L’Italia è in emergenza perché il mercato teme l’implosione dell’euro e/o la sua uscita al traino della crisi finanziaria spagnola. Per questo il premio di rischio richiesto dal mercato per comprare titoli di debito italiani e tedeschi è di 5 punti percentuali (spread) mentre in base ai fondamentali economici dovrebbe essere, come calcolato dal Centro studi di Confindustria, sotto il 2%. Il costo complessivo di rifinanziamento del debito italiano sta andando oltre il 6%, verso il 7%. Il Tesoro italiano potrà reggerlo, ma solo per qualche mese. Poi, in caso, dovrà arrendersi e richiedere l’aiuto combinato della Ue, Fmi e Bce, perdendo la propria sovranità residua. Il punto: tale emergenza e conseguente scenario catastrofico sono del tutto ingiustificati perché dipendono da errori di percezione sul vero stato economico dell’Italia e dall’incapacità dell’Eurozona di dare un segnale di fiducia al mercato sulle sorti dell’euro. Da un lato, l’Italia merita una valutazione guardinga da parte del mercato per l’enormità del suo debito complicata dall’assenza di crescita e dalla bassa qualità del suo sistema politico. Dall’altro, è una nazione industrialmente forte, seconda solo alla Germania in Europa e negli ultimi mesi ha avviato un riaggiustamento fiscale e di bilancio come nessuna altra nazione al mondo. Infatti meriterebbe uno spread sotto il 2% ed un costo di rifinanziamento complessivo del debito attorno al 3%, in discesa. Ma, appunto, il mercato lo sta spingendo verso l’8%. Questo è il problema. Le soluzioni sono due. Per prima cosa differenziare l’analisi sulle situazioni di Italia e Spagna, diversissime, affinché la crisi della seconda (sbolla immobiliare e crisi bancaria complicata dall’assenza di base industriale) non contagi la prima. Colpevolmente, il Fmi non ha voluto farlo nel recente passato ed il mercato che viene orientato dalle sue analisi lo ha seguito. Negli ultimi giorni tale errore (o pressione contro l’Italia?) è stato capito da alcuni attori del mercato e speriamo che ciò possa diffondersi ed avere un effetto di riduzione dello spread. Ma è la Bce ad avere in mano la soluzione che chiuderebbe la crisi in un minuto: fornire liquidità illimitata ai fondi salva-stati e con questo segnalare che l’euro resterà in vita. Ma la Germania non vuole, ritarda la soluzione, e per questo è responsabile di un eccesso di punizione dell’Italia da parte del mercato. In sintesi, 2/3 della nostra crisi ed impoverimento sono imputabili a Berlino e non a noi. Penso sia ora che Roma lo dica e ponga la nuova questione tedesca in Europa.