Da tempo lo chiamo progetto Ekumene, cioè mercato mediterraneo costiero e profondo integrato, studiandone con il nucleo italiano del mio gruppo di ricerca euroamericano (Stratematica) le possibilità e probabilità. Il recente incontro tra Giorgia Meloni, il presidente turco ed il primo ministro della Libia ha portato ad un incremento della probabilità di realizzazione di tale scenario grazie ad una postura di “Active Honest Broker” (mediatore credibile per tutte le parti, ma attivo e non passivo).
Negli ultimi mesi la relazione bilaterale tra Italia e Turchia è migliorata. Roma ha capito che una Turchia ostile non era utile, non solo per il caso libico e per limitare l’emigrazione clandestina, ma per il teatro mediterraneo più vasto. Così come Recep Tayyip Erdoğan ha capito che l’Italia (con questo governo) è un partner europeo più affidabile percependo l’ostilità geostrategica della Francia ed annotando quella storica della Grecia nonché la non priorità della Germania verso l’area mediterranea pur presente un legame generato in quella nazione da più di tre milioni di originari della Turchia. Tale convergenza tra Italia e Turchia, annotando l’alto volume storico di relazioni commerciali, ha avuto un forte segnale di consolidamento quando Roma ha dato il via libera, all’azienda turca Baykar, specializzata in droni militari a lungo raggio, per l’acquisizione dell’italiana Piaggio Aerospace. Da un lato, l’azienda italiana era in amministrazione controllata e senza compratori e quindi Roma (il Mimit) ha risolto un caso tecnicamente difficile. Dall’altro c’erano possibili soluzioni diverse, considerando che la Grecia segnalò all’Italia opposizione, ma Roma aprì la porta all’azienda turca. Pertanto valuto questa azione come un netto segnale (geo)politico di convergenza italo-turca. Va annotato in materia, per inciso, che Ankara e Londra hanno siglato un accordo di libero scambio. Quindi una Turchia più convergente permette all’Italia di gestire meglio il delicato caso libico, delicatissimo per la pressione russa di sostituire la sua base militare a Latakia in Siria, ora con regime cambiato, con una in Libia e forse un’altra in Sudan, ma anche le permette una non ostilità per una posizione centrale dell’Italia nel proporre un mercato mediterraneo ad integrazione crescente: Ekumene, appunto. Per ottenere di più dalla Turchia segnalo la priorità di Ankara di non essere esclusa o secondarizzata dalla futura Via del Cotone (accordo Imec) che dovrebbe unire l’India via mare con la penisola arabica via ferrovia con sbocco sul Mediterraneo – al momento è previsto il porto di Haifa in Israele – per poi collegare via mare i porti europei, Trieste in particolare grazie al suo efficientissimo retroporto ferroviario, e quelli della costa occidentale statunitense. Dai colleghi di un think tank degli Emirati ho ricevuto informazioni sulla pressione di Ankara per includere la Turchia nel circuito o via diramazione ferroviaria dalla Giordania oppure dal Kuwait via Iraq e Siria. Poi ci sono pressioni francesi per dare a Marsiglia il ruolo di porto “hub” per l’Europa in concorrenza con Trieste e Genova. Poi va annotata la posizione greca di rendere centrale Il Pireo. Inoltre il traffico del canale di Suez va armonizzato con quello futuribile della nuova infrastruttura, senza dimenticare che il mantenimento di Haifa come terminal sarebbe un atto geopolitico stabilizzante per tutta l’area. Secondo me Roma ha il potenziale per integrare esigenze diverse ed armonizzarle entro un accordo integrato. E tale ruolo sarebbe potenziato da un sostegno da parte degli Stati Uniti che hanno firmato l’accordo Imec con alcuni europei, tra cui l’Italia, arabi ed India. Per Roma rendere il Mediterraneo transito voluminoso del traffico tra Indo – Pacifico e Atlantico è una priorità utilitaristica così come lo è per tutte le nazioni coinvolte, ovviamente non per Cina, Russia ed Iran (forse motivo dell’attacco di Hamas ad Israele per indurre una sua controreazione che interrompesse sia l’Imec sia gli Accordi Abramo) sia per loro esclusione sia per inevitabile perdita di posizioni in Africa. E secondo me Roma ha preso una postura collaborativa e di leadership attiva, anche via partenariati bilaterali nel Mediterraneo costiero e profondo, per pacificare il Mediterraneo in modo che possa diventare luogo di transito sicuro e conseguentemente un mercato sempre più integrato. Ho chiesto a colleghi giapponesi ed australiani di esplorare il rispettivo interesse nazionale per l’eventuale partecipazione alla Via del cotone, registrandone l’interesse a farlo e riportarlo, eventualmente, ai rispettivi governi. Mi sono permesso di suggerire loro di valutare il cambio di mondo: da un accesso senza costi o quasi al mercato statunitense ora l’export di tutti verso l’America subirà un calo, più o meno pesante, ma che suggerisce di trovare compensazione creando nuovi mercati senza per altro rinunciare a mantenere buone relazioni con gli Stati Uniti. Ekumene, nel formato costiero ed esteso, sarebbe un nuovo mercato con un impatto di crescita globale per tutti. Non solo, ma stimolerebbe anche una nuova architettura finanziaria indo-africana-islamica-europea e delle nazioni compatibili del Pacifico capace di generare un ciclo di capitale espansivo per una crescita economica forte, per tutti. Infatti ho notato una crescente curiosità di attori finanziari statunitensi nel corso di conversazioni su questa ipotesi. E devo segnalare che un interesse di questi attori per investimenti in Italia se il progetto che qui chiamo Ekumene, ma tiene conto del progetto Mattei, Imec, ecc., in atto continuasse e prendesse più visibilità concreta. Un come evolutivo? Il Vaticano potrebbe invitare gli islamici sunniti ed Israele a consolidare gli Accordi di Abramo per abbattere finalmente il Muro del Mediterraneo, con ospiti testimoni L’india e l’America. A Roma.