Se il traffico mercantile Asia-Europa si sposta dalla rotta del Mar Rosso – Suez a quella via Atlantico, con approdo più conveniente nel lato oceanico europeo, per sfuggire al rischio di pirateria i porti italiani potrebbero avere un grave danno. Quindi è interesse nazionale italiano prioritario, più che americano, francese, tedesco, britannico, spagnolo, ecc., prendere l’iniziativa per formare un gruppo di combattimento che chiuda il problema.
Perché finora è rimasto aperto? I mezzi militari inviati da una decina di nazioni sono scoordinati e per questo insufficienti. Senza un sistema di monitoraggio ed interdizione evoluto i barchini dei pirati sfuggono facilmente all’individuazione. Per sradicare la pirateria bisognerebbe compiere operazioni di bonifica a terra in Somalia e forse altrove – Yemen, Sudan, ecc. – nonché contro “navi madri”, con evidenti rischi di escalation che le nazioni poliziotte non vogliono prendere. Inoltre, fino a poco fa il danno della pirateria era limitato, coperto dalle assicurazioni, cioè non di portata tale da richiedere mobilitazioni massicce. Ma l’inazione ha stimolato un aumento dei pirati e della loro audacia rendendo grave e vistoso il problema. Da un lato, si nota un incremento delle azioni di interdizione. Dall’altro la loro intensità, coordinamento e quantità di mezzi sono molto lontane da quanto sarebbe necessario. Probabilmente perchè nessuno ha voglia di ingaggiarsi nel teatro. Ma l’Italia, come detto sopra, ha un interesse vitale a chiudere il problema. Vediamo la fattibilità, prima di tutto tecnica. E’ possibile individuare i barchini? Certamente, lo prova il sistema nel Mediterraneo – satelliti, pattugliatori e droni – creato dall’Italia per controllare i flussi di migrazione illegale. E’ possibile eliminarli? Certamente, via aerei o elicotteri basati su portaeromobili. L’Italia ne ha due, una operativa subito. Missioni a terra? I commandos ne possono fare di efficaci, selettive e silenziose. I servizi possono infiltrare talpe tra i pirati. Navi madri? Individuate, si affondano. In sintesi la missione è fattibile in generale e, in particolare, l’Italia ha i mezzi per essere attore primario in quel teatro. Ovviamente ci vogliono alleati. Ma se l’America o altri saranno reticenti, l’Italia mandi comunque, unilateralmente, una forza aeronavale massiccia, chiedendo a turchi, egiziani, giapponesi, sauditi, ecc. un contributo operativo, diventando il coordinatore di fatto. Se non lo fa la rubrica chiederà perché dovremmo spendere tanti denari per costruire capacità militari che non vengono usate quando serve. Volete i soldi? Sparate.