Molti hanno espresso dubbi sull’ingaggio italiano diretto in Libia, lato Tripolitania, perché comporta rischi senza benefici. In realtà dei benefici potenziali ci sono e il calcolo rischio/rendimento di tale investimento militare, coperto come intervento medico, dovrebbe includerli. I rischi sono: bare, diventare un bersaglio immobile; escalation, dover aumentare la violenza per autodifesa e rendere l’Italia bersaglio simbolico per tutto lo jihadismo; sconfitta; perdita della neutralità nella guerra civile entro l’Islam sunnita tra wahabiti filosauditi e Fratelli musulmani, i primi dominanti in Cirenaica con il sostegno di Egitto e Francia e i secondi prevalenti in Tripolitania, con il sostegno di Stati Uniti ed Italia con la legittimazione dell’Onu; ecc. Per l’analisi dei vantaggi bisogna considerare che da tempo l’America preme sull’Italia affinché intervenga sul terreno libico per integrare il sostegno aereo ai locali che combattono contro Isis e tribù divergenti. Dire ancora di no all’America avrebbe comportato svantaggi certi: pertanto il calcolo deve tener conto di un “obbligo a contrarre”. I vantaggi netti sono: motivo per l’Amministrazione Obama di spingere le istituzioni finanziarie statunitensi a salvare il sistema bancario italiano in cambio della disponibilità italiana ad eseguire un mandato proconsolare sia per la gestione del contagiante caso libico sia per il contenimento delle eccessive ambizioni egiziane e saudite nel teatro; sostegno al nostro premier, cosa che per esempio spiega le anomale dichiarazioni di entità statunitensi a favore del sì nel referendum; garanzia a nostre aziende di difendere i propri interessi in Libia e dintorni. Cavour inviò 1/3 dell’esercito piemontese in Crimea per poi ottenere l’aiuto francese contro l’Austria. Nell’intervento libico c’è anche un’opportunità netta: comprimere le ambizioni francesi nel Mediterraneo a favore del ruolo di Roma e grazie a questo meglio difendere gli interessi (geo)economici italiani. Ma per cogliere in modi non conflittuali l’opportunità bisognerebbe dividere la Libia in due: la Cirenaica saudita-egizio-francese e la Tripolitania a influenza italiana e americana, considerando che gli impianti Eni sono nella seconda. Così ogni parte in frizione avrebbe un vantaggio: i sauditi non avrebbero motivo di usare l’Isis come proprio strumento in Libia, e ci potrebbe essere una riconvergenza, in particolare tra Italia ed Egitto, utile per il business di tutti e per il controllo dei migranti. Se ben gestita, l’operazione promette vantaggi che giustificano i rischi.