La ripresa è vera o falsa? E’ vera, ma proprio per questo va consolidata. Infatti bisogna concentrare l’attenzione sul come rendere strutturale una congiuntura favorevole piuttosto che continuare a lamentarsi del fatto che la crescita sia ancora poca e lenta, cioè attorno allo 1% del Pil nel 2015. Nel 2016 è prevista una crescita dello 1,6%, ma in realtà potrebbe essere doppia, se fatte le scelte giuste. La congiuntura favorevole dipende dall’effetto combinato del calo dei prezzi petroliferi e dell’azione espansiva della Bce. La svalutazione dell’euro ha dato impulso all’export e all’importazione di flussi turistici. La garanzia di fatto della Bce sul megadebito italiano ha fatto risparmiare denaro pubblico, ha favorito l’afflusso di investimenti esteri in Italia e ha aiutato la riparazione del sistema bancario. Un effetto diretto dell’azione del governo non è ancora rilevabile, ma quello indiretto è stato positivo: non ha esagerato sul lato del rigore, come i governi precedenti, e usa linguaggi espansivi di futura detassazione e di politiche pro-mercato che, seppure non ancora visibili, aiutano sul piano psicologico la fiducia, cioè la conversione del risparmio in consumi anche se non ancora in sufficienti investimenti privati. La ripresa è vulnerabile alla fine delle buone condizioni esterne: se l’euro tornasse de-competitivo, se ci fosse incertezza sulla garanzia Bce sul debito italiano e se il prezzo dell’energia si impennasse, L’Italia tornerebbe in recessione. Ma è più probabile che queste condizioni favorevoli, se la crisi cinese troverà limite e se le elezioni in Grecia e in Spagna non provocheranno nuovi dubbi sulla tenuta dell’Eurozona, durino nel 2016 e parte del 2017. Il governo sta predisponendo misure di stimolative, gli va riconosciuta buona volontà entro i vincoli di bilancio, ma bene che vadano queste avranno effetti zerovirgola. Il punto: pur considerando la promessa di detassazione nel 2017-18, il governo può fare poco nei prossimi mesi sul piano degli stimoli diretti, ma può fare molto per favorire gli investimenti privati che, se ripartissero, innescherebbero un ciclo lungo di crescita robusta. In particolare: cambiare norme e regole che impediscono al tanto risparmio cumulato in Italia di trasformarsi in investimenti sull’Italia stessa e favorire l’aumento degli strumenti finanziari (non-bancari) di investimento e la loro operatività. In conclusione, bisogna cambiare la logica: non aspettarsi dallo Stato troppe cose, ma chiedergli di rendere più fluido il ciclo degli investimenti. Se così, la già forte industria italiana volerebbe.