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Carlo Pelanda: 2019-11-17La Verità

2019-11-17

17/11/2019

La pericolosità per l’Italia e per l’Ue di un trattato franco-italiano

Gira la voce – e anche qualcosa di più preciso - che Roma e Parigi potrebbero riesumare l’idea di un Trattato del Quirinale che strutturi in forma forte la relazione bilaterale in modi simili al Trattato dell’Eliseo (1963) tra Francia e Germania, rinnovato nel gennaio 2019 da quello di Aachen (Aquisgrana). L’idea era nata durante il governo Gentiloni quando Parigi, nei primi mesi del 2018, fece una pressione enorme per realizzarla, perfino – dissero funzionari italiani scandalizzati a chi scrive - chiedendo a Paolo Gentiloni di apparire come il proponente mentre in realtà era Emmanuel Macron a volerlo. La procedura di preparazione del trattato fu interrotta dal nuovo governo emerso dalle elezioni del marzo 2018. Ora le diplomazie francesi ed italiana stanno nuovamente lavorando sull’idea.

All’Italia conviene o meno fare un trattato bilaterale forte con la Francia? Il possibile vantaggio sarebbe quello di chiudere un conflitto latente da decenni. Ma è evidente il rischio di formalizzare una posizione subordinata al comando di Parigi. Questa ha bisogno del dominio politico ed industriale-finanziario dell’Italia per bilanciare/sovrastare il potere tedesco, con cui c’è sempre più divergenza, e guidare l’Ue verso una postura internazionale franco-centrica autonoma e con tendenza post-Nato. Probabilmente è disposta a concedere parecchio per ottenere tale scopo ed è comprensibile che parecchi attori italiani intravedano vantaggi. In realtà prevalgono gli svantaggi.

Il solo siglare un trattato forte bilaterale con la Francia sarebbe una dichiarazione di guerra alla Germania. E’ evidente che la Francia tenta di mettersi nel centro europeo instaurando una relazione di superiorità con Germania ed Italia.  Roma e Berlino, pur non amandosi, hanno due interessi comuni non condivisi, o completamente, con la Francia a conduzione Macron: oltre a configurare l’Ue per massimizzare l’export a livello globale, essendo prima e seconda potenze manifatturiere in Europa, mantenere attiva la Nato, cioè tenere una postura pro-atlantica, ed allargare il più possibile l’Ue a nuovi membri. In particolare, la Germania reagirebbe con violenza contro l’Italia per evitarne l’alleanza con la Francia, usando il suo potere condizionante sul piano delle euroregole. Mi chiedo, infatti, se la recente apertura del governo tedesco alla condivisione dei rischi nell’Eurozona, ma con ambiguità aggressiva nei confronti delle condizioni ordinative per nazioni indebitate come l’Italia, sia o meno un messaggio allo stesso tempo amichevole e dissuasivo nei confronti dell’Italia. Comunque sia non ci conviene entrare in frizione con Berlino.

Neanche sul piano della competitività tecnologica ci conviene. Nell’industria spaziale, aerospaziale, della robotica e dell’intelligenza artificiale il potenziale franco-tedesco, pur buono, è di serie B, e per il caccia di sesta generazione che traina centinaia di tecnologie innovative, di serie C mentre l’aggancio con il settore privato e militare americano ed inglese farebbe interagire l’industria italiana con la serie A, come per altro è in atto. Un trattato franco-italiano con appendici economiche vincolanti in alcuni settori di industria pubblica-militare, scenario probabile, limiterebbe certamente il potenziale italiano. Sul piano della tutela della ricchezza residente, poi, ci sono troppi esempi di predazione francese per poter avere fiducia in eventuali promesse di collaborazione bilanciata. 

Le relazioni tra Francia e Cina spaventano. La prima sta attuando veri e propri trasferimenti di tecnologia nell’industria nucleare e aerospaziale cinese che confliggono con il tentativo statunitense di limitare Pechino. La combinazione tra questi e le espressioni post Nato indicano un cambio tendenziale di collocazione geopolitica anti-americana da cui l’Italia dovrebbe tenersi il più lontana possibile per evitare guai.

Infine, ma è il punto più importante, l’Italia dovrebbe prendere posizione contro l’idea di trattati diarchici e/o triarchici entro l’Ue, denunciando la pericolosità di quello franco-tedesco di Aachen, perché ne minano l’integrità. O stiamo tutti dentro i nostri confini e facciamo riferimento ad un metodo di composizione degli interessi gestito dall’Ue oppure è meglio scioglierla: cedere la sovranità ad un agente europeo è una cosa, cederla ad un asse franco-tedesco è sottomissione ad un impero travestito da Europa. L’accettazione dell’Italia di una relazione subordinata con la Francia comporterebbe la formazione di un impero francese a conduzione molto fragile per il disagio tedesco e la ribellione di tutti gli altri europei. Pertanto Roma dovrebbe trattare con molta responsabilità la questione, sperando che almeno Sergio Mattarella veda il problema.   

Sono possibili e utili, invece, cooperazioni rafforzate tematiche bilaterali o di gruppo senza un significato di alleanza generale. Se limitato, un accordo con la Francia si può fare. Per esempio, è interesse italiano e francese rinforzare il presidio militare nel Mediterraneo e smetterla di litigare in Libia. Un tale accordo andrebbe bene, se compatibile con le missioni Nato o creandone una. Un trattato più generale e vincolante, invece, no.

(c) 2019 Carlo Pelanda
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