Cosa succederà al debito italiano nell’autunno 2016 quando la Bce smetterà di comprarlo e, di fatto, garantirlo? Se l’Italia esibirà una ripresa robusta, allora il mercato lo riterrà sostenibile e non pretenderà un premio di rischio eccessivo per rifinanziarlo. Lo pretenderà, invece, se la crescita sarà insufficiente. Ora appare più alta la probabilità del secondo scenario perché la trasmissione della iperliquidità dalla Bce all’economia trova dighe: la domanda di credito sale, ma poco per ancora scarsa fiducia; l’offerta di credito rimane strozzata da problemi nel sistema bancario; il governo non sta preparando tagli rilevanti di spesa e tasse per incentivare consumi ed investimenti. In sintesi, l’export avrà un impulso forte dalla svalutazione dell’euro, ma il mercato interno resterà in ripresa lenta e poca. Nel 2015 l’Italia crescerà sotto l’1% e nel 2016 poco sopra: il mercato percepirà una stagnazione endemica che compromette la sostenibilità del megadebito. La Bce, confermando nel modello del QE la responsabilità delle nazioni (per l’80%) sul loro debito e non quella solidale europea, ha dato motivo al mercato per differenziare i rischi di insolvenza quando il QE stesso finirà. La Bce tenterà un rattoppo, ma è prudente progettare operazioni rapide o di (mega)riduzione del debito oppure di (mega)stimolo fiscale alla crescita. Le seconde sono improbabili nei prossimi 18 mesi. Quindi bisognerà mostrare al mercato di saper abbattere di un 400-500 miliardi il debito, in un triennio, portandolo verso il 100% del Pil, poi da qui sostenibile. Come? Impacchettando un valore equivalente di patrimonio pubblico entro veicoli con la missione di valorizzarlo ed emettendo obbligazioni, con sottostante il rendimento della valorizzazione, con le quali pagare i titoli di debito giunti a maturazione. Inoltre il bilancio godrebbe di almeno 20 miliardi annui di costi in meno del debito. Fattibile? Chi scrive ne è convinto in base alle simulazioni del suo team di ricerca: sono possibili formule miste di valorizzazioni e dismissioni ed obbligazioni ibride/variabili attraenti per investitori istituzionali, meglio se con “bollino blu”, ecc. Mancano dati sul patrimonio disponibile perché non c’è un censimento finanziarizzabile ed importanti dettagli di procedura istituzionale perché alcun governo mai ha considerato tale operazione in formato “megasintetico”. Così, in caso di guai, il debito verrà garantito da tasse sul patrimonio dei privati. Appare evidente che sia meglio un’operazione patrimonio pubblico contro debito, sorprendente che il tema non sia in priorità.