Dobbiamo valutare la crescente determinazione della Germania nel prendere il comando dell’eurozona e dettarne le regole. L’azione di Berlino sta scardinando l’Ue e promette la germanizzazione economica delle euronazioni. In questo scenario l’Italia ha due problemi. Non potrà più usare il “cuscinetto” europeo per difendere il proprio interesse nazionale perché i poteri della Commissione sono annullati ed i requisiti di consenso del tavolo intergovernativo sono superati dall’egemonia tedesca, la Francia non solo arresasi alla Germania, ma perfino ascarizzata da questa. Tremonti ha sempre puntato sull’intesa con Parigi per ammorbidire i diktat tedeschi, ma questa carta non è più giocabile. Le condizioni tedesche, se non attutite, comporterebbero una deflazione depressiva nel mercato interno italiano. Cosa potrà fare Roma?
Analizziamo, prima, sia l’interesse nazionale geoeconomico “vero” della Germania sia la sua posizione esplicita, e la relazione tra i due. Per Berlino l’Eurozona è di vitale importanza perché la moneta unica comprime la concorrenza intraeuropea, in particolare dell’Italia che è seconda potenza manifatturiera ed esportatrice nell’area. Inoltre, il dominio continentale fornisce alla Germania più forza negoziale con America e Cina, convertibile in vantaggi nazionali, per esempio le forniture di grandi sistemi alla seconda, con contratti lunghi. Tale megavantaggio, però, dipende dalla capacità delle nazioni di stare dentro un euro disegnato per essere adatto al modello economico tedesco, ma non agli altri. Da anni Berlino valuta l’opzione di un crollo dell’euro per insostenibilità, l’emergere di una Germania neoimperiale, con moneta superforte, entro una Ue solo nominale, con il corredo di un asse Berlino-Mosca, la seconda interessata al contenimento della Cina, per la creazione di uno spazio economico euroasiatico tedesco. Ma gli scenari indicano che la Germania subirebbe un contenimento ed una concorrenza valutaria intraeuropei insostenibili ed altri svantaggi. Pertanto Berlino deve sostenere l’eurosistema e, nel momento in cui questo traballa, intervenire decisamente per rafforzarlo. Ma non ha il consenso interno per usare risorse nazionali allo scopo di garantire i debiti europei e, per averlo, deve mostrare che la Germania comanda ed è in grado di ottenere la germanizzazione economica delle altre euro nazioni. Per questo chiede e pretende: (a) il divieto di fare deficit annuo nel bilancio pubblico, come già deciso in Germania con legge costituzionale; (b) il rientro del debito entro la soglia del 60% del Pil il prima possibile; (c) età pensionabile a 67 anni; (d) distacco del salario dall’adeguamento automatico all’inflazione. Ecc.. Come mai la Germania impone condizioni che sono vistosamente inapplicabili, in tempi brevi, nel più delle euronazioni o, che se applicate, comporterebbero impatti deflazionistici depressivi complicati da rivolte sociali? Non lo vuole sul serio. A Berlino basta che gli Stati accettino “la tendenza”, formalmente, per tranquillizzare le masse tedesche (ed il mercato) e, soprattutto, la “cooperazione rafforzata” nell’Eurozona a guida tedesca. Poi ogni nazione negozierà con Berlino una propria agenda, più o meno flessibile a seconda del grado di accettazione dell’annessione nello spazio economico tedesco. Con l’eccezione della Francia premiata per essersi arresa con l’imposizione di meno rigore. Quindi Roma avrà uno spazio negoziale, ma molto stretto e forse non in grado di farle difendere l’industria del Nord dalla compressione tedesca. Cosa potrebbe allargare tale spazio o perfino invertire il destino di annessione? Solo una manovra straordinaria di riduzione del debito (vendendo patrimonio e non con tasse) che renderebbe l’Italia meno ricattabile e meglio in grado di difendere la propria sovranità economica residua. E più crescita, presto, disperatamente.