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Carlo Pelanda: 2017-8-22La Verità

2017-8-22

22/8/2017

Torna il rischio del debito

Il Pil sta crescendo più del previsto, ma il debito aumenta più della sua sostenibilità. A febbraio era di 2.217 miliardi, ad aprile di 2.270 e ora è di 2.281 miliardi. Il governo ha presentato nelle bozze di programmazione economica di primavera, una previsione tabellare che indica l’avvio della riduzione del debito, per altro lentissima, nel 2018. Ma la tendenza nel primo semestre, che promette di durare nel secondo, oltre a non essere bilanciata dalla crescita del Pil comporta un ricalcolo pessimista. Inoltre, nel 2018 vi saranno nuovi governo e maggioranza  in una situazione di incertezza dovuta a una legge elettorale che, se non modificata, promette ingovernabilità o non governabilità sufficiente per avviare riforme di stimolazione della crescita combinate con operazioni straordinarie di riduzione rapida di almeno una parte del debito. Inseriamo in questo scenario la necessità della Bce di cominciare a ridurre, pur gradualmente, l’azione di acquisto degli eurodebiti che ha protetto nell’ultimo triennio quello italiano. Tale protezione è stata indiretta, ma efficace: gli attori finanziari che comprano debito italiano nelle aste di rifinanziamento, vedendo che la Bce ne acquistava decine di miliardi al mese sul mercato secondario, hanno ridotto temporaneamente il premio di rischio, cioè il costo di rifinanziamento stesso per lo Stato e di conseguenza la spesa per interessi. Tra poco la Bce dovrà comunicare un calendario di riduzione progressiva di questo programma. Il mercato tornerà a valutare un rischio Italia in aumento, scontando la fine della protezione Bce, un debito enorme e in aumento combinato con una crescita insufficiente, il tutto peggiorato dalla probabile ingovernabilità. La crisi del 2011 e le sue devastanti conseguenze potrebbero ripetersi.  

Il governo comunica ottimismo enfatizzando una crescita tendenziale del Pil vicino e forse oltre l’1,3%. Ma tale crescita è inferiore alla media dell’Eurozona. Inoltre è più trainata dall’esterno che da consumi e investimenti interni. In particolare, il governo non sta tenendo sotto controllo il debito né sta studiando operazioni straordinarie per abbatterne almeno una parte rapidamente, anche piccola, ma importante per la fiducia. Né sta preparando stimoli sistemici capaci di dare un forte impulso alla crescita futura. Non è mia intenzione criticare oltre misura un governo senza veri poteri e con un’azionista in fibrillazione elettorale. Ma va detto che la sua azione è del tutto inadeguata a prevenire il rischio detto sopra. Forse il governo pensa che San Draghi riuscirà a mantenere comunque un ombrello sul debito italiano. Lo speriamo tutti, ma il mercato già vede l’Italia vulnerabile e meno protetta: i recenti balzi dello spread mostrano, infatti, una fase di studio per capire quando speculare nuovamente sullo scenario d’insolvenza dell’Italia, seguito da un commissariamento europeo, depressivo per l’Italia come lo fu quello del 2011, ma opportunità per il mercato finanziario perché assicurerebbe il pagamento di titoli a rendimento altissimo emessi dall’Italia durante la fase di stress, anche se questo fosse poi ridotto da un negoziato di ristrutturazione del debito.

 Attenzione, è a rischio la sovranità residua, considerando l’interesse della Francia a conduzione neogaullista di Macron e della Germania a probabile conduzione di Merkel, in coalizione con i liberali, anzi ordoliberisti e nazionalisti, tedeschi che hanno un programma di condizionamento dell’Europa molto più incisivo di Merkel stessa,  a risolvere definitivamente il problema del disordine italiano che impedisce la compattazione dell’Eurozona.      

Per questo il momento giusto per dare segnali di consistenza nazionale è adesso e non domani. Poiché il governo non potrà darli, per esempio ponendo un tetto immediato alla crescita del debito, tali segnali dovrebbero provenire dai politici che si candidano a governare l’Italia. Al riguardo, Renzi ha già fatto un disastro pubblicando l’intenzione di continuare a finanziare in deficit l’inefficienza del modello italiano. Per compensare la previsione d’inaffidabilità peggiorativa dell’Italia, il mercato dovrebbe vedere un centrodestra compatto con buona probabilità di conquistare maggioranza e governo e con un programma di risanamento sostanziale. Ma tra le idee irrealistiche di una doppia moneta e quella di uscire dall’euro – che fanno venire l’acquolina in bocca sia alla speculazione sia a chi vuole eliminare la sovranità residua dell’Italia – non c’è ancora segno. Possibile che il centrodestra non riesca a formulare un “progetto nazionale e liberale” realistico e credibile, mostrando al mercato globale e agli europei che l’Italia riuscirà a rimettersi in ordine, sovranamente? Il ceto produttivo che sta facendo crescere l’economia nonostante il malgoverno merita più consistenza.

(c) 2017 Carlo Pelanda
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