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Carlo Pelanda: 2023-2-18Milano Finanza e Italia Oggi

2023-2-18

18/2/2023

Un prestito irredimibile per ridurre il debito pubblico italiano

In qualsiasi scenario che riguardi la forza negoziale dell’Italia nell’Ue, l’attrattività per investimenti dal mercato globale, le risorse per proiezioni geoeconomiche nel mondo e la competitività dell’industria nazionale residente, ecc., bisogna inserire il peso dell’enorme debito italiano come fattore limitativo. La teoria recita che per ridurre il debito bisogna aumentare la crescita. Ma se non si riduce almeno in parte il debito con un’operazione “secca”, allora non c’è lo spazio fiscale sufficiente per fornire una leva alla crescita stessa, cioè una combinazione tra detassazione stimolativa degli investimenti privati e potenziamento di quelli strategici-sistemici statali. La probabilità che questo gap italiano possa essere compensato da soluzioni europee è, realisticamente, minima. Pertanto bisogna studiare soluzioni nazionali. Queste pagine sono da molto tempo un illuminato forum di ricerca per le diverse opzioni “Tagliadebito”, da decenni chi scrive stimolando la ricerca di operazioni non recessive di “patrimonio pubblico contro debito”. Queste, però, appaiono impaludate. Pertanto la ricerca deve allargarsi a soluzioni più radicali.

Il governo, ovviamente, è ben consapevole del peso limitativo del debito. Cerca di contenerlo e recentemente ha mostrato di valutare una strategia per trasferire il debito nazionale a più possessori italiani per renderlo meno vulnerabile. Chi scrive, però, ritiene che questa opzione senza sovranità monetaria non sia risolutiva. Ma fa venire in mente una formula molto più forte, pur densa di problemi di fattibilità: un prestito irredimibile allo Stato da parte di cittadini italiani in cambio di un rendimento annuale prolungato (dai 70 ai 100 anni) accompagnato da incentivi fiscali, trasferibilità ereditaria senza costi e liquidabilità “liscia”. Il punto: la cifra presa a prestito dallo Stato non è computabile come debito pubblico perché il capitale non viene tornato ai prestatori. La possibilità: usare la cifra derivante per abbattere in modo “secco” l’aliquota equivalente di rifinanziamento del debito, così abbattendone una parte. Quale cifra: per capire la quantità utile bisognerebbe scenarizzare l’effetto moltiplicativo della dedebitazione secca parziale: miglioramento del rating, aumento dei flussi di capitale globale verso l’ambiente economico italiano, produttività dello spazio fiscale così generato, computo del peso di lungo termine dell’obbligo di pagare il rendimento, ecc. In parallelo, bisognerebbe capire la fattibilità: concorrenza con i titoli di debito ordinari, propensione popolare, metodo di adeguamento all’inflazione, altri possibili effetti distorsivi di un bond “forte”, ecc. Una simulazione preliminare del gruppo di ricerca di chi scrive, anche studiando il recente caso dell’Austria, ha visto la fattibilità, ma molta ricerca necessaria su molteplici dettagli. Pertanto chi scrive sollecita un ampio forum di ricerca dedicato a questa opzione di dedebitazione.

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