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Carlo Pelanda: 2024-10-13La Verità

2024-10-13

13/10/2024

E’ tempo per il nucleare di nuova generazione

Finalmente la politica energetica italiana e, con primi indizi, quella europea sta passando dell’irrealismo al realismo: si va verso la produzione di energia nucleare di nuova generazione e, pur con ancora ostacoli, verso una variazione pragmatica degli ecostandard europei non armonizzati con la sostenibilità economica.

I lettori trovano ottimismo nelle mie parole perché gli scenari prodotti dal mio gruppo di ricerca (Stratematica) nel 2023 rendevano probabile un futuro impatto economico depressivo in Italia ed Europa se non fosse cambiata la politica energetica troppo dipendente da fonti intermittenti (solare) o troppo localizzate (eolico, geotermico, idrico, ecc.). Attenzione, la soluzione individuata e raccomandata (anche su queste pagine) non favoriva i combustibili fossili né l’econegazionismo relativo al loro impatto contaminante, né tantomeno sottovalutava la dipendenza geoeconomica della regione europea occidentale dalle importazioni di gas e petrolio, motivo pressante sul piano geopolitico ed economico per un cambiamento energetico. Invocava, invece: a) un’accelerazione prioritaria per la diffusione di centrali nucleari di nuova generazione a sicurezza intrinseca; b) più investimenti per ridurre i costi di produzione dell’idrogeno – anche derivato da impianti di biogas collocati in aziende agricole - per generazione termica; c) accelerazione della ricerca e produzione di biocombustibili compatibili con la continuità dei motori termici; d) senza abbandonare altre fonti di energia, ma considerandole solo integrative se veramente efficienti in dati luoghi e non primarie come invece sostenuto dall’ecoirrealismo verdista. Inoltre, nel settembre 2024 un altro (macro) scenario dei miei ricercatori ha rinforzato la proposta di modificare gli ecostandard europei perché questi creano una incompatibilità tra sostenibilità ambientale come definita dall’Ue via divieti eccessivi e sostenibilità economica, per esempio nel settore della mobilità.

Ottimismo perché il ministero dell’ambiente (diretto da Gilberto Pichetto Fratin) e quello dell’Industria (diretto da Adolfo Urso) hanno preso posizioni forti per la spinta verso il nucleare di nuova generazione e dintorni, il secondo recentemente chiamando ad una posizione più forte in questa direzione Confindustria. Non solo, l’Ue ha incluso nelle fonti energetiche approvate e da incentivare un modello di mini centrale nucleare di 4° generazione prodotto da scienziati e tecnici per lo più italiani: inseribile in piccoli spazi, a sicurezza intrinseca (un malfunzionamento la blocca del tutto senza perdita di radiazioni) e, soprattutto, alimentata con scarti nucleari (derivanti dalle centrali di generazione precedente) riprocessati. Benefici? Produzione di energia pulita e continua in quantità immensamente più elevate che nel presente e – in prima ipotesi, ma robusta – a costi dell’energia elettrica molto inferiori di quelli attuali. Per inciso, va annotato che i costi energetici in Italia sono superiori a quelli di nazioni comparabili di circa il 25-30%, un peso eccessivo per la nostra competitività industriale. Questa è la direzione giusta: innovazione, pulizia (forte contributo decarbonizzante), sicurezza, efficienza a fronte del probabile aumento del consumo di energia elettrica per scopi di aumento dei centri di calcolo energivori e per l’ecoadattamento a fronte del cambiamento climatico, per esempio microclimatizzazioni contro caldo estremo, aumento di desalinizzatori in aree esposte a siccità prolungate e forse desertificazione (l’Italia meridionale, come la Spagna), ecc. Gentili lettori: abbiamo bisogno dell’energia nucleare e nel momento in cui la scienza ne ha trovato un modello a sicurezza intrinseca e che perfino usa le scorie radioattive rendendo minore il problema del loro immagazzinamento i dubbi e le paure al riguardo di questa fonte energetica non hanno più senso realistico.

Anche perché più nucleare elettrogeno con tempi di diffusione accelerati comporta una riduzione dell’impatto antropico sull’ambiente rendendo non necessari eccessivi divieti per scopi di decarbonizzazione, secondo me ancora da capirne il vero effetto di contrasto del riscaldamento climatico anche considerando che l’Ue è unica nel pianeta ad essersi data ecostandard molto restrittivi, mentre il resto del mondo se ne infischia o va molto più lento generando un gap competitivo per le aziende europee. Tale considerazione si sposa con la ricerca che sta avendo successo dei combustibili a bassa contaminazione per motori termici che permettono la loro continuità e non l’abolizione nel 2035. Gli e-fuel (basati su una formula dove è prevalente l’idrogeno) sono già stati ammessi dall’Ue. I biocarburanti non ancora e dovrebbero esserlo. Poi ci sono i motori a Fuel Cell alimentati ad idrogeno (che muovono un motore elettrico) con ossigeno come scarico. La combinazione tra più elettricità pulita e combustibili a minore o zero impatto ambientale nei prossimi 30 anni secondo me può evitare l’abolizione dei motori termici ed altre norme che creano l’incompatibilità tra sostenibilità ambientale ed economica. Il punto: deve essere il mercato a decidere quali opzioni di mobilità sono più efficienti, non burocrati o politici ideologizzati, sostenuti da gente che vede l’ecologia come una religione che deve ridurre le attività umane e che fanno male i calcoli, come abbiamo visto succedere negli anni recenti in ambiente Ue. In sintesi, questi cenni servono anche ad avviare una riflessione su un’ecopolitica che non distrugga il lavoro, come sta succedendo nell’industria della mobilità, ma lo sostenga attraverso scienza ed innovazione.

(c) 2024 Carlo Pelanda
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