Se fossi ministro dell’Economia proporrei ai colleghi di governo la seguente strategia.
Prima ricapitolerei i requisiti e vincoli di missione: (a) ci siamo impegnati con la Ue a raggiungere il pareggio di bilancio con la Ue entro il 2014; (b) nel frattempo dobbiamo dare prova di assoluto rigore per evitare crisi di fiducia al riguardo della sostenibilità del debito pubblico, anche pensando al contagio che potrebbe derivare dal caso greco, per tenere più basso possibile il costo di suo rifinanziamento periodico nonché la spesa annua per interessi; (c) parallelamente dobbiamo stimolare sostanzialmente la crescita sia perché il rigore senza sviluppo alla fine annulla il primo sia perché la ripresa troppo lenta del mercato interno sta impoverendo masse crescenti di popolazione ed inducendo una tendenza alla deindustrializzazione o crisi competitiva in parecchi settori; (d) più crescita, e più gettito derivato da questa, sono anche necessari per finanziare la riforma del welfare ed evitare che il requisito del rigore comporti una riduzione delle garanzie ed una deflazione eccessiva; (e) inoltre, più crescita e più gettito sono necessari per evitare distorsioni nell’applicazione del federalismo fiscale, già visibili nei casi di sindaci che progettano di aumentare le tasse locali per bilanciare i minori trasferimenti; (f) l’unico modo per stimolare la crescita è ridurre sostanzialmente le tasse; (g) per ottenere sia il pareggio di bilancio sia una detassazione stimolativa sarà inevitabile ricorrere ad operazioni straordinarie, impossibile realizzare i due obiettivi con operazioni ordinarie o di poca incisività; (h) aumentare le tasse indirette per ridurre quelle dirette aumenterebbe l’inflazione e ridurrebbe i consumi se fatta “in grande”, se “in piccolo” resterebbe distorcente ed in più inutile.
Il punto critico della strategia riguarda proprio le due operazioni straordinarie.
(1)Operazione patrimonio contro debito. Si tratta di impacchettare almeno 250 miliardi in un veicolo finanziarizzabile: 80 miliardi conferendo partecipazioni statali (azioni) e 170 di immobili e concessioni. Poi si vende tale veicolo nel mercato globale al prezzo di 200 miliardi. I 50 miliardi di differenza (25% di profitto potenziale per chi investe 200) sono l’incentivo per comprare subito una proprietà che poi sarà venduta nel lungo termine, ad opportunità, con possibilità di profitto finale molto elevato. I compratori farebbero un ottimo affare. Ma anche lo Stato venditore perché userebbe quei 200 miliardi di cassa per ridurre del 10% il volume assoluto del debito, ora vicino ai 2.000 miliardi, risparmiando circa 10 miliardi annui di spesa per interessi nonché almeno 4 o 5, in relazione al presente, per il minor costo di rifinanziamento del debito restante per la maggiore fiducia conquistata sul mercato grazie all’operazione di riduzione parziale del volume.
(2)Conversione di trasferimenti, incentivi e sconti fiscali settoriali in detassazione generale. Invece di dare soldi pubblici ed incentivi alle imprese in dati settori si dovrebbe usare tale cifra per ridurre il carico fiscale su tutte, valutando un regime misto incentivi/detassazione solo per il settore strategico delle energie alternative. Da qui si potrebbero ricavare almeno 70 miliardi dopo un periodo di attuazione graduale.
Da queste operazioni, combinate con ulteriori risparmi e recuperi fiscali già in atto, si potrà creare uno spazio strutturale di bilancio attorno ai 90 miliardi di euro. Di questi 40 vanno utilizzati per ottenere il pareggio di bilancio nel 2014, gli altri 50 vanno messi al servizio della detassazione. Che se concentrata su imprese e buste paga avrebbe una scala sufficiente per stimolare consumi ed investimenti, cioè la crescita ed il gettito conseguente, rendendo compatibili rigore e sviluppo.
Valutino i lettori quali ministro preferirebbero.