Nella competizione futura tra i quattro poteri del pianeta – Stati Uniti, Cina, Russia ed Europa occidentale – sia per definire gli standard del mercato globale sia per conquistare l’influenza nei territori a maggiore sviluppo potenziale, cioè Asia centrale, Africa e America latina, le nazioni europee hanno un interesse vitale a ricompattarsi entro un’Ue funzionante. Se non lo facessero, infatti, sarebbe molto probabile la loro degradazione, con perdita di ricchezza, a Stati satelliti di uno degli altri tre poteri perché ciascuno troppo piccolo. Pertanto, alla domanda “Europa per che cosa?” c’è una nuova risposta: per formare una regione economica e militare grande e coesa abbastanza per allearsi con altre e con queste puntare al potere planetario avendo sufficiente forza per avere un rapporto alla pari con gli alleati. Tale criterio del nuovo ciclo di geopolitica economica non è ancora stato ben capito o sufficientemente studiato dai think tank che forniscono il pensiero strategico ai governi americano ed europei occidentali mentre è ben chiaro a quelli cinesi e russo. La cosa anche preoccupa sul piano del conflitto tra capitalismo autoritario e democratico dove il primo appare in vantaggio. Se, in particolare, la Cina confermasse il primato, gli standard finanziari globali perderebbero quel po’ di indipendenza dalla politica e regole di trasparenza finora evolute grazie al dominio planetario delle democrazie. Ciò comporterebbe un incremento non solo della volatilità, ma anche della probabilità di instabilità fondamentali. Per esempio, i fondi pensione sarebbero esposti al rischio di non poter soddisfare gli obblighi nel lungo termine, cosa che implica la fine della finanza globale e del risparmio come li conosciamo oggi. Tale ipotesi serve a giustificare perché nella nuova era l’Ue deve prendere una configurazione d’attacco e non più di difesa o neutralista: si tratta di salvare la dominanza del criterio democratico nel mondo, in alleanza con l’America e includendo la Russia, e con essa la stabilità finanziaria. La compattazione di Ue ed Eurozona implica non una confederazione, ma nuovi contratti nazionali di adesione per adattare le euro-regole alle singole specificità con un nuovo modello di sovranità bilanciate, cioè “meno di un’Unione, ma molto più di un’alleanza” basata sul chiaro vantaggio nazionale: l’Ue configurata come moltiplicatore di potenza per tutte le sue nazioni. Basterebbe iniziare a diffondere tale programma di ricerca per far vedere la fattibilità e l’utilità del nuovo modello europeo e così far tornare l’Ue di moda.