Casi singoli, soluzioni sistemiche. Una piccola impresa che sta volando sul mercato, e assumendo, non ottiene dalla banca il credito richiesto perché i suoi bilanci, colpiti dalla recessione passata, non le danno il merito di credito secondo i nuovi parametri bancari. La soluzione c’è: un fondo che analizza le imprese con criteri più corrispondenti agli andamenti in atto e fornisce alla banca una garanzia a favore dell’azienda affinché possa ridurre, secondo i suoi parametri, il rischio del prestito, concedendolo. Il ministero dello Sviluppo economico sta predisponendo un tale fondo di garanzia, ma il disallineamento con il ministero dell’Economia ne sta tardando la realizzazione. Una simulazione fatta dal mio gruppo di ricerca nel sistema industriale del nord mostra che centinaia di piccole aziende potrebbero andare in boom, assumere nuovo personale e produrre crescita nell’indotto se tale fondo di garanzia fosse reso operativo. Il contesto riguarda la ripartenza di aziende stressate dalla crisi passata in una situazione di restrizione del credito per questa tipologia di unità economiche. La soluzione c’è tagliando i tempi burocratici e simili per applicarla. Altro caso. Un’impresa in pieno boom chiede ai lavoratori impegni straordinari e questi volentieri li danno. L’imprenditore vorrebbe premiare di più i lavoratori, ma si trova in una situazione paradossale, a leggi correnti, tra il rischio un aumento dei costi fissi e il dare premi insufficienti. Spesso la questione è risolta “in nero”, ma è sbagliato. Ci vorrebbe un meccanismo premiale basato sulla variabilità temporale dei profitti, cioè una libertà per l’azienda e i suoi lavoratori di siglare contratti specifici molto più ampia di quella oggi prevista dalle leggi e dagli accordi sindacali. L’occupazione è una priorità, ma lo è anche l’aumento dei salari – mediamente insufficienti - per incrementare i consumi e il Pil. La flessibilità salariale darebbe un buon contributo a tale obiettivo, ma le norme e gli atteggiamenti sindacali correnti la ostacolano. I casi citati servono a segnalare in concreto che una buona parte della stimolazione economica per accelerare la ripresa potrebbe avvenire modificando in senso pragmatico le leggi economiche e aumentando la velocità di esecuzione delle azioni pubbliche di sostegno, senza nuovi impegni di spesa. Suggerisco un censimento in dettaglio delle norme frenanti, per modificarle in senso accelerante, dal quale, ipotizzo, potrebbe derivare un Pil aggiuntivo di almeno l’1,2% oltre a quello in atto e circa 400mila occupati in più in un biennio.