Un famoso detto di Tremonti è: la crescita non si fa per decreto. Vero, in generale. Ma non lo è nei casi particolari dove la crescita è soffocata da un eccesso di costi fiscali e vincoli regolamentari. L’Italia è uno di quelli, anzi uno dei più evidenti nel mondo: molta crescita può essere fatta via scelte politiche, cioè con “decreti” che liberino l’economico da pesi e lacci. Quattro sarebbero salvifici: (a) taglio, con esecuzione programmata in un triennio, di almeno 100 miliardi di spesa pubblica sincronico con una riduzione delle tasse di 70 miliardi, i 30 di differenza messi a riserva per rendere certo il pareggio di bilancio; (b) trasformazione in liquidità (via obbligazioni) del patrimonio pubblico (immobili, partecipazioni e concessioni sia nazionali sia locali) per abbattere una quota assoluta del debito in un biennio, così recuperando fiducia nel mercato e riducendo la spesa annua per interessi; (c) attivazione per 5 anni una forma di contratto di lavoro a termine, solo per le nuove assunzioni, del tutto libera e basata sulla trattativa diretta tra le parti, poi da formalizzare, in caso, al quinto anno secondo gli standard normativi regolari; (d) condono fiscale oneroso che sani definitivamente i rapporti tra fisco e contribuenti fino al 2010. La prima misura, con le dimensioni dette, è stata attuata nel Regno Unito, messo peggio dell’Italia a causa di una più grave crisi bancaria e deindustrializzazione, e sta funzionando. In Italia, con più industrie, stimo avrebbe un effetto molto maggiore e più accelerato. La seconda è fattibilissima per l’enormità del patrimonio pubblico italiano, superiore ad altre nazioni comparabili, e potrebbe portare ad un taglio secco del debito tra i 300 e 250 miliardi, con un risparmio sulla spesa annua per interessi attorno ai 15 miliardi oltre ad un sollievo generale. La terza è un’azione d’emergenza a termine per aumentare subito l’occupazione e così stimolare i consumi interni e la fiducia. La quarta potrebbe far entrare subito almeno 90 miliardi nelle casse dello Stato mentre il recupero fiscale in atto, dal 2007 al 2010, potrà portarne sì e no 10 all’anno, con costi enormi di apparato e con metodi repressivi che già hanno indotto un numero di suicidi inaccettabili in una nazione civile. Le misure dette sarebbero certamente efficaci per portare la nazione fuori da guai, invertendone l’impoverimento. Il governo Monti, finalmente, ne sta studiando due di quelle dette anche se con una riservatezza che lascia intendere la difficoltà sia tecnica sia di consenso. Infatti ne ho avuto notizia con qualche dettaglio,per altro accennata su alcuni quotidiani, dagli operatori finanziari che in questi giorni hanno incontrato i rappresentanti italiani a Washington in occasione degli incontri sia G20 sia presso il Fmi. Le indiscrezioni fanno intendere che un’operazione patrimonio contro debito, pur di entità inferiore a quella qui ritenuta possibile, potrebbe essere tentata a settembre. Ed il taglio della spesa, molto inferiore a quello qui suggerito, potrebbe essere annunciato a fine mese, ma più probabile in autunno. Senza però il taglio delle tasse. In conclusione, il governo sta prendendo la via qui indicata perché è necessaria, ma in modi incompleti, lenti ed insufficienti. Ha preso la giusta via, ma bisognerebbe spingerlo a fare di più.