In marzo, forse già dal 9, inizierà il programma di allentamento monetario della Bce in forma di acquisto di 60 miliardi al mese sia di titoli di eurodebito (45) sia di altre obbligazioni (15) fino all’autunno del 2016, ma scadenza prolungabile, per un totale di circa 1,1 trilioni di euro. Tale mossa è un modo indiretto per stampare moneta, aumentando la liquidità circolante nonché la sua movimentazione verso impieghi generativi di crescita. Gli effetti attesi sono: (a) svalutazione dell’euro e conseguente impulso all’export ed all’attrazione di investimenti e turismo da aree non-euro ; (b) riduzione dei rendimenti dei titoli di debito sovrano per la presenza di un compratore massivo con la conseguenza di spostare gli investitori finanziari ed il risparmio verso impieghi meno “cassettisti” e più “di mercato”, per esempio le Borse; (c) eliminazione del rischio di insolvenza dei debiti pubblici nazionali, proprio perché c’è un loro compratore che di fatto si trasforma in garante, e conseguente riduzione dei costi di rifinanziamento e servizio del debito stesso, cosa che, per esempio, permetterà al bilancio statale dell’Italia di risparmiare 10-12 miliardi nel periodo detto; (d) aumento dell’ottimismo economico diffuso, cioè della fiducia, per trasferire più risparmio verso consumi ed investimenti. Tali effetti, combinati con quello di riduzione dei costi dell’energia, dovrebbero produrre, in teoria, una crescita dell’economia reale in tutta l’Eurozona. Il mercato sta scontando in anticipo tali effetti e già si osserva un miglioramento della fiducia, della domanda di credito, della crescita, ecc. Tale (mega)stimolo monetario verrà interrotto dalla Bce quando l’inflazione mostrerà di tornare verso il 2%, obiettivo considerato come punto di equilibrio tra postura di crescita del sistema e difesa del potere di acquisto della moneta, cioè come “inflazione sana”. L’iniziativa della Bce va vista come un salvavita e per questo induce la domanda: funzionerà? Dubbi: (1) l’inefficienza e rigidità dei modelli economici di parecchie euronazioni, particolarmente Francia ed Italia, rallenterà la trasmissione dello stimolo monetario all’economia reale; (2) difficilmente il dollaro e le altre monete si faranno mettere in crisi competitiva dalla svalutazione dell’euro. Infatti la Bce ha lasciato flessibile il termine dell’allentamento monetario per il rischio che i suoi effetti siano più lenti e minori di quanto previsto. Il punto: gli Stati dovrebbero avviare uno stimolo fiscale (riduzione delle tasse) che accompagni quello monetario per dargli effetto certo e massimo.