Il pacchetto di misure economiche varato sabato scorso dal governo è certamente encomiabile, ma ha poco impatto sulla priorità di inversione della tendenza recessiva. Cosa lo avrebbe? Le seguenti misure “macro”: (a) pagamento immediato di almeno 50 miliardi dei debiti, su 100 complessivi, delle amministrazioni pubbliche nei confronti delle imprese; (b) rinuncia all’aumento dell’Iva; (c) riduzione immediata di una parte del carico fiscale sulle imprese combinata con un progetto per portarle in un triennio a non più del 20% dell’utile; (d) avvio di operazioni patrimonio contro debito per ridurlo di almeno 1/5 (400 miliardi) nel prossimo triennio. La prima misura, secondo le stime del mio gruppo di ricerca, servirebbe ad immettere subito liquidità nel sistema, con un impatto positivo sul Pil 2013 di quasi l’1,5%, quantità che ne ridurrebbe la caduta (ora la tendenza è verso il -2%). Seconda: la cosa più controproducente in una situazione di mercato interno dove calano i consumi è quella di aumentare l’Iva che aumenterebbe i prezzi dei beni, anche considerando l’impatto inflazionistico particolarmente grave sui redditi bassi e fissi. La terza servirebbe a far calcolare alle imprese più utili nel futuro così convincendole oggi ad assumere, questa l’unica misura efficace per riassorbire la disoccupazione giovanile e no. La quarta è vitale per rendere più affidabile il debito italiano, con un risparmio dei costi di rifinanziamento, e per ridurre di almeno 20 miliardi la spesa per interessi che grava sul bilancio pubblico annuale. Per realizzare l’aliquota di patrimonio pubblico disponibile (immobili, partecipazioni e concessioni) non occorre venderlo subito, ma basta impacchettarlo in un fondo finanziario con la missione di dismetterlo in 25 o 30 anni, incassando però subito il valore (meno uno sconto) messo ad incanto per trasformarlo in abbattimento del debito. Proprio il risparmio strutturale di 20 miliardi + 5 (riduzione del costo di rifinanziamento grazie alla migliore affidabilità) annui da questa operazione renderebbe meglio fattibile la riduzione permanente di circa 60 miliardi di spesa per attuare la detassazione detta sopra e quella sulle famiglie. I 35 miliardi restanti da tagliare in tre anni, infatti, sono ottenibili eliminando sprechi senza toccare funzioni essenziali (salute, parte medica, tutele ai bisognosi, sicurezza ed istruzione) e rispettando l’eurovincolo del pareggio di bilancio. Con tali misure è probabile una crescita oltre il 2,5% del Pil già nel 2014. Forse ho annoiato, ma è importante confrontare cosa viene fatto e cosa bisognerebbe fare.