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Carlo Pelanda: 2020-10-16Milano Finanza e Italia Oggi

2020-10-16

16/10/2020

Il beneficio di una destra euroconvergente

La svolta pragmatica non-eurodivergente della destra italiana potrebbe essere uno dei motivi del forte calo dello spread perché riduce la componente politica del “rischio di ridenominazione”. Se così, cioè se venisse confermato che i valutatori della sostenibilità del debito italiano prezzino al ribasso il premio di rischio grazie a questo fattore politico, allora sarebbe interesse del sistema finanziario nazionale che la destra stessa facesse passi in più verso l’euroconvergenza. Qualora andasse al governo, infatti, dovrebbe rassicurare i mercati che l’Italia avrà un livello di conformità sufficiente con gli standard di ordine europeo per non creare turbolenze che poi impatterebbero sul rating. Ma il passaggio dal pragmatismo non-divergente alla convergenza, o eurocompatibilità, richiede una visione dove nazionalismo ed adesione all’Ue trovino armonizzazione. Ciò non è solo interesse della destra, ma lo è di tutta la politica: i sentimenti nazionali persistono a livello di massa, le popolazioni impoverite o in ansia tendono a dare il consenso al nazionalismo rivendicativo. Pertanto una destra capace di rappresentare tali sentimenti e allo stesso tempo di far mantenere al proprio Paese una configurazione di alleanza con altri sarebbe un grande beneficio che poi si trasferirebbe all’economia e alla finanza: appunto, c’è una (ovvia) relazione tra capitale politico e finanziario.

Ma c’è anche una relazione tra sovranità e ricchezza. Chi scrive, dal 2000, unì le proprie ricerche con quelle del Prof. Paolo Savona sulla base di un’osservazione e di una missione condivisi: la nazione resta l’unità d’analisi principale nelle relazioni internazionali, per costruire una solida architettura politica di un mercato integrato internazionale ogni nazione deve sentirsi comoda. Ciò produsse una “Teoria delle sovranità convergenti e reciprocamente contributive” come metodo di composizione bilanciata di architetture internazionali ad integrazione progressiva, in generale. Corredata, in particolare, dalla “Teoria delle sovranità bilanciate” per il caso europeo dove si proponeva che alla cessione di sovranità all’agente europeo corrispondesse un ritorno della stessa variata in forme eurocompatibili (Pelanda e Savona, 2001, 2005). Forse con tale impianto teorico la destra potrebbe trovare l’armonizzazione tra riferimento alla nazione e integrazione europea e la sinistra un europeismo meno de-nazionalizzante. Resterebbe aperto il problema dell’asimmetria dei poteri entro l’Ue, ma proprio una teoria forte del bilanciamento tra nazioni potrebbe aiutare la prassi per risolverlo.

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