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Carlo Pelanda: 2014-6-24Il Foglio

2014-6-24

24/6/2014

Perché il TTIP è a rischio e richiede una nuova strategia

La rubrica ha preso l’impegno di aggiornare lo scenario TTIP, cioè dell’accordo di libero scambio tra Ue e Stai Uniti, in particolare individuando i momenti critici dove è necessaria una revisione nella strategia. Ora siamo in uno di questi momenti. Nel febbraio 2013 l’Amministrazione Obama diede un grande impulso al negoziato, trovando convergenza con la Germania. Ora Berlino è più fredda. Appare infattibile il metodo di voler realizzare l’accordo in un solo blocco e in tutte le aree invece di usare un approccio evolutivo partendo da quelle più semplici. Sarà un ostacolo l’irruzione nel Parlamento europeo di forze protezioniste, in particolare il Fronte nazionale francese. Nell’estate 2013 Mosca e Pechino, vedendo che il TTIP sarebbe potuto diventare una nuova realtà geopolitica dal quale erano escluse, iniziarono a ricattare Berlino con lo scopo di sabotare l’accordo. Merkel, caratterizzata da uno stile che preferisce la tattica alla strategia, prese una posizione più attendista, anche se formalmente di continuità della convergenza euroamericana, che fa tornare significativa la probabilità di un interesse tedesco, sempre latente, di collocare l’Europa germanizzata in una posizione neutrale tra i blocchi americano, russo e cinese. Tale situazione potrebbe portare allo stallo del negoziato. Anche favorito dall’eccessiva ambizione dei negoziatori, cioè dei tecnici della Commissione e di quelli del Dipartimento del commercio estero statunitense, che sta stimolando troppe controreazioni da gruppi di interesse protezionisti o ideologici. In sintesi, sta aumentando il rischio che il TTIP si impaludi, anche considerando che la vera priorità per Obama è l’accordo di libero scambio TTP tra le democrazie del Pacifico per il contenimento dell’espansione cinese. Come rilanciare la fattibilità rapida del TTIP che sarebbe l’evento geopolitico più importante di questo periodo storico in quanto consoliderebbe l’occidente come l’alleanza di gran lunga più potente del pianeta e darebbe alle nazioni incluse un impulso formidabile alla crescita? La parte ora più individuabile della soluzione, come già qui proposto, è quella di rendere evolutivo e selettivo il negoziato: approvare uno schema quadro con tante caselle e poi realizzare subito una o due e definire un calendario, anche lungo, per accordarsi sulle altre. Da un lato, il TTIP è molto di più di un accordo di libero scambio in quanto implica la convergenza degli standard, cioè una configurazione di “mercato unico”. Ma proprio questa ambizione genera una complessità semplificabile solo con un metodo graduale e selettivo. La parte geopolitica è molto più difficile. La Francia, in realtà, può essere cooptata nella convergenza via vantaggi speciali, per esempio la “generosità” con cui General Electric sta salvando Alstom. Per muovere Berlino si potrebbe pensare ad una strategia riservata dove l’America conceda alla Russia di poter entrare, in prospettiva, nel TTIP portando Mosca a spingere la Germania a proseguire nel negoziato invece di ricattarla, come ora, per sabotarlo. Ma è fantapolitica, per il momento. La rubrica crede più produttivi accordi bilaterali tra singole nazioni Ue ed America che anticipino il TTIP e lo ritiene possibile per Regno Unito, Italia, Spagna, Olanda, Irlanda, Polonia e Grecia. In tal caso la Germania dovrebbero convergere per forza. Va anche considerato che per tenere Londra dentro la Ue questa deve mostrare di poter realizzare il TTIP. La rubrica prega il governo, Carlo Calenda in particolare in quanto supervisore per l’Italia del TTIP, di valutare questa bozza di strategia.

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