La manovra Monti è un orrore depressivo. Ma prima di sparargli contro – come hanno fatto Alesina e Giavazzi sul Corsera di domenica, scientificamente perfetti nel ristretto ambito dell’Economia, ma sorprendentemente sprovveduti in quello più ampio della Geopolitica economica – bisogna valutare le condizioni reali in cui si muove questo governo.
La missione di Monti, in essenza, è quella di rendere credibile al più presto che l’Italia raggiungerà il pareggio nel bilancio statale entro il 2013 e che saprà mantenerlo negli anni successivi. Lo scopo è quello di dimostrare ai mercati che l’enorme debito italiano almeno non crescerà nel futuro, primo passo per una riduzione convincente nel tempo. In caso contrario il mercato non comprerà i titoli di debito italiano nelle aste di rifinanziamento – nel 2012 per un ammontare di circa 290 miliardi, nel 2013 di quasi 300 – o pretenderà un premio di rischio crescente per farlo, oggi arrivato ad un rendimento tra il 7 e l’8%, insostenibile se resta a tali livelli per qualche mese. Da un lato, non basterà solo questa azione per convincere i mercati perché vorranno vedere altre mosse di rafforzamento dell’eurosistema da parte della Bce e della Ue, precorse da un atteggiamento più collaborativo da parte della Germania. Dall’altro, Berlino pretende dall’Italia un segnale forte di disciplina per concederlo. Se Roma non lo darà, l’Italia sarà sfiduciata dai mercati e messa sotto accusa nella Ue. Sarà oggetto di un deflusso di capitali dai suoi titoli di debito, dalle obbligazioni emesse da aziende e banche, queste ultime senza la possibilità di raccogliere fondi sul mercato internazionale. Ciò porterebbe ad una crisi sistemica della nazione che poi farebbe cadere come birilli l’euro e con questo l’intero sistema bancario, nonché il mercato, globali. Questa è la situazione reale che crea un binario, cioè un vincolo all’azione politica italiana, basato sulla pressione da parte di tutto il mondo, fatto di due lati: (a) mettere in Costituzione, il prima possibile, l’obbligo al pareggio di bilancio per blindarlo nelle legislature successive; (b) intervenire sul bilancio per ottenere un traiettoria che porti il saldo a pareggio entro un biennio. La seconda azione è molto problematica perché le azioni di stimolazione della crescita tendono ad avere effetti differiti. Inoltre il 2012 sarà un anno a tendenza recessiva per contrazione della domanda globale. Per assicurare i saldi, Monti non potrà contare su una crescita veloce e sufficiente del Pil. Pertanto non può far altro che aumentare le entrate dello Stato e/o tagliare spesa. Poiché il taglio della spesa è un’azione che porta più lentamente risparmi di cassa allo Stato, oltre ad avere un impatto deflazionistico a breve, Monti non ha altra via che quella di aumentare i carichi fiscali. Da un lato, questa mossa è paurosamente depressiva. Dall’altro, se non fa così l’Italia deraglierà e con lei l’euro ed il globo. In realtà ci sarebbero altre opzioni rapide pur non velocissime. Per esempio, un’operazione patrimonio contro debito - non necessariamente vendita, ma finanziarizzazione con emissione di obbligazioni di parte del patrimonio immobiliare - concordata con la Ue in modo tale da mettere una parte dei ricavi a riduzione del debito stesso ed un’altra, in deroga alle regole correnti, per abbattimento del deficit annuo. Tale possibilità permetterebbe il pareggio senza ricorrere all’aumento delle tasse. Ma la Germania vuole che l’Italia dia la certezza sui saldi subito, entro il 9 dicembre, in cambio della sua disponibilità a permettere che la Ue e la Bce diventino garanti, pur limitati, degli eurodebiti. In sintesi, la pressione esterna non ci da tempo. Quindi è inutile qualsiasi critica, pur sacrosanta, alla politica depressiva del governo Monti perché non può fare altro, ora.