La turbolenza globale crea un rischio per l’export italiano. Questo contribuisce per più del 30%, direttamente e indirettamente, alla formazione del Pil e un suo calo in fase di ripresa lenta del mercato interno potrebbe generarne l’interruzione, con impatto pesantissimo. Ma come potrebbe l’Italia difendere i suoi interessi a livello mondiale? Un mezzo c’è. La Germania, in cui l’export contribuisce per più del 50%, direttamente e, soprattutto, indirettamente alla formazione del Pil, e l’Italia sono ugualmente vulnerabili a crisi dell’export ed hanno l’interesse comune e prioritario a prevenirle. Agendo sul G20? Non ha vere capacità di governance globale. Sul G7, allora? Questo ha più capacità di coordinamento tra Banche centrali e governi partecipanti e include sia un’altra nazione maxiesportatrice quale il Giappone, per altro in recessione, e la maggiore locomotiva, al momento l’unica trainante, della domanda globale, cioè l’America. In questa sede potrebbero essere decise due azioni. La prima, con effetti di medio-lungo termine, riguarda l’accelerazione dei trattati, ora in negoziazione, per la formazione di un mercato integrato tra Ue ed Usa (TTIP) ed un altro tra Usa e 10 nazioni nell’area del Pacifico (TPP), possibilmente collegati. Una così vasta area di libero scambio darebbe a tutti più volumi di export. La seconda riguarda interventi immediati per sostenere la domanda globale priva del traino della locomotiva cinese. Solo le Banche centrali possono farli. Quella americana, sotto pressione perché un suo errore farebbe saltare il globo, alzerà il costo del denaro, ma pochissimo (0,25%) e lasciandolo invariato a lungo. Tale scelta manterrà in tiro la locomotiva americana, eviterà sconquassi globali, ma non alzerà il dollaro come servirebbe agli esportatori europei e asiatici in difficoltà. Pertanto, la Cina in panne a lungo, la domanda globale avrà bisogno del traino della locomotiva europea, ferma da anni. Per riaccenderla velocemente, data la lentezza riformatrice dei governi, serve che la Bce aumenti ancora di più lo stimolo monetario per forzare la crescita interna dell’Eurozona affinché questa assorba più esportazioni e gli esportatori importino più merci eurodenominate. Per dare questo impulso alla Bce, che saprebbe come fare, è necessaria una copertura politica da parte della Germania che finora mai l’ha data per una paura tecnicamente infondata dell’inflazione, ma che adesso dovrebbe aver più paura degli effetti di una crisi della domanda globale. Per questo spero nell’opzione qui ipotizzata e che Roma prema su una Berlino indecisa.