qualcuno che a destra incarna in un articolo il sentimento diffuso degli elettori del polo. Abbiamo riconquistato il governo del paese - rubato a suo tempo come sappiamo - dopo cinque anni di opposizione costruttiva e strategica attesa.
La vittoria è stata conquistata metro per metro, ed è fondata su basi solide: un piano di governo condiviso dalla coalizione e finalmente dagli italiani, che hanno messo una croce sul nome di Berlusconi, e non su un generico scudo crociato.
E mi piace il finale: saremo qui a vigilare, mentre i nostri rappresentanti si godono il meritato riposo. Un po' di enfasi non guasta, anche se di magagne nel centro detra ce ne sono e siamo primi a saperlo. Come sappiamo che viviamo in Italia e non su Marte.
Oggi emerge che le casse sono vuote perché molti grandi gruppi non hanno pagato le imposte (non le tasse, come si dice erroneamente), grazie ai favori di Visco.
Emerge questo dato i primi di agosto, considerando l'autoliquidazione dei grandi gruppi che hanno presentato il mod. f24 con saldo "zero". Non so come abbiano fatto i calcoli per tirare fuori questi dati, tuttavia, da commercialista, mi piacerebbe saperne di più, soprattutto considerando che molti contribuenti, come è nelle loro possibilità da tempi recenti, preferiscono rateizzare le imposte a saldo, spalmandole su un periodo che va da luglio a novembre. E sappiamo bene che il grosso del gettito fiscale non deriva dai grandi gruppi ma dai lavoratori dipendenti e dal popolo delle "partite IVA" ossia da quei milioni di lavoratori autonomi, ditte individuali, artigiani e commercianti, etc. che per potersi permettere di andare in vacanza preferiscono pagare le imposte "a rate". Quindi a mio avviso i conti sull'autoliquidazione andrebbero fatti a novembre, considerando le entrate effettive. A meno che i calcoli sull'autoliquidazione non abbiano compreso la proiezione nei mesi agosto-novembre delle imposte pagate con la prima rata di giugno o di luglio. In tal caso i dati sarebbero verosimili, ma ci credo poco. E comunque molti preferiscono non pagre a luglio e "ravvedersi" pagando una sanzione minima, entro l'anno successivo.
Peraltro queste mancate entrate dai grandi gruppi, produrranno i loro effetti anche a novembre, quando nelle casse mancheranno gli acconti delle imposte: infati se le grandi imprese non hanno pagato il saldo 2001, vuol dire che non hanno pagato neanche il primo acconto di imposte e non pagheranno il secondo, essendo gli acconti calcolati sul 98% del saldo relativo all'anno precedente, da versare nella misura del 40% a giugno e del 60% a novembre.
Un altro scherzetto che aveva fatto Visco, sapendo che la sinistra avrebbe perso le elezioni, era stato quello di diminuire la misura degli acconti da versare lo scorso anno: da sempre l'acconto era fissato nella misura del 98% del saldo precedente, improvvisamente Visco ha deciso di ridurlo, per le imprese, al 93,5 % per poi farlo tornare al 98% l'anno successivo: qual'è la logica? sapendo che sull'esercizio 2001 gli amici non avrebbero pagato imposte, e quindi neanche gli acconti, facciamogli anche risparmiare un po' di liquidità nel 2001, quando si pagano gli acconti calcolati sul saldo 2000 ! Semplice! 4.5 punti percentuali sembrano una sciocchezza, ma in termini di liquidità per una grande impresa che vive su equilibri finanziari precari, è una grande boccata di ossigeno, e specularmente un grosso problema di cassa per l'erario.
Boccata di ossigeno che si somma a quelle relative alla DIT ed alla "agevolazione Visco": queste due agevolazioni hanno consentito alle grandi imprese di investire in macchinari ed impianti, con la scusa della "capitalizzazione delle aziende" e pagare un aliquota del 19% sulla parte di utile corrispondente all'aumento di capitale (per la DIT) o all'acquisto di beni strumentali (c.d. "agevolazione Visco"): in realta il risultato è stato un effetto di sostituzione - in termini reali - di lavoratori con macchine. Perché? Perchè dovendo spremere Visco i piccoli per dare ai grossi, si è inventato l'IRAP ossia un'imposta incostituzionale in quanto perversamente in contrasto con l'art. 53 della costituzione, secondo il quale ciascuno deve concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria "capacità contributiva". Sempre l'art. 53 ci dice che il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Bene.
Per le imprese la capacità contributiva non può che essere la differenza tra ricavi e costi, che determina un utile . Se i miei ricavi sono 100 ed i costi 95, la mia capacità è 5, l'IRPEG 1.8, l'utile netto 3.2 . fin quì tutto ok.
Ora nel meccanismo inseriamo l'IRAP, che prevede l'esclusione dalla base imponibile del costo del lavoro. Mettiamo che io sia titolare di una piccola impresa manifatturiera o do servizi - come milioni ve ne sono in Italia - che ha come spina dorsale il lavoro di esseri umani col cuore pulsante e non macchinari con la spina eletttrica. e mettiamo che di quei 95 di costi, il lavoro sia 80. Ecco che la base imponibile è data da ricavi 100 meno costi deducibili 15 (95-80) ossia 85: il 4.25% di 85 è circa 3,61
Ricapitolando: avevo un utile prima delle imposte pari a 5. Ho imposte per 6.81, chiudo con una perdita di -1,81 !!! Mi hanno succhiato tutta la capacità contributiva e mi hanno mandato in perdita !!! Aiuto! E dov'è la progressività?
Facciamo un'altra ipotesi: io sono amico di Visco, o comunque sono informato sulla strategia del Vampiro e mi comporto in un altro modo: Sostituisco lavoratori con macchinari: adesso ho ricavi per 100, costi per 95, di cui solo 20 per lavoro. Pago Irpeg per 1.8 e IRAP su un imponibile non più di 85 ma di 25, quindi pago IRAP per 1.06. Ricapitolando ho un utile prima delle imposte di 5 pago imposte per 2.86, residua un utile netto pari a 2.16.
DUE IMPRESE IDENTICHE: l'una da lavoro a 5 persone e grazie alle imposte chiude in perdita, l'altra da lavoro ai macchinari e mantiene un utile!!!
DOVE STANNO I SINDACATI? DOV'ERA "COSFERATU" ???
Consideriamo inoltre che la sostituzione tra cristiani e macchinari, si può fare nelle grandi imprese, e non nelle piccole, come fa a sostituire una piccola impresa di servizi della new economy, ad es. un impresa che fa siti internet o software, a sostituire la creatività del cervello umano? Invece può benissimo la FIAT sostituire 100 saldatori con un mega saldatore robottizzato!
Ieri è emerso che nella grande industria si sono persi centinaia di migliaia di posti di lavoro.... BELLA SCOPERTA!!!
Ecco l'inchiesta che dovrebbe fare il giornale in questo agosto, come premessa all'autunno caldo: prendiamo i bilanci delle grandi aziende e le dichiarazioni fiscali e facciamogli un esamino. Lo faccio io!
I miei clienti spremuti non hanno soldi per il commercialista, che ad agosto resta a Roma incazzato come una bestia! (pardòn)
Vediamo quanto hanno licenziato e quanti macchinari hanno acquistato! Vediamo che strategie hanno adottato per non pagare le imposte! Vediamo gli effetti dei favori di Visco! Facciamo una campagna informativa volta a che raccogliere l'adesione di tutti coloro che si sono visti succhiare la capacità contributiva grazie all'IRAP. Certo Lei si occupa di scenari macroeconomici - ho letto ben volentieri "sovranità e ricchezza" - e questi argomentucci di politica italiana interessano meno delle grandi sfide planetarie. Ma nella regione Italiana questi sono fenomeni macroeconomici a tutti gli effetti, perché gli effetti perversi che generano, incidono direttamente sulle aspettative, dovendosi rimandare almeno di un anno l'avvio del motore, ed in quest'anno continuare a ripararlo, con le iene pronte a sbranarti alla prima buccia di banana su cui inciampi.
Ma forse l'inchiesta non si può fare...tra le grandi aziende che non hanno pagato c'è MEDIASET. Il conflitto d'interessi tarpa anche le nostre ali, il giornale non farà mai una simile campagna. Eppure avremmo tolto tutti gli argomenti alla sinistra e alla nuova lobby "libertà e giustizia". Potevamo organizzare una mega contro-manifestazione contro l'anti-sindacalista Cofferati, ed avere un autunno meno caldo. E del resto dell'IRAP Tremonti non è riuscito a farne a meno.

Buone vacanze prof. Pelanda, e grazie ancora, è sempre piacevole leggere i suoi articoli. Fanno un po' sognare...
Andrea Canevari
Roma

1/8/2002

Egregio Dottor Pelanda,

ho appena finito di leggere il suo pezzo sul Giornale di oggi e sono commossa fino alle lacrime. Forse sarà l'età? No non lo è anche se non sono più giovanissima. Le voglio dire grazie, un grazie dal profondo del cuore per come ha saputo esporre la trasferta dei bambni palestinesi in Italia.
Non sono né Israeliana né ebrea, né palestinese né musulmana. Sono un'italiana cattolica (perché battezzata) innamorata di Israele o Palestina o chiamiamola come ci pare. Innamorata degli angoli di quel Paese, degli odori, dei sapori, della musica, della gente, dell'arte, della religione, di tutto. A volte sono critica come può esserlo una innamorata dell'amato bene. Ho amici ad Haifa, a Tel Aviv, a Gerusalemme. Tutti ebrei Israeliani. Tanti medici che hanno studiato con me in Italia. Io non ho terminato i miei studi ma ho redatto con affetto enorme le loro tesi di laurea e di specialità, ho ninnato i loro figli, ho pianto e riso con loro. Sono come la mia famiglia e vivo nel terrore che possa loro accadere qualcosa. Sto male a vedere i corpi dilaniati dei Palestinesi e mi arrabbio con Sharon come se fosse davanti a me. Non voglio essere di parte. Lo evito come si evita la peste. Odio invece il razzismo e la stupidità umana che riduce due popoli tanto simili a combattersi invece di vivere in pace ed aiutarsi. Aborro chi da fuori - senza essere mai stato in quella magnifica Terra - miete giudizi sciocchi.
Se venisse distrutta Gerusalemme, per me che ho sognato di passare a miglior vita in quel posto, sarebbe come perdere un pezzo di me stessa. Ho cominciato a credere in Dio per merito del mio secondo viaggio in.........(metta Lei il nome del Paese) e perché Gerusalemme mi ha unito al cielo.
Era l'inizio di Gennaio del 1985. Ero stata, l'estate precedente, a trovare i miei amici e compagni d'università. ero stata loro ospite, avevo conosciuto i loro genitori, le loro fidanzate, le loro mogli, i loro nonni. Fra loro laici e religiosi. Fra loro osservanti e non. A dicembre ci tornai e passai la notte di capodanno con uno di loro, medico, in un locale arabo a Beer Sheva. Brindammo con nulla ma eravamo tre religioni assieme ed è quello che conta. Eravamo uguali!
Il giorno dopo andammo a Eilat (non ero mai stata là). Al ritorno da Eilat, lo ricordo come fosse ieri, percorremmo la strada che da Masada porta a Gerusalemme...passando da Ein Gedi. La strada era grigio ardesia e tirava al violetto. Ai lati non si notava il verde dell'erba perché a causa del colore del cielo anche lo sterrato erboso sembrava grigio violetto. Già, il cielo.....color giallo di Napoli (quel bianco acceso che i pittori usano per dare lucentezza ai volti e alle cose). Il cielo sembrava acceso come il filo incandescente di una lampadina. Giunti alla sommità, erano quasi le 16.30, vidi Gerusalemme sospesa nel vuoto....sì sembrava un effetto Fata Morgana...un miraggio. Toccata dal sole Gerusalemme pareva dorata. Arrivammo al Monte degli Ulivi e il sole sembrava una grossa arancia che scompariva dietro il King David. Gerusalemme era davanti a noi e la cupola della Moschea di Omar sembrava lustrata a specchio. Era già l'ora di quello che noi cristiani chiamiamo Vespro. Dai Minareti i Muezzin cominciavano chiamare per la preghiera, da una chiesa vicina le campane suonavano il vespro appunto e da non so dove, forse una Yeshivà rabbinica, mi giunse l'eco delle preghiere ebraiche della sera. Il sole tramontava e i lampioni della "mia" Gerusalemme si accendevano e in quel momento io mi ricongiunsi a qualcosa che non conoscevo e decisi che dovevo capire. Potevano uccidermi allora e non me ne sarei accorta. Ero in pace con il mondo e con me stessa. Sta pensando che ero innamorata? No in questo mio ricordo l'amore per qualcuno non c'entra nulla.....fu un colpo di fulmine .....per quella città! Da allora cominciai a studiare, da sola, l'ebraico (ora sto perdendo quanto ho studiato ma un pochino leggo e comprendo), andai da un rabbino (ortodosso perché sono più poeti) a lezione, lessi e studiai. E ancora oggi leggo, studio, rifletto. Lei non immagina quanti grazie devo dire a questo mio improvviso "pallino" che (e ne sono felice) continua.
Tutti devono godere dell'intensità emotiva che Gerusalemme regala. Tutti. Non è giusto che sia dell'una o dell'altra parte.....non deve essere di nessuno e deve essere di tutti.
So che lei capisce...!
Grazie per quello che ha scritto. Grazie!
Con stima
Rita

23/7/2002

Da IL GIORNALE del 20 luglio 2002 - Borse - Scoppiata la bolla i mercati ripartiranno.

Pienamente condivido il suo pensiero.
Per completezza ai tre principi di mercato da Lei elencati mi permetterei aggiungerne un quarto non meno importante: "il fisco" che non deve assolutamente essere soffocante e complicato come l'attuale ma oserei dire etico: nessun operatore economico è più suscettibile degli operatori di borsa.
O si elimina in toto il Vapital- gain (come fece con sagacia l'ex ministro Formica dopo averne constatato i nefasti effetti) o si tassa in modo differente la speculazione degli investimenti: gli speculatori che comprano e vendono nel giro di pochi giorni devono essere colpiti e scoraggiati mentre gli investitori a medio -lungo termine devono essere detassati e incentivati.
Gli investimenti degli speculatori sono in parte assimilabili ai prestiti degli strozzini.
Il fisco ignora anche la natura dei dividendi che sono rendite di Bilanci Aziendali già pienament tassati. Non debbono essereritassati quando vengono passati ai privati azionisti. Senza tener conto inoltre che nel frattempo molte azioni possono essersi deprezzate ben oltre il dividendo.
Ci governa non deve mai dimenticare che se crolla l'economia crolla qualsiasi potere, anche il suo.

Cordiali saluti
Martini Ferdinando

23/7/2002

LE POINT INTERNATIONAL (ediz.ital.) n°13 del 18 nov 2002

UNA TENTAZIONE DI SPECULAZIONE

Un mezzo giornalista, con piglio da docente, un tempo protetto dal povero Montanelli, è di recente assurto ai fastigi dei fondi del Corriere nonostante un gergo pieno d’apostrofi che il Windows 98 definirebbe “italiano(svizzero)”. Il suo successo è soprattutto basato sul trucco di prendersela familiarmente con i grandi della terra. Nell’ultimo suo pezzo dà del clarinettista a Greenspan perché risponderebbe a domande con domande; dice che, contornato da uno sfondo rosa carico, Bush non rassicura perché rimpicciolisce la bocca ed allarga la fronte non proprio da pensatore; non convince neppure Prodi, le cui “convoluzioni” mascellari dovevano essere più esagerate del solito, perché si è rallegrato che l’euro avesse superato il dollaro. Scherzi a parte, il sullodato ha rilevato anche una cosa che offre il destro a riflessioni. Le previsioni per gli USA danno gli utili dei prossimi bilanci in rialzo, poichè la svalutazione del dollaro giova da subito ai profitti delle multinazionali, prima ancora che crescano le esportazioni USA.

Effettivamente, i bilanci trimestrali di imprese con sede e quotazione in america non potranno non registrare un sensibile incremento negli assets afferenti a partecipazioni all’estero, come effetto della rivalutazione dei cambi in dollari dell’euro, dello yen ed altre valute forti, soprattutto in giugno. Senonchè all’estero si sono verificate cadute dei corsi di borsa superiori a quelle delle borse americane. Ne consegue che gli utili dei bilanci delle società americane con partecipazioni all’estero registrate tra le loro attività risulteranno cospicui solo per le società non quotate di proprietà americana che la casa madre potrà far certificare senza perdite in valuta. Ecco alcuni esempi riferiti al secondo trimestre 2002. Tra fine marzo e fine giugno scorsi l’euro in dollari si è apprezzato del 14.3% e lo yen in dollari dell11,7%. Contemporaneamente, l’indice Dow Jones di Wall Street ha subito un calo dell’11,2%, l’ Eurostoxx del 16,5% ed il Nikkei del 6,3% soltanto. E’ chiaro che se gli assets di azioni europee quotate sono variati come l’indice Eurostoxx, l’effetto sui bilanci trimestrali USA sarà di perdita dell’1,9% e quello delle azioni giapponesi di guadagno del 5,1%. Poca roba, quindi! Ciò vale, ovviamente, anche per i fondi comuni sui quali, però, c’è ben poco da speculare, perché le quotazioni giornaliere già tengono conto di cambi e corsi, mentre le multinazionali si aggiornano con sensibili ritardi. Così gli assets per azioni non quotate che fossero certificate come invariate nel secondo trimestre 2002, potrebbero rivalutarsi quanto il cambio dell’euro (14,3% ) e dello yen (11,7%) ossia in misura rilevante. Questa prospettiva sollecita una ricerca sui portafogli esteri delle azioni americane per acquistare quelle che registreranno i maggiori guadagni. Una guida, per non perderci nel mare magnum delle azioni USA, potrebbero essere .le società che hanno registrato, nelle quotazioni in dollari, le maggiori perdite di cambio nel trimestre di rivalutazione del dollaro più recente, ossia dal 30 giugno al 29 settembre 2000, quando il corso di 100 euro è disceso da 95,5 dollari a 88,30. Buon lavoro di ricerca ai lettori curiosi!

Livio Magnani

23/7/2002

Egregio Professor Pelanda,

E' con rinnovata speranza che ho deciso di scriverLe per condividere con Lei le idee e gli spunti "politically uncorrected" che liberi pensatori nel mondo sentono il dovere di esprimere.

Con l'articolo che di seguito trascrivo, apparso nell'edizione di oggi del Washington Times, desidero iniziare con Lei un proficuo scambio di idee e di proposte che possano trovare una eco anche tra i visitatori del Suo sito.

Sperando di farLe cosa gradita, La saluto cordialmente.

Piermario Croce
Torino, Italia

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THE BIDEN-HATCH AMENDMENT

In an amendment co-sponsored by Democratic Sen. Joe Biden Jr. and
Republican Sen. Orrin Hatch, the Senate is piggy-backing on a recent Securities and
Exchange Commission (SEC) directive. Beginning Aug. 14, the SEC will
require the chief executive officer and chief financial officer of any company
with at least $1.2 billion in annual revenue to personally attest to, and
assume personal liability for, the accuracy of the financial statements their
company submit to the SEC. The Biden-Hatch amendment will make this bad idea worse
by requiring a company's chairman of the board to also certify the
statements.

There are short-term and long-term problems with this approach. In the
short run, it is difficult to imagine a greater incentive for corporations to
intentionally lowball their earnings. To be on the "safe side," that would
include legitimate earnings. The result, of course, will be increases in
corporate price-earnings ratios, a development that could easily encourage
a further downward-spiraling in stock prices.
In the long run, given that the False Statement Act already requires such
submissions to be truthful, the seeming redundancy of both the SEC and the

Senate versions appears tailor-made to appeal to one of the Democratic
Party's most politically generous groups, the tort bar. The required signed
statement, which, interestingly enough, the SEC had to correct shortly after the
agency designed it, contains several weasel phrases ? "to the best of my
knowledge" and "a material fact" ? that tort lawyers will exploit with the fervor
they have displayed while chasing ambulances. Indeed, is there any doubt that
tort lawyers will seek to do to America's capitalistic system ? the
greatest creator of wealth in history ? what they have done to OB/GYN doctors and
patients?
Now, unless a CEO or chairman is thoroughly steeped in the arcane minutiae
of corporate accounting ? a category that would exclude Bill Gates, Andy
Grove and other corporate titans who have generated incalculable wealth
exploiting their entrepreneurial-engineering instincts and backgrounds ?
the CEO and chairman will surely be hostage to their accounting staffs.
How much entrepreneurial energy will be sacrificed as a CEO or chairman
immerses himself in accounting complexities?
Moreover, consider the bipartisan analysis of Kevin Hassett and Peter
Wallison of the American Enterprise Institute and Robert Shapiro, formerly of the
Democratic Leadership Council, who warned recently that "significantly
increas[ing] the exposure of firms and particularly their managers to litigation" will
"likely impose significant new costs on American firms with little likely
benefit." They argue that requiring CEOs, CFOs and chairmen to certify
that the financial statements "fairly present, in all material respects, the
operations and financial condition of the public company" would "expose
firms subject to changing market conditions to new liability exposure.
When an unforeseen material event occurs," they note, "the plaintiffs lawyers
? with the benefit of hindsight ? will be able to argue that the previous
certification was false in its claim." Who doubts that this is precisely
what will happen? And, as this process surely evolves, how many highly
qualified people will be discouraged from accepting senior executive positions? And
what price will that exact on the economy?
Finally, it is bemusing ?at the least ? that Congress, which refuses to
honestly address, or even acknowledge, the trillions of dollars of
unfunded liabilities in the so-called trust funds for Social Security and Medicare,
assumes it is capable of devising complex, efficient solutions enabling
corporations to honestly address business problems about which so many in
Congress know so little.

18/7/2002

Caro Prof.,
some soft remarks:
I carabinieri e poliziotti che si sono beccati una molotov a Genova o Napoli, come mai non sono stati ancora denunciati perchè "fumavano in pubblico durante il servizio"?
E pensare che un amante dell'ordine e della legge, ha tentato di spegnerne uno con un estintore.
Tempo fa, neanche poi tanto, i politicamente corretti,picchiavano gli omosessuali e gli ebrei, talora li gasavano.
Oggi gli omosessuali picchiano gli ebrei ed i politicamente corretti coccolano gli omosessuali.
Il progresso lascia sempre attoniti.
Malraux diceva così, pressapoco:
Un comunista intelligente è in malafede. Un comunista in buonafede è un imbecille.Personalmente includerei, con le aggravanti, i
cattocomunisti.
Il prof. C.M.Cipolla, esimio economista, ha scoperto, che nei secoli, in qualsiasi classe, ordine, età, sesso,professione, arte, etc... l'imbecille è una costante statistica del 10-15%.
Provate a sommare le percentuali dei deputati di Rifondazione Comunista, Verdi e Margherita. Per l'interpretazione del risultato
vedi sopra.
L'On Melandri ed altri, propongono di abbattere al 4% l'IVA sui CD, in quanto la musica è un "prodotto culturale". Lodevole e giusto.
Che un CD di tal Jovanotti,sia un prodotto culturale,però, sarebbe come dire che le flatulenze sono sonetti.

Cordialmente buona notte.
G. Vigni

17/7/2002

FYI (For your information) una versione ridotta di questo pezzo è stato pubblicato da Libero, domenica 14 luglio, pg. 8.

Cronaca di un'americana al Congresso Radicale

Sono un'americana che vive da tanti anni in Italia. Pur non condividendo
tutte le idee che i Radicali promuovono, ho deciso di partecipare al loro
Congresso a Roma la settimana scorsa per tanti motivi di cui due
sono: Perché sono diventata un'assiduissima ascoltatrice di Radio
Radicale e non saprei più vivere senza Massimo Bordin e la sua Stampa e Regime
tutte le mattine (per non parlare delle rubriche di Luigi De Marchi e Iuri Maria
Prado o del archivio di registrazioni di conferenze e sedute istituzionali
disponibile sul loro sito) e perché il tema principale di questo Congresso
avrebbe dovuto essere "Le riforme americana, delle istituzioni,
dell'economia e della giustizia." Dico "avrebbe dovuto essere" perché di
fatto di questo tema naturalmente non se ne è parlato se non di striscio o
di sfuggita. Dico poi "naturalmente" perché a ragion veduta, mi accorgo
che era la mia ignoranza ed ingenuità a dettare la mia aspettativa che si
sarebbe parlato in modo esauriente di questo tema.

Invece il Congresso è stato sequestrato dai digiuni di Pannella, dalla
preoccupazione per lo stato della sua salute, e dai puntualissimi
bollettini medici in cui ogni dato di analisi corporea veniva comincato ai
congressisti insieme alla previsione della sua morte imminente.

Io non condivido quest'ultima causa di Pannella. Trovo assurdo e inutile
lo sforzo che sta facendo. All'Italia non serve un Marco, morto,
moribondo, o in ospedale. Con la sua Satyagraha, lui vorebbe imporre il
rispetto della legalità. Il problema è che il rispetto non è una cosa che
si possa imporre, è qualcosa che va guadagnato. L'ultimo suo sciopero
della sete, ha riportato la legalità alla Consulta con, però, un risultato
però ben diverso da quello che almeno io auspicavo. Non credo che
succederebbe diversamente con i mancati seggi alla Camera. Anzi, se
rischiamo di pagare 13 stipendi a persone che non corrispondono alla
volontà del popolo, dico: "Lasciamo perdere. Viva, per il momento,
l'illegalità. È una causa, un'istituzione che non merita il suo
sacrificio. Piuttosto, che si facciano appunto sul serio le riforme che
la renderanno degna."

Otre ad essere una giornalista americana, insegno diritto ed economia in
un liceo europeo a Torino. In occasione dell'ultimo digiuno di Pannella ho
dedicato due lezioni al fatto che due istituzioni italiane erano in uno
stato di illegalità. Ho incominciato la lezione con le domande: Chi è
Pannella? Chi sono i Radicali? Che ruolo hanno avuto i Radicali in
Italia? Perché Pannella sta facendo lo sciopero della fame e della
sete? Fra i miei 220 studenti solo uno, la figlia di un Radicale sapeva
rispondere all'ultima domanda. Per tutti gli altri Pannella era un pazzo
che faceva sempre scioperi per non si sa quale motivo. Io gli ho spiegato
il motivo. Ma dato che avevamo già fatto delle lezioni comparative sui
sistemi governativi ed elettorali italiani, americani, francesi e
britannici, non sono rimasti molto convinti che proprio le istituzioni
italiane meritassero un tale sacrificio. E francamente io non ho nessuna
voglia di tornare a scuola a settembre a fare una lezione basata su un
triste epilogo.

Pannella ci sta proprio rompendo con questo concetto di sacrosanta
legalità. Non vorrei fare troppo l'americana o scendere a discorsi che
potrebbero sembrare banali, ma visto che lui tiene tanto alla legalità,
parliamo di legalità. A questo congresso fumavano tutti come dei
Turchi. Se non mi sbaglio anche in Italia adesso è illegale fumare nei
posti pubblici. E perché nessuno dice niente? Perché non fa comodo visto
che tanti fumano? Allora anche i Radicali attaccano l'asino dove
vogliono. Si dirà che sto mettendo a confronto una leggiucola con la
costituzione. Bene. Ma è proprio dalle cose piccole che si costruiscono
il rispetto e l'educazione civile. Quando i bambini e ragazzi italiani
vedono i loro genitori passare col semaforo rosso e fumare dov'è vietato,
neanche un'insegnante americana cocciuta riesce a disfare il danno.

Però mi sono resa conto che forse anche senza quest'ultima crociata
difficilmente si sarebbe parlato in modo serio di riforme
all'americana. In tanto il Partito Radicale non è un partito, ma un culto
con una capacità calamitica di attrarre ogni eccentricità di questo
mondo. Non avevo mai visto una concentrazione così alta di pazzi
timbrati, tesserati, autenticissimi, simpatici e anche lucidi. La democrazia nel
Partito Radicale consiste nel fatto che chiunque può prendere il microfono
ed esprimersi su quel che gli pare. (Anzi, vorrei raccomandare i signori
ai vertici della Rai di prestare attenzione al modo in cui Rita Bernardini
gestisce il tempo d'ogni intervento e pretende che le chiacchiere si
svolgano fuori dall'aula, che la considerino magari come sostituta di
Santoro!) Ho sentito ogni genere di teoria di cospirazione, complesso
persecutorio, e una moltitudine di ossessioni monotematiche.

A volte a guardare quel podio lunghissimo mi veniva la visione del
L'ultima Cena di Leonardo. Questi discepoli radunati in una maratona oratoria in
attesa dell'Ultima Bevuta Urinaria. I Radicali devono darsi corpo ed
anima alla politica. Non c'è spazio per le cose quotidiane. Il Congresso va
avanti dalla mattina alla notte pressoché senza interruzione. Si
dimentica che ci sia qualcosa al di fuori della lotta politica. In oblio cadono i
bisogni fisici, le funzioni biologiche, gli amori, i desideri, persino
l'ordine del giorno. Dopo tre giorni di commissioni e dibattiti, e non di
fiumi ma oceani di parole, alle unidici e mezza di sera si è deciso di
fare un po' di business: votare lo statuto ed emendamenti allo stesso. È
scoppiato un putiferio quando ci si è accorti che c'era una clausola
nell'uno che era in contraddizione con una clausola nell'altro, e quindi
che si annullavano a vicenda! Mah! L'importante è che si è parlato molto.

Ma nonostante la libertà di parola, Marco Pannella non è un democratico, è
un despota, un guru, un padre padrone col complesso della mamma italiana
che fa di tutto per non permettere ai suoi piccini di volare con le
proprie ali. Solo che lì c'è un covo di aquile, belli e brillanti, ai quali il
nido sta stretto.

Al Congresso è nei corridoi che si scopre che non ci sono solo i Yes Men,
che si respira aria di conflittualità, che si conoscono i sani animali
politici che vorrebbero governare e non solo parlare. Ma il Partito
Radicale è una scuola ed un laboratorio di oratoria. Con Marco non si
governerà mai. Ha avuto più occasioni e le ha rifiutate. Se le avesse
accettate avrebbe potuto usare i suoi 20-30 deputati in parlamento per
risolvere il problema dei seggi vacanti, se proprio ci teneva tanto. Ma
lui non vuole operare da dentro il sistema. Come Arafat ha sempre usato
qualunque pretesto per non formare uno stato palestinese, Pannella ha
trovato qualsiasi scusa per non collaborare per governare. Evidentemente
non sono ruoli che gli competano; preferiscono agire da outsiders. (Ben
inteso che il paragone fra i due si limita a questo rifiuto ed in nessuno
modo riguarda il loro modus operandi o la sostanza delle loro cause.) Il
problema per i Radicali che vorrebbero fare e non solo dire è che: I
Radicali con Pannella: non fanno; Ma i Radicali senza Pannella: non sono.


Sandra Giovanna Giacomazzi

13/7/2002

Capitalismo etico e Sviluppo sostenibile
(2 concetti ambigui molto amati)
Cominciamo dal primo. Se il capitalismo è etico (Bush vuole dare delle regole etiche al capitalismo) si chiama Socialdemocrazia. Se il capitalismo è libero si chiama Liberismo.
Se, come oggi, tende ad essere sempre più Liberismo, vuol dire che le regole vengono escluse perché sono un limite allo sviluppo del Capitale. Lo spirito del Capitalismo è quello di fare soldi. Lo spirito dell'Etica è di fare in modo che facendo i soldi si rovini meno gente possibile. Quindi se si va nell'ottica di un'Etica nel Capitalismo (benvenuta), facciamo in modo che questa Etica venga allargata il più possibile e impedisca al Capitalismo di rovinare la gente e l'ambiente. ( Leggi WTO, FAO, FMI, Banca Mondiale ecc..) E questo vale per le aziende americane con i relativi scandali, ma anche per i relativi scandali e distruzioni di tutte le aziende e multinazionali in giro per il mondo.
Altrimenti diciamo chiaramente che ci piace il Liberismo con gli scandali.
Per il concetto di Sviluppo sostenibile, vale lo stesso meccanismo logico (o illogico) ma comunque ambiguo.
Dipende da cosa intendiamo per sviluppo. Se intendiamo sviluppo interiore esso è sostenibilissimo e anche questo ben venga; se sviluppo significa espansione, possiamo dire già da subito che la terra non consente nessuna espansione delle nostre economie, anzi ha bisogno che le nostre economie decrescano (e rapidamente) per consentire la sostenibilità.

Anche qui abbiamo l'imbarazzo
Roberto Imperiali

7/7/2002

Caro Prof. Pelanda, come Suo lettore assiduo condivido da sempre le Sue analisi. Per questo posso permettermi talvolta di esprimerLe le mie raramente diverse opinioni. Recentemente Le manifestai la mia convinzione sull’impossibilità teorica di artificializzare il Biologico, impossibilità teorica derivata dalle recenti acquisizioni delle matematica del caos.
Adesso Le esprimo il mio dissenso riguardo ad una frase di un Suo recente articolo sul Foglio, dal titolo “La Pax dell’Onu non funziona più”, frase che suona: “...e (se) Costantino nel 2313 non imporrà una religione controproducente”.
Quella frase, se pur forse corretta all’interno di quella costruzione concettuale, lascia tuttavia un retrogusto di illogicità, in quanto quella valutazione del Cristianesimo fa parte di una cultura che rappresenta l’esatto contrario dei Suoi e dei miei valori (che sono i valori dell’Occidente e della globalizzazione).
La realtà è che la nostra civiltà occidentale, globalizzante e civilizzatrice, è intrinseca e inscindibile dalla Rivoluzione cristiana, che fin dal suo primo manifestarsi ha provocato la rottura dell’unità tra la sacralità e il potere, unità che era da sempre a fondamento dell’Impero Romano e di tutti gli altri imperi e regni (compresi quelli attuali, ostili all’Occidente), introducendo nella Storia l’idea dirompente della laicità.
E’ la lotta feroce di sempre tra “CULTURE” e CIVILIZZAZIONE: io e Lei stiamo evidentemente dalla parte della CIVILIZZAZIONE contro le “CULTURE”, ma allora attenti al retrogusto di certe frasi, tipiche di chi sta dalla prte delle “CULTURE” contro la CIVILIZZAZIONE.

Cari saluti, Suo Giulio Rupi

1/7/2002

Condivido pienamente il merito del Suo articolo.
Nel mio piccolo ho fatto l'Apostolo divulgano argomenti, biblografia e articoli de"Il giornale" (del quale sono un affezionato e accanito lettore); quotidianamente affronto discussione con i colleghi di lavoro e amici sui più disparati argomenti di attualità: dalla posizione dell'Italia in Europa (per la prima volta siamo propositivi e appprezzati), all'accanimento giudiziario contro Silvio Berlusconi allo strapotere della magistratura (vedi art.289 cpp).
Credo che sia ora che coloro che credono nel liberalismo ma anche, per fare un esempio, che credono che non sia compito del professorino di turno catechizzare le giovani menti dei discenti lo dichiarino liberamente e ad alta voce senza temere le sterili, vacue e disinformanti filipicche dei sinistrorsi cresciuti riempiendosi la bocca di "battaglie, e diBBAttiti" modaioli.
La fondazione o il manifesto o quello che sarà ( bastache sia) deve poi essere divulgato su tutto il territorio nazionale a partire da quelle realtà dove la Casa delle Libertà ha vinto per il fatto che si deve dare risposte a coloro che hanno fatto richieste manifestate con il proprio voto.
Distinti saluti e ancora un apprezzamento per i Suoi articoli.
Camillo Gaspardini

28/6/2002

Egregio professore

nel complimentarmi per il suo articolo "Di bene in meglio" di oggi vorrei far notare che se il cittadino normale (e anche quello speciale tipo Sgarbi) non sembra apprezzare la politica del governo sul patrimonio immobiliare pubblico e si fa suggestionare da ridicole contestazioni dell'opposizione, a mio avviso, è anche conseguenza della mancanza in Italia di una corretta gestione dei patrimoni immobiliari privati.

Ad eccezione delle grandi società proprietarie di immobili, che logicamente prestano la dovuta attenzione alla valorizzazione del patrimonio grazie alle loro strutture interne, il cittadino normale per i suoi normali problemi di gestione immobiliare non sa bene a chi rivolgersi perchè in Italia non esiste una categoria professionale al servizio dei privati proprietari di immobili per aiutarli in una corretta gestione del loro patrimonio.

La gestione dei normali patrimoni immobiliari privati attualmente è di fatto, ma non di diritto, in mano ai geometri/architetti ed ai ragionieri/commercialisti perchè in pratica nel settore vige la più completa anarchia e mancanza di rispetto delle poche e confuse norme esistenti (come potrà constatre dall'allegato); le categorie che in pratica gestiscono gli immobili dei normali cittadini, se hanno delle abilità amministrative per il patrimonio immobiliare le usano soprattutto per il proprio e non a favore dei loro clienti in quanto la loro attività professionale è orientata soprattutto verso la fase edilizia o verso le questioni societario/fiscali, non certo verso la gestione ordinaria del patrimonio immobiliare di terzi.

L'attività di gestione ordinaria dei patrimoni immobiliari nel resto del mondo è esercitata dalle agenzie immobiliari, ma in Italia come le avevo già scritto, chi si denomina agenzia immobiliare è di fatto una immobiliare (gestore di immobili propri) ed il professionista che si occupa maggiormente della gestione del patrimonio immobiliare dei privati è in definitiva il notaio il quale, con l'attuale sua preparazione solo giuridica, non è certo in grado di intervenire anche nel merito della gestione dei patrimoni dei suoi clienti ed infatti non si vedono notai che si occupano di locazioni (guadagnano già abbastanza con le compravendite) ed il settore è lasciato in mano a chiunque se ne voglia occupare (dai geometri, agli avvocati, ai commercilaisti più o meno regolari).

Approfittando ancora della sua cortesia le invio in allegato dei quesiti sui mediatori immobiliari pubblici e sulle borse immobiliari che avevo spedito ai ministeri competenti (?) ormai due ani fa ed in merito ai quali non ho mai ricevuto alcuna risposta; le sarei grato se potesse mettermi in contatto con qualche deputato che volesse interessarsi del problema, magari interrogando il governo in proposito, per avere finalmente almeno una risposta.

Temo però che i problemi sollevati dai quesiti tocchino troppe situazioni di "potere" e per questo i burocrati, dopo aver risposto (erroneamente) le prime volte le successive si sono ben guardati anche solo dallo sfiorare l'argomento, come può constatare dall'indice del dossier sui miei difficili rapporti con gli enti preposti a vigilare sul mercato immobiliare.

A proposito di riforme impossibili da attuare in Italia nel settore della gestione dei patrimoni immobiliari le segnalo che da ben 65 anni si attende di sapere dove depositare i regolamenti ed i nomi degli amministratori dei condomini, ma fin'ora nessuno ha ancora trovato il tempo di modificare l'art. 71 delle disposizioni transitorie del codice civile, come nessuno ha trovato il tempo di istituire il ruolo degli amministratori giudiziari previsto dall'art. 27 della legge sul fallimento del 1942, ma superato da un decreto del 1946 che ha affibiato il compito di gestire i patrimoni (in genere soprattutto immobiliari) degli imprenditori in difficoltà agli iscritti a vari albi, senza pretendere più una specializzazione.


Tenuto conto di questi fatti a mio avviso è evidente che il governo non può cambiare il sistema se non riformando le componenti dello stesso e pertanto se si vuole una riforma della giustizia civile si dovrà intervenire sulle professioni ad essa collegate (avvocati, periti, notai) e non solo sui codici di procedura, se si vuole una riforma del fisco sugli immobili che si fondi su criteri di gestione del patrimonio si dovrà intervenire sulle professioni collegate (geometri, architetti, notai, periti) e non solo sulle aliquote.

Nel ringraziarla in ogni caso della sua cortesia invio i migliori saluti
Suo Gianni Frescura

19/6/2002

Ho letto con attenzione e soddisfazione il Suo articolo apparso in data odierna su Il Giornale.
Come Antiquari ci occupiamo da sempre della valorizzazione dei beni artistici,tramite la ricerca,lo studio ed il commercio e vorremmo mettere questa nostra peculiare esperienza al servizio delle intenzioni del Governo.
Il 70 per cento dei beni artistici mobili italiani giace inutilizzato e dimenticato nei magazzini ed in altri luoghi,e molto va anche disperso.
Questo patrimonio potrebbe essere giustamente valorizzato.
Con la nostra societa' Fimaservice ci stiamo impegnando a far percepire l'arte e l'antiquariato sempre piu' come bene reale al pari di quello immobiliare.
Confido di trovarLa concorde ed interessato
Giancarlo Graziani,componente c.d.a. Fimaservice,antiquario

15/6/2002

L'Angelo Agnelli e il Bad Boy Berlusconi

Perché si apprezzano gli Agnelli che sono ridotti a vendere la loro azienda agli americani (se gli americani ancora la vorranno) e si disprezza Berlusconi che stava per acquisire un colosso tedesco? Quando mai si è sentito dire una parola fuori luogo sulla Sacra Famiglia Agnelli? Quando Susanna era Ministro degli Esteri, quando lei girava il mondo con Oscar Luigi, come mai nessuno gridava allo scandalo? Nessuno parlava dei conflitti d'interesse di suo fratello?

Io non so perché c'è tanta reverenza per questo principe senza palle che fino a quarant'anni ha fatto solo il playboy. Che si è occupato dell'azienda di famiglia solo quando c'erano da ricevere gli onori e gli allori di fare il presidente. Che quando c'erano da prendere le scottature di Tangentopoli ha mandato Romiti in sua vece. E quando l'azienda ha cominciato a rendere pubblica la più grande crisi della sua storia, ha passato la patata bollente al suo fratello minore.

È solo una cosa antropologica? Sarà perché avete cacciato i Savoia, però la figura di un principe regnante fa sempre, appunto, figura? È l'odio per il parvenu, il poco elegante e poco continentale self made man troppo American style? È l'invidia per chi si è fatto da sé e tu invece non ce l'hai fatta? E Gianni invece è nato così col cucchiaino d'argento in bocca e quindi mica potevi farci niente?

Quando è scoppiata la crisi della Fiat, l'Avvocato è partito per l'America per curarsi. Se fossi italiana, questo mi darebbe molto fastidio. Non si fida dei medici italiani che deve andare a farsi curare all'estero? Personalmente io mi trovo meglio coi medici italiani e ho un quadro medico di lunga data che mi permette di giudicare. In America avremo le strutture ospedaliere e le attrezzature più all'avanguardia del mondo, ma purtroppo chi pratica la medicina nel mio Paese ha spesso più la missione del money. In Italia ancora si trovano quelli con la missione del medico.

Comunque uno che ha soppresso la concorrenza per decenni costringendo gli italiani a comprare macchine italiane, che pretendeva che i suoi impiegati e operai parcheggiassero fuori dai recinti dei parcheggi aziendali se peccavano nel possedere una vettura di marca straniera, non si fida dei medici italiani e va a farsi curare all'estero? Io, da italiana, mi sentirei offesa.

Tutto questo non si può dire. Lo so che non si può dire. So che difficilmente mi pubblicherete. Ma nessuno si chiede come mai c'è una tomba di silenzio rispettoso intorno a quest'uomo? A Silvio gli si da del mafioso con una disinvoltura disarmante. In televisione, sulla carta stampata, nelle piazze. Di lui si può dire di tutto e di peggio, che per me è come una prova che le menzogne siano tale. Ma di Gianni, di Gianni o si dicono cose da signori, o non si dice niente. Quest'assenza di rumore reverente così forte non assorda nessuno?


Sandra Giovanna Giacomazzi

15/6/2002

Caro prof. Pelanda;

dopo la Tassa Occulta, Lei ha fatto di nuovo centro, mettendo il dito nella piaga della scarsa diffusione della cultura liberale.
Ma il problema è che la sinistra, per i propri fini propagandistici, continua a fare credere che la cultura liberale è per definizione immorale.
Ed il guaio é che questa subdola propaganda, spesso ha pure successo, soltanto perché i liberali "seri", salvo rare eccezioni, non possono presentarsi in pubblico, perché devono rimanere a casa, a "sgobbare", per mandare avanti le proprie aziende, i propri studi professionali, mantenere le proprie famiglie, e pagare le Tasse più alte d'Europa (più o meno occulte).
La sinistra invece, ha sia il tempo, che le risorse economiche, per formare numerosi politici di professione, che mantengono se stessi e le proprie famiglie, facendo politica attiva.
Accade così, specie a livello locale (ma questo succede anche a livello nazionale) che le liste liberali risultano per lo più composte (fatte salve le solite eccezioni), da numerosi dilettanti, poco preparati politicamente, poco colti, e spesso avventurosi, i quali si dedicano alla cosa pubblica, soltanto perché a casa loro non hanno nulla di meglio da fare.
In conclusione, anche Noi liberali dovremmo avre il coraggio di investire sui Nostri giovani più meritevoli, per formarli alla vita politica professionale, educandoli ad un sano senso di servizio a favore di tutta la Nazione.
Solo così la cultura liberale potrà vincere tutti i pregiudizi, che la sinistra del paese continua a sollevare con successo nei confronto del "nuovo" che avanza.

Cordiali saluti.
L. C., Modena.

14/6/2002

Condivido pienamente il merito del Suo articolo.
Nel mio piccolo ho fatto l'Apostolo divulgano argomenti, biblografia e articoli de"Il giornale" (del quale sono un affezionato e accanito lettore);
quotidianamente affronto discussione con i colleghi di lavoro e amici sui più disparati argomenti di attualità: dalla posizione dell'Italia in Europa (per la prima volta siamo propositivi e appprezzati), all'accanimento giudiziario contro Silvio Berlusconi allo strapotere della magistratura (vedi art.289 cpp).
Credo che sia ora che coloro che credono nel liberalismo ma anche, per fare un esempio, che credono che non sia compito del professorino di turno catechizzare le giovani menti dei discenti lo dichiarino liberamente e ad alta voce senza temere le sterili, vacue e disinformanti filipicche dei sinistrorsi cresciuti riempiendosi la bocca di "battaglie, e diBBAttiti" modaioli.
La fondazione o il manifesto o quello che sarà ( basta che sia) deve poi essere divulgato su tutto il territorio nazionale a partire da quelle realtà dove la Casa delle Libertà ha vinto; tutto ciò per il fatto che si deve dare risposte a coloro che hanno fatto richieste manifestate con il proprio voto.
Distinti saluti e ancora un apprezzamento per i Suoi articoli.
Camillo Gaspardini

14/6/2002

Egregio professore

nel ringraziare per l'attenzione che mi ha riservato invio in allegato un testo che prova a sintetizza le proposte di riforma della giustizia civile nel settore immobiliare elaborate sulla base delle mie esperienze professionali; se per pubblicarlo ritiene necessarie delle modifiche lo utilizzi pure come meglio crede.
Sono consapevole che si tratta di proposte che nella loro (relativa) semplicità sconvolgerebbero gli assetti vigenti, ma reputo che se il centrodestra vuol dimostrare con i fatti di essere un governo liberale dovrebbe attuare delle riforme che cambino in questo senso il nostro sistema economico strozzato dai famosi lacci e lacciuoli che però mai nessuno si decide a sciolgliere definitivamente.
La modifica delle regole che disciplinano il mercato immobiliare, che coivolge praticamente tutti i cittadini, a mio avviso sarebbe un ottimo banco di prova della volontà di adeguare il sistema al tempo di internet, visto che attualmente questo mercato si regge su norme predisposte quando solo il 10% delle famiglie era proprietario di immobili, solo il 30% della popolazione era alfabetizzato e per scrivere si usava il calamaio.
Da quasi cento anni le compravendite immobiliari (la polpa del mercato) in Italia sono incentrate sui notai e così il sistema è bloccato anche perchè privo di alternative; ritengo che quella da me studiata possa essere una valida possibilità, ma sembra che nessuno sia interessato nemmeno a discuterla, come dimostra il fatto che le cosiddette "borse immobiliari" delle Camere di commercio (anche quella di Milano) sono assolutamente refrattarie a qualsiasi innovazione, per evidenti carenze culturali della categoria degli agenti immobiliari.
Tra l'altro anche il sistema delle imprese edili (dei costruttori) in Italia è assolutamente anomalo (la dimensione media delle imprese edili è di 1,5 addetti!) rispetto a qualsiasi altro paese civile; ciò, a mio avviso, è essenzialmente dovuto alla presenza degli ordini professionali che se avevano una funzione nel sistema corporativo, di certo non l'hanno in un sistema liberale; in un sistema liberale le certificazioni di responsabilità tecnica devono essere fatte dalle aziende che effettuano i lavori (attraverso il loro personale tecnico), non certo da professionisti autonomi che si autogratificano di compensi spropositati con la complicità dei governi che approvano assurde tariffe professionali a danno degli utenti, ingombrando i codici di regole inutilmente complicate solo per permettere alle corporazioni di esercitare i loro poteri di interdizione
Il meccanismo di responsabilità dell'azienda l'avevo proposto per la legge sulla sicurezza degli impianti in edilizia, quando lavoravo nell'ufficio legislativo della Confartigianato e mi sembra che abbia ottimamente funzionato, ma fino a quando non c'è un reale interesse a modificare il sistema nel modo più utile per tutti è evidente che le categorie corporative avranno facile gioco ad evitare i cambiamenti, cioè fino a quando della riforma degli ordini professionali vengono chiamati a discuterne solo gli iscritti agli stessi è evidente che non si va lontano; perchè il governo non chiede ai veri utilizzatori dei servizi professionali come dovrebbe essere disciplinata la materia delle certificazioni di responsabilità invece di far perdere tempo con le assurde certificazioni ISO di attività professionali?
Le imprese del settore edile, probabilmente perchè commiste in modo inestricabile col sistema degli ordini professionali, per quanto ho potuto constatare, non si battono certo per una riforma liberale del mercato immobiliare; non a caso la legge della sicurezza degli impianti era stata a suo tempo osteggiata dalla Confindustria!
Se avrà avuto la cortesia di leggere la sintesi del mio progetto per la creazione di Centri servizi per affari immobiliari avrà notato che non è necessaria, per l'attivazione della rete, l'approvazione di norme particolari, ma è certo che per renderla operativa ho bisogno di vari supporti (anche finanziari) e pertanto le sarei grato se mi potesse indirizzare a chi potrebbe essere concretamente interessato a sviluppare il progetto.

Con l'occasione invio cordiali saluti.
Gianni Frescura

12/6/2002

Risposta all’articolo apparso su IL GIORNALE di Lunedì 10 Giugno 2002.

Gentile Sig. Carlo Pelanda

Visto che appare al termine di ogni suo articolo la personale e-mail mi permetto di scriverLe un mio pensiero.
Non ho certo le doti di filosofo ne’ ho la pretesa di essere un intellettuale ma desidero comunque cercare di esprime il mio pensiero riguardo il tema della “Cultura della Destra”.
Innanzitutto concordo nel constatare la grande “occupazione” culturale della sinistra nei posti più importanti, quali l’istruzione, la televisione, il teatro, la magistratura e l’informazione in genere. Quando si pronuncia la parola “intellettuale” viene quasi distinto pensare ad una persona comunque di sinistra. Credo dunque che l’aspetto legato ad una “crociata” per diffondere la “cultura di destra “ sia non solo necessaria ma indispensabile. Credo nell’importanza della creazione di un manifesto che possa delineare la principale via da seguire e sottoscriverei senz’altro lo stesso anche se non sono ne un giornalista famoso ne’ un titolato professore e soprattutto “senza avere nessuna tessera di partito”.
Caro Sig. Pelanda però dissento su un punto molto importante, che è proprio quello di legare il nascente manifesto per la cultura ad un partito. Dico ciò perché ho letto sull’articolo apparso lunedì 10 sul Giornale che si riferisce proprio agli addetti ai lavori di Forza Italia. “Cosa possiamo fare di più, cari amici di F.I.?” afferma.
Creo che il manifesto debba necessariamente essere allargato ad un ipotetico centro destra in contrapposizione alla cultura di sinistra. Credo altresì che il manifesto debba prendere poi in considerazione anche l’Arte, valutando bene le attuali correnti ed indicazioni di importanti cambiamenti in atto. Credo che ogni aspetto della vita culturale non debba essere trascurata. Credo che sarebbe necessario creare un grande “cartello” realizzato da persone di cultura di alto profilo. Persone che non mancano certamente nel nostro paese. Lei stesso abbandoni l’idea di farsi da parte in considerazione dell’enorme esperienza e professionalità che ogni giorno dimostra con il suo lavoro.
Cita infine la possibilità di una Fondazione della quale onestamente non ne conosco bene le finalità e la fattibilità, mi piacerebbe saperne di più.
Ho visitato il sito e credo che avrò bisogno di molto tempo per leggere bene tutto il materiale contenuto ma è senz’altro ben fatto e soprattutto contiene moltissimi spunti per riflettere.
Complimenti per l’ottimo prodotto editoriale, per il sito e per la Sua attività giornalistica.

Alberto

12/6/2002

Egreg. Prof Pelanda, Le scrivo a proposito dell'ultimo intervento del Ministro Alemanno all' Assobiotec, riportato recentemente dal Corriere della Sera.

Le premetto che chi scrive e' un ricercatore che ha passato gli ultimi dieci anni in laboratori di ricerca di fama internazionale ( John Innes Centre, UK e Warwick University, UK) affrontando progetti di ricerca di alto livelo scientifico nel campo della Genetica Vegetale ( I risultati dei miei lavori stanno per essere pubblicati in riviste scientifiche di alto profilo).

Sono riuscito a rientrare in Italia con enormi difficolta' per i motivi che lei ben conosce, un mercato del lavoro Universitario che non apre le porte facilemte ad un "Cervello" che rientra ma bensi' ai propri sudditi, mancanza di spazi, gerarchie, mancanza di fondi etc. etc.

Finalmente divento parte di un nuovo Consorzio di ricerche per la Genetica Molecolare a Napoli e cerco di far partire nuovi progetti di ricerca. Bene e' da 8 mesi che sono rientrato e nonostante le buone intenzioni iniziali dei Coordinatori del Consorzio, per mancanza di spazi, lentezze burocratiche, resistenze, etc., mi creda non ho ancora un angolo dove poter iniziare le mie ricerche.
Ho apprezzato un recente intervento del Presidente Berlusconi, in occasione di una conferenza stampa alla Radio Televisione Italiana, che afferma la necessita' di porre fine a questa emorragia o fuga di cervelli verso l'estero, bene Presidente questo e' quello che accade ancora oggi ed io non vedo ancora nessun intervento del suo governo a proposito!

Non credo esista, da quanto ho potuto vedere e conoscere in Europa, altro paese in situazioni cosi' ridicole come il nostro per la gestione delle attivita' di ricerca. Ora non vorrei cancellare i pochi buoni esempi che ci sono, vedi Telethon, INFN, San Raffaele e poche altre stelle della ricerca Italiana, ma la situazione credo sia generale ed il mio senso di vergogna e di rabbia cresce sempre di piu'.

A completare la festa scopro recentemente che il Ministro delle politiche agricole Alemanno, in occasione di un convegno recentemente tenuto all'Assobiotec a Milano, dichiara che i transgenici in Italia non sono di interesse per l'agricoltura Italiana e, ancor peggio, che gli imprenditori in Italia farebbero bene a non investire in Biotecnologia ! Puo' immaginare le reazioni degli imprenditori del settore a queste parole.
Le faccio presente che tutto questo avviene dopo una recente attivita' devastante dei Verdi, del passato governo, contro gli OGM e dopo, ancor peggio, che l'On. Fini abbia dichiarato in campagna elettorale di non aver niente in contrario sugli OGM ed il loro impiego in agricoltura.

Ora si da' il caso che io, non condividendo le opinioni di Verdi e compagni e considerandosi un convinto elettore della compagine di destra, per la sua politica e programma di governo, si trovi improvvisamente con elementi come Alemanno e compagni che tradiscono i manifesti di campagna elettorale.
Le garatisco che le posizioni del nostro Ministro non sono basate su buone conoscenze scientifiche e tanto meno su buoni consigli di sviluppo economico, ammesso che ne abbia avuti, forse ci sono spinte ed interessi del mondo dell'agricoltura biologica?

Io sono stato consigliato da colleghi autorevoli nel campo della Genetica Molecolare Italiana a non scrivere lettere su giornali, perche' considerate piu' pericolose che vantaggiose per la nostra carriera ed il nostro futuro ma mi sono permesso di scriverLe una lettera per chiederLe un consiglio, che fare?
Che fare di fronte a queste contraddizioni, e che fare come "Cervello" rientrato in Italia di fronte a questo panorama accademico?
Forse l'idea di creare fondazioni scientifche come in America ed Inghilterra potrebbe essere una via di uscita, non crede?

Non mi dispiacerebbe incontrarLa per uno scambio di idee a riguardo

Cordialmente
G. M.

PS: mi sono dato altri sei mesi per mettere definitivamente radici in Italia ma se continua cosi' saro' costretto a rifare le valigie, voglio rimanere ottimista.

12/6/2002


Gent.mo Carlo Pelanda,

mi pregio, come ormai solito, di tanto in tanto, inviare un piccolo testo.
Senza particolari pretese, solo il piacere di condividere alcune riflessioni personali che ritengo comunque sufficientemente logiche e quadrate, ma basate su un contesto informativo di normale accezione e non particolarmente approfondito, con l'ambizione di guadagnare consenso anche da chi, come lei, ha abitudine a frequentazioni e discussioni culturali ben piu' sperimentate e corroborate.
Grazie dell'attenzione.

Distintamente.
Suo Luigi Gatti.

OGM
Sul controverso tema degli OGM le opinioni sono varie e dibattute, spesso istintivamente sostenute e difficili da motivare.
Sono pericolose le modificazione genetiche « controllate » che laboratori « qualificati » possono mettere in atto e sperimentare in coltivazioni « selettive» ?
Perche’ allarmarsi quando la modificazione genetica e’ studiata e variamente applicata da lungo tempo, da Mendel in poi ?
Mi sembra si possa portare facilmente riassumere la situazione con un esempio chiarificatore :
i funghi.
Crudi, cotti, variamente insaporiti, ben pochi tra noi non sono abituati ad apprezzare gli aromi e la fragranza di un buon piatto di funghi.
Intrigati dall’interesse culinario abbiamo imparato a non farci ingannare da forme e colori e invece affinare la nostra sensibilita’ alle piccole differenze, alle sfumature e alla sistematicita’ dei dettagli che ci possano aiutare a raccoglierli e selezionarli senza rischiare di incorrere nelle specie pericolose.
Ebbene, tanto ci piacciono e siamo interessati. Quindi esisterebbe una motivazione economica per sperimentare e valutare un occasione di business.
Supponiamo che qualcuno, fiutando il business, ci prospetti la possibilita’ di estendere la gamma dell’offerta con un maggiore assortimento di sapori e profumi. E magari pensando anche ai migliori accoppiamenti di colori e rendimento olfattivo. E quindi questo ci permettesse di trovare al mercato un’offerta completa di funghi, ottimizzati ai diversi utilizzi : cappelle enormi e tenere da cucinare alla piastra, corpi morbidi e carnosi da fare in padella, funghetti piccoli e colorati da mettere sott’olio, ecc. E cominciasse a coltivare queste nuove specie prima in laboratorio, poi in produzioni selezionate via via diffondendone l’utilizzo. E forse incrociandoli anche con le caratteristiche piu’ positive di altre forme vegetali e animali ! Lo zucchino incrociato col porcino per farlo crescere rampicante, e poi incrociato con il chiodino per farlo crescere in numerosita’, piccoli, ma a famiglie ! E poi con il colore rosso a puntini bianchi dell’amanita falloide per essere visti velocemente, o per abbellimento estetico ! …Ah ! Con l’amanita no ? E perche’ ? perche’ e ‘ velenosa ? Ma noi, con le moderne tecniche riusciamo a selezionare il solo gene responsabile del colore : quindi non corriamo rischi ! Saremmo proprio pronti a scommetterlo e assaggiarli noi per primi ?
L’abitudine e l’attenzione sviluppati dalla nostra cultura, dalla nostra tradizione e, anche, dal nostro istinto, forse radicato in qualche nostro neurone come gli altri timori atavici dei serpenti, dei ragni e altre simili amenita’, ci fanno subito drizzare i capelli e temere il rischio della contaminazione delle qualita’ dei funghi buoni coi rischi e le ben note tossicita’ dei funghi cattivi ! E le tossicita’ non note, o di effetti ancora non scoperti o ben sperimentati ? E le possibili interazioni tra loro o con altre caratteristiche ?
E una volta immesse queste specie in natura (perche’ intanto e’ ovvio e scontato che involontariamente, o volutamente da parte di chi ne tragga forti ritorni economici, la selettivita’ colturale e’ una pura utopia), come si estenderebbero e combinerebbero sulle specie affini presenti nelle loro vicinanza ? E se queste specie presenti nei dintorni fossero funghi dagli effetti ancora sconosciuti di una foresta amazzonica ? Quali tossine si potrebbero creare ? Quali incroci naturali, favoriti dalla vicinanza di specie, potrebbero essere indotti e con quali conseguenze sui funghi che, apparentemente, continuerebbero a sembrarci normali ?
In realta’ da tale caos di incroci potrebbero anche venire fuori cose molto positive : medicinali portentosi o medicamenti miracolosi, ma quali prove ci potrebbero garantire la loro godibilita’ alimentare ?
Quanti anni ha dovuto progredire la nostra consapevolezza culturale attraverso l’unica via possibile, quella della cognizione empirica, per acquisire la capacita’ di distinguere il salubre dal velenoso, cercando anche di evitare il mal di pancia, la crisi neurovegetativa o altri tipi di accidenti ? E che livello di completezza abbiamo sull’interazione funzionale dei meccanismi di produzione enzimatica e le esigenze di lipidi e proteine, dei sistemi di controllo e retroazione tra le secrezioni ghiandolari e le funzionalita’ organiche, della regolazione dei livelli ormonali e le conseguenti reazioni neuronali, del legame tra sali minerali vitamine e antiossidanti, per poter valutare e misurare le possibili conseguenze e alterazioni che possano esserne indotte tramite quelle modificazioni ?
E ovviamente i funghi sono solo un esempio che ha la sola prerogativa di esaltarci i rischi, dato che siamo abituati a considerare il rischio come una caratteristica abitulmente connaturata al loro uso.
Molto tempo e’ sicuramente necessario per poter operare delle valutazioni. E su un campione costante, e determinato, senza la presenza molteplice di piu’ fattori contemporanei.
E’ un fattore anche di quantita’, oltreche di qualita’.
Anche in passato sono state operate delle modificazioni genetiche.
Anche per via naturale : dalle osservazioni di Mendel e dalle intuizioni di Darwin abbiamo imparato l’importanza dell’instabilita’ del codice genetico come fattore determinante di adattamento e di evoluzione. Ma tutto dipende dal tempo !
Il meccanismo selettivo naturale ha un tempo di evoluzione coerente col tempo di apprendimento di una specie « utente » (animali o uomo) che ne voglia disporre a proprio vantaggio.
La modificazione tramite irradiazione o irrorazione con sostanze mutagene e’ gia’ piu’ violenta e’ rischiosa : la questione non e’ se vogliamo difendere questi sistemi o accusarli di pari grado, e’ solo materia di valutare il metodo con cui sono stati testati. Se per alcune decine d’anni sono state commercializzate qualita’ di pasta prodotte con grano realizzato con queste procedure vuol dire che indirettamente, senza volerlo, senza che ce ne fosse stata chiesta opinione, tutti quanti noi abbiamo provveduto a testarne gli effetti. Siamo tutti ancora vivi (forse) ? Se e ‘cosi abbiamo provato che non erano modificazioni mortali e possiamo continuare a produrli.
Ma prima di continuare a fare esperimenti di questo tipo (sulla nostra pelle e non autorizzati consapevolmente) sarebbe meglio predisporre una raccolta completa e sicura di dati di riscontro, ad esempio andando a correlare le statistiche che dicono che in tutto il mndo negli ultimi anni sono andate aumentando le allergie e dimostrando che non sono associate al campione modificato.
Una constatazione al di sopra della pretesa di guadagnare su questi temi il convincimento di tutti : rispettiamo il diritto costituzionale e umano (cioe’ sancito dalla costituzione e dalle dichiarazioni internazionali dei diritti dell’uomo) alla scelta e al libero arbitrio e indichiamo molto chiaramente e leggibilmente sui prodotti sottoposti a modificazione genetica forzata (anche da grano modificato per radiazione ionizzante, se vogliamo) e lasciamo almeno libero chi consuma (e paga per farlo) di esercitare i propri diritti.

11/6/2002

gentile professore, Forza Italia non si era già appellata a certi intellettuali (la stagione dei "professori" Colletti, Vertone eccetera, se non ricordo male) ? non mi pare che allora li avesse tenuti in grande considerazione, neppure dopo averne accettato l'elezione di un paio nelle proprie file dove, peraltro, essi lamentavan la di loro scarsa se non nulla utilità "tecnica" .

che cosa dovrebbe indurre i "politici" attuali del partito al governo a tenere in maggior conto quella categoria che non a caso lei ha definito costituita da apostoli?

con la consueta cordialità
Pier G.Cozzi

11/6/2002

TROVO LA PROPOSTA DI UNA FONDAZIONE DE il Giornale UNA OTTIMA IDEA, MA
CHE COSA NE PENSA DELLA FONDAZIONE "IDEAZIONE" E DI "FONDAZIONE LIBERAL"? DEI QUALI LEGGO QUALCHE ARTICOLO ?
GRADIREI UNA SUA OPINIONE. GRAZIE

ALBERTO MANASSERO
V.CONCERIA , RACCONIGI

11/6/2002

Egr. sig. Pelanda, ho letto il Suo intervento su "Il Giornale" di oggi, lunedì 10 giugno. Non ho ricevuto il Manifesto di Cui Lei parla - e mi dispisce molto - ma, intanato, aderisco pienamente alle Sue proposte. Sono un vecchio ingegnere che scrive con continuità di argomenti professionali su di una rivista di edilizia diffusa a livello nazionale e gestisco, in via sperimentale, un sito www.skip.it/scienzaecoscienza col quale cerco con qualificati amici di divulgare il pensiero scientifico contro l'esteso l'analfabetismo della razionalità. Credo che anche la destra debba ancora chiarirsi le idee su molti punti di base e su altri specifici. Vorrei, se e quando sarà possibile, contribuire a quanto da Lei proposto a)cercando di diffondere la razionalità, b)trattando un tema che la destra ha finora dimenticato, o quasi: " L'Urbanistica in generale ed i centri storici in particolare" finora patrimonio esclusivo e distorto delle sinistre .

Mi piacerebbe parlarne con Vittorio Sgarbi e con altri, ma, al mio livello (tutt'altro che basso in quanto a titoli, modestia a parte) anche per l'ambiente nel quale ora vivo dove la sinistra ha ancora il 70% dei voti, mi riesce impossibile e non amo le semplici lettere al direttore.

Se riceverò da Lei o da altri suoi amici in proposito, Le farò avere più ragguagliate notizie e referenze su di me. Frattanto voglia gradire i miei complimenti ed i più cordiali saluti.

Ing. Marcello Montanari

11/6/2002


Gent.mo Prof. Pelanda, sono ancora io!
Ho letto il suo bell'articolo pubblicato su "Il Giornale" lo scorso lunedì 10 Giugno.
Mi ha fatto enormemente piacere leggere cose che da tempo rimuginavo.
Bene, desidero raccontarLe la mia esperienza (insignificante e avvenuta in un luogo sperduto).
Siamo nel periodo aprile-maggio 2001 nel mio piccolo paese (Fermo, in provincia di Ascoli Piceno). Periodo di campagna elettorale; "temperatura" politica elevatissima; grossi nomi vengono a fare propaganda elettorale in un area tradizionalmente "rossa", da sempre in mano alla sinistra: addirittura Fini e Formigoni si scomodano!
In tale ambiente così surriscaldato, decido di mettere un po' di impegno personale perchè mi sembrava che fosse giunto il momento di contribuire a contrastare seriamente l'egemonia dei comunisti. Da tempo covavo l'idea che l'unico modo per contrastare efficacemente la loro supremazia fosse quello di sfidarli in campo culturale: ma come?
Confesso che, secondo me, la semplice propaganda politica deve essere fatta dai politici di professione e dai militanti di partito ed è utile soprattutto in tempo di elezioni. Ma non è sufficiente, serve fare di più.
Le nostre idee, teorie dovrebbero essere studiate meticolosamente, un approfondimento serio ed un confronto dovrebbero venir fatti in primis tra noi stessi e poi in pubblico. Ragionamento ambizioso perchè gravato da un impegno privo di tornaconto e, considerati gli avversari in campo, non privo di rischi.
Certo, personalmente cerco di leggere quotidiani, riviste e libri utilizzando il poco tempo libero dal lavoro, ma non è sufficiente. Qualche persona culturalmente "solida" che guidi persone come me, un locale dove incontrare altri con idee simili e discuterne, un luogo dove poter anche prendere in prestito o leggere libri e riviste, ogni tanto un dibattito/conferenza con qualche grosso nome.......................... sarebbero necessari.
Avevo letto da qualche parte che un certo Dell'Utri stava occupandosi concretamente di "cultura" creando addirittura dei circoli specifici.
Magnifico, mi sono detto! Qualcun'altro - molto più importante di me e dotato di un notevole spessore culturale - ha capito che i comunisti si possono battere soltanto a lungo termine facendo e diffondendo "contro-cultura" (termine sicuramente molto politically correct e tanto caro ai sessantottini).
Visto che nel breve tragitto casa-lavoro ogni giorno passavo davanti ad una villetta sovrastata da decine di bandiere di Forza Italia, AN ed altri simboli di quella coalizione, ho deciso di entrarci per chiedere informazioni.
Si trattava di un comitato elettorale che temporaneamente aveva preso in affitto quei locali; sono stato ricevuto da una persona gentile che mi ha ascoltato e mi ha dato un biglietto da visita con numeri di telefono personali (e sul retro l'invito a votarla!). "Non so nulla di questi circoli - ora sono/siamo molto occupati - mi contatti dopo le elezioni e le saprò dire perchè mi informerò a mia volta".
Ora questa persona è assessore nel mio comune di residenza; raggiunta al telefono mi ha detto che ancora non ne sapeva niente, ma mi avrebbe telefonato dopo un po' per darmi le informazioni che chiedevo. Sto ancora aspettando! Nel frattempo, su internet vedo nascere siti e circoli animati dal mio stesso spirito.
Dietro di me non c'è nessuno se non qualche altro individuo che la pensa in modo simile. Dei miei parenti hanno addirittura organizzato una serata a casa loro con tanto di resoconto finale scritto............... hanno chiesto in alto, loro. Addirittura a qualcuno di Forza Italia della provincia o della regione, non ricordo.
Morale della favola? Chi ha intenzione di impiegare con entusiasmo il proprio tempo libero ed è pronto eventualmente anche a sostenere qualche spesa di tasca propria non viene nemmeno preso in considerazione! Verona docet: prevedo tante altre Sironi............... perchè c'è opportunismo, ambizione e, cosa tragica, semianalfabetismo!!!
Per concludere mi ricollego ora al suo articolo: forse alla destra non manca la Cultura, mancano le persone! Con alcune eccezioni - intendiamoci - e Lei è una di quelle.
Studi bene l'ambiente prima di dissipare le Sue energie e stia attento a non sprecarSi! Siamo ancora al livello di animate discussioni al bar dello Sport.................
Grazie per l'attenzione.
Con la solita grande stima, cordiali saluti
Michele Tombolini

1/6/2002

gentile professore

come sempre, tutto bene giusto e puntuale l'articolo sulla giustizia civile come tassa occulta.Tuttavia, le chiedo: perché andrebbe sottolineata la "mancanza di risorse disponibili a una magistratura oberata dal superlavoro" e non si verifichi invece il rapporto prestazionale (rendimento) individuale e collettivo (degli uffici) dei magistrati, come del resto avviene per altre professioni, ad esempio per il personale medico ospedaliero, perpetuando quel concetto di efficacia dipendente dalla massa, tanto caro agli stati maggiori della Grande Guerra?

con stima
Pier G.Cozzi

1/6/2002

Scienza libera, contro i pregiudizi

Con riferimento al discorso del Primo Ministro Blair, tenuto alla Royal Society, mi permetto di fare alcune considerazioni:
Mi rendo conto della responsabilita' e delle preoccupazioni di un Capo di Governo che il proprio Paese non resti indietro nella competizione scientifica e tecnologica internazionale.
Tuttavia l'esempio "di un gruppo di accademici che erano anche in affari nell'ambito delle biotecnologie" e' un chiaro caso di interessata applicazione delle scoperte scientifiche, cioe' di quel connubio tra scienza e sfruttamento delle scoperte, cosi' rischioso per l'Umanita' e che il Premier avrebbe fatto meglio a criticare che a prendere come esempio.
Naturalmente, nel testo, il Premier non poteva definire abbastanza chiaramente i criteri per stabilire quando usare il termine "pregiudizio" e quando il termine "precauzione".
Purtroppo di solito si usa il termine pregiudizio prima della catastrofe e il principio di precauzione dopo.
Come nel caso della "mucca pazza", giustamente citato dal Premier ed in particolare:
"Qui la scienza ha identificato un nuovo problema...... Non e' stata la cattiva scienza a diffondere "mucca pazza", e' stata la cattiva agricoltura".
In verita' e' un chiaro esempio di errore della scienza (agroalimentare) scoperto poi da un'altra scienza (biologia) ma dopo qualche decina di anni (di questi esempi sarebbe interessante stilare una casistica). Il che da' ragione al concetto di "precauzione" e non a quello di "pregiudizio".
Nel caso specifico il Governo inglese, Primo Ministro Lord Major, era pero' al corrente che la causa del morbo derivava dai mangimi artificiali, e tale verita' e' stata tenuta nascosta ai consumatori, continuando ad esportare tali mangimi.
Ora, dal momento che il Premier afferma con chiarezza nel suo articolo "Nulla dovrebbe limitare il principio di precauzione ......." e ringraziandolo per la sua dichiarazione, ritengo che sarebbe utile dare a tale principio un supporto oggettivo.
Mi rendo anche conto della difficolta' della sua applicazione, ma si potrebbe intanto chiedere al Premier di promuovere a livello internazionale il principio giuridico per cui:
"Qualunque scienziato e/o ricercatore che venisse a conoscenza degli effetti negativi dell'applicazione di una scoperta e/o invenzione e' obbligato a comunicarlo all'Autorita' Internazionale competente la quale a sua volta deve comunicarlo all'opinione pubblica.
Fermo restando il diritto di qualunque soggetto giuridico di qualunque paese di citare in giudizio chi continuasse ad applicare la tecnologia in questione".
Questo consentirebbe di arginare piu' rapidamente i danni in tutti quei casi nei quali non fosse stato sufficientemente applicato il principio di precauzione.
Consentirebbe altresi' alla scienza di non sentirsi legata, nel suo lavoro, da considerazioni etiche.
Rimarra' poi da stabilire cosa e' "male", ma questo fa parte del cammino filosofico dell'Umanita' che pero' potra' intanto contare su uno strumento per poter proteggere i valori etici acquisiti.
Con i migliori saluti
Paolo Roberto Imperiali

Translation
Free Science, against prejudices
As far as the Prime Minister Blair speech at Royal Society is concerned, I would like to do some considerations:
I understand the responsibilities and worries of a Chief of a Government that his own Country does not remain behind in the international scientific and technological competition.
However, the case "of a group of academicians, who were also in business in the field of biotechnologies" represents a clear example of interested application of the scientific discoveries, i.e. of that union of science and exploitation of discoveries, which is so hazardous for Humanity and should have been criticized by the Premier and not taken as example.
Naturally, in the text, the Premier could not define clearly enough the criteria to establish when it is possible to talk abour "prejudice" and when it is possible to talk about "precaution".
Unfortunately we usually talk about "prejudice" before the catastrophe, and we talk about "precaution" afterwards.
As in the case of the "mad cow disease", which has been rightly quoted by the Premier and in particular when he said:
"Here science has identified a new problem ...... Not bad science spread the "mad cow desease", but bad agriculture did it".
In reality, it is a clear example of mistake made by science (agroalimentary) discovered later by another science (biology) but after some decades (it would be interesting to do a casuistry of these examples). And that gives reason to the concept of "precaution" and not to the "prejudice" one.
In this specific case, the U.K. Government, Prime Minister Lord Major, knew that the cause of the disease came from artificial fodders, and this truth was concealed to consumers, going on exporting these fodders.
Now, since the Premier clearly says in his article "That nothing should limit the principle of precaution ...." and thanking him for his declaration, I think it would be useful to give an objective support to such a principle.
I know the difficulty of its application, but in the meanwhile we can ask the Premier to internationally promote the juridical principle that:
"Any scientist and/or researcher, who discovered the negative effects of the application of a discover and/or invention, is obliged to communicate it to the competent International Authority that in its time must communicate to pubblic opinion.
Naturally anybody in any country can sue those who go on applying this technology".
That would more rapidly limit damage in all those cases where the precaution principle was not sufficiently applied.
And science would not feel bound, in its job, by ethical considerations.
Then, we will have to establish what is "bad", but this is part of the philosophical path of Humanity, who could anyhow count on an instrument in order to protect the ethical values acquired.

Kind regards
Paolo Roberto Imperiali

28/5/2002

gentile professore
come sempre, tutto bene giusto e puntuale l'articolo in oggetto. tuttavia le chiedo: perché andrebbe sottolineata la "mancanza di risorse disponibili a una magistratura oberata dal superlavoro" e non si verifichi invece il rapporto prestazionale (rendimento) individuale e collettivo (degli uffici) dei magistrati, come del resto avviene per altre professioni, ad esempio per il personale medico ospedaliero, perpetuando quel concetto di efficacia dipendente dalla massa, tanto caro agli stati maggiori della Grande Guerra?
con stima
Pier G.Cozzi

27/5/2002

Gent.mo sig.re
dr. Carlo Pelanda

c/o Redazione de "Il Giornale"

Oggetto: UN TAGLIO ALLA TASSA OCCULTA.

ho letto con attenzione, ed ho apprezzato moltissimo il Suo articolo
pubblicato su "Il Giornale" anno XXIX, n. 121, del 24 maggio 2002.

L'argomento assai "spinoso" da Lei trattato, nelle sue motivazioni
generali, e per quanto mi riguarda, sfonda la classica "porta aperta".

Io, infatti, sono un avvocato specializzato in diritto civile e
commerciale, iscritto all'albo dell'ordine di Modena dal 24 aprile 1985,
anche se per eta (43 anni) mi ritengo ancora relativamente giovane, e
condivido in pieno le Sue preoccupazioni, in pratica dal giorno in cui ho
iniziato a svolgere la mia modesta professione.

Non sto a replicare agli argomenti da Lei toccati nel Suo articolo, perche
sono tutti fatti veri, e noti oltre che agli operatori di giustizia, anche
al cittadino comune che ha dovuto fare i conti con le inefficienze della
giustizia civile.

Tuttavia, visto che per la prima volta abbiamo un governo stabile, che
afferma di volere riformare seriamente le istituzioni piu obsolete della
Nostra Italia, Le suggerirei di aprire un dibattito tra operatori del
diritto, e semplici utenti del servizio giustizia, dalle pagine del Nostro
Giornale (che leggo ogni giorno dal 1975), perche si possano finalmente
smascherare coloro che non vogliono i riti alternativi; coloro che "remano
contro" la diffusione dell'arbitrato (anche se amministrato da una Camera
Arbitrale), scoprendone le motivazioni; coloro che vorrebbero
"deregolamentare" l'esercizio della professione forense, privando i
Consigli degli ordini dei poteri disciplinari che ancora conservano; chi
non vuole che gli avvocati con piu di venti anni di dignitosa professione,
possano essere aggregati alle sezioni civili dei Tribunali ordinari, per
svolgere con la giusta competenza le stesse funzioni affidate ai
magistrati in carriera.

Basterebbe prevedere per gli avvocati aggregati alla magistratura un
compenso adeguato per ogni udienza, per ogni sentenza, per ogni ordinanza,
da porre a carico della parte soccombente, o di tutte le parti in solido
tra loro, in caso di sussistenza di legittimi motivi di compensazione, per
ottenere in concreto una riforma a costo "0".

In questo modo, la magistratura togata, potrebbe concentrarsi sulla solu
zione delle controversie d'interesse pubblico, come quelle in materia
penale; in materia societaria e fallimentare; ed in materia di diritto di
famiglia e delle persone.

E che dire poi delle precedenti novelle al codice di procedura civile, che
hanno solo aumentato le tagliole rappresentate da decadenze e termini
perentori, senza risolvere i veri problemi del processo civile?

Perche non introdurre anche nel nostro processo civile un istituto
processuale simile a quello adottato dalla Corte di Giustizia CEE, dove
non esistono decadenze e termini per errori processuali, ma solo termini per
produrre difese, memorie, documenti, e proporre prove, imposti dal giudice
tenendo conto della difficolta dell'argomento "sub iudice"?

Lo sanno gli Italiani che avanti all Corte di Giustizia CEE sono i
cancellieri che avvertono gli avvocati circa eventuali irregolarita
formali e/o processuali sanabili fino alla prima udienza davanti al Giudice
Istruttore, in modo da consentire ai difensori di concentrarsi
esclusivamente sulle questioni giuridiche, come dovrebbe essere in un
ordinamento civile degno di tal nome?

Per dirla in breve, nel caso in cui il dibattito su questo tema sulle
pagine de "Il Giornale", dovesse appassionare in qualche misura i lettori,
in circa un mese, si potrebbero sottoporre al Ministro Castelli molte
questioni sulle quali riflettere, nella speranza che alla fine sia
presentata in Parlamento la riforma piu giusta per il Nostro a dir poco
arretrato processo civile.

In caso di pubblicazione di questa lettera, La prego di non pubblicare il
mio nome per esteso (bastano le iniziali), perche allo stato, le norme
deontologiche non consentono agli avvocati di farsi pubblicita a mezzo
stampa.

Infine, vorrei dare un suggerimento di Marketing al Nostro direttore:

perche dopo Repubblica ed Il Corriere della Sera, anche Il Giornale non
vende ogni settimana, in edizione economica, un volume "del piu bel
romanzo" mai scritto, che sarebbe la "STORIA D'ITALIA" scritta dal grande
Indro, insieme agli altrettanto grandi Gervaso e Cervi?

Credo che un simile sforzo editoriale, oltre ad essere gradito a tutti i
lettori, sarebbe un giusto omaggio al fondatore della Nostra testata.

La ringrazio dell'attenzione e le porgo i miei piu cordiali saluti.

L.C. Modena

26/5/2002

ANCORA SU NAPOLI

Per dirimere lo scontro istituzionale su noglobal versus polizia (scontri di Napoli marzo 2001), bisogna andare alle origini psicologiche dei rispettivi comportamenti, sennò non se ne esce, ognuno nel chiuso delle rispettive certezze istituzionali e di diritto.
Quando nel novembre 1999 il telegiornale riportò gli scontri di Seattle, io sentii forte che sarebbe nata una nuova moda, che evidentemente esprimeva umori latenti nel vasto mondo occidentale, ma pur sempre una moda. Se quegli scontri fossero avvenuti a Tabritz, a Bengasi o a Lima, di sicuro moda non sarebbe stata. Ma l’America, azzo, non poteva non lanciare l’ennesimo surf, o frisby o skate board.
Io so insomma, e ci metterei la testa sopra il ceppo, che Seattle è l’atto fondativo del nuovo movimento solo e in quanto fu scontro fisico con la polizia. Se fosse stato un pacifico convegno, pur in America, non sarebbe rimasto nulla. Ma il coktail di elitismo intellettuale, sangue ed epifenomenologia americana non poteva che suonare irresistibile. Chi può negarlo? Non partirono dalle 90 province pulmanate di giovanotti bardati come Sancho Panza, con elmi, caschi, bastoni e parastinchi da football americano? Cosa furono quelle esercitazioni sulla spiaggia di Voltri sotto le telecamere e l’occhio paranoico di Cagnoletto, nonché con la preziosissima e gioconda benedizione del cardinale? Sarebbero partiti senza la prospettiva del bel gesto, della catarsi della lotta, senza l’idea che un giorno avrebbero potuto raccontare alla ragazza (e poi ai nipoti) “c’ero anch’io”?
(I problemi del mondo ovviamente sono un’altra cosa: chi può infatti pensare che possano migliorare d’un grammo con le piazzate?)
Ma ci fu un inconveniente. Quei terronacci di poliziotti, che notoriamente sanno poco di D’annunzio.
Essi sentirono benissimo il pericolo eminentemente razzista sopra le loro teste: ad essi sottoproletari infatti era riservato, in tale demenziale commedia, il ruolo fisso del pungiball, da offrire ai giovini piccolo borghesi in vena di rivoluzione.
Uomini in carne ed ossa, ragazzi in jeans anche loro, mariti o fidanzati o imberbi, però poliziotti, ovvero immagine televisiva (banalizzata, direi fumettistica) del potere. Sciagurati! Dovevano prenderle e tacere come spaventapasseri. Questo volevano anche le mamme (dei rivoluzionari umanitari).
Non quindi la sola paura fisica (che pure c’è sempre), ma ben altro: il rancore e l’odio di classe, quello che annulla ogni deontologia appresa sui banchi o richiesta dalle direttive ministeriali; Bolzaneto, Diaz e mille episodi sulle strade cantano l’odio di classe dei poliziotti, l’odio disperato verso un mondo intellettuale che ancora nel duemila dà per scontato (con l’unzione sacrale di intellettuali e moralisti d’ogni risma) che per manifestare un’idea, un sentimento, bisogna fare a cazzotti coi poliziotti. Chi declamò infatti per settimane che “la zona rossa è illegale”? Che sarebbe stata forzata? Soprattutto: chi mai sperò davvero, forzando la linea rossa, di poter arrivare al corpo degli Otto? Lo scontro era il fine, oltre che il mezzo. Il fine non è alleviare sofferenze nel vasto mondo, bensì certificare il proprio status di rivoluzionari mediante il battesimo di fuoco.
So bene pertanto che la polizia andò ben oltre le righe, picchiò giovani inermi, né credo fosse così impossibile distinguere: penso invece che proprio contro le anime belle si sia sfogata nel modo più appagante l’anima dei poliziotti. Le botte agli inermi, oltre che pedagogiche (prima di andare al corteo, accertati con chi sei e con quali parole d’ordine), erano manganellate mancate sulla testa dei mandanti irresponsabili, non certo Casarini o Cagnoletto o circuiti internazionali che pure esistono, bensì indirizzate idealmente ai bonzi e ai soloni del politicume massmediologico, che per settimane hanno civettato coi propositi violenti.
Queste sono a mio avviso le radici psicologiche degli eventi. Non le varie argomentazioni di merito, chi dette e ricevette ordini. Men che meno i temi politici: l’economia, la fame, i processi di globalizzazione, l’inquinamento, l’elettrosmog, gli ogm, etc. In verità secondari, pretesti. Ne è prova che appena ciascuno di questi argomenti viene approfondito in un qualsiasi contraddittorio, tutto si fa articolato e complesso, foriero di bene o di male a seconda di molti altri fattori, tutte le posizioni ritrovano ragioni e giustificazioni: ma quel che di sicuro rimane totalmente immotivato è la radicalità, l’assolutezza e la demonizzazione di chicchessia. Che invece sono indispensabili per andare alla guerra.
Lo scontro alla procura di Napoli contiene anche uno spaccato antico della società meridionale: contrapposti ai poliziotti (gli antichi cafoni) ci sono i signori e signorini magistrati, di sicuro discendenti di quelli che nei secoli ruotarono attorno alle corti coi titoli più diversi, ma la sostanza nobiliare non cambia: trattasi -come riferito dal procuratore Cordova- di gente capace di andare a lavorare anche 1,7 volte alla settimana.
Noi non possiamo dimenticare quanto da giovani e adolescenti sia facile finire in situazioni pericolose a causa delle migliori intenzioni, né che la polizia -di per sé- non può essere cosa assolutamente simpatica. Ma se la politica dei compagni obbliga alla solita ottusità (era cileno anche il marzo 2001?) e impone l’aut aut bianco-nero, noi del popolo d’Italia non possiamo che scegliere, tra i due, i poliziotti.

Perugia, 21 maggio 2002

Luigi Fressoia

14/5/2002

Preg.mo dottor Pelanda,
centrati e sempre molto esaurienti i Suoi articoli in merito all'economia ed al lavoro(mi riferisco all'articolo in cui Lei si riferisce in particolare al tessuto delle medie e piccole imprese nel nostro Paese).
Mi secca però che non vengano prese nella giusta considerazione dagli addetti ai lavori Le Sue affermazioni ,pazienza la voce di poveri cittadini par mio.Almeno quella dei vari tecnici e specialisti,nel quale annovero
Lei,potrebbero ascoltarle!!
Si, perchè a distanza di un anno siamo,a mio modesto parere,per certi versi ancora al punto di partenza. Giustissimo portare avanti progetti di alta diplomazia,ma al pari dovrebbero essere portati avanti anche i piccoli
problemi che servono a formare il tessuto di base su cui far poggiare gli alti ideali.
E' per questo che abbiamo votato la C.d.L.per essere grandi.Ma se non accudiamo il piccolo non diventerà mai grande.
Cordiali saluti
Giovanni Piero Clementi
Cameri (NO)

5/5/2002

Prof Pelanda,
Mi scusi se mi rivolgo a lei per questo mio sincero sfogo. Direi le stesse cose che sto per dire a lei anche al Primo Ministro se potessi comunicare con lui (mission impossible, sono un uomo della strada).
Premetto che questo governo per me e' l'unico possibile, visto che dall'altra parte ci sono i bravi ragazzi dei vari gruppetti assetati di sangue, appoggiati dai vari Saint-Just, Vyschinskij, ecc, ecc.
Cosa vorrei/mi aspetterei, in ordine di priorita':
-che si faccia una riforma della magistratura (once and for all, direbbero gli anglosassoni), seria, incentrata sulla separazione TOTALE delle carriere; se non lo farete, ci porteranno tutti a Piazza della Concordia, e non creda che scherzi. La democrazia semplicemente finira', con il completo controllo dei mass-media, magistratura, scuola, sindacati.
Oggi in Italia c'e' un fascismo assolutamente non strisciante, evidente, lampante, sotto gli occhi di tutti. La magistratura e' sempre piu' estremista (di sinistra) ; non mi venga a dire che e' una minoranza estremista, non ci credo; e se fosse cosi' sarebbe ancora piu' preoccupante, perche' equivarrebbe a dire che la maggioranza e' composta di pecore e di vigliacchi pronti a sacrificare la democrazia! Preferisco pensare sia la maggioranza. La magistratura oggi e' fascista in gran parte, dove per fascismo intendo: protezione assoluta della loro corporazione, del tutto auto-referente; disprezzo elitario di tutti i governi eletti dal popolo, con maggioranze chiaramente espresse, manifestazioni oceaniche e marce su Roma a supporto, ecc. Ci sono tutti i prodromi per un nuovo, inedito fascismo, di colore rosso.
La riforma deve tendere anche a : darci tempi accettabili per risolvere i contenziosi, come in tutti i paesi civili, riportare la classe dei nuovi mandarini nell'alveo dei suoi compiti/diritti. L'aver agganciato questa classe di mandarini, in termini salariali, agli stipendi dei politici, e' stata una vera follia, ma il mio pensiero vale meno di zero; forse si credeva di "ammansirli", ridicolo; questi parassiti che vanno a lavorare alle 10-11 di mattina, per tornare intorno alle 4 p.m. (ne conosco un paio nel mio condominio, se vuole glieli presento), con macchina blu a disposizione anche della moglie per giretti vari, non hanno a cuore il corretto andamento della macchina giudiziaria; sono dei super-privilegiati, arroganti e supponenti (solo una minoranza, si intende, la minoranza che conosco io, un caso), con carriere determinate AUTOMATICAMENTE, per diritto divino in altre parole. Mi piacerebbe sapere come un analfabeta (Di Pietro per caso?) sia potuto entrare in magistratura, con l'appoggio di chi? Mistero. E' entrato e basta, e fortuna che ne e' uscito.
La riforma DEVE introdurre meriti non partitocratici, prevedere meccanismi NON automatici; la scuola della magistratura DEVE essere sotto il controllo dell'esecutivo, non sotto il controllo dei vari QUATRANO, PATRONO, e della solita cricca dei rivoluzionari in pantafole; la riforma DEVE considerare che tra un dirigente qualunque dello stato e questi mandarini NON ci puo' essere un abisso nel trattamento economico. La riforma non piace a lor signori? Che scioperino (pagando di tasca loro), anche in eterno, tanto, peggio di cosi'. Ma nel contempo, se fossi in Berlusconi, preparerei una classe di magistrati degni di questo nome, a qualunque costo. Le sinistre hanno gia' occupato magistratura, informazioni, giornali, ecc. Vogliamo reagire, per favore?
Le indagini di polizia non devono farle i PM, tanto "fighi" come quello di Aosta (mio Dio quanto e' figo, urlano le fans del "figaccione" dal petto villoso e maschio), le devono fare gli investigatori, gli esperti di polizia, come una volta, quando i crimini non restavano impuniti al 90%. Altro che il PM Clooney (o clown-ey) per la gioia ormonale delle sue fans.
La riforma della magistratura e' vitale per la sopravvivenza di una democrazia di tipo Occidentale.
-Sindacati. E' MANDATORIA una riforma che tolga ogni privilegio, economico, fiscale, ecc, ai sindacati. Devono ritornare anche loro nell'alveo dei loro compiti. Trattasi di organizzazioni private, ma non hanno NESSUN obbligo a cui debbano ottemperare come qualsivoglia azienda privata. Finiamola con i contributi occulti, i CAF (mafia incredibile, mai visto niente di simile sul pianeta Terra, eppure io viaggio tanto), basta. I sindacati non DEVONO rallentare l'azione di governo; e finiamola con questo tormentone della riforma del lavoro. Si deve dare una scadenza temporale ai colloqui; spero che Maroni se ne ricordi, o questi faranno il gioco delle sinistre.
Ne risponderanno davanti ai vostri elettori; se faranno le riforme verranno rivotati.
Io il giorno dello sciopero politico del duce Cofferati ho lavorato un'ora in piu', e sono tornato a casa alle 9 di sera.
-la mia famiglia, da parte di madre, era socialista (democratica), come la maggior parte delle persone in Istria. Se mio nonno fosse vivo oggi voterebbe per la nostra coalizione. Mi dispiace vedere che alcuni socialisti stanno dalla parte dei loro killers; deve essere un esempio di sindrome di Stoccolma. Noi non siamo riusciti nemmeno a riavere la nostra casa di Fiume dai croati; altra mission impossible. Gli Italiani non hanno nessuna coscienza nazionale. Mia madre si ricorda ancora gli sputi dei vigliacchi quando tornarono in Patria (si fa per dire); cornuti e mazziati, bell'esempio! E chi srivera' mai libri su quanto successo in Istria? Per carita', da noi scrivono i vari Tabuccodonosor, Eco-anti-mediaset, Fo (come si e' ridotto il Premio Nobel), intellettuali dei miei stivali che vanno a Parigi a trattare tutti gli Italiani da merde, ottimo. Chi scrivera' mai libri sul triangolo delle Bermuda di Reggio Emilia? Nessuno, non e' politically-correct.
Forse il nostro Ayatollah-sciuscia' mediatico potrebbe ospitare qualche testimone vivente (of course, di corsa!).
-politica estera: ottimo, fin qui. Bisogna tenere durissimo sul Progetto Galileo (ritorno in tecnologia e immagine per noi), sulle nuove tecnologie dobbiamo avere un ruolo di prestigio in Europa; teniamo durissimo su Israele, non devono essere buttati a mare, sono l'ultimo baluardo dei nostri valori in un mondo................lei lo conosce quel mondo, si? Immagino di si. Ottimo l'aver coinvolto la Russia; facciamoli entrare nell'unione europea; se entra l'Ungheria perche' non la Russia?
-Immigrazione. Piantiamola con il buonismo, se non vogliamo trovarci un Le Pen nostrano tra i piedi. Piantiamola. Riportiamo l'immigrazione a livelli accettabili. Chiunque dica il contrario, lo voglio veder vivere, a vita, all'Esquilino, tutta la vita. La gente che abbiamo in galera deve essere rimpatriata; one shot, you are out. One shot, not three shots. Sono eccessivo? Andate a vedere la Spagna!
I miei vivono li', andate a vedere qual'e' la loro politica sull'immigrazione. Da noi darebbero del fascista a Bossi & C (oddio, tanto glielo
dicono lo stesso, quindi tanto vale...........). Le strade sono piene di prostitute, mai visto in nessun'altra parte del mondo, esattamente come lavavetri e affini. Nei Paesi Anglasassoni, Canada, Nuova Zelanda, Australia, si entra se si supera............una tabella a punti!
-Scuola. Anche qui, avanti tutta, fuori i fascisti rossi dalle scuole. Si premi la meritocrazia, i professori oggi, in buona parte, sono di un'ignoranza crassa. Qualche volta fanno anche compassione. Portino l'educazione civica, insegnata in modo non barboso, con mezzi multimediali, ai bambini, o ci ritroveremo tanti cloni del martire giuliani (minuscolo)
-RAI. E' cambiato tutto, vero? Si vede. Ci dobbiamo ancora sorbire i tribuni della plebe, anche a spese nostre. E' giusto tutto questo?
NO, NO, NO. NON LO E'. Non voglio piu' vedere tele-kabul, o tele-tirana, con i soldi della collettivita'. La RAI deve essere privatizzata, tranne un canale, in cui le notizie devono essere date in modo asettico, stile BBC. Che quest'altri mandarini da 1 miliardo e mezzo, tipo il cuculo dai capelli bianchi, vadano ai giardinetti, o si guadagnino il pane con i privati. Il mio posto di lavoro e' a rischio, e ce l'avro' finche gli Americani riterranno che gli servo; e guadagno qualcosa di meno del gufo, firma autorevolissima! Ma chi vogliono prendere .........in giro? Un giornalista e' autorevole quando rispetta il suo pubblico; se vuol fare il tribuno, si presenti con quella sua faccia da porta-jella davanti agli elettori, e vedremo se lo votera' qualcuno. Scommetto il mio stipendio che prenderebbe meno di mille voti.
Cinema? Stessa storia, basta sperperare i soldi con i vari Moretti, e "facitori" di films da 500 paganti all'anno. Spendano i miliardi in infrastrutture e ospedali, e strade, e parchi nazionali (perche' no?), non date soldi a questi papponi (ho piu' stima per i papponi).
-votazioni segrete su aumenti di stipendi ai parlamentari. Pochi giorni fa mi risulta che si sono aumentati gli stipendi per oltre 2M lire
al mese. Credetemi, E' UN PESSIMO MESSAGGIO CHE SI MANDA AL PAESE. PESSIMO. I soldi fanno piacere a tutti, ma sapete quali sono stati i commenti? Credete veramente che queste cose sfuggano ai piu' (forse si) ? Il fatto che queste cose avvengano per alzata di mano solidalissima, non cambia le cose. OGGI E' IMMORALE.
Non so se ho espresso il mio logorroico pensiero con chiarezza. Rivotero' per la mia parte SOLO SE queste riforme democratiche e moderne verranno fatte.
Molte grazie per la pazienza, e resistiamo, resistiamo, resistiamo (mi fa ormai schifo usare questo verbo).

FABIO CENCI
" Una sera ho trovato la bellezza e l'ho seduta sulle mie ginocchia. L'ho trovata amara e l'ho ingiuriata."
A.Rimbaud. 

 

2/5/2002

Preg.mo prof.Pelanda Le invio queste considerazioni mediate dall'esperienza che potrebbero indurre ad opportune riflessioni.

"Coefficiente di gradimento" del lavoro
In Italia si ha la convivenza contraddittoria di un'alta percentuale di disoccupazione e di un'alta offerta di lavoro in molti settori. Questa anomalia impone necessariamente degli interventi legislativi che riformino l'attuale situazione.
Per evitare feroci lotte sindacali e sociali, per evitare percorsi scorretti nelle assunzioni, per consentire una reale programmazione nazionale e personale, per una lotta incisiva alla disoccupazione, per rendere superflua almeno una parte dell'immigrazione, per liberare giovani energie potenzialmente notevoli ecc., occorre un modello matematico che consenta di definire un "coefficiente di gradimento" del lavoro non autonomo che quantizzi in modo equo ed indiscutibile la remunerazione. Si tratterebbe tutto sommato, di praticare anche in questo ambito la legge della domanda e dell'offerta; legge inderogabile nel medio-lungo periodo che, se disattesa, porta a storture sociali che sconvolgono la convivenza civile.
Partendo comunque da una remunerazione dignitosa, si stabilisca un punteggio che consenta di calcolare un "coefficiente di gradimento" del lavoro attraverso una somma algebrica dei valori dei "minus" e dei "plus" il cui differenziale venga quantizzato in denaro e sommato algebricamente alla remunerazione di base. Per la contribuzione si userà lo stesso sistema con segno contrario.
Ogni cinque anni, si varieranno i punteggi dei "minus" e dei "plus" in funzione dei risultati statistici dei settori di impiego e delle zone geografiche (nord-centro-sud-isole ecc.).Per "minus" si intendono luoghi di lavoro confortevoli, orario di lavoro breve, scarsa preparazione scolastica o professionale, sicurezza dell'impiego, sicurezza della remunerazione ecc. Per "plus" invece lavori usuranti, luoghi di lavoro inclementi, licenziabilità, preparazione scolastica e/o professionale ecc.
Qui sono state esposte le linee di principio, ovviamente il modello reale si muoverebbe in un campo più sofisticato e completo.
Tale sistema, visto che anche i privilegi vengono definiti diritti acquisiti, potrà valere per i nuovi assunti; ove non sia possibile neanche tale logica soluzione valgano almeno i suoi principi quale base delle contrattazioni.
Nel primo periodo potrebbe accadere che le finanze statali subiscano una lieve caduta negli introiti ma, a regime, tali saranno i vantaggi che sicuramente il saldo risulterà positivo.

Anacleto Marinelli

1/5/2002

È festa? In piazza che si lavora!

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Se non sapessi che si tratta del primo articolo della costituzione, penserei che fosse una battuta da barzelletta. Chiunque abbia fatto un corso di Basic Economics sa che il lavoro non può essere un concetto di diritto dovuto, ma risponde alle regole del mercato, alle necessità sociali ed economiche. Ma poi, nel Paese dove ogni scusa è buona per scendere in piazza, per fare sciopero, per non lavorare, dove c'è un mese di ferie estive scolpito nella pietra, dove le feste Natalizie cominciano prima e finiscono dopo che in qualunque altro paese "normale" al mondo, per non parlare di quelle di Pasqua, delle settimane bianche, e dei ponti vari, come quello attuale più lungo di quello di Brooklyn. In questo Paese la festa del lavoratore è il giorno più impegnativo dell'anno per coloro che devono salvaguardare il loro sacrosanto diritto non tanto a lavorare ma ad avere "un posto".

In America dove invece abbiamo un'etica di lavoro talmente esagerata che ci definiamo workaholics, dove il concetto dei sette giorni su sette e le venti quattro ore su ventiquattro sono la regola e non l'eccezione, dove spesso le ferie non sappiamo neanche che cosa siano, durante il giorno della festa del lavoratore (Labor Day, il primo lunedì di settembre), se permettete, facciamo appunto festa: barbecue nei backyards, raduni famigliari, l'ultimo lungo weekend al mare.

Qui se mettessero nel lavoro quotidiano solo una frazione dell'impegno che mettono nella piazza, l'Italia sarebbe la prima economia mondiale.
L'Italia è una Repubblica democratica che rischia di essere sfondata dal concetto del lavoro dovuto.

Sandra Giovanna Giacomazzi

28/4/2002

Gentile Professore
Il suo ex candidato alla Corte Costituzionale ha definito banditi, più banditi di quanto supposto, i suoi colleghi di partito.
Che squallore.
Che vergogna per l’Italia intera.
Gualtiero Giovanni

Ps Ho iniziato il 22/04/2002, lunedì scorso, un contratto di lavoro a tempo determinato.

25/4/2002

25 Aprile - Fattevi un giorno del ringraziamento!

Nei vent'anni da che vivo in Italia mi sono state raccontate, da anziani italiani o dai loro figli o nipoti, non so quanti aneddotidi di riconoscenza per il ruolo che ebbero i miei compatrioti nella liberazione dell'Italia dai Nazisti. Come quello più recente: un giovane tecnico del mio modem d'ADSL, di nome William, in onore dell'americano che salvò la vita al suo nonno. Ma in questi vent'anni non ho mai visto questo sentimento di gratitudine, molto diffuso fra il popolo italiano, celebrarsi formalmente durante i festeggiamenti del 25 aprile. E pensare che potrebbe essere un modo di staccarsi dalle polemiche e dalle faziosità politiche di cui si fa uso a proposito della vostra guerra civile. Fa bene avere un giorno dedicato al ringraziamento come quello del nostro Thanksgiving Day in cui ricordiamo la festa inaugurata dai Pilgrims nostrani in omaggio agli indiani che gli hanno insegnato a coltivare il mais e produrne la farina e quindi il pane. Nonostante il seguito di guerre, di torti e di sensi di colpa, è la nostra festa sacrosanta, forse più consacrata di quella del 4 luglio, il nostro Independence Day. Mi rendo contro, però, purtroppo, che con l'aria di anti-americanismo che tira questo mio suggerimento servirebbe solo a spostare il bersaglio delle vostre beghe.

Sandra Giovanna Giacomazzi

24/4/2002

A March of Two Cities

Call it a case of concurrent compassion or simultaneous sympathy. The fact is that without any parallel planning, as if transported by telepathy, on Monday at midday (4/15/02) while tens of thousands of Americans united on Capital Hill for a Pro-Israel demonstration, thousands of Italians met on Rome's Campidoglio for a peaceful sunset march through the Jewish ghetto.
They bore small stones as symbols in memory of the dead, which they deposited in front the Synagogue.

If the demonstration in Washington was organized and promoted by Jewish organizations and overwhelmingly attended by Jewish Americans, not so for the march in Rome. The idea for a Pro-Israel day in Rome was advanced by
Massimo Teodori, editorialist for Il Giornale and professor of American History at the University of Perugia. He threw the ball at newspaper editor, Giuliano Ferrara, and Giuliano caught the ball and ran with it using his newspaper, Il Foglio, as a forum for supporters of a public demonstration of solidarity toward Israel.

Il Foglio is probably an excellent exception to the rule that you can't judge a book by the cover. Il Foglio, which means The Page, is all cover. It is literally one folded four-sided sheet, with an occasional insert. However, what it lacks in copious quantity, it provides in quality content. Like the Parisian salons of the past, it is often a breeding ground for the most stimulating political debates among the Italian intelligentsia.

This isn't the first time Ferrara has used his newspaper as a public rallying ground. It was his idea to organize the pro-USA day in November when public support for the US battle against terrorism had begun to wane.

As more and more letters began pouring in every day from adherents to the idea of holding a pro-Israel Day, dissenters complained that the demonstration was unilateral since it didn't pronounce a pro-Palestinian agenda.

Although the organizers recognize the need for establishing a Palestinian state, they were adamant in their insistence that the rally was to have one agenda only: support for Israel, it's right to exist, and it's right to
provide for its own security. They refuted all political or polemical repercussions. No party flags. No public debates. A rally FOR Israel. NOT AGAINST anything or anyone.

The rally was indeed peaceful. There were no slogans. No negatives. However, the inspiration for the march was indeed AGAINST a number of things. It was a reaction to a troubling wave of events full of trepidation in a world where sound reasoning and values seem to have gone haywire.

It was a counterstatement to the disquieting growth of anti-Semitism, particularly disturbing to Europeans when it occurs on European soil: 450 incidents in France alone. The burning of synagogues. The terrorization of Jews. The profanation of cemeteries. An unthinkable awakening of ghosts of the past.

It was meant to counteract the cockeyed reasoning of the Catholic Church that confounds its criticisms: The Franciscan brothers held captive in the Church of the Nativity in Bethlehem that condemn the Israeli tanks while
condoning the two hundred armed terrorists, not recognizing that the latter are the cause and the former the effect.

It was meant to condemn the escapades of so-called Italian pacifists, who confuse the victims with the victimizers. It was abhorrence for the abomination of their presence in "peace" demonstrations in the piazzas of
Italy donning kaffiyehs, masquerading as kamikazes, and chanting "Death to Israel."

It was a refutation of several irreverent decisions taken recently by some of our most respected institutions: The grotesque decision made by the Nobel Prize committee to consider withdrawing the Peace Prize from Shimon
Perez. The revolting resolution made by the European Parliament in Strasbourg to apply an embargo against the State of Israel. The proclamation pregnant with partiality made by the United Nations Human Rights Committee that condemned Israeli occupation of Palestinian territory, but made no mention of suicide terrorist attacks on Israeli
soil.

It was a refusal of the faulty logic that condones suicide bombers as the poor man's army and only alternative. It was the recognition of the fact that the greatest enemies of the right of the Palestinians to a homeland
are the Palestinians themselves and their Arab brothers: For refusing the UN proposition in 1947, which was accepted by Isreal. And for turning down the Clinton accord in 2000, which offered Arafat a Palestinian State on a silver platter and a portion of Jerusalem to boot.

It was in defense of our common ideals: democracy and the rule of law, the only country in the area where these values reign. And in recognition of our shared heritage that begins with the Ten Commandments. The Decalogue
contained not only religious rules, but rules that govern social relationships. The inclusion of elements regarding social behavior acted as a precursor to humanism and secularism, the separation of church and
state, the very fundamentals that form the foundation of Western Civilization.

Sandra Giovanna Giacomazzi teaches Law and Economics at the Liceo Europeo
Umberto I, Turin, Italy.

Sandra Giovanna Giacomazzi

24/4/2002

Vedo che la sinistra francese non è di meno di quella italiana. Quando non
piace il risultato delle urne, va in piazza a protestare contro il
processo democratico!

Sandra Giovanna Giacomazzi

20/4/2002

I FILOSOFI DEL SOCIALE

 

Il grande sciopero sull’art. 18 mette in evidenza alcune cose. Innanzitutto che non esiste né mai è esistito il monopolio berlusconiano sull’informazione. E’ vero il contrario: c’è un sostanziale monopolio antigovernativo che impedisce perfino la comprensione delle dispute in campo. Ho interpellato tre scioperanti del mio ufficio, nessuna ha saputo dirmi i tre casi di sospensione dell’art. 18 proposti dal governo.

Né costoro sanno che in tutti i paesi d’Europa (per non parlare dell’America) anche per le imprese superiori a 15 dipendenti non esiste alcun obbligo al reintegro ma vige il regime risarcitorio (12 o 18 mensilità). Questo non per dire che bisogna per forza copiare gli altri, ma per sottolineare quanto è falso tirare in ballo perfino “le conquiste dalla rivoluzione francese”.

Dimostra quindi che l’immagine di Berlusconi come gran comunicatore, è un’invenzione mediatica comunista: serve a far dimenticare che egli vince per proposta politica, ed a consolarsi farneticando che vincerebbe per rincoglionimento mediatico.

Ci dice inoltre, questo scioperone del 16 aprile, che vige ancora intatto il mito delle folle, della piazza, della manifestazione risolutiva. Ma è un mito tautologico, vale solo per chi ci crede, cioè per i compagni e dintorni. Hanno preso 16 milioni di voti un anno fa, cosa volete che possa mai significare che parte cospicua di questi scenda in piazza o incroci le braccia? Già a mezzogiorno del 16 Fini ha dichiarato che il governo non torna indietro: a che dunque è servito?

Sono riusciti a scioperare, il 16 aprile, perfino “sulle pensioni”, quando questo è il primo governo che riesce a portare le minime a livelli di decenza. A mio nonno (morto nel 1979 a 87 anni) chiedevo sempre cosa ne pensasse di quella stagione di lotte e “conquiste”; rispondeva sempre no, che gli faceva rabbia l’aumento delle pensioni in percentuale, cioè che mentre lui “godeva” mille lire in più, altri ne godevano 200mila: se fosse vivo, di fronte all’incremento delle sole minime (fino al sospirato milione), avrebbe finalmente esultato. I suoi eredi hanno scioperato!

Insomma, passano i secoli ma il nostro amato popolo ancora una volta si dimostra capace del ruolo di bue, disponibile al più penoso raggiro.

Guardando più a fondo gli argomenti tirati in ballo, riusciamo a scoprire perfino l’intima filosofia che li regge.

Lodevole prendersi a cuore i timori dei dipendenti, ma stona che nessuno pensi ai bisogni delle aziende. Segno evidente che è passata in molti un’idea marxista della società e dell’economia. Molti filosofi del sociale, anche di destra, dovrebbero spiegare come fa un’azienda di cinquanta operai che attraversa un periodo strutturale di surplus di mano d’opera a poter sopravvivere (e magari poi ripartire bene, perfino riassumendo) senza alleggerirsi di cinque o dieci unità.

Come in tante altre questioni (cos’è il lavoro, il denaro, il profitto; come si forma la ricchezza nazionale e individuale, cos’è un’impresa, un investimento…) campeggia un’impressionante ignoranza. Appunto surrogata dai miti marxisti, quelli che nell’impresa vedono solo lo sfruttamento del padrone sull’operaio, giammai uno sforzo corale per sopravvivere tutti. Vedono il profitto come un furto e non già come l’esito naturale del lavoro, ovvero la necessità oggettiva, irrinunciabile e improcrastinabile che i ricavi superino le uscite. Si ignora programmaticamente che quanto più è agguerrita la concorrenza internazionale (dicesi globalizzazione), tanto più un’azienda deve rimanere competitiva, pena la sua scomparsa.

Se poi si esce dal terreno economico per fare considerazioni un po’ più filosofiche, la questione scade addirittura nel ridicolo. Ma come, esiste da trent’anni il divorzio, cioè io potrei domattina lasciare moglie e figli senza che alcuno abbia a ridire qualcosa epperò sono obbligato a tenermi un dipendente per tutta la vita?

Che dicono i religiosi?

Il girotondone del 16 ci dice allora che il Polo si deve impegnare con forza su qualcosa di più che il semplice riequilibrio dell’informazione: deve prendere atto di avere a che fare con emozioni profonde, ove più della logica pesa la superstizione, il fatalismo, la bigotteria di luoghi comuni, propri del socialcomunismo però innestatisi troppo bene su taluni vizi nazionali.

C’è bisogno di una vasta azione culturale, di cui l’informazione è parte. Facili e stupidi sillogismi devono essere ridicolizzati e smantellati: le cose pubbliche non coincidono affatto con l’interesse pubblico, ricchezza e solidarietà non sono antinomie bensì vanno insieme, senza responsabilità e iniziativa privata non c’è economia…

Dimostrando che l’unica equità e solidarietà sociale possibile è nel surplus che deriva da un’economia competitiva, emergerà alla chiarezza anche del popolo di sinistra che il sindacato si pone fuori da questa prospettiva, realista e popolare. E dunque il 16 aprile ci dice cose importanti anche sulla sinistra, la sua crisi ed evoluzione.

L’attuale tensione politica conferisce due vantaggi inestimabili al polo: la sinistra ricompattandosi su Cofferati si allontana da ogni credibile ipotesi di riconquista della maggioranza elettorale; nel contempo il cavaliere conferma la prospettiva liberale, per la quale è stato votato.

Con due corollari importanti. Anche Cofferati in verità ha tutto da perdere nel tempo lungo, dal clima di tensione. Quando lui dice che non mollerà fino alla vittoria, non fa che aizzare un clima nel quale gli inevitabili atti di violenza (già iniziati, da Genova a Biagi) si legheranno sempre più -nella opinione pubblica- alla sinistra politica e sindacale, nonostante tutte le giaculatorie di rito sul “contributo essenziale del sindacato contro il terrorismo”.

Più precisamente emergerà nitida la verità anche su questo punto “storico”: il sindacato e i partiti di sinistra sono stati davvero un baluardo contro il terrorismo, ma perché a qual tempo essi avevano buone prospettive davanti. Però appena la prospettiva si fa scura, come adesso, cioè il potere si allontana sempre più e si sbriciola giorno per giorno, la sinistra anche storica dimostra insofferenza per i riti della “vuota e formale” democrazia. Inventa parole come “telecrazia”.

Il secondo è che il governo non può lasciarsi intruppare nella mistica del dialogo: è sempre doveroso saper ascoltare, ma guai ad offuscare la capacità innovativa: questa storia dell’art. 18 è già andata troppo per le lunghe. Il tempo che passa inutilmente dà l’aire alla barba di Cofferati.

Luigi Fressoia

18/4/2002

Lode ai casellanti delle autostrade in sciopero: rifutandosi di ritirare i soldi del pedaggio, hanno 'chirugicamente' colpito il 'padrone' donando ai cittadini qualche ora di liberta' dal cancro italiano dei 'varchi' a pagamento.
Meno lodi invece per i giornalisti: rifiutandosi di distribuire le notizie non solo hanno danneggiato i cittadini ed i sempre meno numerosi lettori, ma hanno sprecato l'ennesima occasione di dare un qualche senso al loro ruolo di osservatori indipendenti ed un qualche merito sociale al loro albo professionale.
Saluti
Pietro Boselli

15/4/2002

Carissimo Professore,
Le scrivo per denunciare l'invasione di immigrati che sta subendo la città di Venezia.Sabato 13 aprile sono andato con la mia ragazza, per una gita di assoluto piacere, in questa "Serenissima" città e, tra una passeggiata per le calle ed un'occhiata ai negozi di maschere, ci siamo imbattuti in una vera e propria orda di immigrati che vendevano borse,compact disc,occhiali e tanti altri oggetti, tutti rigorosamente falsi.Se ne avessi visti dieci o venti non me ne sarei affatto preoccupato ma l'aspetto assolutamente drammatico(e non oso a definirlo tale) è che, nel solo tratto compreso tra la zona di S.Marco e il ponte dell'Accademia, sono arrivato a contarne almeno cento-centoventi.Ho personalmente assistito alla scena in cui un immigrato ha rincorso una signora gridando che sul prezzo si sarebbero accordati ma che,per favore, quella borsa gliela doveva assolutamente comperare.Persino i vigili urbani,nonostante avessero invitato alcuni di questi venditori ambulanti ad andarsene, hanno avuto come risposta un "sì capo" ed un sorriso di presa in giro.
Scrivo a Lei ed alla Sua rubrica per far presente alle centinaia di persone che La contattano attraverso il sito questa situazione che deve essere risolta quanto prima per il bene della città,dei suoi abitanti e di chi, lì, lavora e produce onestamente .Ho intenzione di scrivere una lettera al sindaco per invitarlo a tutelare la sua città da chi non ha un lavoro,non viene aiutato a trovarlo e che, dovendo rispondere ad un capo che non penso sia molto gentile, sono costretti a dare fastidio a tutti quelli che passano pur di vendere, con le conseguenze che tutti immaginiamo.Invito tutti coloro i quali leggeranno questa lettera, condividendone le idee, a scrivere al sindaco per invitarlo a darsi una svegliata e a rendere la più bella città del mondo (ancor più bella della mia amata Siena) socialmente più stabile.Un abbraccio,
Cristiano Contri.

13/4/2002

Un concorso che riguarda i giovani da 15 a 25 anni, della provincia di
Macerata. E' stato organizzato dall'emittente Radio Nuova e si chiama "
ICARO giovani con le ali". Se conoscete giovani che abitano i provincia
di Macerata e che hanno compiuto 15 anni e non ne hanno più di 25, se sisono
distinti nel sociale nel volontariato e nella cultura, segnalateli a
questo indirizzo: Radio Nuova Piazza Strambi,4 62100 Macerata. E-Mail
radionuova@radionuova.com.
Ulteriori informazioni su questo concorso al sito internet
www.radionuova.com
Cordiali saluti
Nazzareno Tiberi

12/4/2002

Gentile prof.C.P.,
come possono,secondo lei, S.Berlusconi e il governo assolvere al loro compito di cambiare radicalmente l'Italia, se poi le sezioni locali di Forza Italia sono quasi esclusivamente nelle mani dei ceti statalisti (impiegati,burocrati,funzionari) che per loro natura si oppongono al cambiamento in senso liberale?
Suo L.De Simone.

3/4/2002

Gentilissimo Prof. Pelanda
mi rivolgo a Lei, oltre che per la certezza che riceverò una risposta affidabile ed autorevole, anche per la Sua, per me già nota, disponibilità.
Vengo allo scopo del mio messaggio.
Mi ha segnalato mio figlio di aver ricevuto, sul suo computer, una mail circolare di questo tenore:
"tra le tante disgrazie che sta causando il governo Berlusconi è in arrivo quella della riforma fiscale che taglierà tasse ai ricchi e non darà benefici ai redditi modesti, che, anzi, in alcuni casi, saranno penalizzati."
Seguono esempi per vari scaglioni di reddito in cui si tenta di dimostrare queste verità. Mio figlio mi ha scongiurato di "rispondere a questo stupido" ma non l'ho ancora fatto perchè, se sono riuscito a coglierlo in fallo sui redditi fino a 20/22 milioni (non ha considerato che saranno esenti), non vedo come possa, la tesi dello stupido, essere contrastata per gli altri esempi. La mia ipotesi è che, se i redditi fino a 20 milioni (scusi se uso fare ancora riferimento alle vecchie lire), saranno esenti, questo limite dovrebbe essere una franchigia valida per tutti.
Mi spiego: su 50 milioni di reddito l'aliquota del 23% si pagherà su tutto l'importo o su 30 milioni? Se così non fosse avremmo che chi guadagna 21 milioni pagherebbe 4.830.000 mentre chi ha la "fortuna" di guadagnarne solo 20, non pagherebbe nulla.
Mi scuso di nuovo per aver posto a Lei questo quesito, anzicchè al ministro Tremonti (meno raggiungibile) ma sono sicuro che Lei saprà chiarire e io possa svergognare lo stupido.

Cordialmente
Angelo Bonaventura
Forlì

2/4/2002

Gentile Prof. Pelanda

Le scrivo per informarla che da oggi sono disoccupato.
Infatti è terminato ieri il mio contratto di lavoro semestrale, e da oggi sono a spasso.
Le assicuro che il contratto semestrale e oggi la disoccupazione hanno un forte effetto negativo sulla mia propensione al consumo. Questo le può interessare, come studioso, vista la grande importanza attribuita in economia a questo fattore.
Volevo anche dirle che mi sento profondamente offeso dal suo collega il prof. Tremonti. Come può una persona, che ha l’onere di poter aggiungere al suo nome l’appellativo “professore”, domandarmi se preferisco un posto di lavoro precario o la disoccupazione. Tanto vale domandarmi se preferisco 100 euro o un pugno in un occhio.
Le domande sono entrambe fasulle come il suo amico Tremonti.

Gualtiero Giovanni

28/3/2002

Caro Granzotto

oggi - 27 Marzo 2002- alle ore 14.50 durante la trasmissione " Campus" dibattito alla Foire du Livre, il Direttore delle Edizioni STOCK ( non sono riuscito a leggere il suo nome ) ha definito Berlusconi " horrible diable" , " ignoble" e alla fine per dare un tocco di elevata cultura ha chiuso con " stronzo , comme vous dites en Italie !".
Al tavolo c'era anche un giovane scrittore italiano, Nicolo' Ammaniti.
Nessuna reazione! Né da parte del moderatore né da parte di Ammaniti.
Cosa succederebbe se durante un dibattito televisivo in Italia , il Direttore delle Edizioni Mondadori (tanto per citare un Editore ) , chiamasse Jospin con gli stessi epiteti e finisse con " trou de cul , comme vous dites en France " !! Di fronte ad un giovane scrittore francese?
Sgarbi durante una precedente trasmissione aveva invitato il Sen. socialista Weber ad informarsi prima di affermare cose senza senso.
Io penso che si sia perso il "senso della ragione" .
Ma nessuno reagisce ?
Non esiste un Addetto Culturale presso l'Ambasciata italiana? Senza scomodare il povero Ambasciatore Di Roberto che ha già dovuto subire, con Sgarbi , l'affronto del giorno dell'inaugurazione.

E' triste, molto triste.
Con immutata stima
Gianfranco Rossetto

28/3/2002

L'ultima puntata di Porta a Porta riguardava il problema che hanno le donne a raggiungere posizioni di potere. C'era addirittura Alberoni che si citava da solo il suo famoso "Le donne non fanno branco," ma non ha colto l'occasione per comunicare la nascita di un'organizzazione il cui nome prende ispirazione dalla sua citazione: Brancorosa, presidiata da Anselma Dell'Olio la cui assenza è stata un omissione di invito flagrante.
Sandra Giovanna Giacomazzi

26/3/2002

Chiar.mo Prof. Pelanda.

Le scrivo che il suo articolo "Riformare resta la giusta direzione" è stato l'unico in grado di calmare la mia ira degli ultimi giorni, proprio quando stavo per considerarmi un fantasma.... Sì, perchè noi elettori del Centrodestra siamo praticamente assimilabili a fantasmi.
Non ci siamo, non manifestiamo, non provochiamo, non urliamo e non ci facciamo sentire. Praticamente non esistiamo!!!
E non c'è nessuno che ammetta che se Berlusconi è lì dov'è qualcuno avrà pur votato per lui. Ed è proprio per questo che a me non interessa aspettare l'11 maggio per fare una manifestazione "di buon compleanno, vittoria elettorale!", ma preferirei fare una mega manifestazione ora, quando tutta la controparte crede di averci fatto assistere a qualcosa di travolgente ieri, con due milioni e mezzo di "lavoratori" in piazza!!! E gli altri lavoratori dove sono? E noi cosa siamo? Non siamo lavoratori? E allora facciamogliela vedere e partecipiamo a una manifestazione dove dobbiamo veramente andare tutti. Lo abbiamo votato in 18 milioni, Silvio!! O no?????
E ci siamo veramente o no??? Perchè non ci siamo? Perchè si vedono solo loro? Perchè Urbani sa solo dire "Vigliacchi" a quegli intellettuali senza midollo che sono andati in Francia per sentirsi più al sicuro??? Ma che ci restino, perbacco!!! E quell'altro che fa parlare Montalbano come se fosse un troglodita che non sa neanche l'Italiano... Che rimanga sotto l'ombra della Tour Eiffel, porca miseria, ma che non rompa le balle a chi di voglia di lavorare per l'Italia ce l'ha davvero!!
Spero vivamente che Berlusconi non si faccia intimorire e che vada avanti con o senza scioperi. Quando gli scioperanti avranno marciato per 30 giorni avranno le scarpe rotte e niente da portare a tavola forse torneranno in fabbrica e negli uffici, con buona pace nostra e, quando le modifiche al 18 avanno dato i loro frutti, anche alla loro, di pace!!! E speriamo che ci lascino poi lavorare e non scateninino ancora le BR!!!

Cordialmente
Annalisa

26/3/2002

Cari amici dell'Associazione del Buongoverno,
Carlo mi ha chiesto di raccontarvela. Sono appena rientrato da un lungo
giro per gli States, occupandomi laggiu di sicurezza. Tema "caldo" come
potete immaginare.
Nei miei incontri mi sono imbattuto, meglio sono stato invitato a
partecipare alla riunione iniziale del 2002 Iowa Republican Caucuses.
Si tratta dell'avvio del processo democratico che parte a livello locale
per concludorsi a livello nazionale con l'indicazione del candidato
repubblicano nel ruolo di Governatore. In particolare, lo Stato dell'Iowa
e famoso perche a qusete "primarie" si sono "sveltai" buona parte dei
presidenti USA degli ultimi anni. Non poteva mancare, dunque, che in
quell'occasione presentassi agli amici repubblicani, in un breve
intervento che mi e stato chiesto di fare come ospite straniero, il nostro
BuonGoverno.
Ringraziandoli, allora, per la lezione di democrazia a cui ho assistito ho
sottolineato la vicinanza delle Bandiere Blu e l'amicizia che ci lega.
Il BuonGoverno conosciuto anche in Iowa... ma neanche in nostro Presidente
ci avrebbe pensato!
Cordiali saluti

Marco

Prof. Marco Lombardi
Universita Cattolica del Sacro Cuore - Dpt. di Sociologia

24/3/2002

il mio è un messaggio molto semplice di ringraziamento per quanto scritto nel suo articolo di ieri sul Giornale.
Siamo in tanti a pensarla così, anche se tendiamo a dimenticarcene perchè nella scuola, sui giornali, un po' dappertutto si sentono solo le voci del conformismo.L'ultima l'ho sentita ieri sera a Sciuscià da parte dell'on. Bassolino sull'art.18: "La dignità del lavoratore non può essere indenizzata!". Ma è possibile?
Grazie, grazie per ricordarci che si può pensare con la propria testa!

Enor Signorotto
Milano

24/3/2002

l'articolo pubblicato su IL GIORNALE del 22 3 2002, potrebbe essere pubblicato a tutta pagina , comperando lo spazio pubblicitario, per conferirgli la prima e indispensabile evidenza e visibilità propria di un vero manifesto. 

22/3/2002

Ill.mo sig. Carlo Pelanda,
sono brevemente a congratularmi con Lei per il Suo articolo pubblicato
sul Giornale"Riformare resta la giusta direzione"
Finalmente uno scritto non ideologico ,che ricorda l'importanza di quelli
che non sanno farsi considerare come sarebbe giusto (ma la maggior
parte di questi sanno solo lavorare).
Spero di leggere spesso suoi articoli e se desiderasse esempi pratici, non
ideologizzati ,vissuti ogni giorno sul lavoro ,inerenti all'art. 18 e le
distorture che è necessario subire sia per assumere che per licenziare
,non esiti a segnalarmelo ,sarò contento di porgerLe qualche piccolo scritto .
Cordiali saluti.
P.C.Savio

16/3/2002

Caro Carlo P.,
faccio seguito a una mia mail precedente per divertirmi a inviare un mio piccolo gratuito commento. Perdoni la perdita di tempo.

Sindrome Zelig

Il babbo glielo diceva di impegnarsi, di essere bravo, che lui poteva riuscire.
E poi l’esempio, fulgida carriera bancaria, tanta volonta’, attenzione e idee chiare su dove si vuole arrivare.
Determinazione, istinto di prevaricazione, buona dose di avidita’ e soprattutto tanta ansia di piacere. Prendere quello che piace e usarlo per poi pensare ad altri nuovi obiettivi: le societa’ edili, il Milan, una moglie, 2 figli, 3 reti televisive, l’editoria, altra moglie, altri figli, un partito, un governo, le assicurazioni, la giustizia, un altro governo, le banche, altre 3 reti tv, l’Italia, l’Europa,...
Ma questo colosso ha i piedi d’argilla, ha un tallone d’Achille.

Questo moloch fagocitatore, questo golem di terra umida che si muove inarrestabile lasciando terra arsa dal sale alle sue spalle, assetato di successo e disposto a sacrificare al mito della propria personalita’ le ombre superficiali degli scrupoli e della coscienza, ha nella propria forza il germe della sua debolezza.

La forte autostima e’ la propria forza: e l’autostima ha bisogno di respirare un ossigeno continuo: e’ l’ossigeno della altrui stima e pubblica ammirazione, il vigore del sostegno popolare, la forza della statistica, la necessita’ dell’amore della famiglia, della sua gente, il favore e la riconoscenza del suo popolo, la sudditanza piu’ prona del suo harem.

Il grande bisogno di piacere produce in lui le piu’ profonde trasformazioni: agisce sul fisico, muta i lineamenti, condiziona i gesti e la postura, imposta gli accenti, delimita il linguaggio e ne influenza i comportamenti con inclinazione alla sagacia, all’arguzia, all’ironia o alla saggezza.

L’Uomo diventa allora il presidente operaio, imprenditore, statista e, perche’ no, anche avvocato, maestro, astronauta e cosi via, in un gioco che sfuma dai cartelloni di propaganda elettorale alla satira piu’estesa ed azzeccata, poiche’ convincente.

E cosi in passato non ha esitato ad allontanare il ct nazionale tranciandolo con superficiali e ingiusti commenti tecnici, cosi come in tempi recenti non ha esitato a sostituire il suo ministro piu’ efficiente, sostituendolo con la sicurezza di avere le doti di fare meglio.

E’, in altre parole, la sindrome di Zelig.

E cosi quando prepara le elezioni e parla in confindustria dice che il loro programma si identifica con il suo.

E confindustria oggi non riesce a capire i programmi del governo e non riesce a impostare le previste strategie industriali.

E quando parla con Arafat si trasforma in sostenitore della causa palestinese, ed e’tanto convincente che questi ogni tanto lancia appelli all’Europa, aspettando che il suo “amico” si faccia propugnatore di un fronte di sostegno, come a suo tempo promesso.

E speriamo che questo non sia per lui esiziale.

Incontrandosi con Bush si propone come il piu’ disponibile alleato dell’America e l’estensore della politica di deregulation liberista Usa in Europa, convinto anti Kyoto. Dopo l’11 settembre arrivera’ ad implorare Bush di darci un incarico attivo nella guerra in corso, degenerando ad insultare la religione islamica e rischiando la deriva verso una nuova crociata (e’ l’epoca in cui Bush invece ci stupisce comportandosi da misurato stratega e tessendo una minuziosa rete di alleanze agnostiche anti terroristiche). E per fortuna che i problemi logistici comunque incontrati ci hanno ad oggi evitato la partecipazione tattica attiva ai combattimenti.

Naturalmente poi si incontra coi rappresentanti arabi definendoli suoi amici e facendo ripensare a possibili intese mediterranee di Andreottiana memoria.

Che svaniscono al primo sole del giorno dopo.

Si e’ incontrato con Putin e chissa’ quali garanzie di copertura alle repressioni anti cecene avra’ promesso, e staremo implicitamente sostenendo.

E quando parla con Bossi in Padania diventa propugnatore dell’alleanza invincibile con la lega che e’ naturale oppositrice e massima diffidente di Forcolandia.

Cosi’ come il giorno dopo si reca in Europa a sostenere e confermare l’europeismo proprio e di tutto il governo, chiedendo comprensione verso le spontanee interperanze semiologiche di Bossi.

Primo sostenitore dell’inderogabile abolizione dell’articolo 18 e della contrattazione pubblica, ma pronto a defalcarne la discussione quando la piazza gli manifesta per questo un deficit di simpatia.

Salvo poi oggi deciderne nuovamente l’eliminazione: si sara’ rivisto con Amato identificandosi nuovamente con lo spirito della massima liberta (e minima responsabilita’) alle aziende o si sara’ incontrato con Cofferati e, in uno spunto di immedesimazione, abbia deciso di fare la mossa che finalmente riunira’ il fronte sindacale su posizioni di opposizione al governo?

Cos’e’ che lo ha irritato di piu’ negli ultimi tempi? La manifestazione del 1o marzo a Roma, perche’?

Non perche’ espressione di dissenso politico, ma in quanto manifestazione di non amore verso di lui, enorme insensibilita’ di persone che gli soffiavano il monopolio sul tricolore e sventolavano la bandiera nazionale e cantavano Fratelli d’Italia mostrando totale mancanza di riconoscenza e di amore per il nuovo Salvatore.

Non e’ un ideale o un’ideologia a muovere i programmi, ma la forza di convincimento della forma e dei comportamenti esteriori considerati vincenti, la forza d’urto della pubblicita’ e degli slogan, il meccanismo premiante del profitto.

Chi cerca la sostanza trova la forma, diceva DeFilippo, chi cerca la forma trova il nulla.

La concretezza dei nostri argomenti e la profondita’ delle nostre convinzioni inarideranno la crosta degli entusiasmi superficiali, sfalderanno i fogli di carta da lavagna su cui hanno gettato a mano i loro piani industriali, distruggeranno la credibilita’ degli oscillanti conti economici dalla memoria corta, faranno svanire le allegoriche persecuzioni giustizialiste per il ritorno della legalita’, sfarineranno le pianificazioni finanziarie per le opere civili conniventi, smaschereranno il loro apparente liberismo da libera volpe in libero pollaio, per affermare il vero e sano liberismo di regole e tutele certe, uguali per i liberi stati e le persone tutte.

Sinceramente, Luigi G.

 

 

 

9/3/2002

Chiarissimo Professore, ho letto il Suo magnifico articolo su Il Giornale di Giovedi 7 u.s., riguardante Sergio Cofferati (comunista?). Purtroppo, non sono ancora appagati dai danni che hanno provocato negli ultimi trent'anni con gli scioperi selvaggi. Non si rassegnano della sonora sconfitta elettorale e penso, che hanno timore del Centrodestra perchè governerà benissimo. E siccome loro, sanno di rimanere per altri cinquant'anni all'opposizione, allora devono tentarle tutte per far cadere il Governo

8/3/2002

Devo essere conciso, lo so.
1.grazie per il contenuto dei vari articoli che leggo sia sul "Giornale" che sull’"Arena"
2.da uno di questo scopro che Lei vive oltre oceano soltanto per tre mesi ogni anno. La cosa mi tranquillizza. Mio cugino che ha fatto una vita in Germania e tornava in italia per una quindicina di giorni all’anno, non ce l’ha fatta: ora è un altro. Si chiama ancora Cesare ma ragiona come un sudtirol.
3.Art, 18: nessuno ha considerato che le modifiche proposte dal Governo provocherebbero una crisi nelle casse del sindacato. Senza la polpa che nasce dal contezioso sindacale, senza quel mare di proventi che arrivano nelle casse del sindacato dal diritto del lavoro quando un lavoratore, opportunamente guidato, si appiglia all’attuale articolo 18, mi sa dire come farebbero a cenare i sindacalisti?…..
4.un breve e rilassante saluto con auguri

suo affezzionatissimo Luciano

7/3/2002

Qualche giorno fa, è stato celebrato sull’Avanti il bi-centenario della nascita di Victor Hugo, un grande laico, un grande scrittore difensore dei diritti civili con e nei suoi libri.

Sia permesso a chi firma Jean Valjean, il galeotto del Bagno penale di Tolone, l’eroe perseguitato ne I Miserabili, di scrivere di giustizia e di democrazia, nel solco di idee fertili e valide da due secoli.

Lenin il nonno di questi supplenti italici del totalitarismo comunista soleva ripetere: il comunismo è Soviet+ nazionalizzazione elettrica, e dal suo punto di vista del potere assoluto appena conquistato, aveva ragione. Noi laici dalle diverse radici possiamo, a nostra volta, sostenere che la democrazia è: democrazia + diritti civili (e sociali)+ libertà individuale e libero mercato, come il liberalismo democratico e il socialismo riformista, sia pure con diversi accenti e angolazioni si sforzano di proporre agli elettori. Le famiglie laiche si sono battute per far avanzare la conoscenza e mettere anche con il comportamento politico e sociale limiti sia al potere democratico sia ai regimi che i diritti proprio non li conoscono, ai regimi di qualunque colore, corporativi o meno. In questa chiave di lettura voglio provare a sostenere e dire che dobbiamo essere grati alle forme scomposte di “ribellismo anarcoide ed oppositivo” nazionale. Anche le panzane più grosse e gli slogan più comici o lontani dalla realtà, hanno due vantaggi: permettono di legittimare la maggioranza e di trovare lo stimolo per, superando le panzane, di far progredire sia la conoscenza generale sia il sistema normativo sia i comportamenti sociali dei cittadini, cittadini che sono i veri detentori del potere nelle democrazie liberali.

Sempre utilizzando questa chiave di lettura mi permetto di sostenere che fare rapidamente le inchieste su Tangentopoli, sul finanziamento sovversivo di rubli al PCI da parte del KGB e della Stasi, sulla Gladio Rossa, sul finanziamento aum aum alla Serbia dell’ottimo Milosevic, otterrebbe tre vantaggi generali, cioè il vantaggio di tutti, utilizzando lo schema ripartitivo di cui sopra e contro le leggende metropolitane di pochi interessati:

1-Il rispetto, l’onore e il ristabilimento dei diritti civili e politici dei defunti, dei non sopravvissuti ad accuse non provate, il diritto e diffusione del ristabilimento della verità dei perseguitati con astiosi processi per anni e anni, e di coloro che hanno subito la tortura dell’ingiusta detenzione pur di farli parlare, quasi sempre a comando dai Pm interessati all’inquisizione e quindi nominare i mostri sacri pur di essere liberati, della Prima Repubblica.

2-La libertà piena dei cittadini di formarsi un’opinione libera da egemonie e propria per scelta sui misfatti del comunismo nostrano e sovietico (come a suo tempo sul fascismo) e di trarre proprie conclusioni sul sistema di negazione della realtà a fini di potere e di mistificazione scientifica della storia recente.

3-Ristabilimento pieno delle libertà individuali e costituzionali per il futuro della nostra Italia. La libertà di sentire il campanello di notte e pensare che sia un figlio che ha dimenticato le chiavi e non una cattura, spesso su ordini di magistrati armati di soli sospetti, sentire lo stesso campanello ai primi chiarori dell’alba e pensare che sia il lattaio o il giornalaio amico che lascia l’Avanti o l’Opinione davanti alla porta. Il diritto di non avere più inquisizioni politiche o per ideologie , né arresti notturni di persone incensurate, accuse senza la minima prova, sospetti scritti solo su carta per avere dal Gip il beneplacito all’arresto illegittimo, e poi processi equi e rapidi perché le prove si sono già cercate ( e trovate) prima di privare qualcuno della libertà personale.

Dobbiamo guardare avanti e pensare che le porcherie segnalate da un noto esponente di MD e del pool e poi colpite con lo staffile russo (knut o gatto a nove code) dal PM dr Nordio, ieri 3 marzo 2002, siano dietro le nostre spalle, sia per noi che per i nostri figli e nipoti. Mai più un massacro di un ceto politico democratico su liste pre- compilate, di persone da indagare comunque, mai più l’85% di innocenti per prenderne solo 15%, mai più 500 arrestati su 750 innocenti perché omonimi o per non aver commesso il fatto (ricordiamoci la gogna e l’arresto di Enzo Tortora), mai più favoritismi indegni come quelli che hanno permesso l’arrivo di capitali per la sovversione sovietica o le “sgridatine” a coloro che hanno messo a soqquadro, distrutto Genova e cercato di uccidere carabinieri dedicati al mantenimento dell’ordine pubblico.

Se, come spero le inchieste parlamentari porteranno per reazione a seguito della formazione e scoperta di realtà occultate finalmente ad una nuova giustizia, ben vengano. Il progresso di un popolo deriva anche dal saper rifiutare per il futuro (il tempo è una risorsa anelastica e non rinnovabile: una volta passato non si recupera più) comportamenti indecenti sanzionati dalla Convenzione dei diritti umani, legge nazionale e quindi applicabile subito sul suolo natio senza andare a Strasburgo.

Le tragedie del passato prossimo, l’assassinio delle prima repubblica per golpe devono essere la premessa di un nuovo diritto penale rinnovato nelle leggi e nelle mentalità, fuori dallo schema del potere e riportato a quello che è nella Costituzione: un ordine e un servizio non alla corporazione ma ai cittadini. Questa è l’unica via per rovistare nelle macerie create per scientifico interesse dai poteri forti, da parte della magistratura, da parte di opportunisti furbastri: trarne un vantaggio certo e generale per tutti, anche se futuro. Lasciando perdere le stramberie, elitarie e settoriali della gauche au caviar di importazione ed origine controllata o gli istrionismi italioti della sinistra massimalista, giacobina e professorale, comunque alle vongole.

Di contro la vera sinistra, quella dell’uscita di sicurezza alla Ignazio Silone, alla Saragat, alla Presidente Craxi, non massimalista o comunista, avrebbe il vantaggio di ri-trovare e ri-fare propria, la moralità della cosa pubblica: “salus rei pubblicae, suprema lex esto”. La moralità, una delle diverse caratterizzazioni degli uomini, non sopra le parti come le religioni o stati etici fascisti o come la religione terrena comunista, ma come caratterizzazione del benessere collettivo. E la giustizia fa parte di tale benessere collettivo ed è anche per questo motivo sottratta agli interessi delle parti. Possiamo concludere che una giustizia ingiusta e violenta nel decennio trascorso ha leso l’interesse collettivo e ha violato la moralità dell’interesse generale ponendosi al servizio di una parte politica, contro il dettato costituzionale.

Si darebbe prova in politica della teoria premiata con un Nobel a John F. Nash sull’equilibrio generale e del benessere collettivo, che l’equilibrio è qualcosa di interno al sistema e non di esterno o superiore o basandosi sulle influenze dominanti e su calcoli di molteplici soluzioni. Basta eliminare dai calcoli politici le soluzioni e le equazioni reazionarie e dittatoriali o la pressione delle influenze dominanti (alcune di esse non hanno titolo altro che per appropriazione indebita) per avere una soluzione equa; il ragionamento è contenuto nella Teoria dei Giochi del prof Nash e …. funziona.

Per chiudere il discorso odierno, il rimprovero più feroce che il PM dott. Nordio abbia mai scritto negli ultimi anni ed al quale molto umilmente, mi associo, colpisce presunzioni, arroganze, errori ed abusi, tutti comportamenti ed atti che mettono anche sotto accusa ingiusta quella parte della magistratura che ne è esente. Uno splendido risultato, far fare di ogni erba un “fascio”, pur di difendere il proprio passato comportamentale. Ricordiamo tra le nostre comuni radici laiche le battaglie e i libri di Victor Hugo ed anche il “J’accuse” di Emile Zola, a difesa del Capitano Dreyfus.

Jean Valjean

1/3/2002


IL PUNTO per gli amici n°4 del 28 feb.2002

MANCA ANCORA LA FIDUCIA

Pare ci sia un e-forum per sapere se siano più inintelligenti i finanzieri o i cronisti Rai. I primi hanno appostato gli autovelox per filmare ai valichi le targhe delle auto che si recano in Svizzera e controllarne i tempi di ritorno (dimenticando la possibilità di rientro via Francia, Slovenia o Austria). I cronisti hanno attribuito questo controllo alla finalità di scoprire chi porta capitali all’estero e oggi li reimporta. Essi dimenticano che oggi i capitali si trasferiscono anonimamente con clearing via web e, quelli che rientrano, viaggiano per bonifico bancario, facendo un’apposita dichiarazione, altrimenti non beneficiano dello scudo fiscale. Nel forum manca solo la voce dei difensori della privacy (non sanno che pesci pigliare) e quella del sindacato democratico degli spalloni, quelli che nei primi anni del dopoguerra trasportavano in Svizzera valigiate di bigliettoni. Forse è tornato per loro il giorno della riscossa

L’Italia vorrebbe essere in testa alla ripresa economica europea sia per accrescere il gettito fiscale e poter ridurre le aliquote, sia per pesare internazionalmente di più. A tal fine occorre un maggior flusso di capitali. Purtroppo, nuovi controlli e vessazioni – soprattutto se inutili e facilmente aggirabili - fanno ripiombare la fantasia nei tempi bui dello statalismo di marca socialista (Formica e compagni). Per attirare investimenti reali dall’estero (e non soltanto flussi finanziari che poi si reinvestono altrove) è necessario concorrenziare non solo i paesi dove i capitali sono gestiti, ma soprattutto essere più appetibili come “luogo di investimento diretto” di quanto non lo siano oggi gli Stati Uniti o il Regno Unito. A questo fine è essenziale: a) ridurre permessi, autorizzazioni e pizzo alla creazione d’imprese (remore burocratiche), b) flessibilizzare le norme sul lavoro (almeno libertà di licenziamento per i nuovi assunti), c) tagliare temporaneamente le aliquote sui redditi dei nuovi investimenti, d) soprattutto, occorre ispirare fiducia all’imprenditore.

Ecco perché bisogna evitare di chiamare il micio (capitale estero) con suoni onomatopeici e poi farlo scappare, spaventandolo con iniziative infantili e denigrando quotidianamente il nostro governo. Un minimo di solidarietà, almeno tra italiani, non guasterebbe. Noi siamo specialisti della demonizzazione: prima Sindona, poi Gelli ed oggi – ormai su scala mondiale – il Berlusca. Così, si è riusciti a scatenare contro l’Italia persino la stampa conservatrice della piazza elvetica che si fa pagare il segreto bancario erodendo i capitali con commissioni, provvigioni e scarti elevatissimi e taglieggiando gli interessi con un imposta anticipata del 35%. Altro che paradiso! L’estate scorsa un quotidiano ginevrino apostrofava perentoriamente il demone nazionale con “Bas le masque!” (giù la maschera). Oggi la stessa togata e conservatrice Neue Zurcher Zeitung, lo definisce “Klowngesicht” (faccia di pagliaccio). In questo clima di caccia internazionale alla strega, come è possibile sperare che i capitali esteri possano entrare a farsi pelare dai mostri che stanno al governo in Italia?

Livio Magnani

1/3/2002

gentile prof.. Pelanda
la frase che segue è stata tratta dal suo articolo del 30/01/02 sul "Giornale":
"La ricchezza concentrata è stata trasferita alle masse"
Questa sera, 28/02/02 il telegiornale ha dato la classifica dei più ricchi del mondo, un ristretto club di poche centinaia di persone con un reddito pari a quello Inglese.
Dovv'è questo trasferimento?
Gualtiero Giovanni
ps
aspetto sempre un suo commento sulla crisi Argentina

26/2/2002

Gentile Professore

Ho letto con molto interesse il suo articolo riguardante la RAI,
pubblicato sul "Giornale" di lunedì 25 Febbraio.
Per prima cosa Le devo dire che concordo pienamente con le sue
considerazioni.
Vorrei, inoltre, sottoporre a questo forum un'idea che ho da parecchio
tempo.
Scrivo.
Si parla di servizio pubblico; cos'è? Io intendo una serie di
trasmissioni, una serie di produzioni atte a svolgere, a fornire, un servizio vero al
cittadino. Informazioni e news 24 ore su 24, informazioni di protezione
civile, informazioni sulla salute, programmi tesi a promuovere lo sviluppo
di arti minori, atti a promuovere, a favorire, nuovi cantanti, nuovi
attori, nuovi artisti in genere, ecc.
Chi se ne occupa? Ecco il cuore della mia idea: a periodi regolari gli
organi istituzionali stabiliscono quali devono essere le trasmissioni di
pubblica utilità da trasmettere e poi fa un'asta, una gara. Vince
l'emittente che garantisce maggior qualità realizzativa, minor costo,
miglior fascia oraria, ecc. Lo Stato paga l'emittente affinché questa
produca e trasmetta tali programmi e attinge ai fondi del canone
televisivo.

Tutto ciò presuppone, ovviamente, una RAI completamente privata (ci fu
anche un referendum che andava in questa direzione).

A mio avviso potremmo ottenere una buona qualità del vero servizio
pubblico, una sana competizione tra diversi protagonisti dell'"etere".

Chiaramente, in questa sede, ho descritto l'idea; essa andrebbe
sicuramente perfezionata al fine di essere applicata. Non mi spiego perché nessuno la
proponga.

Desidero sottoporre l'idea alla discussione di questo forum.

Saluti
Antonio Monesi

17/2/2002

carissimo signor pelanda, ho appena letto il suo pregiato
articolo sul Giornale, la penso esattamente come lei, quando la
sterlina entrerà nel sistema euro, la nostra moneta
guadagnerà moltissimo prestigio e valore;
La rinnovata amicizia tra Berlusconi e Blair che io ammiro
moltissimo puo' solo portare belle cose all'Italia, Il Regno Unito
è un'oasi felice in Europa ed è l'unico paese che si è riuscito a
rinnovare del tutto, grazie alla signora Tatcher che io tanto ho
ammirato e continuo ad ammirare; la sinistra italiana non
potrà piu' avere in Blair un moloch, perchè non c'è nulla di piu'
lontano di Blair dalla loro politica veterocomunista e
sindacalista alla Cofferati,
Grazie per avermi letto,
Mauro Novo
via volta 5
13044 Crescentino vc

16/2/2002

Auguri a Fassino e D'Alema.

Ecco che riciccia fuori l'anima extraparlamentare dei mestatori di professione.
Riecco i "maestri di pensiero", le frange rimestatrici della piazza riorganizzare le proprie fila.
Dopo le manifestazioni a cui abbiamo assistito è facile aspettarsi il peggio.
Coraggio, Fassino e D'Alema, vi aspetta un compito durissimo: distinguere e salvare una sinistra europea da un rivoluzionarismo sessantottino nostalgico degli anni di piombo. Sarà molto dura perchè quelli invasati di ideologia bombarola sono tanti.
Io, seppure di idee diverse dalle vostre, vi faccio di cuore tanti auguri.
Un consiglio: parlate subito molto chiaro e forte. Chi eccita la piazza stando tra le comode schiere degli "Intellettuali" nascoste dalla folla si scopra e si prenda le proprie responsabilità. Spero che voi vogliate dimostrare a costoro che non c'è ormai più posto per chi vuole imporre il proprio dominio costi quel che costi, fregandosene del consenso liberamente espresso dai cittadini elettori.
Non credo che la sinistra abbia altre strade.
Cordiali auguri.
G. Pinciroli

13/2/2002

Egregio Professor Pelanda

Continuando ad interessarmi di Indicatori di benessere sostitutivi del PIL mi sono imbattuto nella proposta caldeggiata dalla rete “lilliput” (un’organizzazione che potremmo definire no Global, ma assolutamente aliena dalla violenza), di un “indice di priorità politica”.

La rete lilliput propaganda il “dashboard of sustenaibility” (http://esl.jrc.it/envind/db_it.htm) sviluppato da “un piccolo gruppo composto di leader di vari programmi di indicatori (http://iisd1.iisd.ca/cgsdi/members.htm)”. (Le inserisco i riferimenti perché Lei, a differenza mia, è facilmente in grado di capire se i curriculum li citati sono effettivamente tali da conferire autorevolezza alla proposta o meno).

Ho scaricato il dashboard e l’ho un po’ studiato. L’indice proposto sintetizza delle variabili la cui scelta e la cui parametrizzazione hanno delle ovvie implicazioni politiche/ideologiche. (p.es. il tasso ideale di crescita della popolazione, o la % di terreni dedicati all’agricoltura”).

A fronte di questa obiezione uno degli sviluppatori, il Dr. Jesinghaus ha ribattuto che “non spetta a noi di cambiare con un golpe la scelta – assai imperfetta - fatta da un gruppo di ca. cento rappresentanti di governi nazionali, dell'OCSE, del sistema ONU (UNEP, WHO, FAO, ...)”

Ora non capisco 2 cose: chi ha dato questi rappresentanti mandato per determinare quali parametri inserire, e, ancora più importante chi ha deciso come stabilire qual è il livello ottimale dei parametri, cioè chi ha dato loro mandato per condizionare l’agenda politica mondiale?

Ammesso che si condivida sulla carta l’insieme di variabili da inserire, la parametrizzazione ottimale di queste variabili non è assoluta, ma funzione del momento storico economico che il singolo paese sta vivendo.


Cordiali saluti

Francesco Paoletti

12/2/2002

da Il Sole 24 Ore di lunedì 11 febbraio 2002

 

Prima di tutto, lo sviluppo
Fatta eccezione per l’indiscusso incremento di gas serra nell’atmosfera, non vi sono, ad oggi, certezze scientifiche definitive in merito al problema del riscaldamento del pianeta. Non sappiamo se la temperatura stia realmente aumentando (le rilevazioni dei satelliti contraddicono le misurazioni terrestri) e non sappiamo se un eventuale incremento della temperatura indotto dall’uomo comporterà costi superiori ai benefici.

Pur in presenza di tale situazione di incertezza, l’adozione del protocollo di Kyoto viene da più parti caldeggiata sulla base del cosiddetto "principio di precauzione".

L’articolo 3.3 della Convenzione sui cambiamenti climatici del 1992 afferma: "… dove vi sia una minaccia di seri o irreversibili danni, la mancanza di una completa certezza scientifica non può essere addotta come ragione per posporre misure tali da minimizzare le cause del cambiamento climatico".

Un’altra formulazione del principio di precauzione si ritrova nella Dichiarazione di Wingspread: "Quando un’attività presenta rischi potenziali per la salute umana o per l’ambiente, è necessario adottare misure precauzionali anche se la relazione causa-effetto non è dimostrata scientificamente".

Tale argomentazione non tiene nella dovuta considerazione il fatto che l’adozione di misure precauzionali può, a sua volta, causare nuove minacce (o aggravare quelle esistenti) per l’uomo e per l’ambiente. E’ quanto, ad esempio, accadrebbe con la ratifica del protocollo di Kyoto.

Il tentativo di ridurre le emissioni di gas serra comporterebbe non solo un rallentamento della crescita economica dei paesi sviluppati, ma avrebbe un impatto negativo anche sui paesi poveri a causa della riduzione del livello delle esportazioni di questi ultimi.

Come noto, la crescita de reddito è correlata al miglioramento delle condizioni di alimentazione e di quelle sanitarie. Al crescere dello sviluppo economico, si riduce il tasso di mortalità infantile e si allunga la speranza di vita. Come illustrato in Figura 1 e 2, i miglioramenti sono più rapidi nella fase iniziale dello sviluppo. Anche un modesto declino (o una mancata crescita) del reddito dei paesi poveri si tradurrebbe quindi in un rilevante impatto negativo. Tale impatto non sarebbe peraltro limitato all’uomo ma si estenderebbe anche all’ambiente.

Una società più povera ha livelli di produttività agricola più bassi e, quindi, per un dato livello di prodotto, richiede la conversione in terreno agricolo di una quota più elevata di foreste; viene così a ridursi il potenziale effetto di assorbimento di CO2 (carbon sinks) e si induce una maggiore pressione sulla biodiversità (tra il 1980 ed il 1995 la superficie coperta da foreste è diminuita di 190 milioni di ettari nei paesi in via di sviluppo mentre è aumentata di 20 milioni di ettari in quelli sviluppati).

Considerato che, a fronte di tali prevedibili impatti negativi, l’adozione del Protocollo di Kyoto non apporterebbe alcun beneficio ambientale significativo (il differenziale di temperatura al 2100 rispetto al caso di assenza di interventi sarebbe inferiore a 0,1 °C), il principio di precauzione, correttamente inteso, porta ad escludere l’opportunità di una sua implementazione.

La priorità di intervento dovrebbe essere rivolta alla risoluzione di problemi attuali, quali la malnutrizione e la malaria nei paesi poveri, che potrebbero essere aggravati dal cambiamento climatico.

La crescita della popolazione mondiale determinerà nei prossimi decenni un forte aumento della domanda di cibo. Per rispondere a tale domanda e, contemporaneamente, limitare la trasformazione della superficie terrestre coperta da foreste in terreno agricolo, occorrerebbe cercare di incrementare la produttività delle coltivazioni, in particolare in condizioni ambientali non ottimali quali quelle che potrebbero essere causate dal cambiamento climatico: siccità dovuta all’incremento di temperatura ed alla ridistribuzione delle precipitazioni o una più elevata salinità causata dalla maggiore evaporazione e dall’intrusione di acqua marina nelle aree costiere. Le biotecnologie potrebbero avere un ruolo decisivo in tale settore.

Una seconda linea d’azione è quella che mira alla riduzione della vulnerabilità della società alle avversità, qualunque ne sia la causa, grazie alla crescita economica. L’Olanda è in grado di far fronte ai rischi di inondazione (anzi, vive "sott’acqua") ma il Bangladesh no. Un uragano in Florida non provoca vittime (grazie alle loro auto, i cittadini americani si possono spostare in poche ore di centinaia di chilometri), in Nicaragua sì. Un terremoto in Turchia provoca migliaia di morti, in Giappone no.

Tali politiche d’intervento, accrescimento della adattabilità e riduzione della vulnerabilità alle condizioni climatiche avverse, determinerebbero un incremento della soglia oltre la quale la concentrazione dei gas serra potrebbe diventare pericolosa e sarebbero quindi congruenti con l’obiettivo della Convenzione sui cambiamenti climatici e del protocollo di Kyoto.

francesco.ramella@libero.it

12/2/2002

La questione palestinese merita due tre chiarimenti. Innanzitutto i compagni devono rendersi conto che il loro unilaterale afflato non deriva da sentimenti universali di giustizia ed umanità, ma semplicemente dal fatto che subito dopo il 1947 (fondazione dello stato d’Israele, col consenso di tutti, compresi i russi), col farsi della guerra fredda, i russi “scelsero” i palestinesi e gli americani Israele. Ma sarebbe potuto accadere il contrario, e allora la sinistra per decenni si sarebbe sbracciata con foga “per l’eroico popolo israeliano già vittima dei nazisti”. Da lì comunque, e non altrove, nasce lo storico attaccamento della sinistra italiana e internazionale alla causa palestinese. Ma è roba sofistica, basta il confronto col silenzio quotidiano circa la bestiale tragedia della Corea del Nord (un caso tra tanti), per dimostrare la giustezza di questo ragionamento.

Punto due. C’è qualche poveraccio che scrive sui muri “viva la Palestina libera e rossa”, non sapendo che la mentalità profonda dei popoli islamici è fondamentalmente estranea a quello che noi occidentali ed europei immaginiamo possa essere un sistema di “egualitarismo socialista”: si tratta invece di culture (assolutamente legittime e da rispettare) improntate alla forma e al sentimento principesco, elitario e classista fin nelle midolla. Non s’è mai vista una folla islamica manifestare per qualcosa di egualitario o di sociale. Questo per dire che qualora ai palestinesi riuscisse di fare uno stato autonomo e libero non vi sarebbe ombra di umanesimo socialista.

Voglio insomma ricordare che come sempre le rivoluzioni mangiano i propri figli più generosi: ricordo benissimo a cavallo tra i ’70 e gli ’80 quanti studenti comunisti iraniani che stavano qui in Italia esultavano per la rivoluzione di Khomeini: lo scià li imprigionava e torturava, ma il vecchio li sterminò semplicemente. Ve ne furono che tornarono giù con entusiasmo: non se n’è saputo più nulla.

E allora sarà bene concludere con la cosa più importante: io sarò malato, ma vedo un nesso forte tra questa orribile lotta tra israeliani e palestinesi e la Costantinopoli del 1453. La sua conquista costò agli islamici innumerevoli sacrifici, perché la città, pur ormai isolata dal resto del mondo cristiano, era difesa ottimamente. Ma dopo decenni e cataste di vittime (in senso reale: i fossati davanti alle mura talora si riempirono di cadaveri sopra i quali altri combattevano meglio), in quell’anno l’antica capitale cadde. Che successe dopo? Quel che succederebbe anche adesso se il mondo arabo realizzasse il suo sogno di buttare a mare Israele: una spinta ulteriore e potentissima al revanscismo panarabo e islamico. Dopo Costantinopoli per oltre due secoli il mondo occidentale visse con rischio mortale sopra la testa: solo innumerevoli altri sacrifici e battaglie “miracolate” (Lepanto 1571, Vienna 1637, Candia 1688) salvarono la baracca. Porto pieno rispetto per i palestinesi, e le loro aspirazioni: è naturale auspicare soluzioni eque per tutti, ma fa ridere l’unilateralità.

Ed è curioso che gente come me debba stare qui a ricordare queste verità storiche; noi gente che non perdiamo occasione di polemizzare con le false democrazie e le false libertà individuali che affiorano costantemente nelle nazioni d’occidente e particolarmente in quella italiana, minata da consorterie e mafiosità varie: ma chi non è cieco del tutto sa fin troppo bene che l’alternativa alla nostra civiltà sociale e giuridica, hic et nunc, non sarebbe altro che Safyra o qualcosa di simile. Non possiamo scordare neanche un minuto che non gratis in occidente l’individuo, la singola persona, è arrivata dopo processi lunghissimi e tribolati (e col motore dell’eguaglianza cristiana) a godere di garanzie e rispetto così alte. I compagni non s’accorgono che la loro mistica delle masse e della lotta classe, tradotte in volgare, diventano quella propensione naturale all’intrupparsi dietro conformismi e superficialità che in determinati momenti della storia diventano suicidio (del resto il buon marxista non vede i gli eterni ritorni della storia): a noi, avversari nella politica interna, tocca difendere anche per loro la prospettiva d’occidente.

Luigi Fressoia

11/2/2002

Caro Prof. Pelanda,

ho atteso un po' di tempo per calmare i bollenti spiriti dopo la decisione del Governatore Formigoni di bloccare il traffico di automezzi per quattro giorni, la quale giudico negativa non soltanto per la improvvisazione del provvedimento - quando è da decenni che sentiamo il problema dell'inquinamento - ma anche per i danni economici che ne scaturicono. Io gestisco un esercizio pubblico e in quei giorni l'incasso si è ridotto del 75%! Ho poi ascoltato le lamentele di numerosi clienti e fornitori per cui l'automezzo è indispensabile allo svolgimento del lavoro e, pur consapevoli del problema, hanno tutti espresso in larga parte lo stesso disappunto: a che cosa è servito dotarci di marmitte catalitiche? Vorrei ricordare che con le nostre 29 autostrade e una politica di incoraggiamento all'utilizzo dell'autovettura e del traffico su gomma, per non parlare del nostro carattere nazionale orgogliosamente protagonista nella storia dei motori a scoppio, siamo ovviamente una popolazione poco incline alla limitazione d'uso degli automezzi. Ora, siamo sicuri che di fronte alla prospettiva di un anno a targhe alterne non si incentivi la domanda di doppi automezzi piuttosto che di una loro limitazione? Anche perchè le strutture di trasporto alternative non reggerebbero la mole dei potenziali fruitori. Sarei interessato a conoscere il suo punto di vista, anche alla luce di quello che si sta preparando oltreoceano. Qui in Eurolandia esiste un programma per produrre motori con emissioni ridotte che ormai ha vinto la resistenza popolare, rassegnata all'acquisto periodico di automezzi nuovi. Non crede che le sparate di un Formigoni che vuole dal 2005 l'acquisto di soli automezzi elettrici o simili contribuiscano a creare un effetto di congelamento commerciale del settore auto? E poi, siamo sicuri dei dati sull'inquinamento che ci vengono offerti dall'informazione? Di sicuro, chi ha cambiato la vecchia automobile con una a marmitta catalitica sente di essere stato preso per il sedere. Cordialmente,

suo Stefano Jelo.

P.S. Ha mai pensato di scendere nell'arena politica?

11/2/2002


Caro Professor Pelanda,

Mi scusi per la formulazione un po’ affrettata di questo mio messaggio, per il linguaggio viscerale a volte semplicistico, ma mi preme arrivare rapidamente alla conclusione, scavalcando le premesse e le sfumature.
Io mi domando. Se un extraterrestre, capitato per caso sulla Terra, si fermasse un attimo a guardare l’operato dei governanti, potenti, protagonisti di questo nostro pianeta, cosa gli verrebbe in mente?
Dapprima sicuramente una domanda: Ma “questi qua”, cosa fanno per sanare i mali così evidenti del loro mondo?
Poi subito la costatazione: parlano, discorrono, fanno dichiarazioni... Producono un’infinità di scritti, per lo più anch’essi mere dichiarazioni, affermazioni, quadri programmatici che rimangono allo stato verbale, con scarso seguito concreto. Stranamente, anche i “cattivi”, i no global, o come cavolo si chiamano, si lasciano prendere la mano. A Porto Allegre non riuscivano a mettersi d’accordo sull’immancabile “dichiarazione finale”.
Intanto, però, le emergenze crescono vistosamente di giorno in giorno, in numero e in intensità, mentre gli umani, pur disponendo dei mezzi e delle potenzialità tecniche per rimediare, stanno lì, fermi, in attesa, ognuno di essi sempre più chiuso nella ristrettissima sfera dei propri interessi.

Quali emergenze?
1) Innanzitutto l’emarginazione di tantissimi individui costretti alla miseria cronica, anche nei Paesi ricchi. Perché? Non per effetto del capitalismo (perlomeno non di quello “autentico”, quello cioè che crea la ricchezza vera); bensì per incapacità, o meglio “non volontà”, di mettere in pratica il vecchio proverbio orientale che recita: “all’affamato non regalare il pesce, insegnagli a pescare”. Ciò in quanto, nell’ottica di un certo capitalismo che privilegia le posizioni acquisiste a scapito delle forze nuove, risulta molto più conveniente regalare cibi, tende, medicine ... (finanziati da sussidi di Stato o dalla carità organizzata) che non costruire quelle infrastrutture che sono il presupposto primo allo sviluppo cd. sostenibile.

2) Poi l’emergenza acqua, la desertificazione, gli incendi dolosi; oltre, naturalmente, all’emergenza inquinamento del terzo mondo, soprattutto di quei Paesi (Cina in testa) che, nella loro sfrenata rincorsa all’industrializzazione, ripercorrono tutti gli errori della crescita selvaggia (contrapposta allo sviluppo sostenibile, rispettoso degli equilibri biologici e geologici).

3) Infine tutti i corollari: nuove mafie, forme di prepotenza indisturbata che sfociano spesso su situazioni ignobili (prostituzione minorile, pedofilia, riduzione in schiavitù, genocidi, crudeltà sugli animali). Causa l’impotenza intrinseca di ordinamenti concepiti per una realtà che non è più quella dei nostri tempi.

Solo un impulso in provenienza dalla base può suscitare l’inversione di tendenza verso il meglio. Oggi i comuni mortali dei Paesi avanzati sono confinati, con la complicità dei media, nel ruolo di spettatori passivi. Ma molti sanno ormai che possono, che devono, mobilitarsi onde formare un’opinione pubblica attiva, non più ligia a schemi mentali precostituiti; intuiscono che solo l’unione della loro forze potrà riuscire laddove le istituzioni, tutte, sono fallite, poiché dall’ultimo dopo guerra in poi, nonostante l’ONU, nonostante il crollo del comunismo di Stato, nonostante il formidabile balzo avanti della tecnica, si sta verificando un lento ma continuo sfacelo di tutti gli equilibri, geografici, morali, economici, ambientali: su scala mondiale ma anche, per molti versi, all’interno delle regioni più avanzate.
Faccio appello a tutte le persone di buon senso che vogliono fatti, non parole, realizzazioni anche private finalizzate alla produzione di energie pulite, all’irrigazione delle terre aride, alla costruzione di acquedotti e impianti di dissalazione, al risanamento idrogeologico, al rimboschimento; e, per quanto riguarda i Paesi occidentali, alla valorizzazione delle risorse umane non utilizzate o sotto-utilizzate, tanta gente spesso fuori dai circuiti economici per mancanza di adeguati canali di comunicazione con i potenziali utilizzatori.
Fatevi avanti, uomini e donne di buona volontà, attraverso questo sito oppure mandandomi un mail. Inizialmente saremo solo un piccolissimo gruppo. Allargarlo poi a macchia d’olio è una problematica di marketing. Compito non difficile, difficilissimo. Ma certamente non impossibile.

Cordialmente
Max Ramstein mmrams@bluewin.ch

9/2/2002

Approvo totalmente il Suo modo di 'frustare' la sinistra, come nel Suo "La cultura del pessimismo", Il Giornale del 30.01.200.
Grazie.

Cordialita',
casolari

7/2/2002

Satira, satiri e satrapi.
Egregio Professore.
L'intellighentzia catodica, riunita a convegno, ha sancito che la satira televisiva è finita in un flop.
Niente di più sbagliato, la satira televisiva è solo stata seppellita dagli stessi che ne hanno pianto solo ieri la morte, seppellita da molti anni.
Occorre pacatamente spiegare a questi tecnici del tubo catodico, non privi di capacità d'intendere, che quella fatta da loro non è satira, ma è irrisione becera e ingiustificata dell'avversario, che alla lunga produce effetti contrari a quelli voluti.
La satira vera è quella fatta ad esempio da Giannelli con le sue magistrali e geniali vignette sul Corrierone, è quella che punge in punta di spillo, è una sfregatina data con un ramo di rosa. La satira non è la coprofagia mentale fatta con la clava del bifolco.
Mi sanno dire poi, questi signori, per quale ragione, quando comanda la destra la loro "satira" è contro il potere e quando comanda la sinistra è contro l'opposizione? La sinistra non suggerisce niente di divertente? Si rendano conto che il problema è proprio questo: non suggerire niente di divertente!
Secondo me l'integralismo dottrinario che inquadra il pensiero di lorsignori sedicenti "satiri" li obbliga a ritenere la risata un metodo di lotta, da usare pesantemente contro gli avversari : "Una risata vi sommergerà" era un motto da sessantotto.
Guai però a ridere di un compagno, guai anche a ridersi addosso,a prendersi in giro, proibito dalla dottrina: chi lo fa viene epurato, silenziosamente se persona epurabile, o querelato se persona di successo (Forattini docet!). Chi si permette di sorridere della sinistra è ritenuto un suo nemico mortale.
Spieghiamogli un pò che è proprio questo integralismo dottrinario l'origine di gran parte dei problemi odierni degli ex compagni!
Ne facciano strame,delle loro dottrine, nella satira e nella politica.
Mandino a quel paese la zavorra corporativa degli intellettuali reggicoda, gli agitatori di piazza da quattro soldi. Comincino a parlare ai propri concittadini di benessere, di difesa intelligente degli interessi della gente, di economia in chiave realistica, positiva e propositiva. E se è inevitabile una resa dei conti, che almeno serva a far emergere una sinistra moderna, solare, capace anche di ridersi addosso.
Ne abbiamo bisogno più di qualunque altra cosa.
Cordialmente
G.Pinciroli

7/2/2002

Carissimo prof. Pelanda,

pochi giorni fa mi è arrivata a casa l'ultima copia del National Geographic, cui sono abbonato da diversi anni. All'interno un servizio sui fondali marini che circondano Cuba, firmato da Peter Benchley e accompagnato dalle splendide immagini di David Doubilet. Non così splendido invece il testo dell'articolo, il cui sostegno al regime castrista, pur indiretto, è a dir poco delirante.
Sullo stato di salute ambientale dei mari cubani, l'inviato non trova infatti altra fonte di informazione che la voce di Rosa Elena Simeon, ministro per la scienza, l'ambiente e la tecnologia del regime locale.
Parole pronunciate mantenedosi fedeli all'estetica marxista leninista, e riportate sulle pagine della rivista non solo senza alcun commento, ma quasi approvandole. "Le leggi valgono solo se le si fa rispettare.
Dobbiamo essere severi. Chiuderemo ogni albergo, ogni fabbrica, ogni impresa che violi le leggi sull'ambiente. Ovviamente possiamo permetterci di essere così severi. Abbiamo un tale controllo della situazione da consentirci di mantenere l'ordine" e, dopo poche righe, "Visto che lo Stato controlla le attività a tutti i livelli instaurare e mantenere l'ordine è più facile che in altri Paesi dei Caraibi. Le nostre leggi di rado vengono violate. Il risultato è che da noi l'ambiente marino è in condizioni migliori rispetto ad altre zone".
Considerazioni che a parer mio non stonerebbero neppure nella scenografia di qualche film bellico o di spionaggio, in bocca a un ufficiale delle SS o al presidente della SPECTRE mentre commentano l'inefficienza delle democrazie occidentali. Tenendo presente il fine didattico e divulgativo del National Geographic non mi stupisco per nulla se ogni tanto la finzione cinematografica diventa realtà e nascono personaggi degni del più schizofrenico personaggio di James Bond. Quel che preoccupa è che la redazione del National Geographic abbia sede a Washington e non a Baghdad.

Cordialmente,
Matteo F. M. Sommaruga

7/2/2002

Egregio Dott. Pelanda,

 

mi chiamo Raffaele Frontoso Silvestri e sono un delegato sindacale della C.G.I.L. Funzione Pubblica di Torino.Seguo con grande interesse i Suoi commenti sulle frequenze di Radio Rai 3 durante la Rassegna Stampa del mattino e anche se non condivido sempre il Suo pensiero Le assicuro che rimango comunque un Suo estimatore. Colgo l'occasione, accettando i Suoi inviti radiofonici, per scriverLe a proposito di un tema che mi sta molto a cuore.
Ho letto, non ricordo più dove, che quella dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori è una difesa egoistica del diritto al lavoro dei fortunati che un lavoro, appunto, bene o male lo hanno trovato.Viceversa bene agirebbe il Legislatore eliminando tale articolo se volesse davvero ottenere livelli di occupazione ben superiori a quelli attuali e venire così incontro a coloro che un lavoro non hanno e che non possono trovare a causa di una rigidità strutturale del mercato, di cui concausa se non addirittura causa esclusiva sarebbe l'art.18.
E' così?
Mi potrebbe, per cortesia, fornire qualche spunto bibliografico per approfondire?
Tenga conto che non sono proprio un esperto in discipline economiche.
Sperando di non averLe sottratto molto tempo La prego di accettare

Distinti Saluti.
Raffaele Frontoso Silvestri

4/2/2002

gradiremmo avere utili informazioni su come poter, nel modo più corretto,
sottoporre il "nostro" caso alla Sua cortese attenzione.
In breve si tratterebbe di dar voce a dei ragazzi disabili (handicap
visivo) che questa volta non chiedono o pretendono; e ne' intendono impietosire;
intenerire o stupire con qualche storiella, che li renda ancora più "speciali" di
quanto già non siano...
Sempliciemente si ha il solo desiderio di confrontarci (magari con le
controparti interessate) sul gravoso problema delle barriere
architettoniche
e della mobilità (intesa anche come mezzi pubblici e/o statali) nella nostra
città.
Ai Nostri numerosi reclami (scritti) "Hanno" sempre risposto in maniera
molto/troppo vaga e astratta; Noi chiediamo/vogliamo certezze e
concretezza; tutto ciò è pretendere troppo?!
Fiduciosi di ottenere una Vostra, spero positiva risposta, ringraziamo
della cortese attenzione e porgiamo i più Cordiali Saluti
In Fede

Michele Pavan xxx-38.45.1xx michele.pavan@tiscalinet.it
Michele Boldini xxx- 22.26.0xx michele.boldini@libero.it

Michele Pavan
Via Sangro, 9
20132 Milano

Michele Boldini
Via Lomonaco, 23
27100 Pavia

Pavia, 04/02/02

Oggetto: reclamo Ferrovie dello Stato

Premessa: siamo non vedenti, affetti da patologie differenti e spesso per
motivi di lavoro od interessi comuni, ci troviamo a dover viaggiare sulla
linea Varese/Milano-Milano-Pavia-Genova.
Esistono dei "nuovi" treni denominati T.A.F ossia treni ad alta
frequentazione suddivisi su due piani, con porte automatiche e sistema di
annunci vocali interni da parte del personale di servizio.

Ieri, 03/02/02, alle ore 22.20, siamo saliti nella stazione ferroviaria
di Vanzago-Pogliano sul treno numero T.A.F. 10739 con destinazione Milano
Porta Garibaldi e da li avremmo proseguito, dopo cambio di stazione, per
Pavia.
Prima della stazione di arrivo (Milano Porta Garibaldi) da
Vanzago-Pogliano, il treno in questione, effettua le seguenti fermate: Rho
e Milano Certosa.
Saliti sul treno, dopo pochi minuti, si è presentato a noi il capotreno
domandandoci i documenti di viaggio e chiedendoci, una volta vistoci col
bastone bianco in mano, la nostra destinazione.
Dopo circa dieci minuti dal passaggio dello stesso controllore, il treno
ha effettuato una sosta di circa cinque minuti per poi proseguire la sua
marcia nel senso contrario.
A questo punto, ignari di ciò che stava accadendo e della nostra reale
posizione, ci siamo diretti verso la testa del treno, percorrendo numerosi
gradini, porte con apertura a bottone ed infine, arrivati al locomotore,
abbiamo bussato più volte affinché qualcuno ci aprisse.
Lo stesso capotreno, con fare blando ci ha chiesto cosa ci facevamo ancora
li, su un treno che avrebbe terminato la sua corsa in deposito. Noi
abbiamo risposto che non c'eravamo accorti dell'arrivo nella stazione di
destinazione perché non era stato fatto alcun annuncio vocale, non si era
presentato nessuno per chiederci se avevamo bisogno di aiuto e tanto meno
non abbiamo udito alcun passaggio di personale di servizio prima che il
treno invertisse la marcia.
Abbiamo chiesto al capotreno cosa potevamo fare e lui ci ha invitato a
scendere alla stazione di Milano Certosa ed aspettare il treno di ritorno
che sarebbe passato dopo circa 40 minuti. Abbiamo espresso il nostro
disappunto facendo presente che dovevamo prendere un altro treno a
Lambrate ma lui non ha potuto "aiutarci" in altro modo.
Una volta chiesto il numero di matricola del capotreno lo stesso si è
identificato col codice 864003 facendoci presente che il sistema di
annuncio vocale installato sul treno era guasto e pregandoci di non esporre
denuncia per non creargli fastidi.
Dopo una serie di telefonate al pronto intervento della Polizia di Stato
e dopo aver conferito con la Polizia Ferroviaria di Milano Porta Garibaldi,
ci ha raggiunto il dirigente di stazione accompagnato da due colleghi.
Abbiamo chiesto anche a lui le motivazioni per le quali non è stato fatto
un annuncio vocale della stazione una volta aperte le porte ma lui si è
giustificato con mille scuse imprecise e prive di senso.
Una volta arrivati a Milano Porta Garibaldi, abbiamo proseguito, con
linea metropolitana, il nostro viaggio per la destinazione di Milano Lambrate.
Siamo saliti sul treno delle ore 00.26 destinazione Pavia. Anche qui
abbiamo notato la piena assenza di annunci vocali in questa stazione e
nelle successive (Milano Rogoredo, Locate Triulzi, Villa Maggiore, Certosa di
Pavia).
Non è la prima volta che ci capitano situazioni simili, non è la prima
volta che grazie ad una porta guasta ed a un mancato avviso ci troviamo in
panne nella stazione successiva.
Siamo indignati, delusi ed amareggiati per i disservizi che ogni giorno
ci accompagnano, disservizi voluti non certo dalle Ferrovie dello Stato ma
creati dal loro personale: ieri il capotreno 864003 era responsabile della
nostra sicurezza e quindi avrebbe dovuto darci aiuto ma questo non è
accaduto anzi siamo stati noi, con le nostre capacità, a doverlo ricercare
chiedendogli una soluzione prima che il treno avesse terminato la sua
corsa in deposito.
Desideriamo inoltrare denuncia nei confronti del suddetto capotreno e
del dirigente nella stazione di Milano Certosa perché ci ha comunicato, ma
questo purtroppo solo verbalmente, che gli annunci non sempre vengono
fatti nelle banchine di attesa e che dopo un certo orario si evita del tutto di
emetterli per non arrecare disturbo alle persone residenti nella zona
limitrofa.
Questa volta non ci basta una lettera formale di scuse, una normalissima
lettera ricevuta già tante volte ma che poi andrà dimenticata col tempo;
desideriamo certezze e fatti concreti!
In attesa di una gentile risposta, cogliamo l'occasione per porgere i più
cordiali saluti.

Michele Pavan
Michele Boldini

30/1/2002

Prof Pelanda

Ho letto il Suo articolo "La cultura del pessimismo" su il Giornale del 30 c.m.
Il "pessimismo ed il rifiuto della realtà" a me pare una conseguenza, non la ragione della posizione in cui versa la sinistra.
Ritengo che l’origine del suo modus operandi derivi da un diffuso senso di "invidia" dell’uomo di base della Sinistra, cui spesso concorre (o forse originato) un modesto livello concettuale e culturale che non gli consente di raggiungere i parametri di vita "borghesi".
Vede di non essere in grado di raggiungere quei livelli e, anziché tendere a migliorare, si preoccupa, da un lato di averne benefici, attraverso azione di massa, e dall’altro cerca di impedire che il "borghese" progredisca ulteriormente.
Il livello di "invidia" è man mano sempre più elevato quando ci si sposta dal centro-sinistra a sinistra-sinistra.
Il contesto è poi ammantato dalla necessità della tutela dei deboli, dei poveri ecc.

Distinti saluti
Varese, 30.01.2002
Ugo D’Antonio

30/1/2002

Egregio Professor Pelanda,

ho letto con estremo interesse il suo articolo pubblicato su “Il Giornale” di sabato 19 gennaio e lo condivido.
Noi siamo profondamente convinti della necessità di modernizzare il nostro paese; anzi, riteniamo che questo debba essere un imperativo categorico per tutti coloro i quali operano nel politico, nel sociale e nell’economia. Ma senza dialogo e senza consenso sociale non c’è crescita, non c’è futuro e se noi intendiamo essere in Europa un paese capace di reggere e vincere la competizione con le economie forti, dobbiamo recuperare e rivitalizzare proprio quei valori: nell’interesse dei lavoratori, del sistema economico e produttivo, della collettività.
Molto dipende dalla carente volontà politica e imprenditoriale di dare impulso alla formazione, alla ricerca, all’innovazione tecnologica, agli investimenti produttivi. E’ su questi quattro pilastri, in realtà, che si fonda una società forte, in grado di vincere la sfida della competitività. Tutto ciò che viene offerto come alternativa a tale progetto rappresenta una soluzione difensivistica dal fiato corto.
Ecco perché è inaccettabile che il nostro sistema industriale sia rassegnato ad una competizione sui bassi costi con le economie deboli, destinandosi così a sicura sconfitta, invece di puntare ad un confronto con i paesi economicamente più avanzati, basato sull’innalzamento del livello qualitativo e tecnologico del prodotto.
Lo sviluppo, la crescita e la modernizzazione del paese devono essere una sfida per tutti e il Sindacato non solo l’ha accettata ma vuole anche essere partecipe di questo processo offrendo, per la sua parte, una disponibilità alle flessibilità che non ha eguali in nessun altro paese occidentale.
Non siamo, dunque, il “Sindacato dei frenatori”.

La saluto cordialmente

Luigi Angeletti

Segretario generale Uil

20/1/2002

 "Siamo arrivati ad un punto in cui ci stiamo giocando davvero la salute… dobbiamo deciderci se vivere o morire". "Si muore di polveri nelle nostre città". "Lo smog uccide 3.500 persone l’anno". La nostra sarebbe nientemeno che "l’Età dei Veleni". Qualcuno ha persino sostenuto che, di 56milioni di italiani, una trentina sarebbe di troppo. Ma la situazione è davvero così drammatica? Sono giustificabili i divieti di circolazione? E quali sono le soluzioni?

La qualità dell’aria: mai così buona come oggi.

Grazie agli sforzi compiuti in tutti i settori (industria, riscaldamento e circolazione), l’aria è complessivamente assai più pura oggi di quanto lo sia stata da un secolo. Dopo oltre cento anni dalla scomparsa, i licheni, estremamente sensibili all’inquinamento, sono ricomparsi nel centro di Parigi. Lo smog degli inverni londinesi non è che un ricordo. Oggi, la concentrazione media delle polveri nelle città europee è inferiore di cento volte rispetto ai valori registrati a Londra negli anni ’50.

A Milano, negli ultimi dieci anni: il biossido di zolfo è passato dai 79 microgrammi per metrocubo agli 11 (-86%); gli ossidi di azoto sono diminuiti da 255 a 141 microgrammi (-45%); l’ossido di carbonio è stato abbattuto dai 5,8 ai 2 microgrammi per metro cubo (-65%); il benzene è passato da 55 a 5 microgrammi (-90%). Non risponde quindi a verità l’affermazione secondo la quale l’incremento della mobilità avrebbe vanificato i benefici della riduzione di emissioni conseguita grazie al progresso tecnologico.

Oggi, però, l’attenzione è concentrata sulle cosiddette micropolveri (PM10) cui viene attribuita la parte largamente predominante dei danni dell’inquinamento atmosferico. E’ diminuita la concentrazione delle micropolveri rispetto al passato? Per quanto riguarda l’Italia, non è possibile dare una risposta certa a tale domanda in quanto sono disponibili rilevazioni solo per pochissimi anni. Si può però ragionevolmente ipotizzare che, anche per questo inquinante, la situazione stia progressivamente migliorando. Secondo i dati forniti dall’EPA (l’agenzia per l’ambiente degli Stati Uniti), le emissioni complessive di PM10 sono diminuite dal 1960 ad oggi di oltre due terzi. E, più importante, dal 1988 - anno in cui sono iniziate le rilevazioni - al 2000 la concentrazione delle micropolveri nell’aria è diminuita del 25%.

Chi emette le polveri sottili?

Non vi è dubbio che, in ambito urbano, sia da addebitare al traffico veicolare la maggior parte delle emissioni di micropolveri. Occorre però distinguere (e quindi intervenire) secondo il tipo e le caratteristiche di ogni veicolo. Secondo i dati forniti dall’ARPA della regione Toscana, le auto catalizzate (circa i 2/3 del parco circolante) emettono complessivamente l’1% delle polveri sottili, il 7% è attribuibile alle auto non catalizzate ed il 92% ai veicoli commerciali, agli autocarri ed ai bus.

Occorre inoltre sottolineare che, in base agli standard previsti dalla UE, per tutti i principali inquinanti, le emissioni delle auto che saranno vendute a partire dal 2005 saranno inferiori di oltre l’80% rispetto a quelle di un veicolo prodotto negli anni ’80. Per quanto riguarda più direttamente il particolato e le particelle incombuste, una casa automobilistica francese ha recentemente immesso sul mercato un’autovettura con alimentazione a gasolio le cui emissioni, certificate dall’ufficio federale tedesco dell’ambiente, sono venticinque volte inferiori al limite imposto dalla UE.

Il blocco del traffico: un provvedimento ingiustificato.

Non esiste alcuna prova certa di un solo decesso legato esclusivamente all’inquinamento atmosferico; per alcuni individui particolarmente vulnerabili l’inquinamento costituisce un fattore aggravante piuttosto che una causa diretta di morte. Si moriva di smog a Londra negli anni ’50 ma, come detto, da allora la qualità dell’aria nelle città è progressivamente migliorata.

D’accordo, non si muore. Ma quanti anni di vita ci ruba l’inquinamento atmosferico? Nessuno. Lo scorso anno l’ISTAT ha pubblicato una statistica sulla durata media della vita nelle Province italiane. Nel 1995 la vita media in Italia era di 77,9 anni: a Roma ed a Milano, le due città a più elevata densità di traffico, la speranza di vita era rispettivamente di 78 e 78,2 anni. Diversa era la situazione nel passato. Nel 1850, la speranza di vita a Londra era pari a 35 anni contro i 40 nel resto della Gran Bretagna. Una differenza ancora più accentuata si riscontrava all’inizio del ‘900 negli Stati Uniti: nelle aree urbane la vita media era di quaranta anni a fronte dei 54 nelle aree rurali.

In ogni caso, per quanto marginale, non si può negare che esista un effetto negativo della "cattiva" qualità dell’aria sulla salute. E’ questa una buona ragione per bloccare la circolazione?

Se così fosse, dovremmo essere coerenti fino in fondo. E bloccare il traffico non un giorno alla settimana ma sempre. Negli scorsi quindici giorni di "allarme smog" non vi è una sola persona in Italia che, uscita di casa al mattino in buone condizioni di salute, non vi abbia fatto ritorno alla sera perché uccisa dallo smog. In quegli stessi giorni, sulle strade italiane sono morte più di duecento persone e molti di più sono stati i feriti gravi. Ci preoccupiamo quindi della pagliuzza e non vediamo la trave.

Senza dimenticare poi il fatto che il blocco del 70% delle auto private equivale ad una riduzione delle emissioni di micropolveri dell’ordine dell’1% (sarebbe molto più efficace il blocco dei bus alimentati a gasolio).

Quale soluzione?

Tra le svariate idee avanzate in questi giorni, ve n’è una che ha raccolto un consenso quasi unanime. Per ridurre la mobilità privata occorre investire per migliorare i servizi di trasporto pubblico, in particolare il trasporto su rotaia (metropolitane e ferrovie regionali). Tale tesi non trova conferme nelle realtà. La capacità di sottrarre traffico alla strada da parte di nuove infrastrutture di trasporto collettivo è assai modesta. Esistono numerosi esempi di realizzazione di sistemi di trasporto collettivo in ambito urbano che non hanno comportato alcuna rilevante riduzione della mobilità privata e della congestione (alcuni amministratori hanno sostenuto che, poiché il miglioramento dei servizi di trasporto pubblico non è sufficiente a ridurre la mobilità privata, occorre deliberatamente peggiorare le condizioni di circolazione). Londra dispone di un’eccellente rete di metropolitana ma l’attuale dibattito sul problema traffico ricalca molto da vicino quello in corso in Italia.

La strada da perseguire non sembra quindi essere quella del potenziamento del trasporto collettivo (al contrario, è possibile ridurre drasticamente il livello dei sussidi per la gestione dei servizi: a Londra i ricavi tariffari coprono oltre l’80% dei costi di produzione) ma, piuttosto, la realizzazione di autostrade sotterranee ("metrostrade") a pedaggio. Pur avendo costi di investimento analoghi a quelli di una metropolitana, una "metrostrada" presenta i seguenti vantaggi: una più elevata quota di traffico di superficie attratta e, dunque, maggiori benefici ambientali e in termini di sicurezza, costi di esercizio più contenuti, introiti da traffico nettamente più elevati ed in grado di ripagare in tempi brevi l’investimento. A Oslo, negli anni ’90 è stato realizzato un tunnel che attraversa la città. L’investimento sarà ripagato nell’arco di poco più di un decennio grazie ai pedaggi riscossi per l’accesso nell’area urbana. Come ha dichiarato il presidente dell’Unione dei trasporti pubblici francesi: "Per conquistare appena uno o due punti di quota di mercato nei confronti dell’automobile, dovremmo investire cifre colossali in trasporti collettivi. Mandiamo piuttosto le automobili sottoterra".

(francesco.ramella@libero.it)

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"Il diritto alla mobilità coincide con il diritto alla libertà. E questa equazione è ancor più valida se applicata alle fasce deboli. Il ricco, per capirci, può prendere il taxi, il povero o sceglie il tram oppure sta a casa"
S. Chiamparino (La Stampa, 20 gennaio 2002)

Il crollo della mortalità per le malattie dell’apparato respiratorio (1970 - 1992)

"Decisamente importante è la diminuzione della mortalità per le malattie dell’apparato respiratorio e dell’apparato digerente. Per il primo gruppo di cause i tassi per il complesso delle età subiscono una riduzione davvero straordinaria: del 50% negli uomini e del 66% nelle donne. Tale fenomeno si evidenzia in tutte le età, ed è più accentuato al Sud e nelle donne".

ISTAT, La mortalità in Italia nel periodo 1970-1992: evoluzione e geografia, 1999

"If the facts change, I'll change my opinion. What do you do, sir? "

J. M. Keynes

19/1/2002

Una risatina.
Per rinfrancare lo spirito tra una disavventura e l'altra ecco un poemetto
"storico" risibile e giocondo intitolato:

ODE AL CONFLITTO D'INTERESSI.

Stava il prode mortadella
con baffino per stampella
alla guida del governo
e voleva starci eterno.
Ma baffino col complotto
del focoso Bertinotto
scaccia il prode con la scopa
e lo esilia in quel d'Europa,
poi si siede sullo scranno
e comincia a fare danno.
Ma fa i conti senza l'oste
perchè arrivano giù toste
l'elezioni regionali
con degli esiti ferali!
Mesto il baffo se ne va
ed allor chi metton là?
Quello che reggeva il cofano
tutto ornato di garofano
all'amato segretario
ormai freddo nel sudario...
(Serve stare buoni buoni
è già tempo d'elezioni).
E chi metti bene in vista
proprio in cima della lista?
Sempre Amato? Non sia mai!
Se si brucia sono guai!
Sì, ma neanche un comunista,
va in malora con la lista!
Serve uno fresco e bello..
Ecco qua! Vieni...Rutello!
Fà il sorriso da piacione
che c'è la televisione!
Il Berlusca è lì che attende,
di sorrisi se ne intende!
"Non va bene! Non siam fessi!
C'è il conflitto d'interessi!
Vince il Silvio lemme lemme
alla faccia dei piemme
e confligge, a ben vedere
gl'interessi .......all'ingegnere!

G. Pinciroli.

17/1/2002

17/01/2002

IL PUNTO per gli amici N°2 del 17 gen 2001

COMPERATE PATATE!

Il benemerito Istat ha istituito un sistema di monitoraggio della conversione dei prezzi in lire verso i prezzi in euro di cui ha segnalato i primi risultati. I prezzi in euro negli ultimi tre mesi del 2001 hanno rallentato la corsa in misura leggermente maggiore di quelli in lire. Ciò significa che, sino ad allora, la conversione in euro non aveva avuto impatti negativi. Probabile, quindi, che solo la siccità ed il freddo siano responsabili dell’improvvisa fiammata nei prezzi dei prodotti ortofrutticoli di cui si parla oggi e di cui profittano i soliti rapinatori delle finanze pubbliche per chiedere riconoscimenti di “calamità naturali”. Comunque la gente è allarmata, perché teme che produttori e negozianti prendano a pretesto il gran parlare che se ne fa in televisione, per accrescere i prezzi anche di altri generi alimentari ed affini (ristoranti). E’ assai probabile che, quando cesseranno le cause dell’allarme, i prezzi ribassino nei limiti stagionali. Ma è anche possibile che, trattandosi spesso di prodotti deperibili, ciò non avvenga o avvenga solo parzialmente. In un mercato che si vuole libero, la difesa dei consumatori, a fronte di una flessione dell’offerta e correlativo aumento dei prezzi, non deve essere la “sorveglianza” e la “vigilanza” di organi pubblici, tutte premesse ad un ritorno al controllo dei prezzi. Basta recarsi da un altro commerciante, basta cercare prodotti sostitutivi. “Se il cavolfiore è rincarato, cambia menu e compera patate!”.

Purtroppo, il baccano televisivo e la denuncia di aumenti dei prezzi “ingiustificati”, creano aspettative d’inflazione e rischiano di arrecare grave danno all’economia del paese, perché “un rincaro tira l’altro” e, soprattutto, minano la pace sociale, stimolando pretese di aumenti salariali, pensionistici ecc. Le rivendicazioni capiterebbero nel momento peggiore, quando Cofferati ha imboccato il sentiero di guerra contro le deleghe al Governo sui licenziamenti (art 18) e la riforma previdenziale. Il programma di scioperi a scacchiera, regione per regione, è stato studiato in modo da arrecare il maggior danno produttivo e si aggiungono a quelli dei trasporti aerei e terrestri con conseguenze destabilizzanti. Difatti Cofferari non pensa che il Governo ceda (perderebbe di autorità), ma spera almeno di frenare lo sviluppo economico la cui ripresa è essenziale per l’osservanza dei vincoli del Patto di Stabilità europeo ed il successo di Berlusconi. Egli non perde occasione per affermare che la ripresa è già in atto, che l’Italia rispetterà i patti e che si oppone all’allentamento degli impegni di Maastricht chiesto da Francia e Germania. La ripresa economica è divenuta quasi una condizione di sopravvivenza. Senza di essa il gettito fiscale diverrà insufficiente e peggiorerà il debito pubblico a causa del più elevato fabbisogno finanziario. L’obiettivo politico della lotta sindacale è quindi di determinare con scioperi ed altri mezzi, un rallentameno produttivo che, rincarando i costi unitari, diminuisca la competitività italiana sia verso i paesi di Eurolandia sia nei riguardi dell’estero. Nuove rivendicazioni salariali da giustificare con gli attuali rialzi dei prezzi sono quindi più che probabili.

Livio Magnani

15/1/2002

Egregio Dottor Pelanda

La seguo sempre con interesse e la trovo illuminante. Le scrivo a proposito del PIL. Ritengo che esista ormai sufficiente ricchezza metodologica per cambiare il PIL con un indice più evoluto che tenendo conto anche di altri fattori, evidenzi il livello di benessere di un paese meglio di quanto non faccia il PIL.
I quattro fattori che devono influenzare l’indice sono a mio avviso: Il reddito; la sua distribuzione (e.g. la varianza); la sostenibilità ambientale (e.g. la differenza tra milioni di tonnellate di CO prodotta e la capacità di assorbirle); e un quarto che non so indicare, ma che rifletta l’economia reale. Intendo dire che non ha molto senso misurare il solo PIL se questo è frutto di deficit pubblico, o se si esprime in dollari un economia applicando un cambio fittizio (Ricordo che nei primi anni ’80 molti si beavano della dichiarazione che il PIL/pro capite della DDR era superiore a quello italiano, fingendo di ignorare che il valore reale del marco DDR era molto inferiore al valore dichiarato; Le scrissi ad agosto che l’Argentina sarebbe fallita, e questa era una facile previsione, ma che sarebbe andata così era già chiaro al visitatore non sprovveduto nel 1993).
So bene che gli indicatori che ho scelto sono molto rozzi, ma hanno il pregio di essere ormai facilmente misurabili.

Grato di un suo eventuale commento la saluto cordialmente
Francesco Paoletti

15/1/2002

Egregio Professor Pelanda, non manco mai di leggerla sul Giornale, e spero di poterla reincontrare a Lecco, Le scrivo per esporle le mie perplessità sull'attuale momento politico finanziario, non vorrei che tutte le polemiche scatenate da una sinistra che ormai è come una bestia ferita a morte e che tenterà con qualsiasi mezzo di ribaltare la volontà popolare ed impedire che il governo lavori liberamente, finiscano per impedire il tanto sospirato cambiamento.
Oltre tutto dobbiamo mettere in conto anche gli effetti della recessione mondiale che sta colpendo prima di tutto l'economia guida del pianeta cioè gli usa, anche se, io penso solo in maniera transitoria tanto che ho ritenuto oppurtuno investire dati i livelli attuali un po di soldi nel Nasdaq,che ne pensa?Dobbiamo scontare anche l'effetto devastante degli attentati alle torri gemelle, se non ricordo male Lei nel suo libro "Lo stato della crescita" punta proprio il dito sui fattori che determinano uno stop alla diffusione del benessere collettivo identificandoli in pieno, non più conflitti da guerra fredda ma crisi locali molto forti, che creano disordini a livello mondiale oltre che azioni di gruppi terroristici.In poche parole secondo Lei ci dobbiamo aspettare una battuta d'arresto breve come spero o siamo di fronte ad un vero problema che rischia di aprire scenari foschi?
Con i miei più cordiali saluti

fulvio valagussa

15/1/2002

Dimettersi o non dimettersi?
Già , ma è questo è il problema ?
L'Onorevole Senatore Cossiga, di cui ammiro la passione e la politica e
soprattutto la grandezza morale dice che, in seguito ad un'eventuale
condanna al processo SME, Silvio Berlusconi dovrebbe dimettersi. Bisogna
però anche dire che se si dimettesse sarebbe inutile in futuro andare
alle elezioni, basterebbe una condanna in primo grado per eliminare chiunque,
ed una condanna in primo grado, oggi, non si nega a nessuno.
Non dimentichiamo che una persona come l'Onorevole Andreotti, che Cossiga
conoscerà molto bene, è stato politicamente assassinato con lo stesso
sistema.
Non voglio entrare nel merito dell'affare SME, dove le parti civili
dovremmo essere noi parco buoi e non chi va a cercare risarcimento di
danni perchè gli hanno sottratto il regalino e dove l'impressione è che chi ha
fermato " L'Affaire" sia meritevole di gratitudine da parte del popolo,
voglio dire che se una condanna fosse pronunciata da una persona come
Cossiga non avrei dubbi sulla sua cogenza, al contrario NEGO a chi si
schiera ideologicamente ed esterna e opera partendo da una ideologia,
ripeto NEGO, la possibilità di essere giudice, QUALUNQUE SIA LA SUA
IDEOLOGIA.
L'indipendenza della magistratura sta soprattutto nell'indipendenza
mentale e morale di ciascun magistrato. E negli anni a partire dai settanta ad ora
ci sono stati e ci sono tantissimi "indipendenti" ma, ho l'impressione,
anche tanti "dipendenti" .
G. Pinciroli

11/1/2002

IL PUNTO per gli amici n°1 del 10 gen.2001

 

DIPLOMAZIA PER LO SVILUPPO

 

L’imprenditore Berlusconi ha assunto l’incarico ad interim del Ministero degli Affari Esteri quasi fosse una nuova sfida alle sue capacità organizzative. Gli uomini d’affari in giro per il mondo hanno in genere un’opinione negativa dell'ambiente diplomatico. Evitano il più possibile di farsi vivi con gli ambasciatori, sia per sfuggire agli inviti con cravatta nera, sia perché spesso non vogliono informarli dei loro progetti (subito oggetto di rapporti al Ministero), sia per non perder tempo a spiegare a molti di loro problemi di cambi, di fisco, di dumping, di protezionismi, di concorrenza, di costi del lavoro, di borsa ecc.. La formazione culturale dei diplomatici italiani era piuttosto elevata. Oggi è mediamente scaduta. Restano valide le conoscenze linguistiche e di diritto internazionale, ma quelle di economia, pur oggetto di un importante esame al concorso d’ammissione, sono troppo teoriche. Di imposte, di borse, di derivati, di Opa e di banche i diplomatici ne sanno pochissimo.

Il grande problema attuale delle ambasciate è di essere messe al corrente dei rapporti diretti tra le cancellerie, sempre più frequenti grazie al web, per non sentirsi tagliate fuori dal gioco. Gli ambasciatori, peraltro, cercano di redigere rapporti interessanti. Ma, essendo costruiti massimamente sulle informazioni tratte dai giornali, essi giungono in ritardo rispetto alle letture della stampa che gli uffici a Roma hanno già fatto tramite internet. Prevale così, come attività principale delle ambasciate, quella cosidetta mondana che gli uomini d’affari e di finanza ritengono in gran parte priva di apporti concreti alla promozione dei commerci e degli affari finanziari.

La riforma che Dini aveva iniziato a mettere in opera sembra sia stata rallentata sotto il regime Ruggiero. Berlusconi la riprenderà in mano con un’altra ottica, ma dice che non vuole fare una rivoluzione. E’ facile allora intuire che il nuovo disegno sarà molto pragmatico. Se l’Europa è chiamata a fare una politica estera comune verso i paesi terzi, al nostro Ministero resterà, oltre all’assistenza dei connazionali all’estero, ai visti ed ai passaporti, il compito più pratico di promuovere nel mondo globalizzato e nelle relazioni intraeuropee non solo lo scambio di merci, ma ogni tipo d’affare e, in collaborazione con l’ICE, la promozione di imprese e progetti. A tal fine sarà necessario che il personale all’estero migliori sia le sue conoscenze nel campo degli affari, sia le sue relazioni con i business men locali e non solo con le autorità statali.

Siamo convinti che nel concorso di ammissione agli Esteri saranno inserire nuove materie (fisco, affari, finanze). Sarà agevolata la carriera dei funzionari che frequenteranno finance&business schools o corsi appositi organizzati dallo stesso Ministero. Diverrà imperativo anche ai segretari e consiglieri d’ambasciata e ai consoli delle grandi città relazionare il Ministero sulla loro frequentazione dei clubs d’affari locali per far relazioni utili a visitatori e corrispondenti italiani. Attirare investimenti esteri in Italia dovrebbe essere l’obiettivo principe degli ambasciatori.

Livio Magnani

8/1/2002

Spettabile Professore, la radiosveglia mi ha svegliato l'altra mattina con la notizia che mai avrei voluto ascoltare: la dimissioni sollecitate di Ruggiero. Ho subito pensato ad un grave disastro per il governo in carica ma oggi, dopo un paio di giorni, mi sembra che in realtà non sia così grave come avevo temuto. Ho letto le dichiarazioni dei soliti noti e tutto mi è parso come da copione: Michel che ci pone alla berlina, la sinistra - poverina - in piazza a farsi vedere, ormai che sta diventando sempre più invisibile, l'Avvocato sponsor che avverte il Governo, ecc.

Lascio da parte le ragioni naives di questo divorzio. Come può un ministro dimettersi perchè il Governo di cui è parte non esulta al momento del lancio dell'euro? Roba da mass-media: ora Tremonti è un antieuropeista, il nostro governo una banda di provinciali che causerà all'Italia un ruolo da provincia delle banane, anzi dei fichi d'india. Ho ascoltato una trasmissione su Radio Uno dove si rilanciava una tesi diversa, del tutto opposta. I nostri connazionali trenta anni fa andavano a pulire i cessi in Germania, ora siedono all'Europarlamento tecnici e politici come Monti e Prodi, Padoa Schioppa, capaci di far pesare il ruolo dell'Italia sulla triade Francia-GB-Germania. Mi sembra che l'orgoglio italiano (non solo di Berlusconi) ma anche l'emergere di nuove realtà economiche del bacino del Mediterraneo stiano scalzando le vecchie regole centroeuropee del potere. E siccome noi del popolo non sappiamo che cosa si dica veramente nelle stanze del potere, e nemmeno i giornalisti, ammesso che lo sappiano, possono dirlo ce non in codice, Le chiedo, ovviamente in forma privata e informale, se dietro questo divorzio all'italiana non ci siano ragioni politico-economiche più complesse (veda per esempio la netta distanza di Martino e Berlusconi rispetto a Ruggiero sull'affare Airbus). Grazie per la cortesia. Suo Stefano Jelo.

8/1/2002

intanto le auguro buone feste con la speranza che si ritiri un po' dagli eccessi del lavoro e si dedichi alla sua famiglia, che comprende ormai anche una buona parte di noi, lettori partecipi di codesto spazio pubblico. Sapendo del suo ruolo di consulente per la Difesa, vorrei rivolgerle una domanda che spero stimoli un suo intervento. Recentemente, su Il Foglio del 14 dicembre, l'editoriale di Ferrara sui disaccordi europei per i progetti militari ha messo in luce la possibilità che l'Europa costituisca una sua difesa staccandosi dal ruolo dipendente verso l'America (o la Nato, che per me rappresenta poi la stessa cosa) anche per mezzo del satellite di navigazione che prende il nome di Galileo. Ora, l'articolo fa risaltare ancora una volta le difficoltà di un'intesa comune tra i politici europei, che, sebbene comprensibile in qualunque ordinamento parlamentare, mi sembra di non poca gravità quando si tratta di un progetto importante e comunitario come la Difesa. La mia impressione è che manchino proprio una coscienza e una cultura europeista non solo agli abitanti dell'Aspromonte, del Monferrato o della Barbagia (per limitarsi al territorio italiano), ma anche agli stessi politici, i quali, più che amministratori dell'Europa appaiono amministratori dell'Euro. La mancanza di questa cultura non si può pensare di colmare solo con gli sforzi individualistici di pochi ma con un progetto politico che ci faccia finalmente sentire che Strasburgo e Bruxelles non sono due puntini sulla carta geografica, tanto lontani dalle nostre teste e dai nostri cuori quanto vicini alle nostre tasche. E la domanda che volevo rivolgerle è questa: come ritiene si debba operare per aumentare il tasso di europeismo nel sangue degli europei e che suggerimenti ha da dare agli euroscettici come me? Grazie di cuore.

Suo Stefano Jelo.

8/1/2002

La ringrazio del Suo articolo apparso su Il Giornale di ieri. I due primi periodi hanno avuto il potere di restituire la fiducia nelle mie facoltà mentali.
Devo dire che il mio interessamento allo studio dell'economia è discreto, ma non suffragato da una solida preparazione. In seguito a queste letture avevo ritenuto che la moneta fosse "una merce", quindi la sua bontà dipendesse dalle capacità dell'azienda che la produce, non si è mai visto l'inverso. Ritenevo che la situazione argentina, in particolare la parità del cambio col dollaro mi rendesse ragione.
Mi chiedevo poi, ma gli anglo-britannici e i danesi, nel non entrare in Eurolandia erano proprio più sprovveduti della nostra opposizione? Poi è giunto il Suo articolo.
Le chiedo, è mai possibile che nell'opposizione nessuno si renda conto che a cavalcare le scempiaggini prima o poi si resta in brache di tela con tutto quello che segue...?

Cordialissimi saluti.
Marco Baù

8/1/2002

ho letto il suo articolo del 5 gennaio 2002 sul Foglio: ne sono rimasto confortato molto, poiché l'eclettico e l'ardito dire, chiarisce in rapida sintesi quali sono gli enigmi e le formule - e quale la loro natura - che a largo spettro colgono e sintetizzano il divenire, e quale progresso e con quali mezzi riuscire a fare la prossima mossa della sopravvivenza.
I poeti lei dice, la metapoiesi, ed io continuo i poeti certo, ma meglio la poiesi di domani, con la sua particolare identità, arrivare a scoprire - a tentare - la comunicazione, che è la vera cosa e nuova cui l'uomo può tendere, cercando di identificare quindi finalmente le attività dell'uomo, con cui esso prima - filosofia - a costruito l'analisi della frattura del sé, e quindi il funzionare del pensiero che reagisce con sé, il funzionare dell'uomo rispetto a se stesso, e poi - Arte - l'identificazione dell'Altro, e la stimolazione del pensiero attivato, che si definisce uno, che è l'identità della persona. In somma, avere un'identità della conoscenza, fino all'identità della comunicazione, fino all'acquisizione di una personalità acquisita in comunicazione.
Il suo articolo chiamava alla libertà alla responsabilità e all'ambizioso rischio, era un amo gettato alla ricerca di ascoltatori particolari, che da sempre lavorano sulla sua domanda, essendo parte attuale del futuro, vivendola a tal punto da diventare la risposta - e solo in questo caso, lasciandosi andare alla dominazione della vita - io con la mia vita rischio la domanda che mi sono posto, e che lei ora mi pone, chiamandomi.
Io rispondo quindi, e non con questa inadatta presentazione, ma con la mia giovinezza, col mio ardore, e col mio lavoro sopratutto.
Così decido di spedirle la prossima settimana IL TERZO PENSIERO, che è risposta intima e privata tanto quanto la pubblica presenza del suo articolo.
Spero di non averla tediata, poiché più che in queste confido nelle mie prossime parole, quando il lavoro parlerà per me.
I miei genitori hanno la fortuna di conoscerla, io non ancora, chissà che questo incontro non stimoli le medesime corde.

Grato e gratissimo

Jacopo Ricciardi

8/1/2002


Da un anonimo cittadino allo stimatissimo Movimento "Galileo 2001".

A proposito degli incontestabili problemi ambientali, "Galileo 2001" bolla come frutto della cultura oscurantista e regressiva, tra l'altro, il «..... il timore di cambiamenti climatici che da milioni di anni caratteristiche del pianeta terra» attribuiti da tale cultura alle attività quasi esclusivamente antropiche. È questa una tesi che va rispettata, ma che non può pretendere dal cittadino l'assoluta fede cieca negli uomini di scienza. Come ammettere che l'uomo è infallibile se appartiene ad una certa categoria, ad una certa casta. Io penso che, ante omnia, la comunità scientifica per fare tale irricevibile richiesta deve dimostrare che le sue ricerche, che non va dimenticato hanno uno stretto rapporto con la qualità della vita dell'uomo, non hanno alcun legame con il mondo della produzione. Penso cioé alla ideologica condanna espressa al 'principio di precauzione' e alle sicure ingerenze sulla scelta dei tempi della ricerca da parte di chi finanzia. Che dire infatti dei tanti prodotti farmaceutici e dei tanti prodotti industriali, entrambi frutti della Ricerca, apparsi sul mercato senza i dovuti controlli che hanno provocato morti e gravi problemi a molte persone?. Che dire della disparità di trattamento nei confronti della dignità e della salute umana di fronte alla alla malattia ed alla morte? Oscurantismo o sfiducia dovuta ad errori evitabili perché dovuti all'ambizione e/o alla cupidigia sottaciuta dei singoli? Sta alla comunità scientifica dimostrare che chi non intende affidare la propria vita con superficialità sbaglia.

Ma, al di là delle opinioni personali, sicuramente opinabili, io chiedo a me, ma anche a "Galileo 2001", perché mai cento premi Nobel, per lo più per la Medicina, per la Fisica e per la Chimica (discipline non a caso citate), hanno sentito il dovere di richiamare con forza l'attenzione sul futuro del mondo e sui bisogni dei suoi poveri con questa frase: «....Il surriscaldamento del pianeta - originato non da loro (n.d.r.: i poveri del terzo mondo), bensì da pochi ricchi - colpirà soprattutto le loro fragili ecologie.» Chi sbaglia?

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L'APPELLO DI 100 PREMI NOBEL (di cui ho l'elenco) CONTRO LE SCELTE DELLA CASA BIANCA

Cento laureati all'Accademia di Stoccolma {sui 225 viventi) denunciano che "il più profondo pericolo per la pace mondiale viene dalle legittime richieste della maggioranza povera del mondo" .

"La minaccia maggiore per la pace mondiale verrà negli anni a venire non dai comportamenti irrazionali di stati o individui, ma dalle legittime richieste dei diseredati del mondo. La maggioranza di queste persone povere e senza diritti vive un'esistenza marginale nei climi equatoriali. Il surriscaldamento del pianeta - originato non da loro, bensì da pochi ricchi - colpirà soprattutto le loro fragili ecologie. La loro situazione sarà disperata e manifestamente ingiusta. Perciò non ci si può attendere che essi si accontentino sempre e comunque di aspettare la beneficenza dei ricchi.

Se permetteremo dunque alla potenza devastante delle armi moderne di diffondersi in questo esplosivo paesaggio umano, innescheremo una conflagrazione in grado di travolgere tanto i ricchi quanto i poveri. La sola speranza per il futuro riposa nella collaborazione internazionale, legittimata dalla democrazia.

E' tempo di voltare le spalle alla ricerca unilaterale di sicurezza, in cui noi cerchiamo di rifugiarci dietro ai muri. Dobbiamo invece insistere nella ricerca dell'unità d'azione per contrastare sia il surriscaldamento del pianeta che un mondo armato.

Questi obiettivi gemelli costituiranno due condizioni fondamentali per la stabilità, mentre ci muoveremo verso il più ampio grado di giustizia sociale che, esso solo, può dare una speranza di pace.

Alcuni degli strumenti legali necessari sono già a portata di mano, come il trattato sui missili anti-balistici (Anti-Ballistic Missile Treaty), la convenzione sui cambiamenti climatici (Convention on Climate Change), i trattati strategici sulla riduzione di armi (Strategic Arms Reduction Treaties) e il Trattato sul bando dei test nucleari (Comprehensive Test Ban Treaty).

In quanto cittadini preoccupati, chiediamo a tutti i governi di impegnarsi per questi obiettivi, che costituiscono dei passi in avanti affinche il diritto prenda II posto della guerra.

Per sopravvivere nel mondo che abbiamo trasformato dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo. Mai come oggi, il futuro di ciascuno dipende dal contributo di tutti."

-----Messaggio originale-----
Da: Roberto Imperiali [mailto:imperiali@pronet.it]
Inviato: giovedì 27 dicembre 2001 17.03
A: benito fiori; loredana galassini; circolo culturale palazzo cattaneo
Oggetto: Fw: Galileo 2001

 

 

----- Original Message -----
From: Roberto Imperiali

To: xxxx@lnl.infn.it ;xxxx@iol.it ; xxxxx@cro.it ; xxxxxxx@roma1.infn.it ; xxxxx@to.infn.it ; xxxxx@sns.it ; xxxxx@fi.infn.it ; xxxxxx@istitutotumori.mi.it ;xxxxxxx@fisica.uniroma2.it ; ....

Sent: Thursday, December 27, 2001 12:08 PM

Subject: Galileo 2001

 

 

Ugo Spezia fax 06/4469335

Franco Panizon fax 040/761266-3785362

 

 

Ai Membri Fondatori e ai Membri del Comitato Promotore di "Galileo 2001 per la liberta' e la dignita' delle Scienze"

 

Mi riferisco al Manifesto "Galileo 2001 per la liberta' e dignita' della Scienza" ai cui obiettivi: "Vogliamo che il nuovo secolo sia anche per il nostro paese quello della verita' scientifica e della ragione", mi sento di aderire completamente e penso che cosi' espresso non possa trovare opposizione da parte di nessuno.

 

Ma sulla base di questo principio possiamo intanto esaminare i punti esemplificati dal Manifesto come esempi da combattere di irrazionalita' ed oscurantismo.

 

Partendo dal primo:

 

1) Il timore di cambiamenti climatici, che da' milioni di anni caratteristici del pianeta terra, sono oggi imputati quasi esclusivamente alle attivita' antropiche.

 

a) Per quanto ci è dato di leggere la maggior parte degli scienziati del mondo intero ritengono che :

 

a- questi cambiamenti derivano dall'attivita' antropica,

 

b- questi cambiamenti climatici sono molto piu' rapidi di quelli avvenuti da milioni di anni per cui sia l'umanita', sia la natura (che all'umanita' serve) non riescono ad adattarvisi con conseguenti crisi (desertificazioni, cicloni, perdita di biodiversita', emigrazioni, perdita di zono costiere, ecc...) al punto che tutte le Nazioni del mondo hanno sentito di dover fare qualcosa (v. Kioto o altro ...).

 

Ora queste considerazioni sul cambiamento climatico vengono proprio da scienziati e dalla loro maggioranza, non da persone non qualificate.

Quindi rientrano nel campo della "Verita' scientifica e della Ragione" e non dell'"oscurantismo".

 

Data la posta in gioco, credo che qui il principio precauzionale sia quanto mai opportuno.

 

Per tornare alla frase "cambiamenti climatici che, da milioni di anni caratteristici del Pianeta ...", vorrei aggiungere che quando nel corso dei milioni di anni questi cambiamenti climatici sono stati rapidi come quelli attuali hanno portato a delle catastrofi ambientali.

 

Intendo per "catastrofi" delle modifiche della vita per le quali si e' passati da un tipo di vita (vegetazioni e speci animali) ad un'altra.

 

Ora e' chiaro che la vita sulla terra continuera', ma non mi sto preoccupando della "vita" sulla terra in generale, ma della vita della nostra specie che e' quella che mi interessa personalmente.

 

2) Ancora:

 

"Le limitazioni alla ricerca biotecnologica che impediscono ai nostri ricercatori di cooperare al raggiungimento di conquiste scientifiche che potrebbero tra l'altro combattere gravi patologie e contribuire ad alleviare i problemi di alimentazione umana".

 

Qui si inserisce il problema del rapporto tra "conquiste scientifiche" e loro applicazioni.

Credo che prima di procedere, va chiarito un punto.

Se tutte le scoperte scientifiche:

a) possono essere applicate senza limitazione, o

b) con limitazione.

 

Se vale il punto a) e' chiaro che la tecnologia (che e' l'applicazione pratica delle scoperte scientifiche) non deve avere limiti, oppure vale il punto b) (e personalmente ritengo che e' giusto che debba valere, altrimenti ognuno potrebbe usare qualunque tecnologia come meglio crede con relativi sconquassi v. chi minaccia di usare la bomba atomica).

 

Nel caso b) quindi l'opposizione ad alcuni usi delle scoperte scientifiche (poche o molte che siano) rientrano nel quadro di un dibattito umano e scientifico che quindi non e' oscurantista.

 

Il limite della ricerca scientifica e' sentito da alcuni "oscurantisti" necessario fino a quando non e' chiaro il limite della sua applicazione.

 

Ora vediamo che i limiti delle applicazioni scientifiche (tecnologia) ci sfuggono di mano e si spostano sempre di piu' modificando il nostro modo di vivere, per cui e' legittima la domanda: "Dove stiamo andando?"

Ed in assenza di una risposta e' anche legittimo il desiderio di un freno a quello che ci sta trasformando.

 

L'accusa di "oscurantismo" a chi vuol porre un freno alla ricerca scientifica ed alla tecnologia non ha senso perche' il dibattito anche in questo caso e' tra chi vuole una modifica continua del mondo (progresso) e chi ritiene che tale modifica va fatta sulla base di una analisi e di una critica piu' attenta.

 

Direi che entrambi le posizioni hanno un che di oscurantista nei limiti in cui entrambi esprimono un ideale soggettivo di vita. In tal senso l'oscurantismo e' ineliminabile da entrambe le posizioni; puo' essere solo ridotto attraverso la ragione che deve cercare di stabilire con tutti i mezzi e in una ricerca continua quale e' il vero bene per l'uomo.

 

3) Ancora al terzo punto si afferma:

 

"La ricerca e l'esaltazione acritica di pratiche mediche miracolistiche che sono ritenute affidabili solo perche' alternative alla medicina scientifica".

 

Se e' acritica una convinzione che non si e' potuto dimostrare "scientificamente" direi che e' una accusa non razionale (non scientifica).

 

Vediamo infatti proprio nella medicina che molte pratiche che erano ritenute "non scientifiche" e quindi non usate o addirittura non consentite, a seguito di esperimenti "scientifici" venivano riscoperte in un secondo tempo.

 

Prenderei come esempio l'Agopuntura che e' stata riconosciuta scientificamente valida soltanto circa 40 anni fa (perche' si aveva finalmente capito e dimostrato che esistono dei flussi energetici in certi punti del corpo, ecc...).

 

Ma i Cinesi la usavano gia' da secoli. Significa quindi che esistono dei meccanismi di apprendimento della realta' che prescindono dall'analisi scientifica ma che l'analisi scientifica nega fino a quando non riesce a dimostrarli.

 

E questa negazione aprioristica non e' razionale e quindi non e' razionale l'accusa di acriticita' delle pratiche mediche non dimostrate scientificamente.

Ancora non ultima la dimostrazione "scientifica" che a questo punto chiamerei "sperimentale" circa la memoria dell'acqua. Per cui si e' sperimentato che il principio attivo di un farmaco si trasferisce dal contenuto al contenente anche in caso di diluizioni successive (convalidando almeno uno dei principi dell'omeopatia) (v. Internet www.newscientist.com/news/news.jsp?id=ns99991532)

 

In questi esempi e non solo è proprio la "Scienza Ufficiale" che ha dimostrato una posizione acritica non volendo considerare la possibile validità di cose che non riusciva a capire.

 

E mentre da una parte rifiuta quello che può far bene ma che non riesce a dimostrare, dall'altra accetta invenzioni e applicazioni acriticamente senza avere dimostrato che sono esenti da rischio. (Principio di precauzione ridotto al minimo: Es. CFC che hanno bucato lo strato di ozono tanto per non scendere in dettagli, dei quali sarebbe utile fare un conto dei benefici apportati e dei danni prodotti).

 

4) Ancora al quarto punto:

 

"Il terrorismo sui rischi sanitari dei campi elettromagnetici che vuole imporre limiti precauzionali ingiustificati, enormemente piu' bassi di quelli accreditati dalla comunita' scientifica internazionale e adottati in tutti i paesi industriali.

 

Il termine "terrorismo" e' valido solo se si dimostra che i limiti precauzionali sono ingiustificati.

Bisognerebbe vedere se la comunita' scientifica internazionale (fermo restando che all'interno ci saranno giustamente pareri discordi) ha dimostrato che i campi elettromagnetici non sono nocivi.

In verita' mi risulta che la comunita' scientifica internazionale ha confermato che i campi elettromagnetici hanno un certo grado di nocivita' (forse ancora non precisato) per cui e' del tutto soggettivo e giustificato (senza essere terrorista) il preferire non correre certi rischi a prescindere da quello che hanno scelto altri paesi.

 

5) Direi che le stesse considerazioni valgono per il punto successivo:

 

"Il permanere di una condizione di emergenza nel trattamento e nello smaltimento dei rifiuti di ogni tipo, condizione che e' figlia del respingimento aprioristico di soluzioni tecnologiche adottate da decenni in tutti i paesi industriali avanzati".

 

e per l'ultimo, relativo all'energia nucleare.

 

6) Il punto seguente forse e' il piu' interessante anche da un punto di vista filosofico:

 

"La sistematica opposizione ad ogni tentativo di dotare il Paese di infrastrutture vitali per la continuita' dello sviluppo e per il miglioramento della qualita' della vita della popolazione".

 

Si parla di infrastrutture vitali per la continuita' dello sviluppo e per il miglioramento della qualita' della vita.

 

E' evidente che l'accusa a chi si oppone a quanto sopra e' di preferire scelte contrarie al miglioramento della qualita' della vita.

Che e' l'equivalente dell'accusa di oscurantismo in campo scientifico (di cui ho gia' parlato).

 

Mi riesce difficile pensare che qualcuno possa proporre qualcosa per stare peggio. E' piu' probabile che abbia una diversa concezione per quanto riguarda "lo stare meglio". Quindi di nuovo qui occorre spostare la discussione evitando giudizi di valore ma appoggiandosi finche' si puo' "sulla verita' scientifica e sulla ragione", e sul rispetto delle reciproche idealita'.

Il che evidentemente e' un dibattito che deve tener conto di tutta una serie di variabili (scientifiche) complesse e anche soggettive.

 

Intanto abbiamo visto che la costruzione di infrastrutture di un paese da qualche anno a questa parte deve sottostare a considerazioni di carattere qualitativo e non solo quantitativo (valutazione di impatto ambientale). Il che e' un passaggio molto importante da una concezione quantitativa ad una concezione qualitativa dello sviluppo e del progresso.

Quindi ora io non saprei valutare la posizione di chi vuole aumentare la dotazione di infrastrutture del Paese e quella di chi invece vuole limitarle ma dal momento che si e' costituito questo Comitato Scientifico (Galileo 2001) mi auguro che la qualita' della vita possa essere da questo valutata in tutti i suoi aspetti.

 

Sarebbe interessante se si potesse arrivare a degli indicatori di impatto umano delle applicazioni scientifiche per poter dare finalmente una definizione piu' scientifica di Progresso (che evidentemente deve servire all'uomo).

Per cui si possa considerare che il progresso non e' necessariamente l'applicazione continua delle scoperte intese come obiettivo continuo da perseguire. Ma che il progresso e la crescita del benessere, di cui le novita' e le "scoperte scientifiche" possono essere una componente, ma non sono necessariamente un indice, e' composto da molte variabili.

 

O meglio le scoperte scientifiche sono un indice di progresso se tengono conto di tutte le componenti umane. E questo studio deve comprendere tutte le scienze, non solo quelle che scoprono il mondo esterno ma anche quello interno all'uomo dove e' li' che vengono sintetizzati i risultati di quello che "succede intorno" e quindi: psicologia, etologia, antropologia, filosofia, storia, sessuologia, sociologia, ecologia, medicina preventiva, criminologia, studio della 3a eta', ecc..., anche attraverso confronti con altre epoche e con altre societa' con un'analisi dell'individuo sul soddisfacimento di tutti i suoi bisogni esistenziali.

 

Che peraltro mi sembra una strada che comincia ad essere percorsa e che ha gia' portato all'individuazione di oltre 50 parametri di benessere sociale (v. internet http://iisd1.iisd.ca/cgsdi/.)

 

E da questa base, arricchita dalle scienze sociali ed umane, devono venire i suggerimenti al cammino del "Progresso".

Quindi ben venga questo movimento "Galileo 2001 per la liberta' e la dignita' della Scienza" dove "le associazioni scientifiche e culturali si impegnano per una informazione competente e deontologicamente corretta".

 

Ben venga l'appello "ci rivolgiamo alla societa' civile agli operatori dell'informazione" ma toglierei il termine "piu' attenti". Ben vengano i "Politici" ma toglierei il termine "piu' avveduti" per non fare delle discriminazioni apriori. Non parlerei piu' di fondamentalismo che come abbiamo detto non ha senso ma direi solo "di superare le barriere della disinformazione" in modo da comunicare i risultati e la valutazione di tutte le scoperte, anche per non applicarle, perche' il non applicarle a volte potrebbe essere il frutto di "ragione" e non di "oscurantismo".

 

Paolo Roberto Imperiali

Presidente del "Circolo Culturale Palazzo Cattaneo"

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