Il tema economico del 2013 è chi e come riuscirà ad invertire il prima possibile la recessione in Italia e nelle altre aree dell’Europa in sofferenza. La risposta considerata più ovvia è che tali soggetti siano i governi e che il “come” sia la loro capacità di collaborare per rendere i debiti nazionali meno costosi e, sul piano delle singole nazioni, di favorire la crescita via riforme stimolative. Ma non è realistico pensare che gli eurogoverni siano in grado di compiere tali azioni nel breve termine. La garanzia collettiva dei debiti nazionali dell’Eurozona è ostacolata dal dissenso dell’elettorato tedesco, che andrà alle urne nel settembre 2013. Anche nel migliore dei casi è comunque un evento remoto perché condizionato all’ottenimento del pareggio di bilancio in ogni Stato, obiettivo lontanissimo in Francia, molto più vicino in Italia, ma la cui credibilità è valutabile solo dopo almeno due anni. Il vincolo del pareggio, poi, vieta la spesa pubblica in deficit e ne impone il taglio. Oppure impone aumenti delle tasse. Ma questi hanno un impatto depressivo così forte da sconsigliarli. Pertanto il pareggio di bilancio, strumento scelto per ridurre il debito dell’Eurozona, dovrà essere perseguito prevalentemente con tagli alla spesa dai governi sia di sinistra sia di destra. Ma tagliare la spesa è un’azione difficile che crea dissenso e ciò la renderà lunga. Per tale motivo non possiamo aspettarci dai governi azioni di inversione rapida della tendenza recessiva, pur importantissimo il loro comportamento per la ricostruzione della fiducia nel futuro. Quindi la speranza, realistica, di inversione rapida deve concentrarsi su fattori non-fiscali: (a) la ripresa del credito bancario; (b) la competitività del cambio per favorire le esportazioni; (c) la ripresa della fiducia completa sulla continuità dell’euro e la conseguente riduzione dei costi dei debiti nazionali. L’unico soggetto che può ottenere tali obiettivi è la Bce. Draghi, in un importante intervento la settimana scorsa, ha fatto intendere che guiderà le politiche della Bce per tali scopi, con determinazione. Da un lato, la politica espansiva della Bce è limitata dall’ossessivo rifiuto della Germania di rischi anche minimi di inflazione. Dall’altro, Draghi sta forzando la resistenza tedesca, per altro più morbida per l’evidenza che l’eccesso di austerità impoverente potrebbe distruggere l’eurosistema. Quindi è realistico pensare che la Bce porti l’Eurozona all’inversione della recessione, in Italia alla fine del 2013, se i governi, pur non potendo fare molto, non la ostacoleranno con scelte irrazionali.