L’intensità della crisi sta spingendo la politica a produrre soluzioni, ma non si nota ancora la consapevolezza che queste implichino un cambiamento sostanziale di modello economico. I governi Berlusconi e Monti hanno dovuto fronteggiare la crisi di fiducia sul debito italiano, a partire dal 2010, innescata dal caso greco che mostrò al mercato l’indisponibilità dell’Eurozona a guida tedesca di garantire i debiti pubblici delle euronazioni. Senza tale garanzia il mercato ritenne che il monumentale debito italiano fosse a rischio di insolvenza e portò il suo costo di rifinanziamento verso l’insostenibilità. Quei governi gestirono l’emergenza aumentando le entrate statali per dimostrare che l’Italia era in grado di ripagare il debito. La soluzione emergenziale di austerità ebbe lo scopo di dare un motivo alla Bce per garantire il debito italiano nonostante l’opposizione della Germania. Draghi diede questa garanzia nell’estate 2012. Il mercato ne prese atto e da allora iniziò a ridurre il premio di rischio per comprare debito italiano, riportandolo entro la sostenibilità. Ma questa soluzione ora si rivela controproducente: (a) l’aumento abnorme delle tasse ha creato una recessione devastante nel mercato interno; (b) il minor gettito fiscale dovuto all’impoverimento mette comunque a rischio i conti pubblici; (c) la garanzia Bce è condizionata al pareggio di bilancio e se il mercato vede che questo non potrà essere raggiunto oppure che sarà ottenuto con ulteriore austerità depressiva, allora riprenderà a scommettere su una crisi ingestibile dell’Italia e sulla conseguente dissoluzione dell’euro. Il punto: l’alternativa alla soluzione di austerità era ed è quella di tagliare la spesa pubblica, e le tasse in quantità equivalente, per ottenere il pareggio di bilancio senza deprimere la crescita economica. I governi detti non la hanno nemmeno tentata per paura dei dissensi. Il futuro nuovo governo dovrà necessariamente tagliare la spesa e le tasse, per una quantità tra i 90 e 120 miliardi strutturali, cioè cambiare il modello economico della nazione. I punti programmatici offerti dai partiti sono ancora lontani da questa verità perché la politica, tutta, teme la reazione di chi vive di spesa pubblica. Ma se non vi sarà la nuova soluzione la reazione della gente che vive di mercato, impoverita, potrebbe essere perfino più disperata e violenta. Ecco perché il nuovo governo dovrebbe essere di convergenza tra destra e sinistra: per cambiare modello bilanciando gli interessi economici, responsabilmente.