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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2006-5-1L' Arena,
Giornale di Vicenza,
Brescia Oggi

2006-5-1

1/5/2006

La tutela del lavoro richiede la governabilità globale

Spostiamo per un attimo l’attenzione dal rischio di ingovernabilità in Italia a quello sul piano globale. Negli ultimi 60 anni il mondo è stato governato dagli Stati Uniti. Pur l’America restando la potenza singola del pianeta per scala economica, forza militare e capacità scientifica/tecnologica ora è chiaro che sia troppo piccola per continuare ad esercitare da sola l’effetto ordinativo sul sistema globale. E comincia a notarsi un gap tra ordine richiesto e capacità di assicuralo. Dedico questa analisi di scenario ai lavoratori che oggi celebrano la festa del lavoro: la loro speranza di mantenerlo ed averlo nel futuro dipenderà quasi totalmente da come verrà risolto il problema di governabilità globale.

Lasciamo stare il confronto tra grandi schemi ideologici, liberalismo e socialismo, e vediamo gli aspetti pratici. Oggi la società di tipo occidentale è caratterizzata dal capitalismo di massa, cioè da un modello che offre a tutti un accesso alla ricchezza data dal mercato, sostenuto da garanzie pubbliche che lo favoriscono. Il mix tra quanto mercato e quanto Stato varia nei diversi Paesi, ma nessuno mette più in dubbio che la formula giusta sia quella del mix stesso. In tal senso la possibilità per un individuo di avere un lavoro non è più messa a rischio da ideologie rivoluzionarie o estremistiche, sia in senso socialista sia libertario,  all’interno delle singole nazioni. Tale possibilità, invece, è sempre più a rischio a causa della possibile perdita di controllo sui fattori globali concreti che sostengono la ricchezza: sicurezza, energia a basso costo, economia crescente, ecc. Dal 1945 l’America li ha governati per assicurare al sistema occidentale l’assenza di guerre distruttive, un basso prezzo dell’energia, ecc. E quello che non ha governato direttamente lo ha determinato indirettamente. Per esempio, la scelta, negli anni ’50, di aprire il mercato interno statunitense alle esportazioni degli altri Paesi senza chiedere la reciprocità, ha permesso alle nazioni del mondo di crescere più velocemente. Infatti ancora oggi l’economia internazionale si regge su questo modello. E qui c’è il primo problema: l’America non riesce più a reggere il suo deficit commerciale e ciò comporta il pericolo di crollo del dollaro e di una depressione globale con distruzione del lavoro. Un altro rischio scaturisce dal fatto che le nuove potenze economiche del pianeta, Cina ed India, partecipano al mercato globale senza regole di buon comportamento. Ciò può succedere perché l’America non è più in grado, per difetto di scala, di imporre ai Paesi emergenti degli standard di ordine interno e responsabilità esterna tali da crescere entro argini di stabilità. Ma il rischio maggiore è dato dalla percezione che la potenza americana sia insufficiente per regolare militarmente le ambizioni di potere espansivo da parte di quello o altro dittatore o Stato. Il caso dell’Iran è emblematico. Per la prima volta dopo Hitler una nazione promette distruzioni senza paura delle conseguenze. Per gli analisti ciò è il segnale di una crisi della forza dissuasiva dell’America. Che segue quello già evidente di Cina, Russia ed altri di voler far finire il potere americano/occidentale sul pianeta. Ma ciò significa anche distruggere un ordine monetario ed economico che ha già fatto vivere piuttosto bene due generazioni di occidentali ed italiani. In sintesi, oggi la riflessione sul lavoro implica il pensare su come mantenere la governabilità occidentale sul pianeta che ha finora assicurato il lavoro stesso. E c’è un solo modo per ottenerlo: unire l’Europa all’America indebolita per avere un nucleo di governo occidentale grande tanto quanto il pianeta da tenere in ordine.

(c) 2006 Carlo Pelanda
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