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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2001-9-28il Giornale

2001-9-28

28/9/2001

Sta nascendo un nuovo ordine

  Forse è prematuro, ma non posso evitare di segnalare i tanti dati che mostrano una tendenza più stabilizzante che destabilizzante nello scenario del dopobomba. Fino al punto da ipotizzare che la reazione all’attentato potrebbe portare ad un futuro ordinamento politico globale molto più solido di quello esistente. Approfondiamo.  

L’idea che la bonifica del terrorismo avrebbe richiesto la costruzione di un’architettura mondiale è stata espressa subito, dall’amministrazione Bush, nel giorno stesso dell’attentato. Ma i concetti “quadro” per realizzarla hanno richiesto circa due settimane per essere elaborati. Nei primi giorni vi è stata una certa ambiguità che ha spaventato e suscitato incertezze. Ora l’impostazione iniziale, carica di emozioni reattive, è stata incanalate entro argini razionali, in tre punti fondamentali: (a) il tasso di unilateralismo statunitense è stato molto ridotto perché la pianificazione di dettaglio ha mostrato che l’operazione sarebbe stata impossibile senza un elevato grado di consenso internazionale; (b) il grado di “bellicità” – piuttosto elevato ed ansiogeno nella reazione “a caldo” – è stato aggiustato in base al requisito di ridurre al minimo l’incertezza del mercato oltre che il dissenso internazionale; (c) è evoluta, appunto, l’idea di trasformare l’esperienza cooperativa internazionale “ad hoc” in una architettura ordinativa mondiale permanente. Tale consolidamento “freddo” della strategia è già stato percepito dalle componenti più tecniche del mercato finanziario. Infatti da qualche giorno non scontano più grandi rischi di conflitto e sue conseguenze, per esempio l’aumento del prezzo del petrolio o crisi di fiducia di grande portata. E stanno calibrando le attese in relazione ad uno scenario di recessione di media entità, in America e conseguentemente nel mercato globale da questa trainato, nei prossimi tre-quattro mesi. Normale, viste le circostanze. Il pubblico occidentale non si è ancora del tutto rasserenato, per quattro motivi. Ci vuole un tempo tecnico di riaggiustamento psicologico dopo il trauma. Il requisito di mantenere alto il consenso per l’operazione di polizia internazionale implica linguaggi mobilitanti da parte dei governi che vengono percepiti come motivi di ansia da una parte delle popolazioni. I media, per loro competitività commerciale, sono costretti ad enfatizzare i rischi perché molto più spettacolari delle rassicurazioni. Quarto, in effetti si è messa in movimento una grande iniziativa militare che oggettivamente comporta incognite. Ma la notizia importante è che la strategia “consolidata” è tarata proprio per ridurle ad un minimo. Ciò non appare ancora chiaro a molti perché vedono un dispiegamento globale dell’apparato bellico statunitense. Ma, in realtà, questo serve solo per fornire un ombrello di sorveglianza continua e potenza d’appoggio per i gruppi di commandos che compieranno azioni selettive contro i soli gruppi terroristici in Paesi ostili. Non c’è alcuna intenzione di usare la violenza oltre il necessario e senza limiti. Il metodo, infatti, è quello di incentivare i Paesi islamici a cooperare sia bonificando il loro territorio sia collaborando per l’isolamento internazionale dei Paesi irriducibili. La parte più importante dell’azione si sta svolgendo sul piano diplomatico: includere il Pakistan, l’Iran, altri Stati problematici, nell’alleanza. Con il chiaro messaggio che la loro partecipazione alla caccia ai terroristi chiuderà i contrasti del passato ed aprirà un futuro negoziale di loro, e nostro, grande vantaggio. Soprattutto, l’azione in corso mostra che a nessun Paese viene richiesto qualcosa che non può fare. Cosa che, per esempio, limita il rischio – pur non azzerandolo - di destabilizzazione dei regimi arabi moderati da parte dei fondamentalisti islamici. In tale contesto, anche l’eventuale rovesciamento dell’efferato regime dei Taliban verrà attuato entro una cornice consensuale tale da evitare effetti domino.

In conclusione, lo scenario appare piuttosto rassicurante. La forza militare di tutto l’Occidente può tenere sotto controllo qualsiasi controreazione classica. La coperazione internazionale degli apparati di sicurezza è tale da contrastare preventivamente chi vorrà attuare ulteriori atti terroristici. La cooptazione degli islamici nell’alleanza sta avvenendo con successo perché condotta con intelligenza politica. In generale, tutte le nazioni stanno trovando un loro modo per cooperare nella missione comune. E’ la prima volta che un ricercatore può osservare i segni concreti di un’architettura realmente globale di negoziati ed accordi operativi, con un elevatissimo tasso di rispetto delle esigenze di ciascuno. Tutta l’operazione è centrata sulla leadership americana, ma questa mostra una  consapevolezza, superiore a quanta avuta nel passato, che non potrà né dovrà trasformarla in direzionalità imperiale.  E’ una grande novità: la reazione all’orrore sta sviluppandosi come un vasto esercizio cooperativo che precorre, a partire dalla formazione di un comune standard di sicurezza, l’emergere di un nuovo ordine mondiale più stabile del precedente. Si interpreti questo fenomeno in atto come prova concreta che la fiducia può tornare, forse perfino mettere le ali.

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