Come valutare la volontà del governo di ottenere l’equilibrio di bilancio attraverso tagli della spesa e non con nuove tasse? A favore degli scettici ci sono argomenti solidi. Il governo Letta, finora, ha evitato di far pagare alcune tasse, ma ne ha aumentate altre, con un saldo complessivo di circa 800 milioni di carichi fiscali in più, senza contare l’aumento dell’Iva. La presenza nella maggioranza di un partito che basa la sua offerta politica sul mantenimento della spesa pubblica e di altri non troppo insistenti nel tagliarla, rende improbabili riduzioni sostanziali di spesa. Se poi si aggiunge il clima pre-elettorale è difficile pensare che i partiti si espongano agli inevitabili dissensi degli interessi colpiti dai tagli. Ma ci sono vincoli stringenti sul lato opposto. L’economia italiana ha perso dal 2009 quasi il 10% del Pil e le previsioni correnti indicano una prospettiva di crescita minima con rischi di ulteriore recessione. Il motivo di questo impoverimento è solo in parte minore dovuto alle conseguenze recessive della crisi finanziaria del 2008 e dipende principalmente dalla scelta di pareggiare il bilancio, per convincere il mercato che l’Italia sarà in grado di ripagare il proprio debito, alzandole tasse e non riducendo la spesa. Ora questa politica non può più essere perseguita. Il drenaggio fiscale eccessivo, infatti, riduce la crescita con un impatto negativo prospettico e strutturale sul gettito fiscale, rendendo così decrescente l’affidabilità del suo debito e quindi il rischio di fallimento della nazione (la perdita dell’accesso ai mercati internazionali per il rifinanziamento del debito). Da un lato, resta la garanzia della Bce di intervento d’emergenza in tale evenienza. Dall’altro, tale garanzia della Bce ha limiti (motivo per cui Bce stessa ed eurogoverni spingono l’Italia a non arrivare a questo punto). Pertanto un qualsiasi governo italiano dovrà per forza mantenere l’equilibrio di bilancio tagliando spesa e tasse. Infatti Saccomanni si sta attrezzando per farlo attraverso un Commissario con poteri speciali. Ma quanto potrà tagliare? Il governo ha come obiettivo dai 5 ai 7 miliardi nel breve termine per ridurre il prelievo fiscale sulle buste paga e rilanciare i consumi. Molti colleghi economisti valutano che sia troppo poco. Ma il punto è che se il governo ci riuscirà, allora inizierà una nuova era dove sugli 807 miliardi di spesa pubblica (52% del Pil) almeno 100 non essenziali, e quindi tagliabili, saranno cancellati e con essi un valore equivalente di tassazione, negli anni. Ciò salverebbe l’Italia.