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Carlo Pelanda: 2011-1-2Libero

2011-1-2

2/1/2011

Una nuova formula per più crescita

Va applaudito l’impegno assoluto di Berlusconi di vietare la tassa sui patrimoni come soluzione di abbattimento parziale dell’enorme debito. Sarebbe depressiva ed inefficace. La giusta soluzione è “di mercato”: fare più crescita. Ma per renderlo possibile sarà inevitabile dover attuare una manovra straordinaria e preliminare di riduzione del debito. 

La spesa annua dello Stato per pagare gli interessi ai possessori di titoli di debito è di tale entità (attorno ai 70 miliardi, variabili in relazione ai tassi ed alle condizioni di rifinanziamento) da togliere spazio di bilancio sia per la detassazione stimolativa sia per investimenti modernizzanti. Altre risorse sono reperibili tagliando la spesa pubblica, ma va considerato l’effetto deflazionistico di tale riduzione che ne suggerisce un’applicazione graduale. Anche se la spesa pubblica è inefficiente, marcia o peggio, comunque è soldo immesso nel sistema. Se lo tolgo, e non libero parallelamente altre fonti di creazione di ricchezza, l’effetto sul sistema è impoverente. Berlusconi, per fare più crescita, punta alla liberalizzazione e semplificazione burocratica. Certamente sarebbe una leva di crescita, ma senza una riduzione dei costi fiscali ne indurrebbe ben poca. Inoltre, per i prossimi due anni i tagli alla spesa saranno necessariamente messi al servizio della riduzione del deficit – e non dello stimolo alla crescita – per convincere il mercato che il debito italiano è sotto controllo. Come farà, quindi, Berlusconi a dare “una frustata” alla crescita se mancano le risorse per detassare? Il mercato finanziario, poi, non si accontenterà di vedere che il debito italiano crescerà di meno, ma vorrà vederlo scendere perché non si fida più della capacità degli Stati di ripagare i loro debiti, particolarmente quelli monumentali come il nostro. E se lo non vedrà, manterrà elevato il premio richiesto per rifinanziarlo, con il rischio di portare l’Italia a dover dichiarare l’insolvenza in caso di picco di sfiducia. Ciò costringe il governo a dare priorità al rigore sulla crescita. Entro questa gabbia Berlusconi ha poco spazio di movimento. Per uscirne ha la sola strada di abbattere una parte del debito e, conseguentemente, una percentuale della spesa per interessi da poter mettere poi a servizio della detassazione stimolativa. Se è chiaro, allora il punto è quanto debito potremmo tagliare, con una manovra straordinaria secca, per ottenere un effetto utile. Ipotizzo che basti il 10%, cioè 180 miliardi. Come reperibili? Circa 70 vendendo partecipazioni statali, 110 alienando immobili e concessioni. Con quale formula? Vendere di colpo sul mercato tali beni comporterebbe distorsioni e svalutazioni. Per questo bisogna creare un “Fondo sovrano italiano” che riceva dallo Stato i beni detti per venderli, e altri in aggiunta da non vendere. Poi questo li mette tutti a garanzia di un prestito chiesto al mercato. La liquidità così ottenuta ripaga con cassa 180 miliardi di titoli scaduti. Questa cifra va in sottrazione al volume assoluto del debito statale. Poi il Fondo sovrano, con calma, venderà i beni detti valorizzandoli, magari cartolarizzando quelli residui per trasformare immobili in liquidità da reinvestire. Il mercato finanziario, vedendo questa operazione, certamente valuterà più affidabile il debito italiano e ciò ridurrà la differenza di rischio (spread) con quello tedesco, abbassando  il costo di rifinanziamento. Ma, soprattutto, le casse statali risparmieranno almeno 12 miliardi annui per minore spesa di interessi ed altri costi connessi. Tale cifra, quasi l’1% del Pil, potrà essere usata per fare più crescita via stimolazione fiscale, mantenendo allo stesso tempo il rigore. Resto disponibile con i miei collaboratori, gratuitamente per un’Italia che tornasse audace ed innovativa, per dettagliare la tecnica e dimostrare la fattibilità di quanto qui proposto.

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