Il ministro per l’Economia sta facendo fare le analisi dettagliate della situazione e tra poco saranno disponibili i dati ufficiali. Tuttavia, si può già anticipare cosa il governo potrà o non potrà fare e questo, è bene ricordarlo, è il punto più importante.
L’Italia ha ceduto la sovranità economica all’eurosistema. Significa che le istituzioni nazionali non possono più scegliere né quanto deficit pubblico fare, perché il suo limite è regolato dal Trattato di Amsterdam e revisioni successive (Patto di stabilità), né il valore di cambio della moneta. Inoltre la Banca centrale europea fissa il costo del denaro in relazione all’andamento complessivo dell’eurozona. Per esempio, se ci fosse ancora la sovranità monetaria, i tassi in Italia dovrebbero essere inferiori agli attuali perché la crescita economica, pur in ripresa, imporrebbe la stimolazione anche monetaria. Ma poiché altre aree dell’eurozona stanno producendo inflazione, l’autorità monetaria europea deve controllare tale rischio indipendentemente dalle nostre esigenze nazionali. Tra i vincoli più stringenti, poi, ce ne uno non solo europeo, ma anche dettato dal mercato finanziario: il debito pubblico deve scendere. Se salisse, e nel 2005 è arrivato oltre il 107% del Pil, le agenzie che danno il voto di solidità alle nazioni dovrebbero abbassare la valutazione di affidabilità. E ciò avrebbe un impatto immediato sulle finanze pubbliche per aumento della spesa per interessi. Ciò vuol dire che ogni anno il bilancio dello Stato deve avere un “avanzo primario” posto al servizio della riduzione del debito. In sintesi, un governo dell’eurozona, rosso o blu che sia, deve stare dentro un binario: non più del 3% di deficit annuale; ridurre il debito storico, ecc. Il precedente governo blu, per questi limiti, non ha potuto tentare la riduzione sostanziale delle tasse finanziata, necessariamente, da almeno tre anni di grandi deficit. Il governo rosso avrà un problema perfino più grosso: non esiste la possibilità nell’eurozona di poter fare una politica economica marcatamente di sinistra. Immettere più Stato nell’economia violerebbe le regole europee di concorrenza. Alzare troppo le tasse comporterebbe la fuga dei capitali ed il rischio di compromettere la competitività della nazione, quindi la crescita. Poiché tutti i parametri europei sono calcolati in base al Pil, se questo cresce poco c’è un immediato problema di deficit da compensare. In tale gabbia cosa potrà fare un governo di sinistra? Avrà solo la libertà di alzare un pochino le tasse, con molta cautela, così come quello del centrodestra ha avuto la possibilità di ridurle solo di un po’. Può sembrare troppo ironico, ma la realtà è che la differenza tra sinistra e destra in condizioni di cessione di sovranità si realizza in piccole gabelle in più o in meno. Quindi ambedue hanno l’unica possibilità di trovare le vere risorse per equilibrare la finanza statale solo riducendo la spesa pubblica. Il governo di centrodestra la ha aumenta del 2,5% nel quinquennio passato per compensare gli effetti della stagnazione. Quello di centrosinistra dovrà per forza ridurla per rientrare nei parametri di deficit e di riduzione del debito. Infatti il primo atto vero del governo è stato quello di richiamare all’ordine le Regioni spendaccione. C’è un binario da seguire qualunque sia il colore del treno. Infatti la curiosità non riguarda tanto le manovre economiche del prossimo futuro quanto il come un governo con forte influenza della sinistra estrema potrà reggere all’impossibilità di praticare una politica economica “di sinistra”.