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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2008-8-26La Voce di Romagna

2008-8-26

26/8/2008

Con la Russia è più probabile un compromesso che un conflitto

L’Unione Europea, in particolare Germania ed Italia, dipenderà sempre di più dai rifornimenti di gas russo. Per l’Italia, inoltre, la Russia è un mercato principale per le esportazioni e le collaborazioni industriali. Per questo il peggioramento delle relazioni tra Alleanza atlantica e Russia mette in seria difficoltà il nostro Paese. E pone un grave problema all’Unione europea: se l’Europa orientale torna ad essere un’area di confronto conflittuale la conseguente destabilizzazione geopolitica ridurrà i commerci e minerà la fiducia sulla solidità politica dell’euro. Ma quanto è realistico questo pericolo?

Dopo il crollo, e frammentazione, dell’URSS nel 1991 il potere fu preso da oligarchi e ras locali lasciando a Boris Eltsin un ruolo solo formale. Il disordine produsse una catastrofe sociale, peggiorata dall’umiliazione nazionale. Nel 1999 Putin salì al potere con un progetto di riorganizzazione della nazione russa via ricostruzione del potere dello Stato centrale. Eliminò una parte degli oligarchi e convinse l’altra a piegarsi, ricostruì il potere di Mosca nelle aree che si erano rese autonome. In questo fu sostenuto da un consenso nazionalista di massa che alla democrazia preferiva la rinascita della “Madre Russia” via metodo zarista. Finito il riordinamento interno e, dal 2004, con maggiori risorse date dall’aumento globale dei prezzi di petrolio e gas, Putin si è dedicato alla riorganizzazione dei confini esterni ed al recupero di una posizione di influenza globale. Il suo progetto prioritario è quello di bloccare l’espansione della Nato e dell’Unione europea nell’area ritenuta di influenza russa. Una priorità parallela è quella di recuperare i territori russofoni e le minoranze russe rimaste fuori dai confini dopo la frammentazione dell’URSS. Queste si trovano, oltre che in Ucraina, nei Paesi baltici ed in alcuni dell’Asia centrale, in Ossezia del sud ed Abkhazia, due regioni della Georgia. Putin ha colto l’occasione di un’ingenuità del giovane presidente georgiano per riprendersele militarmente, anche perché quello georgiano è il fronte più semplice da gestire per Mosca. Inoltre Putin teme che una Georgia troppo indipendente faccia passare sul suo territorio gli oleodotti e gasodotti che portano energia dall’Asia cenrale (Caspio) all’Europa perché il suo progetto è quello di dominare totalmente tali risorse per scopi di ricatto. In generale, la strategia è quella di ricostruire il perimetro russo, creare un’area di influenza satellizzando gli Stati indipendenti nei dintorni, controllare più risorse energetiche possibili e grazie a queste tenere a bada sia l’Europa sia la Cina (la cui pressione da sud verso la Siberia ricca di petrolio, gas, uranio e metalli, comincia a farsi sentire). La possibilità di spirale conflittuale dipende dal fatto che America, Europa e Russia non sono riusciti finora a concordare il limite della nuova espansione russa. La prima non la ha nemmeno considerata, la seconda, debole e ricattata, ne ha concesso troppa, la terza ne vuole molto di più. Da un lato, Mosca non è interessata ad accendere conflitti gravi e duraturi, ma “solo” al riconoscimento del suo diritto ad estendere la propria area di influenza. Dall’altro l’impiego della forza, o la sua minaccia, implica il rischio di trasformazione di una crisi locale in conflitto generale. Quindi il pericolo dipenderà dalla capacità di americani, russi ed europei di accordarsi sui nuovi confini della Russia. Le volontà reali di tutti e tre vanno in questa direzione e quindi, al momento, il pericolo è meno grave di quello che appare.

(c) 2008 Carlo Pelanda
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