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Carlo Pelanda: 2014-6-22Libero

2014-6-22

22/6/2014

La giusta euroflessibilità

La pressione per flessibilizzare l’Eurozona è sempre più forte. Ma quale flessibilità sarebbe più produttiva? Merkel dovrà mollare qualcosa per evitare la ribellione della Francia, tuttavia, entro i limiti stretti del consenso tedesco che vede la flessibilità come un rischio. La soluzione allo studio è quella di portare fuori dal calcolo dei deficit statali la spesa per investimenti, ipotesi valutata nella riunione dei socialisti europei, ieri a Parigi. Ma già Merkel ha detto un chiaro no, smentendo il suo ministro dell’Economia quando dichiarò disponibilità per tale opzione. Probabilmente le socialiste Francia ed Italia trasferiranno la questione al tavolo intergovernativo: se Merkel vorrà mettere le persone desiderate ai vertici della Ue dovrà in cambio accettare un qualche ricalcolo del deficit. Finirà così? Il punto di forza di Merkel è che la revisione dei bilanci statali implicherebbe una modifica dei trattati europei, cioè l’apertura di un vaso di Pandora che nessuno vuole. Pertanto il compromesso riguarderebbe una deroga limitata e il risultato sarebbe a basso impatto. Sul piano tecnico, aumentare l’indebitamento senza ridurre la spesa pubblica è certamente necessario in casi di emergenza, ma deve durare poco per evitare squilibri strutturali. Lasciare a politici francesi e italiani di sinistra una fessura per indebitarsi senza un chiaro termine non sarebbe solo una preoccupazione tedesca, ma anche di qualsiasi persona di buon senso. Inoltre, ci sono dubbi sull’effettiva efficacia di lavori pubblici e simili per invertire un ciclo economico depressivo. Nel picco di una crisi l’inondare di liquidità, in tutte le forme, un sistema è certamente utile, ma pensare che poi l’intervento statale mantenga efficacia stimolativa è illusorio. Per esempio, gli studi sulla grande depressione in America negli anni ’30 mostrano che il decantato “New Deal”, cioè un programma di investimenti statali varato da Roosvelt, non ebbe effetti di inversione. In sintesi, una tendenza stagnante la si inverte muovendo i motori del mercato e non quelli dello Stato. Infatti la stimolazione fiscale, combinata con quella del credito e monetaria, è certamente lo strumento più promettente. Bisognerebbe puntare ad una flessibilità diversa da quella perseguita dagli statalisti: finanziamento in deficit temporaneo di una detassazione massiva, sotto la vigilanza e garanzia della Ue per avviare in tempi rapidi il motore del mercato. Entro il vincolo del pareggio di bilancio la riduzione del peso fiscale deve essere calibrata con la riduzione della spesa. Ma questa seconda azione richiede tempi medio-lunghi, comporta dissensi e, soprattutto, un impatto deflazionistico peggiorativo se non diluito nel tempo. Pertanto la detassazione stimolativa può essere fatta solo se per un periodo di 3-5 anni viene permesso un deficit temporaneo. Alla fine, la maggior crescita del Pil aumenterà le entrate fiscali, così pareggiando le uscite, da tagliarsi nel frattempo, ma con ritmi e quantità sostenibili. Per una nazione ad alto debito come l’Italia, poi, una tale operazione richiede il “bollino blu” cioè una garanzia europea. Per esempio: ridurre le tasse di 80 miliardi subito, tagliare la spesa di 40 in tre anni, accettando un deficit al 4-5%, poi pareggiato al 4° anno dall’incremento del gettito, pur a tasse minori, derivato da una crescita oltre il 3% annuo. Tale operazione sarebbe possibile per l’Italia con la collaborazione della Commissione e sotto il controllo della Bce come garanzia di affidabilità per il mercato internazionale e nei confronti degli altri europei. La Spagna guidata da un centrodestra audace sta facendo una cosa simile, anche senza bollino blu, perché è l’unica soluzione per veramente invertire la depressione. L’Italia dovrebbe fare lo stesso e la Francia ancor di più. Il punto: i trattati non vietano esplicitamente una tale operazione che quindi richiederebbe solo l’aggiunta di un accordo europeo per un’azione straordinaria. Lo scambio possibile con la Germania sarebbe: non cambiamo i trattati, ma facciamo respirare l’Eurozona con un programma di detassazione euro regolata, a termine. Possibile? Con Francia ed Italia socialiste, solo la Spagna con la politica giusta, è improbabile. Ma lo segnalo al Partito popolare europeo, suggerendo di forzare la Commissione affinché dia il bollino blu alla detassazione in Spagna invece di contrastarla: ci serve un esempio di successo per estenderlo al resto dell’Europa. Grazie popolari spagnoli, si diano una mossa quelli italiani e tedeschi.

(c) 2014 Carlo Pelanda
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