La linea adottata dai governi nel recente summit europeo lascia intendere che ritengano possibile gestire e risolvere la crisi del debito e salvare l’euro attraverso mezzi ordinari: un fondo salva stati più robusto (Esm) ed una formula di miglior equilibrio tra rigore e sviluppo senza cambiare il modello di statalismo inefficiente. Io, invece, penso che: (a) il problema del debito europeo richieda soluzioni straordinarie, d’eccezione; (b) che ci voglia un cambiamento sostanziale di modello. E lo penso non solo perché è chiaro negli scenari che faccio per mestiere, ma anche perché lo si intravede negli stessi atti europei. Nel linguaggio costitutivo dello Esm (Meccanismo europeo di stabilità) si considera l’eventualità di “ristrutturazioni” di alcuni debiti nazionali, cioè di insolvenze degli stessi. Ciò fa sospettare che gli stessi eurogoverninon credano veramente che un Esm con dotazione di soli 500 miliardi di euro possa essere sufficiente a rifinanziare debiti i cui titoli il mercato vede ormai come carta straccia. Ma sono sufficienti, appunto, per ripagare una percentuale di tali debiti una volta dichiaratane l’insolvenza, eventualmente. Sul piano delle regole di stabilità e sviluppo, poi, i linguaggi che stanno emergendo sono di evidente taglio del welfare, ma senza il progetto di uno nuovo adeguato ai tempi. In sintesi, l’Europa non riesce a definire vere soluzioni di “stabilità e sviluppo” e a dire la verità. Dobbiamo pensarci noi, via stampa.
Parecchie euronazioni non riusciranno a ripagare il debito perché il suo peso impedirà la crescita. Per questo, la scorsa settimana, tali debiti sono stati declassati. Se la loro credibilità peggiora l’Esm non avrà scala sufficiente per rifinanziarli e l’insolvenza pur solo parziale di uno porterebbe alla crisi per contagio di tutti. Pertanto la soluzione è straordinaria: europeizzare i debiti nazionali per permettere alle nazioni nei guai di recuperare competitività via detassazione. La Germania insiste per una Eurozona dove le nazioni siano le sole responsabili del loro ordine contabile. Ma la creazione dell’Esm smentisce questa impostazione. E ciò fornisce l’occasione per sperimentare forme forti di europeizzazione del debito, concetto da tempo sostenuto da Tremonti, ma in modo tecnico debole sul piano delle garanzie finanziarie. Io esplorerei la possibilità di conferire una parte dei patrimoni pubblici nazionali ad un Fondo europeo che sostituisce una parte dei titoli di debito nazionali con proprie emissioni garantite dai patrimoni stessi. In questo scenario l’integrazione abbasserebbe il costo di rifinanziamento dei debiti rendendoli più sostenibili e ne ridurrebbe il volume. Per esempio: l’Italia conferisce al Fondo europeo, per dire, 500 miliardi di patrimonio pubblico (immobili) ed il suo debito di responsabilità nazionale passa da 1800 a 1300 miliardi, sotto il 90% del Pil mentre oggi punta al 120%. Se la Germania impedirà tale soluzione dovremo comunque fare nazionalmente la stessa operazione patrimonio/contro debito creando un Fondo sovrano dedicato. Che sollievo: più spazio nel bilancio per arrivare alla condizione di deficit zero ed allo stesso tempo poter detassare l’economia per rilanciare la crescita e finanziare il federalismo fiscale. Con soluzioni ordinarie non ce la faremo.
Così come non ce la faremo mai a fare più crescita se non cambieremo il modello economico lasciando più spazio al libero mercato. Da un lato, sta succedendo, appunto, per impossibilità di continuare a finanziare in deficit il sistema corrente. Dall’altro, sta avvenendo senza una teoria delle nuove garanzie compatibili con l’efficienza economica, diventando così una riduzione delle garanzie stesse alla quale la gente reagirà con dissenso. Pericoloso. Per questo dovremmo sui giornali aggiungere ai commenti anche la ricerca del nuovo modello di welfare. Io lo tenterò, ma voi lettori dovreste chiedere che tanti altri lo facciano.