C’è qualcosa di strano negli scenari economici. Dal 2006 questi indicano un rallentamento della crescita globale nel 2007 e 2008, cioè la fine di un ciclo espansivo mondiale durato sette anni. La crescita globale 1992 – 2000 finì con una breve recessione, resa poi acuta dagli eventi del 2001, per poi riprendere dal 2002 fino al picco del 2006 e dopo decrescere lentamente. Si tratta, in sintesi, di un normale macroandamento ciclico. Ma molti, tra cui il settimanale economico inglese The Economist, ora temono per il 2008 una recessione molto più grave di quella “normale” che segna il confine tra fine del vecchio ciclo e quello nuovo, perfino evocando la grande depressione del 1929. C’è veramente tale rischio?
Il problema riguarda l’America. L’insolvenza di massa dei mutui non garantiti farà scendere i valori degli immobili e, forse, il numero di nuove costruzioni. Chi teme lo scenario catastrofico pensa che questa crisi settoriale, combinata con il prezzo elevato del petrolio ed altri fattori che drenano la capacità di spesa, farà calare i consumi statunitensi, mandando in recessione quel mercato. Ciò avrà effetti globali riducendo il volume del commercio mondiale. In tale scenario il dollaro potrebbe cadere destabilizzando il sistema finanziario e l’economia reale planetaria. L’Europa, che resterà l’unica area a moneta forte, andrà in recessione per crisi dell’export. Da qui si innescherà un ciclo negativo prolungato recessivo con, appunto, rischi di depressione mondiale vera e propria. Chi aggiunge a tale prospettiva quella dell’attacco ai siti nucleari dell’Iran ai primi del 2008, che potrebbe portare il prezzo del petrolio oltre i 200 dollari al barile, non trova limiti al peggio.
Tale scenario appare francamente esagerato. La crescita in America è certamente in rallentamento, il dollaro potrebbe scendere ancora sull’euro, ma nessun dato di realtà lascia pensare ad un crollo del mercato statunitense. Resta più probabile una recessione lieve o media, un calo dei prezzi petroliferi per moderazione della domanda, poi una ripartenza della crescita e, più avanti, un recupero del dollaro stesso. Pertanto, Iran a parte, non c’è alcuna catastrofe in vista per il 2008. Quello che c’è di strano negli scenari più pessimistici è l’annuncio di catastrofi, ma senza argomentazioni decisive. Probabilmente in molti analisti sta crescendo una inquietudine di fondo che fa vedere più nere le prospettive di quelle che in realtà sono. Questo mi sembra il punto più interessante: cosa c’è che veramente non va? Facile vederlo. E’ in atto un degrado sostanziale nelle condizioni di sicurezza del mercato globale. Il centro del mondo sta migrando dall’Occidente all’Asia. La locomotiva americana è ancora il traino principale dell’economia mondiale perché i consumi di Cina ed India, sommati, sono meno della metà di quelli della sola America, ma, a tendenze costanti, tra qualche anno (2015) saranno superiori e la locomotiva sarà cinese. Visto il disordine interno ed i comportamenti monetari irresponsabili della Cina, nonché la probabilità crescente che la sua bolla economica imploda devastando il pianeta, è realistico aver paura. E lo è anche temere un degrado della sicurezza globale e la perdita di governabilità razionale dei prezzi energetici. L’oroscopo, infatti, indica grossi problemi a partire dal 2009/10 per questi precisi motivi. Ma non sarà la crisi americana a schiantarci nel 2008. E per gli anni successivi c’è ancora tempo per ridurre i rischi. Tranquilli no, ma ottimisti sì.