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Carlo Pelanda: 2025-8-17La Verità

2025-8-17

17/8/2025

L’inizio di una convergenza russo-americana

L’analisi del bilaterale America/Russia va inserito nel confronto di potenza tra America e Cina dove ambedue ritengono essenziale la convergenza con la Russia stessa. Washington, pur superpotenza, non ha più la scala ed il consenso interno per gestire fronti multipli di conflitto/deterrenza, in particolare un blocco sino-russo integrato (motivo dell’imposizione alla Nato di un riarmo accelerato). Pechino teme che l’America possa concentrarsi sul solo fronte del Pacifico perché in tale caso avrebbe la forza di bloccarne l’espansione, circondandola, e persegue una strategia per evitarlo anche stimolando con mezzi nascosti molteplici focolai di tensione a livello globale per erodere le capacità statunitensi. Quindi l’interesse prioritario di Washington è trovare un modo per far divergere Russia e Cina e portare il più possibile la prima in un’intesa di co-interessenza anche se non di alleanza. D’altro lato, Mosca non ha alcuna intenzione di finire come satellite della Cina pur scivolando nel presente verso questo esito a causa delle sanzioni e dei limiti della forza economica – decrescente a causa della scelta di un modello di economia di guerra - e demografica nazionale. Quindi il potenziale e principale punto di incontro tra America e Russia è questo, dove Mosca intravede la salvezza economica e politica della Federazione russa e Washington un vantaggio sia geopolitico sia economico. Tale analisi è derivata da informazioni sulle raccomandazioni tecniche di parecchi think tank strategici statunitensi alla Casa Bianca. Alle quali, però, è aggiunto il requisito di non divergenza eccessiva con gli europei sia per motivi di massa critica utile alla deterrenza sia per condizionarli affinché non siano d’ostacolo per il tentativo di convergenza russo-americana in funzione anticinese. Nell’incontro di Anchorage Donald Trump ha cercato di seguire queste raccomandazioni, caricandole forse di una fretta eccessiva e di simbolismi troppo favorevoli a Vladimir Putin. Ma è sbagliato pensare che l’incontro non sia stato preparato tecnicamente e che Trump abbia rinunciato a messaggi di deterrenza a Putin. Per esempio, il sorvolo del luogo della prima stretta di mano tra Trump e Putin da parte di un bombardiere B2 ha voluto essere un messaggio chiaro: ti conviene collaborare. E la collaborazione riguarda un accordo sistemico russo-americano, appunto. Così come Trump ha condiviso con gli alleati della Nato i risultati dell’incontro ed ha invitato Wolodymyr Zelensky a Washington il prima possibile, dopo una conversazione bilaterale prolungata. Il significato è: l’America non lascerà indifesi gli europei e l’Ucraina, ma europei ed Ucraina stessi dovranno tenere comportamenti convergenti con la priorità statunitense di portare la Russia in divergenza con la Cina allo scopo di depotenziare Pechino.

Ovviamente Putin, per avviare un distacco dalla Cina dalla quale dipende quasi totalmente per l’economia, ha bisogno di un’alternativa solida. Certamente Trump ha offerto svariate collaborazioni economiche, ma Putin ed i suoi collaboratori hanno presentato con argomentazioni concrete di interesse nazionale russo delle condizioni, tra cui – per iniziare – una riduzione delle sanzioni economiche e il rifiuto di una tregua in Ucraina senza prima un accordo sistemico. In sintesi, Trump non ha raggiunto l’obiettivo di un cessate il fuoco in Ucraina, ma comunque ha avviato un processo di convergenza bilaterale russo-americana.

Le nazioni europee hanno motivo per essere preoccupate perché percepiscono una volontà condizionante da parte americana ed un chiaro segnale di cambiamento di mondo dove Washington mette in priorità l’area del Pacifico, secondarizzando quella europea occidentale (ma, interesse dell’Italia, non quella mediterranea). L’Ucraina ha ancora più motivi di preoccupazione perché vede i segnali di un cedimento di territori e forse di sovranità. Nel cambiamento di mondo dove tornano a prevalere i rapporti di forza, chi non ce ne ha a sufficienza è certamente parte cedente. Tuttavia, mi permetto di ipotizzare uno scenario più ottimista che pessimista sia per gli europei sia per l’Ucraina perché l’America non è ormai così grande da poter fare a meno degli europei stessi e non può permettersi di abbandonare del tutto l’Ucraina sia per credibilità internazionale sia, nelle contingenze, per l’aumento nei sondaggi delle espressioni pro-Ucraina da parte dei votanti Partito repubblicano. 

Quello che mi preoccupa di più è la reazione della Cina all’ipotesi di una convergenza russo-americana ed avvio di una perdita del controllo di Pechino su Mosca. Putin ha concordato con Xi Jinping i toni della relazione con Trump oppure no? Non ho info privilegiate per dirlo. Ma non va escluso che Pechino abbia chiesto a Putin di far finta di cedere qualcosa a Trump per poi attutire la relazione sino-americana: si tratta di gestire Trump per un triennio, forse meno, con finte. Ed il pensiero strategico cinese usa il tempo come variabile flessibile diversamente da quello occidentale. Così come non va escluso che Putin abbia visto una possibilità grazie alla conduzione Trump dell’America di ridurre la dipendenza dalla Cina, tema critico nelle riflessioni riservate nei centri del potere russo. E’ oggetto di studio. Ma come economista devo segnalare che la ricchezza depositata nell’immenso e poco abitato territorio russo è più o meno equivalente a quella dell’Africa, in particolare sul piano minerario e agricolo. Che l’America ed alleati o la Cina possano rinunciarvi è improbabile. Quindi l’influenza sul - o convergenza con - quel territorio, tra l’altro favorito dal cambiamento climatico sarà certamente motivo di futura competizione.        

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