Berlusconi ha dichiarato in televisione che le tasse non potranno essere ridotte, confermando così la dottrina statalista di Tremonti. Ciò significa che: (a) la riforma fiscale annunciata non ridurrà le tasse, nemmeno in prospettiva, ma solo le sposterà da un settore all’altro, con benefici troppo piccoli per rilanciare investimenti e consumi; (b) che l’unica fonte di gettito per bilanciare il taglio della spesa pubblica di 40-50 miliardi, necessario per raggiungere il pareggio di bilancio imposto dalla Ue (e dai mercati) entro il 2014, sarà costituita solo dal recupero dell’evasione fiscale e non da più crescita del Pil. O Berlusconi cambia idea, forzando Tremonti a rivedere il progetto di continuità statalista, oppure il popolo che vive di mercato competitivo dovrà cercare altri mezzi e veicoli per ottenere la rappresentanza dei propri interessi. Anche esasperati, quali la rivolta fiscale e contro la politica tutta perché parassitaria ed inefficace. La marcia silenziosa dei confindustriali di Treviso, i casi di resistenza anche fisica agli agenti di riscossione, l’aumento dell’ostilità contro i politici, ecc., sono segnali preliminari di una rivolta aperta. Non è un momento buono per aumentare la conflittualità nella nazione. Per questo tenterò di mostrare a Berlusconi come si potrebbero ridurre le tasse ed allo stesso tempo mantenere il rigore, sperando di convincerlo a riconnettersi con il popolo produttivo.
Operazione patrimonio contro debito. Conferire in un veicolo predisposto alla vendita differita 250 miliardi di patrimonio pubblico (80 di azioni delle partecipate statali e 170 di immobili). Chiamare, nel mercato globale, investitori che forniscano 200 miliardi di cassa con i quali comprerebbero il veicolo con valore potenziale di 250, poi realizzabile in vendite differite anche di un decennio. Con questi soldi cancellare la somma equivalente di titoli di debito, circa il 10%, rimborsandola. Tale mossa porterebbe al risparmio annuo di circa 10 miliardi di spesa per interessi e ad un aumento della credibilità del debito sovrano che ne ridurrebbe il costo di rifinanziamento, altri 4 miliardi annui guadagnati, complessivamente un risparmio dell’1% del Pil ogni anno.
Trasferimento di parte del personale amministrativo statale ad aziende private di servizi. Parte del personale dello Stato deve restare in dipendenza diretta (militari, polizia, insegnanti, ecc.) e meglio remunerato. Ma un’altra parte può essere spostata ad aziende private che si impegnano ad offrire allo Stato il servizio amministrativo, senza licenziare alcuno e remunerandosi in base al risparmio così ottenuto in relazione ai costi storici della funzione. Ci sono esempi ottimi in altri Paesi. Il risparmio possibile, a regime dopo un triennio, è sui 30 miliardi annui (estendendo analoga misura a Regioni e Comuni)
Meno tasse/meno trasferimenti. Invece di finanziare con spesa pubblica alcune imprese si riducano le tasse a tutte per una cifra equivalente. Si tratta di 25 miliardi circa di spesa e tasse in meno.
Ricalcolo dei costi delle funzioni pubbliche essenziali. Nella sanità e tanti servizi pubblici si possono tagliare i costi di almeno il 20% senza intaccare la qualità del servizio. Altri 25/30 miliardi annui risparmiati.
A queste misure si aggiungano detassazioni stimolative selettive (cinema, spettacolo, aziende tecnologiche in aree specifiche) per sviluppare settori ora gracili e che comunque non producono gettito e dipendono da finanziamenti pubblici.
Il tutto comporta un risparmio, in tre anni, di circa 100 miliardi di spesa pubblica strutturale che è compatibile sia con l’obiettivo di pareggio di bilancio nel 2014 sia con la riduzione del debito sia con una detassazione sostanziale. Prima di dire che le tasse non possono scendere, rischiando la sacrosanta rivolta dei liberisti, provi Berlusconi a fare le cose qui dette. Se qualcuno gli dice che sono infattibili mi chiami.