Ci sono segnali iniziali di una svolta realistica dell’Ue che promette di trasformarla da problema per molte sue nazioni, in particolare per l’Italia, in moltiplicatore di forza geoeconomica e geopolitica e di sviluppo per le nazioni stesse. Non ci sono ancora dati sufficienti per tentare scommesse probabilistiche di scenario, ma gli indizi che fanno vedere la tendenza sono comunque importanti. Perché svolta realistica? Non certo per europeismo lirico, ma per il fatto che aumenta la consapevolezza dei governi nazionali, i veri decisori finali nel Consiglio intergovernativo, e della Commissione che o l’Ue reagisce con mutamenti al cambiamento di mondo in atto oppure va in declino economico e perdita di coesione. Il punto: L’Ue che piace, ed è utile, a tutte le sue nazioni è una configurata per aumentare la loro ricchezza e sicurezza nazionali. Tecnicamente, raggiungere tale obiettivo configurazionale implica il ritorno e l’adeguamento del metodo funzionalista – dal basso verso l’alto - che creò la Comunità europea dal 1957 al 1992 passo dopo passo consensuale prima del Trattato di Maastricht, a partire dal 1993, che poi invertì il metodo imponendo un modello pre-confederale dall’alto verso il basso, tra cui l’imposizione di una moneta unica prima che le nazioni fossero pronte a sostenerla, per decisione bilaterale di Germania e Francia (settembre 1996) con esito realizzativo nel 1999 e trasformazione monetaria (Eurozona) nel 2002. Non potremo abbandonare l’euro per evitare impoverimenti maggiori di quelli già avvenuti a causa di una architettura monetaria depressiva, ma potremo consolidare un’area monetaria non ottimale permettendo più sviluppo alle nazioni, cioè rafforzando il sottostante economico di questa moneta zoppicante. Tale azione è interesse di tutti e rende concretamente europeista, e non contrario al consolidamento europeo, il seguente modello, che invoco dal 1996 nei miei libri: un’Europa che è meno di un’Unione, ma molto più e sempre di più un’alleanza tra nazioni.
Quali mutamenti sono in priorità per lo scopo detto? Quattro: a) aumentare i trattati commerciali dell’Ue nel globo come facilitatori per il commercio estero di ogni euronazione; b) armonizzare la sostenibilità ambientale con quella del sistema industriale; c) includere nell’Ue le geografie dell’Eurasia occidentale che ne sono ancora fuori; d) modificare in direzione facilitante per le nazioni lo statuto della Bce e le regole europee di ordine finanziario delle nazioni stesse. Vorrei aggiungere anche una missione desocialistizzante, il socialismo causa di povertà, e liberalizzante, la libertà privata motore di ricchezza diffusa socialmente. Ma questo è un compito delle singole democrazie nazionali. Il livello europeo comunque c’entra perché più l’Ue si muove per aumentare le opportunità di ricchezza nazionale, e ridurre la povertà che porta consenso al protezionismo sociale comunistoide, e più è probabile il consenso per le riforme liberali.
Siamo in un processo di “deglobalizzazione conflittuale” causato dal ritorno della Guerra fredda tra blocco autoritario, guidato dalla Cina, e democratico, a traino dell’America, che comprime lo spazio di export per il più delle nazioni europee il cui modello economico è trainato dall’export stesso. L’America resta superpotenza, ma non è più così forte da reggere da sola la stabilità del mercato globale ed ha enormi problemi interni tra cui la non sostenibilità del suo deficit commerciale e deindustrializzazione derivata. Pertanto l’Ue deve ampliare il suo spazio di export caratterizzato da regole compatibili e deve farlo siglando trattati di libero scambio con tutte le nazioni con cui sia possibile farlo. Semplificando, l’Ue deve reagire a questo cambio di mondo attuando una “riglobalizzazione selettiva” che aumenti il suo spazio di export. Per inciso, i trattati siglati con Canada e Giappone hanno portato vantaggi superiori all’export italiano. Ora è in discussione iniziale l’accordo con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) dove alcune euronazioni temono svantaggi per l’agricoltura e relativo dissenso. La soluzione è gradualizzare l’apertura degli scambi e compensare gli svantaggi perché anche se il loro costo fosse alto, il vantaggio in altri settori sarebbe enorme. Spero che il governo italiano si muova in questo modo. Poi c’è da reintegrare il Regno Unito nel mercato europeo in forma di libero scambio non condizionante e Londra appare sintonica. Accelerare significa decine di miliardi in più di export per i continentali. In parallelo, spingere nuovi trattati in Africa, Pacifico ed Asia centrale. E’ una priorità.
Così come lo sono nuove regole ambientali calibrate sui tempi di adeguamento delle produzioni industriali. Restino i motori termici con combustibili non fossili ad inquinamento minore, aumenti la produzione di elettricità con qualsiasi mezzo, accelerando però i piccoli reattori nucleari a sicurezza totale. In sintesi, si dia più tempo al mercato per adattarsi ai nuovi ecostandard. L’ecovantaggio di una Europa che da sola nel mondo decarbonizza è molto discutibile, ma il vantaggio di ricavare energia da fonti fossili che non ha a sufficienza è certo. Sul punto sono cautamente ottimista: la tendenza c’è.
Un altro punto è urgente: integrare i Balcani nell’Ue con formula accelerata. Lasciarli fuori implica un rischio geopolitico nel giardino di casa ed una perdita di opportunità di sviluppo interno. Vantaggio per l’Italia? Lago adriatico, sub-area economica con flussi aumentati ed opportunità pluridecennali di lavori per lo sviluppo dei Balcani stessi. Ampliare questa tendenza in atto.
La quarta azione riguarda l’euro caratterizzato da una politica monetaria separata da quella fiscale, un’anomalia che resterà tale perché le nazioni non vogliono cedere la sovranità di bilancio ad un ministero del Tesoro unico. La ricetta di imporre un ordine finanziario rigido alle nazioni per non far saltare la moneta ha purtroppo senso per questa valuta zoppa. Ma quanto rigido dovrebbe/potrebbe essere in un’area con economie molto diverse tra loro? Secondo me potrebbe essere meno rigido pur con il limite di evitare inflazione e troppo debito, ma con la flessibilità di rendere più facile la crescita di una nazione. Non vi annoio ora con le possibili soluzioni tecniche, studiate dal mio gruppo di ricerca, ma ci sono e ve le presenterò: un’Europa più estroversa e con un sistema finanziario pubblico più flessibile a livello di euro-regole potrebbe diventare veramente un moltiplicatore di sviluppo per tutte le euro-nazioni. In conclusione, il pessimismo che sta circolando sul destino delle nazioni europee, ora tutte in maggiore o minore difficoltà, non è una sentenza. Va visto come stimolo a cambiare come qui scritto. L’Italia? Globale, attiva, ottimista.