Se l’Italia avesse mantenuto la sovranità monetaria, cioè la lira, ora la Banca centrale garantirebbe il debito comunicando che in caso di guai lo potrebbe comprare in quantità illimitate, di fatto stampando moneta. Da un lato, tale misura estrema aumenterebbe il rischio di inflazione prospettica e comporterebbe una svalutazione del valore di cambio della moneta. Dall’altro, il mercato non sconterebbe un rischio elevato di insolvenza e porterebbe il costo di rifinanziamento del debito a livelli sostenibili. La svalutazione del cambio aiuterebbe l’export e l’attrazione di turismo e quindi la crescita. Il voto di affidabilità dell’Italia, se perseguito comunque il pareggio di bilancio, sarebbe certamente più elevato di quello dell’Italia che ha ceduto la sovranità monetaria. Ed il rifinanziamento del debito costerebbe di meno che non nell’attuale situazione, liberando miliardi per investimenti o detassazione stimolativa. Alcuni potrebbero negare questa considerazione. Ma costoro dovrebbero chiedersi come mai il Regno Unito in condizioni economiche peggiori dell’Italia, il Giappone con un debito doppio del nostro (230% del Pil) ed altri messi peggio di noi sono ritenuti più affidabili dell’Italia sul piano della sostenibilità del debito. La risposta è che, potendo contare sulla sovranità monetaria, possono stampare moneta e comprarsi il loro debito nelle aste di rifinanziamento. Quando l’Italia è entrata nell’euro ha in realtà denominato in valuta straniera il proprio debito, perdendo la capacità sovrana di gestirlo via azioni di politica monetaria. E ciò è successo non tanto per la cessione di sovranità in se, ma perché lo statuto della Bce, per diktat tedesco, non le permette di agire come prestatore illimitato di ultima istanza, anche capace di comprare debito in caso di necessità. Tale considerazione ci porta all’individuazione del punto: o la Bce cambia statuto e compra titoli di debito italiano e di altri nell’eurozona in caso di necessità, per tenere bassi i costi di rifinanziamento ed evitare contagi di sfiducia, oppure all’Italia conviene tornare alla sovranità monetaria. Tale alternativa non vuol dire che sia interesse italiano uscire dall’euro, ma significa che l’Italia potrà restare nell’euro con vantaggio solo se il trasferimento della sovranità monetaria e di bilancio le verrà parzialmente tornato almeno sul piano delle garanzie basiche. E se vi sarà una vera confederazione europea con una politica economica di area capace di compensare gli squilibri dovuti alla partecipazione di economie con diversa forza alla stessa moneta. A tali condizioni il trasferimento di sovranità economica diverrebbe sensato, sostenibile e base di vantaggi futuri dovuti alla creazione di un mercato integrato. Senza tali condizioni no. Vorrà Monti dire a Merkel che o la Germania accetta di cambiare lo statuto della Bce e di avviare una vera confederazione europea o l’Italia uscirà dall’euro? Dovrebbe, con la seguente formula. L’Italia sta facendo uno sforzo immane per arrivare al pareggio di bilancio e per modificare il suo modello economico allo scopo di liberare più crescita, entro l’anno. Ma tale sforzo può servire due obiettivi opposti: restare nell’euro o, grazie alla credibilità riconquistata, tornare alla lira senza traumi se stare nell’euro non diventerà conveniente. Senza l’euro, o con la potenza industriale italiana che torna in lire, la Germania cadrà in crisi competitiva. L’europeista Monti non vorrà fare questo ricatto, per altro sacrosanto, ma scrivere la realtà delle cose sui giornali potrà aiutarlo a trattare.