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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2011-2-1Il Foglio

2011-2-1

1/2/2011

La riduzione utile del debito può essere minima, semplice e non deflazionistica

Finalmente in Italia si discute sempre più apertamente della necessità di soluzioni straordinarie al problema del debito, segnando così l’indebolimento di due dottrine che ne negavano la necessità e l’utilità: (a) il debito può essere gestito in modo ordinario perché la sua denominazione in euro ne contiene il costo ed è consolidante; (b)  un debito si riduce, semplicemente, facendo più crescita. La seconda, pur fondata, non è applicabile in Italia perché l’enorme spesa annua per interessi (quasi 5 punti di Pil) toglie spazio di bilancio sia alla detassazione stimolativa sia agli investimenti pubblici propulsivi. La prima è confutata da un  mercato che teme l’insolvenza dei debiti sovrani e ne pretende la ri-certificazione via loro riduzione. In sintesi, se l’Italia non dimostra di poter tagliare il debito, il mercato pretenderà un premio di rifinanziamento così elevato da costringerla a dichiarare l’insolvenza. Se le élite nostrane hanno finalmente capito che ci vogliono soluzioni d’eccezione ora è prioritario valutarne la qualità.

L’europeizzazione di parte del debito (Tremonti) pur geopoliticamente sensata non ne ridurrebbe l’effetto blocco sulla crescita. Una tassa patrimoniale per cancellare parte del debito (Amato, Capaldo) sarebbe depressiva. La rubrica, da anni, propone un’operazione straordinaria “patrimonio contro debito” in linea con le idee di Guarino e Savona. Ma guidata dalla strategia di trovare la minima quantità di riduzione del debito, il prima possibile, che produca però un massimo di fiducia. Poi su questa si innescherà un processo evolutivo di risanamento. Quindi il punto critico è la quantità allo stesso tempo minima ed utile. Il thinktank del rubricante ipotizza che un taglio secco di non più del 10%, sui 180 miliardi, sarebbe sufficiente sia per convincere il mercato che l’Italia è seria sia per recuperare circa 12 miliardi annui al servizio della stimolazione  grazie al risparmio nella spesa per interessi e nel costo di rifinanziamento. E, soprattutto, permetterebbe all’Italia di rifiutare la pericolosa, per rigidità, soluzione tedesca di mettere in Costituzione (dal 2016) il divieto di deficit annuo e di evitare eccessi deflazionistici da rigore, pur mantenendolo. Come trovare 180 miliardi? Circa 70 vendendo le partecipazioni statali, 110 alienando immobili impacchettati in un prodotto finanziario lungo, ma a incasso immediato, e, se proprio mancasse  qualcosa, reperendolo con una lieve tassa una tantum a recupero differito. Si confrontino soluzioni semplici come questa e non quelle depressive, abnormi o che implicano architetture europee fantasiose.      

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